La Musica Sacra cattolica (vero "patrimonio mondiale dell'umanità") potrà rifiorire solo dopo il pronunciamento solenne del Magistero ordinario sulla vera natura escatologica e sacramentale della Santa Liturgia .
Ad un anno esatto dal Convegno nazionale Compositori sul tema "La composizione di musica per la liturgia all’inizio del nuovo millennio, nel centenario della nascita di Domenico Bartolucci (1917 – 2013)" organizzato dalla benemerita e storica Associazione Italiana Santa Cecilia A.I.S.C. rimane purtroppo attualissimo l'articolo del Prof. Sandro Cappelletto che sottolinea lo stato della fu Musica Sacra cattolica. Ricordiamo anche il recente, ennesimo sfogo del del M° Riccardo Muti rivolto alle dure cervici episcopali sulle "schitarrate" in chiesa ( v.MiL QUI).
San Pio X prega per noi.
AC
Compositori cattolici in rivolta: “Basta brutta musica in chiesa”
di Sandro Cappelletto
Convegno con i maestri di cappella dopo 25 anni di silenzio. «I preti non sanno più cantare. Stop alle messe-Sanremo»
Santa Cecilia. Il convegno dei Compositori di Musica Sacra si è tenuto a Roma per iniziativa dell’Associazione Italiana Santa Cecilia
La Chiesa cattolica è muta. Quando canta, lo fa male, in un modo che profana la liturgia.
«Dopo l’ubriacatura di “Batti le mani, alzale in alto”, degli Alleluia a grappolo, di “Bella, bella, bella Maria”, dopo le Ave Maria reinventate e i Padre Nostro blasfemi, non sarà il caso di darsi una calmata e tornare a cantare la Parola di Dio invece dei repertori orrendi che si
sentono nei coretti delle nostre parrocchie?», si domanda don Valentino Donella, direttore emerito della Cappella di Santa Maria Maggiore a Bergamo.
«Nelle funzioni dilaga un atteggiamento populista. Ma cantare la liturgia non significa allietare una riunione di amici, come purtroppo è all’ordine del giorno. La musica sacra deve possedere tre caratteristiche: essere santa, essere arte vera, essere universale.
Nel nostro terreno sono cresciute le erbacce», denuncia, con tutta la sua autorevolezza, Monsignor Valentino Miserachs Grau, direttore della cappella di Santa Maria Maggiore a Roma. «Siamo afflitti, almeno nelle Marche, dalla bonghite: le chiese sono invase dai bongo», dice don Marco Mascarucci, della diocesi di Fano e direttore del Segretariato Istituti Diocesani di Musica Sacra. Michele Manganelli, direttore della Cappella Musicale di Santa Maria del Fiore a Firenze e docente al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, insiste sull’assenza dell’insegnamento musicale nei Seminari: «I primi che non sanno quello che vogliono sono i liturgisti, i parroci, i vescovi. Non sanno quello che si deve fare e non cantano. Pigiano i tasti dell’“animatore liturgico” e trasmettono delle musiche registrate, ma se il celebrante non canta, non canta neppure l’assembla e il rito è dimezzato. Inoltre, non c’è alcuna committenza: oggi il compositore di musica sacra fa la fame».
LE CRITICHE
Queste voci radicalmente critiche sono emerse dal convegno dei Compositori di Musica Sacra, tenuto a Roma per iniziativa dell’Associazione Italiana Santa Cecilia.
L’occasione è stata il centenario della nascita di Domenico Bartolucci, nel 1956 nominato da Pio XII «direttore perpetuo» della Cappella Sistina, la Cappella personale del Papa, ma sostituito da Giovanni Paolo II nel 1997, poi elevato alla porpora cardinalizia da Benedetto XVI nel 2010, scomparso nel 2013. Compositore e direttore, Bartolucci credeva possibile conservare nel nostro tempo la ricchezza delle tradizioni del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale, declinandole però con una saggia semplicità che rendesse possibile la partecipazione dei credenti al canto, «perché la parola di Dio vive nella musica sacra». Oggi, la sua battaglia appare sconfitta.
«Mancano anche i poeti, gli autori. Vengono pubblicati da case editrici cattoliche dei testi che andrebbero bene per Sanremo, dove si parla indistintamente di amore o di lontananza da lui, da lei, senza alcun riferimento al sacro», aggiunge il presidente dell’Associazione Santa Cecilia, monsignor Tarcisio Cola che ha concluso il convegno officiando una Messa molto degnamente cantata nella Cappella del Coro della Basilica di San Pietro.
L’occasione è stata il centenario della nascita di Domenico Bartolucci, nel 1956 nominato da Pio XII «direttore perpetuo» della Cappella Sistina, la Cappella personale del Papa, ma sostituito da Giovanni Paolo II nel 1997, poi elevato alla porpora cardinalizia da Benedetto XVI nel 2010, scomparso nel 2013. Compositore e direttore, Bartolucci credeva possibile conservare nel nostro tempo la ricchezza delle tradizioni del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale, declinandole però con una saggia semplicità che rendesse possibile la partecipazione dei credenti al canto, «perché la parola di Dio vive nella musica sacra». Oggi, la sua battaglia appare sconfitta.
«Mancano anche i poeti, gli autori. Vengono pubblicati da case editrici cattoliche dei testi che andrebbero bene per Sanremo, dove si parla indistintamente di amore o di lontananza da lui, da lei, senza alcun riferimento al sacro», aggiunge il presidente dell’Associazione Santa Cecilia, monsignor Tarcisio Cola che ha concluso il convegno officiando una Messa molto degnamente cantata nella Cappella del Coro della Basilica di San Pietro.
La scelta del luogo non è stata casuale: qui, dove canta la Cappella Giulia, è tumulata la salma di Pio X, il Papa che con il Motu Proprio sulla musica sacra del 1903 (QUI) pose le premesse per una riforma nel segno dell’identità del canto liturgico, chiamato a distinguersi dagli altri stili, soprattutto da quello dell’opera lirica, allora dominante al punto che in chiesa o in teatro si ascoltava la stessa musica. Cambiavano le parole, ma armonie, melodie, arie e duetti erano del tutto simili.
IL CONFRONTO
Una strategia che, un secolo dopo, non è riuscita a imporsi. Il confronto con la dignità musicale e vocale della Chiesa (leggasi Comunità Cristiana N.d.R) luterana è impietoso; ma anche all’interno del cattolicesimo, le chiese italiane si distinguono per la mediocrità. In un saggio di imminente pubblicazione per la Treccani scrive don Alberto Brunelli, storico della musica e eminente organista: «Ogni parrocchia ha una propria raccolta di canti in continua evoluzione o involuzione.
La cultura dell’effimero ha raggiunto anche la liturgia.
Ci si è accorti che il Concilio Vaticano II non proibiva proprio nulla dell’antico e apriva senza problemi al moderno.
Questa assoluta libertà ha portato a un livellamento verso il basso dal quale si stenta a rialzarsi». E Papa Francesco? «Paolo VI stonato com’era, cantava sempre. Benedetto XVI conosce e ama la musica e sa cantare. Papa Francesco non canta, purtroppo», constata intristito don Gonella.
CHI introdusse le chitarre e le mossette (Ballo delle lampadine) in Chiesa in nome della tanto decantata "inculturazione "?
RispondiEliminaDomenica scorsa il foglietto domenicale del mio parroco ("Camminiamo insieme"... un titolo, un programma!)apriva con l'editoriale sulla festa di Maria Bambina, in cui si leggeva "celebrare la festa della natività (minuscolo suo) di Maria (manca il SS.ma) ci porta a volgere lo sguardo a Maria Bambina, e pensare anche Lei cresciuta un po' alla volta, come noi (?); donna che ha camminato nella fede (e ridaje co' 'sto cammino...), come noi (?), che ha dovuto affrontare fatiche e lotte, come noi (come i centri sociali?, come nella TdL?). Siamo spesso portati a vedere la Vergine Maria la tutta perfetta, senza tenere on considerazione che anche lei ha dovuto affrontare la sfida della crescita". Viene in mente la frase "Maria, una di noi", di don Tonino Bello, icona del clero modernista, e si nota lo sforzo di sminuire la bellezza e la grandezza, inarrivabili per ogni essere umano, della Madre di NSGC (Maria una di noi?... ma per favore ...), sicuramente per far cosa gradita ai protestanti che, dal canto loro, non si smuovono di un passo dalle loro eretiche convinzioni. . Altro che la Tota Pulchra di quella bella immagine presente nella chiesa di S. Ignazio, a Roma, in un altare laterale.
RispondiEliminaUno degli acri bersagli della sovversiva riforma liturgica, voluta da Paolo VI, esecutore il suo interlocutore privilegiato Bugnini, organizzatore di Messe rock, fu proprio la musica sacra fondata sul gregoriano e la polifonia con il subdolo pretesto di favorire il canto del popolo ( ora zittito !) che, come scrisse il grande Bartolucci :" aveva un repertorio incommensurabile di canto affondante le sue radici nel gregoriano e nelle laudi, tutto perduto ". Quanto alla maggioranza dei vescovi attuali, nemici animosi della musica sacra e del VO, la loro superficiale preparazione dottrinale e liturgica è frutto di quanto è stato loro inculcato nei Seminari, oggi criticato dai giovani, Come si è giunti alla miserevole situazione attuale è tema di interminabile e sterile dibattito. E' necessario, per una reazione decisa non più rinviabile, documentarsi sull'iter della riforma per apprendere quanto di distruttivo è stato realizzato. Per una ampia informazione si legga il libro del P. Papinutti, un tempo organista a S. Pietro : "Musica e Concilio", 2015.
RispondiEliminaI bonghi ... grazie, Vaticano II.
RispondiEliminaScusate se colloco qui il commento che volevo postare sull'articolo "La talare e il Papa", ma vedo che lì non c'è il link per i commenti. Senza nessun intento di protagonismo o presenzialismo, vorrei invitare a leggere il mio modesto articolo sul tema del rifiuto della talare e dell'altare da parte del clero modernista. Il link è il seguente : http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2588_Catholicus_Talare_Altare.html. Grazie e buona e santa domenica a tutti, in Jesu et Mariae
RispondiEliminaBello e brutto (come nel caso di cui sopra), ma anche bene e male, sanità e malattia, chiaro e scuro, ordine e disordine: le dicotomie fondamentali restano sempre le stesse, nonostante qualche "progressista" tenti di offuscarle per ingraziarsi il mondo, rendendole più labili. Dopo che avremo chiuso gli occhi per l'ultima volta, quando saremo di fronte a Lui, non servirà a nulla avere ottenuto l'applauso sociale, un giudizio ben più importante verrà emesso...
RispondiEliminaSe si versa varechina su un Fiore questo muore. Lasciatemi passare la metafora.
RispondiElimina