Pubblichiamo con nostra traduzione la prolusione letta al Convegno romano dell'abbé Claude Barthe, che come sempre si distingue per lucidità dell'analisi e autorevolezza delle argomentazioni.
Enrico
La messa tradizionale, elemento decisivo per il futuro della Chiesa
"La vecchia messa è il futuro della Chiesa" (Mons. Thomas Gullickson, citato da Cyril Farret d'Astiès in A Happy Birthday. Saggio sui cinquant'anni del messale di Paolo VI, Presses de la Découverte, 2020)
Questo sesto incontro Summorum Pontificum si tiene in circostanze alquanto particolari. Le misure sanitarie che pesano sulle nostre attività hanno impedito, per quest'anno, la messa a San Pietro e lo stesso Pellegrinaggio annuale vero e proprio. Ma questo Incontro, che si concluderà con la cerimonia di questa sera al Pantheon e quella di domani a Trinità dei Pellegrini, assicura comunque una presenza di rappresentanti del popolo Summorum Pontificum a Roma, alla vigilia della festa di Cristo Re, come ogni anno.
Ancora una volta, i contributi di qualità che ascolteremo qui, a cui si aggiungeranno i contatti informali tra i partecipanti durante questa giornata, ci faranno sentire il vigore della vita della liturgia tradizionale nel mondo. Ora, noi sappiamo che essa rappresenta la lex orandi purissima
della Chiesa romana. Sicché, nell'attuale crisi della Chiesa che sta assumendo proporzioni senza precedenti, ossia, in Occidente, la scomparsa numerica del corpo dei credenti e dei sacerdoti, e nel mondo intero, la scomparsa dell'annuncio del Vangelo che si riduce a un messaggio incoerente, la liturgia antica rimane un Credo cultuale incrollabile.
Incrollabile? Vorrei innanzitutto menzionare le preoccupazioni che potremmo avere nel prossimo futuro a causa di un aumento dell'ostilità ideologica nei confronti di questa liturgia e cogliere l'occasione per situare l'attuale fase della sua diffusione in ciò che gli storici chiamano il lungo periodo, o comunque un tempo che già supera i cinquant'anni.
Una recrudescenza di ostilità alla Messa tradizionale
Oggi alcuni vescovi italiani e a Roma
all'interno della Curia, nonché presso l'Università Sant'Anselmo,
in particolare il professor Andrea Grillo, rimettono in causa il
diritto di cittadinanza concesso dal motu proprio Summorum Pontificum
alla liturgia tradizionale. Il fatto che la si possa definire lex
orandi su un piano di parità con la liturgia del Vaticano II sembra
intollerabile a questi prelati e professori, in quanto è la
traduzione cultuale della dottrina di prima, quella, per dirla in
breve, del Concilio di Trento, la cui pagina, secondo loro, è stata
definitivamente voltata dal Vaticano II. Premono quindi per la
riduzione di questa liturgia allo stato di tolleranza rimesso
all'arbitrio dei Vescovi.
In questo contesto, è sorta
inquietudine, senza dubbio in modo esagerato, per il sondaggio
lanciato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede tra tutti i
vescovi del mondo per interrogarli sulla pratica della messa
tradizionale nelle rispettive diocesi. In effetti, sembra che un buon
numero di loro abbia risposto che non c'era nessun problema.
D'altra
parte, si esprime giustamente la preoccupazione per la proposta di
trasferire le precedenti competenze della Pontificia Commissione
Ecclesia Dei, ereditate dalla Congregazione per la Dottrina della
Fede, alle Congregazioni per il Culto Divino, per il Clero e
soprattutto per i Religiosi per quanto riguarda le società di
diritto pontificio erette dal 1988 sotto il regime speciale Ecclesia
Dei. Il mondo della liturgia tradizionale, e specialmente le
associazioni sacerdotali, rientrerebbero nel diritto comune, con
tutti i suoi pericoli, non appena il diritto comune ingloberà la
nuova liturgia. Tutto questo non è ancora avvenuto, ma i progetti
sono in corso.
L'aspetto positivo di questo polverone è che può
risvegliare i sostenitori della messa tradizionale, i fedeli, i
sacerdoti, le comunità, che, secondo un processo classico, sono
minacciati da una sorta di "imborghesimento" all'interno di
una situazione che finiscono per dare per scontata e protetta dalla
legge. In realtà, non dobbiamo dimenticare che i pontificati di
Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI hanno costituito una sorta di
pausa, una lunga pausa è vero, nel periodo post-conciliare, un
desiderio di moderazione dopo l'effervescenza rivoluzionaria che ha
seguito il Vaticano II. Dopo un dominio dell'ermeneutica della
rottura, per usare la terminologia di Benedetto XVI, aveva prevalso a
Roma, non senza difficoltà e contestazioni, l'ermeneutica della
continuità, che è un tentativo di applicare con moderazione il
Concilio, accompagnata da un riconoscimento generoso della liturgia
di prima. Ma l'ermeneutica della rottura è tornata in primo piano, e
la precedente pacificazione è ora messa in discussione. Detto
questo, perfino all'interno di questa "alternanza", come si
dice in democrazia, nulla è perduto, perché non è detto che il
Papa intenda lasciare che i gruppi di pressione progressisti facciano
come vogliono su questo punto.
Summorum Pontificum e il sensus fidelium
Più fondamentalmente, è importante, quando si
discute di queste questioni dei permessi romani per celebrare la
liturgia tradizionale, non farsi prendere dal gioco del "è
permesso, potrebbe non esserlo più", pensando che l'esistenza
di questa Messa dipende da questi permessi.
Di fatto e di
diritto, la Messa tridentina è stata vietata dalla Riforma di Paolo
VI, anche se Summorum Pontificum ha detto pietosamente il contrario.
Nonostante questo divieto, grazie ai fedeli, ai sacerdoti, ai due
vescovi, ha continuato a vivere e a svilupparsi al punto che Roma, e
soprattutto il cardinale Ratzinger, poi Benedetto XVI, ne ha
riconosciuto la legittimità in fasi successive, nel 1984, 1988,
2007.
C'era quindi un noto fenomeno di scontro di legalità: a
una legalità che emarginava, addirittura proibiva la messa
tridentina, si opponeva una legalità che invocava una legittimità
superiore. La liturgia tradizionale è stata mantenuta perché i suoi
utenti obbedivano all'istinto della fede del popolo cristiano, al
sensus fidelium, che non è affatto una richiesta democratica, ma
rappresenta una richiesta alla Chiesa docente di riaffermare il
Credo.
E' stata spesso denunziata la "violenza" di
questa continuazione della Messa tradizionale, che non teneva conto
della nuova legge liturgica e dei divieti episcopali, e talvolta si è
imposta con le maniere forti (parroco rimasto nella sua chiesa contro
la decisione del suo vescovo; occupazione di luoghi di culto a
Saint-Nicolas du Chardonnet e a Port-Marly, Francia; sopravvivenza
della Fraternità San Pio X, malgrado il suo divieto del 1975). Ma
bisogna chiedersi da che parte è stata la violenza iniziale: i
divieti lo erano in maniera caratteristica (i fedeli disprezzati, i
sacerdoti perseguitati), e soprattutto la nuova legge liturgica, che
pretendeva di sostituire una millenaria lex orandi romana, era di per
sé una violenza notevole contro la Chiesa.
A tappe, come ho
detto, la richiesta dei praticanti della liturgia tridentina è stata
accolta: "È quindi consentito, dice il Summorum Pontificum,
celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione tipica del
Messale Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai
abrogato, come forma straordinaria della liturgia della Chiesa".
Per questo riconoscimento della liturgia tridentina da parte del
Summorum Pontificum, non si potranno mai rendere abbastanza grazie.
Senza dimenticare di render grazie anche per ciò che l'ha reso
possibile, cioè lo sforzo contro ogni ostacolo della folla di fedeli
"resistenti", la coorte dei sacerdoti tradizionali, Mons.
Lefebvre, Mons. De Castro Mayer, il vescovo che aveva conservato la
liturgia tradizionale in un'intera diocesi.
Il Summorum
Pontificum ha così cambiato l'uso del Messale tridentino da uno
status di privilegio mal definito a quello di diritto. Da allora, in
dieci anni, fino al 2017 – Paix Liturgique l'ha analizzato in
dettaglio (Lettera n. 601, 16 luglio 2017) - il numero dei luoghi di
culto tradizionali "autorizzati" è raddoppiato in tutto il
mondo: negli Stati Uniti 480 luoghi di culto tradizionali nel 2017,
contro i circa 230 del 2007; in Germania 153 contro 54; in Polonia 40
contro 5; in Inghilterra e Galles 147 luoghi di culto di forma
straordinaria nel 2017 contro i 26 del 2007; in Francia 104 luoghi di
culto tradizionali nel 2007, 221 nel 2017, più oltre 200 luoghi di
culto della Società San Pio X.
Una forza irreprimibile.
Summorum
Pontificum, che ha preso atto di una cosa inaudita nella storia, cioè
che la nuova legge liturgica coesisteva con quella antica, si basava
su una presa di posizione di Joseph Ratzinger, divenuto papa
Benedetto XVI, che viene spiegata ne La mia vita (San Paolo
edizioni, 1997), e che riteneva che questa riforma fosse discutibile
perché era stata eccessivamente radicale e si era imposta con la
violenza di cui ho appena parlato: "Una revisione del messale,
scriveva, come spesso c'era stata, questa volta poteva essere più
radicale, soprattutto a causa dell'introduzione delle lingue
nazionali; ed era stata messa in atto con saggezza dal Concilio.
Tuttavia, le cose sono andate oltre il previsto: il vecchio edificio
è stato demolito e ne è stato costruito uno nuovo, anche se con un
uso estensivo del materiale e dei progetti della vecchia
costruzione”.
Ciò significa che oggi, un ritorno al passato, un ritorno a prima del Summorum Pontificum, è certamente ancora possibile, ma nella consapevolezza che implicherebbe necessariamente un ritorno a quella radicalità, a quella violenza fondante. Ora, qualunque cosa pensino gli ideologi di Sant'Anselmo, questo non è più possibile. Infatti lo "spirito del Concilio", come viene chiamato, si è esaurito mondanizzando la Chiesa e quindi dissolvendola: il cattolicesimo è diventato incruento, e oggi non si può immaginare il ricorso ad un'autorità abbastanza potente da soffocare la vita sacramentale di una minoranza, tanto più che tale autorità non era stata in grado di farlo dopo il Concilio, quando era incomparabilmente più forte. La quale minoranza, inoltre, è diventata, per propria forza e in proporzione, particolarmente attiva e, invero, nettamente impossibile da eradicare.
Oltre alla
Fraternità San Pio X, infatti, è nato un vero e proprio mondo
tridentino. I relatori che seguiranno sono i rappresentanti di
Inghilterra, America Latina e Africa. Per parlare solo della Francia
- ma potremmo anche citare gli Stati Uniti - notiamo l'esistenza di
una rete relativamente fitta di luoghi di messa domenicale e,
soprattutto in Francia, di una rete di scuole private. A questo si
aggiunge il continuo sviluppo degli istituti tradizionali, e anche
l'emergere di un numero molto interessante di sacerdoti diocesani che
celebrano la Messa tradizionale. Il pellegrinaggio a Chartres di
Notre-Dame de Chrétienté, di cui sentiremo parlare più avanti, è
l'espressione tangibile di questa eterna giovinezza del rito antico,
che allo stesso tempo è anche un motore ascetico e spirituale di
questo rinascimento tradizionale.
In Francia, con l'1% dei luoghi
di culto, i fedeli di età media nettamente inferiore alla media,
"producono", ogni anno, tra il 15 e il 20% delle
ordinazioni di sacerdoti assimilabili ai preti diocesani. Per quanto
riguarda le future possibilità di estensione, di cui sentiremo
parlare questa sera al termine di questo incontro, esse possono
essere valutate da una serie di sondaggi commissionati da Paix
Liturgique in dieci anni, tra il 2006 e il 2016 (Onze sondages
pour l’histoire, Les Dossiers d’Oremus – Paix
liturgique, 2018).
Oso dire che quello che stiamo vivendo
oggi e quello che potremmo vivere domani rappresentano gli ultimi
soprassalti dello "spirito del Concilio" prima di... Prima
di cosa? Prima della morte apparente della Chiesa, che esso avrà
contribuito a fiaccare aprendola alla secolarizzazione massiccia
della nostra società. In questo contesto di "fine del
cattolicesimo", come dicono i sociologi della religione, fine
apparente naturalmente, la liturgia tradizionale e tutto ciò che
essa rappresenta, tutto ciò che l'accompagna, il Credo, il
catechismo, le vocazioni, deve presentarsi come un rimedio, il che va
da sé come lex orandi, ma abbiamo il dovere di ribadirlo
molto di più all'interno della Chiesa contemporanea.
Ho
accennato al questionario della Congregazione per la Dottrina della
Fede ai vescovi del mondo. Le risposte dei vescovi non possono che
confermare - e a dire il vero, il solo fatto che si sia ritenuto
utile avviare questa indagine lo conferma già oggi - un fatto
massiccio e osservabile: a cinquant'anni dalla riforma liturgica, e
nonostante le apparenze di un divieto definitivo, il culto
tradizionale, certamente minoritario, è ancora e più che mai parte
del paesaggio della Chiesa. È lì, ovunque, e nella stessa Roma.
Summorum Pontificum per i nemici della Messa tradizionale è una
parentesi che deve essere chiusa. Per noi è una tappa su cui
costruire. È nostro dovere contribuire a fare - oggi con le nostre
forze deboli, domani con dei vescovi, un Papa, perché la Chiesa è
solo gerarchica - che questa sorprendente e irriducibile vitalità
della liturgia tridentina sia uno dei lieviti della rinascita della
Chiesa.
"[La liturgia tradizionale] rappresenta la lex orandi purissima della Chiesa romana".
RispondiEliminaConfido che il p. Barthe abbia celebrato domenica scorsa la messa di S. Luca e non quella della domenica. Altrimenti non si tratta della lex orandi purissima della Chiesa romana, ma della lex orandi che ha vissuto tre anni dal 1962 al 1965.