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sabato 7 aprile 2018

Comunione sulla mano e sulla lingua: come la regola sia diventata eccezione e l’eccezione regola


Sempre articoli interessanti dalla rivista della Diocesi del benemerito Arcivescovo Crepaldi.
E' interessante notare che Vatican "Sniper" su questo argomento, descrivendo una catechesi recente del S. Padre (VEDI QUI), per la penna di Andrea Tornielli,  usa l'articolo per un attacco surrettizio ma frontale al card. Sarah.
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Vita Nuova, Settimanale Cattolico di Trieste
La regola rimane quella delle Comunione sulla lingua. Anche se tutte le Conferenze episcopali chiedessero l’indulto (deroga) per darla sulla mano, la regola rimarrebbe intatta. Nel ricordarlo il cardinale Sarah si attiene al suo ufficio di Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e fa bene a farlo.


Il Cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregaione per il Culto Divino, ha scritto la prefazione ad un libro di don Federico De Bortoli “La distribuzione della comunione sulla mano, Profili storici, giuridici e pastorali, Cantagalli, Siena 2018 (vedila qui) in cui si dice favorevole ad un pieno ritorno alla Comunione in bocca e non sulle mani.
Oggi quasi tutti i fedeli prendono la Comunione nella mano e non più sulla lingua. C’è però un discreto numero di loro che continua con la pratica tradizionale. Alcuni liturgisti, pastoralisti e qualche autorità ecclesiastica ritengono utile tornare all’assunzione in bocca. Da ultimo il cardinale Robert Sarah, come abbiamo informato su Vita Nuova della settimana scorsa. Una volta chiarito che prendere la Comunione nella mano non è di per sé segno di irriverenza verso la Santa Eucarestia, e una volta chiarito che proporre di tornare a prenderla in bocca non è un atto di insubordinazione, può essere utile ricordare cosa dicono le norme canoniche a questo proposito.
Tutto risale alla istruzione Memoriale Domini della Congregazione per il Culto Divino del 29 maggio 1969, dove si dice che Paolo VI, di fronte ad alcune richieste di introdurre l’uso di ricevere la comunione nella mano, ha consultato l’episcopato che ha risposto negativamente. La Memoriale Domini continua stabilendo che Paolo VI non ha ritenuto di cambiare il modo tradizionale con cui viene amministrata ai fedeli la Santa Comunione ed ha esortato caldamente i vescovi, i sacerdoti e i fedeli ad osservare con amorosa fedeltà la disciplina in vigore. Nel caso che qualche Conferenza episcopale avesse già introdotto il nuovo uso (e solo in questo caso), Paolo VI la invitava a vagliare bene le circostanze che avevano indotto questa decisione, deliberando in merito con voto segreto e mandando tutto alla Santa Sede che avrebbe valutato. Insomma: era confermata la comunione in bocca ed eventuali richieste del permesso di deroga (indulto) dovevano essere presentate alla Santa Sede.
Il 21 giugno 1973 la Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato il Decreto Eucharistiae Sacramentum con il quale promulgava il rito della Santa Comunione e del culto eucaristico fuori della Messa. In esso si insiste nel conservare la consuetudine che poggia su una tradizione plurisecolare di deporre sulla lingua il pane consacrato, attribuendo comunque alle Conferenze episcopali la possibilità di procedere diversamente con il consenso della Santa Sede. La norma continua quindi ad essere la comunione in bocca e la comunione nella mano una eccezione di cui chiedere il permesso.
Il 3 aprile 1985, la Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato una Notificazione dal titolo La Saint-Siége chiarendo tra l’altro che nessun fedele dovrà essere obbligato ad adottare la pratica della Comunione sulla mano e quand’anche si ottenesse l’indulto si dovrà lasciare ognuno libero. Nessun vescovo, quindi, può introdurre, di diritto o di fatto, l’obbligatorietà della comunione sulla mano nella sua diocesi.
Il 4 febbraio 1980, nella Lettera Apostolica Dominicae caene, Giovanni Paolo II lamentava gli abusi conseguenti alla distribuzione della Santa Comunione sulla mano e confermava le precedenti disposizioni. Lo stesso dicasi per l’Istruzione Redemptionis Sacramentum della Congregazione del Culto divino del 22 maggio 1998. In questo testo si invitava a non distribuire la Comunione nella mano se ci sono pericoli di profanazione.
Le Conferenze episcopali, come si è visto, possono chiedere un indulto, ossia la sospensione della norma di ricevere la comunione in bocca, norma che rimane confermata proprio dalla necessità di un indulto per ovviarvi. L’eccezione è la comunione sulla mano e non il contrario, come molti forse oggi pensano. E ciò, dal punto di vista canonico, rimane valido anche se tutte le Conferenze episcopali avessero chiesto l’indulto. In Italia ciò è avvenuto con la delibera della CEI del 19 luglio 1989.
Da questa breve rassegna possiamo concludere che la norma rimane quella della Comunione sulla lingua e che la Comunione sulla mano è una eccezione e tale rimane anche se ormai è la pratica largamente più diffusa. Va anche ricordato che la concessione dell’indulto all’inizio era prevista solo per le Conferenze episcopali che avessero già introdotto la comunione nella mano dopo la regola stabilita da Paolo VI nel 1969, ma in seguito le richieste di indulto dilagarono e fu concesso a tutte le Conferenze episcopali che lo richiedevano. È chiaro che si fu una forzatura della norma. Infine va anche ricordato che se un vescovo volesse impedire nella sua diocesi la Comunione nella mano in termini di diritto canonico potrebbe farlo.
Con tutto ciò è da ritenersi assolutamente plausibile la proposta di tornare alla Comunione sulla lingua. Il cardinale Robert Sarah rimane nel pieno delle sue legittime funzioni nel prospettare questa richiesta e Vita Nuova nel farla conoscere.