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domenica 25 marzo 2018

La II domenica di Passione detta “delle palme”

Una piccola catechesi sulla Domenica delle Palme.
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La seconda e ultima domenica di Passione è nota come “domenica delle palme” per via della benedizione dei rami e la solenne processione che precede la S. Messa. L’origine di questo uso è da ricercarsi a Gerusalemme dove si ripercorrevano i momenti dell’ingresso solenne di Cristo nella città santa, imitando i gesti descritti dai S. Vangeli e stazionando nelle varie chiese della città. La processione era inizialmente distinta dalla S. Messa ed era appunto solo un uso esclusivo della città santa. In seguito ciò fu però imitato anche in altre regioni fino ad entrare nella liturgia universale.

Le palme possono essere sostituite da altri rami verdi a seconda della disponibilità del luogo in cui si celebra: in Italia è diffuso ovunque l’uso dei rami d’ulivo. Nei secoli questa processione in onore di Cristo Re che entra festosamente a Gerusalemme fu unita alla II domenica di Passione tanto da costituirne attualmente un tutt’uno inscindibile. Nella storia liturgica si utilizzarono diversi simboli per significare la presenza di Cristo nella processione: anticamente si portava il libro dei Vangeli rivestito di porpora e sostenuto su una portantina seguito da una croce, in alcune zone d’Europa si utilizzavano delle statue di Cristo che cavalca un asinello, talvolta provvisto di ruote e trascinato lungo il tragitto. Anticamente all’arrivo in chiesa il sacerdote batteva tre volte lo stipite della porta chiusa con il bastone della croce astile, simbolo di Cristo che apre le porte del paradiso con la sua passione e morte.


Secondo le norme della settimana santa del 1956 (obbligatorie per chi segue il rito antico) [non più. N.d.R.] . La processione è preceduta dalla benedizione dei rami con l’acqua santa e l’incenso. Poi il sacerdote consegna ai fedeli i rami e quindi proclama o canta il vangelo che narra l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Si forma dunque la processione: con il sacerdote rivestito del piviale color rosso (simbolo di regalità) e preceduto dalla croce astile coperta dal velo violaceo, secondo l’uso del tempo di passione

All’arrivo in Chiesa il colore muta dal rosso al viola e si da inizio alla S. Messa col consueto tono penitenziale, omettendo le parti iniziali (preghiere preparatorie) e iniziando subito con il Kyrie e l’ eventuale incensazione dell’altare.

Durante la messa si legge o si canta il testo della Passione. Essendo una pericope molto estesa e ricca di narrazione, esiste la possibilità che venga letta da tre ministri (sacerdoti o diaconi nel rito antico) che dialoghino le varie parti: Gesù, il narratore e le varie voci. Avendo la possibilità le parti del popolo possono essere eseguite dal coro.


I testi integrali della Passione verranno letti anche martedì, mercoledì e venerdì santo secondo questo schema:

domenica delle Palme: vangelo di S. Matteo 26,36-75 27, 1-60

martedì santo: vangelo di S. Marco 14, 32-72 15, 1-46

mercoledì santo: vangelo di S. Luca 22, 39-71 23, 1-53

venerdì santo: vangelo di S. Giovanni 18, 1-40 19,1-42

Al lunedì santo viene invece proclamato il vangelo dell’unzione di Betania (Giovanni 12, 1-9), opportunamente collocato in questo giorno perché il fatto avvenne “sei giorni prima della Pasqua” come ricorda l’incipit di questa pericope. Secondo questa suddivisione, nella liturgia si proclamano tutti e quattro i vangeli della Passione, lasciando a S. Giovanni il “posto d’onore” nella solenne liturgia del venerdì santo, lui che restò sotto alla croce solo assieme alla Vergine addolorata.

Nel rito post-conciliare l’uso del colore rosso è esteso anche per la S. Messa, mentre la lettura della passione è riservata alla sola domenica e al venerdì santo.

I testi proposti per la processione sono di antica origine e di ricchezza spirituale. Uno di questi è il “Gloria laus”, inno a Cristo Re, composto nel IX secolo dal vescovo franco Teodolfo d’Orleans:


Glória, laus et honor tibi sit, Rex Christe, Redémptor :
Cui pueríle decus prompsit Hosánna pium. R/. Glória, laus.

Israël es tu Rex, Davidis et ínclita proles :
Nómine qui in Dómini, Rex benedícte, venis. R/. Glória, laus.

Cœtus in excélsis te laudat caélicus omnis,
Et mortális homo, et cuncta creáta simul. R/. Glória, laus.

Plebs Hebraéa tibi cum palmis óbvia venit :
Cum prece, voto, hymnis, ádsumus ecce tibi. R/. Glória, laus.

Hi tibi passúro solvébant múnia laudis :
Nos tibi regnánti pángimus ecce melos. R/. Glória, laus.

Hi placuére tibi, pláceat devótio nostra:
Rex bone, Rex clemens, cui bona cuncta placent. R/. Glória, laus.

Traduzione:

Gloria, lode e onore a te, Re Cristo Redentore, Al quale una schiera di fanciulli cantò l’Osanna devoto. R/. Gloria, lode.

D’Israele tu sei il Re, di David la nobile prole; Tu che vieni, Re benedetto, nel nome del Signore. R/. Gloria, lode.

Nel più alto dei cieli, ti loda tutta la schiera celeste; E l’uomo mortale insieme, e tutte le cose create. R/. Gloria, lode.

Il popolo ebreo ti venne incontro con le palme; Eccoci dinanzi a te con la preghiera, il voto, gli inni. R/. Gloria, lode.

A te che andavi alla tua passione essi pagavano il loro tributo di lode. Noi ora innalziamo i nostri canti a te che regni glorioso. R/. Gloria, lode.

Essi ti furono graditi, gradisci la nostra devozione; Re buono, Re clemente al quale piace tutto ciò che è bene. R/. Gloria, lode.