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martedì 8 novembre 2016

"I peccati comportano pene, dolori e calamità" (Paolo VI)

Su indicazione del sempre documentato Mons. Favella, ricordiamo alla S. Sede, a Radio Maria e a quanti altri hanno messo sulla pubblica gogna p. Cavalcoli (che hanno osannato fino a poco tempo fa se diceva cose pro-francesco sull'Amoris Laetitia) le parole sequenti di Papa  Paolo VI (beatificato sotto il pontificato di Papa Francesco!).
Aggiungiamo, tra le tante, anche una citazione di Benedetto XV e un video dell'allora Card. Bergoglio. E' spagnolo, ma si comprende bene che cosa intende dire l'Arcivescovo di Buenos Aires sui castighi di Dio
Roberto


"È dottrina divinamente rivelata che i peccati comportino pene infinite dalla santità e giustizia di Dio, da scontarsi sia in questa terra, con i dolori, le miserie e le calamità di questa vita e soprattutto con la morte, sia nell’aldilà anche con il fuoco e i tormenti o con le pene purificatrici. Perciò i fedeli furono sempre persuasi che la via del male offre a chi la intraprende molti ostacoli, amarezze e danni. Le quali pene sono imposte secondo giustizia e misericordia da Dio per la purificazione delle anime, per la difesa della santità dell’ordine morale e per ristabilire la gloria di Dio nella sua piena maestà. Ogni peccato, infatti, causa una perturbazione nell’ordine universale, che Dio ha disposto nella sua ineffabile sapienza ed infinita carità, e la distruzione di beni immensi sia nei confronti dello stesso peccatore che nei confronti della comunità umana. Il peccato, poi, è apparso sempre alla coscienza di ogni cristiano non soltanto come trasgressione della legge divina, ma anche, sebbene non sempre in maniera diretta ed aperta, come disprezzo e misconoscenza dell’amicizia personale tra Dio e l’uomo. Così come è pure apparso vera ed inestimabile offesa di Dio, anzi ingrata ripulsa dell’amore di Dio offerto agli uomini in Cristo, che ha chiamato amici e non servi i suoi discepoli."

Paolo VI - Cost. Ap. "Indulgentiarum doctrina", 1° gennaio 1967
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7 commenti:

  1. SAN GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale del 13 agosto 2003.

    La stessa storia di Gerusalemme è una parabola che insegna a tutti la scelta da compiere. Dio ha castigato la città perché non poteva rimanere indifferente di fronte al male perpetrato dai suoi figli.
    Ma ora, vedendo che molti si sono convertiti e trasformati in figli giusti e fedeli, egli manifesterà ancora il suo amore misericordioso (cfr v. 10).
    Lungo tutto il Cantico del capitolo 13 di Tobia si ripete spesso questa convinzione: il Signore «castiga e usa misericordia… castiga per le vostre ingiustizie ma usa misericordia a tutti… ti ha castigata per le opere dei tuoi figli, e avrà ancora pietà per i figli dei giusti» (vv. 2.5.10). Dio ricorre al castigo come mezzo per richiamare sulla retta via i peccatori sordi ad altri richiami. L’ultima parola del Dio giusto resta tuttavia quella dell’amore e del perdono; il suo desiderio profondo è quello di poter riabbracciare i figli ribelli che tornano a lui con cuore pentito.

    Unum

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  2. Postate I commenti che unum vi ha mandato stamane su giovanni paolo secondo. Bisogna proteggere la dottrina. Vi sono arrivati?

    Unum

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  3. Il piu' bello di tutti i Documenti di Papa Paolo VI e' la Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina. Luminosa, incisiva, di una ricchezza dottrinale non superata, questo passaggio che avete posto qui, e' opportunissimo. Mi congratulo con voi.

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  4. Ay que bueno el video! Me ha encantado el Padre Jorge Mario. Un autentico jesuita. Precioso. Dice que el castigo està dentro de toda la Tradicion biblica. Y que bien se expresa el Padre Bergoglio. Enhorabuena!

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  5. Per favore, pubblicate quanto disse San Giovanni Paolo II sul castigo divino, affinche non ci siano dubbi che anche nel magistero postconciliare è confermata la presenza del castigo divino nella storia della salvezza.

    Al male morale del peccato corrisponde la punizione, che garantisce l'ordine morale nello stesso senso trascendente, nel quale quest'ordine è stabilito dalla volontà del Creatore e supremo Legislatore. Di qui deriva anche una delle fondamentali verità della fede religiosa, basata del pari sulla Rivelazione: che cioè Dio è giudice giusto, il quale premia il bene e punisce il male: « Tu, Signore, sei giusto in tutto ciò che hai fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi. Giusto è stato il tuo giudizio per quanto hai fatto ricadere su di noi ... Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo a causa dei nostri peccati »

    San Giovanni Paolo II, Salvifici Doloris

    Dio ricorre al castigo come mezzo per richiamare sulla retta via i peccatori sordi ad altri richiami. L’ultima parola del Dio giusto resta tuttavia quella dell’amore e del perdono; il suo desiderio profondo è quello di poter riabbracciare i figli ribelli che tornano a lui con cuore pentito.

    San Giovanni Paolo II, Udienza Generale del 13 agosto 2003


    Dio, tuttavia, sempre misericordioso anche quando punisce, «impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato» (Gn 4, 15): gli dà, dunque, un contrassegno, che ha lo scopo non di condannarlo all'esecrazione degli altri uomini, ma di proteggerlo e difenderlo da quanti vorranno ucciderlo fosse anche per vendicare la morte di Abele. Neppure l'omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante. Ed è proprio qui che si manifesta il paradossale mistero della misericordiosa giustizia di Dio, come scrive sant'Ambrogio: «Poiché era stato commesso un fratricidio, cioè il più grande dei crimini, nel momento in cui si introdusse il peccato, subito dovette essere estesa la legge della misericordia divina; perché, se il castigo avesse colpito immediatamente il colpevole, non accadesse che gli uomini, nel punire, non usassero alcuna tolleranza né mitezza, ma consegnassero immediatamente al castigo i colpevoli. (...) Dio respinse Caino dal suo cospetto e, rinnegato dai suoi genitori, lo relegò come nell'esilio di una abitazione separata, per il fatto che era passato dall'umana mitezza alla ferocia belluina. Tuttavia Dio non volle punire l'omicida con un omicidio, poiché vuole il pentimento del peccatore più che la sua morte»

    San Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae


    Egli esige sì soddisfazione, e tuttavia è anche clemente, e non ci punisce tanto quanto meriteremmo; è un Dio “pietoso”, perché “sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere”. Così il “Signore ha pietà di quanti lo temono” (Sal 103, 8.14.13), cioè di coloro che si pentono e fanno ritorno a lui. Egli è insomma un Dio di misericordia, la quale è amore che perdona, l’amore che si piega su ogni male come su di una ferita dolente che dev’essere curata. L’amore che è sempre più grande di qualsiasi male: che è sempre capace di andare “oltre” la misura della giustizia e dell’uguaglianza. L’amore che si sente in dovere di dare all’altro non soltanto il “suo”, ma anche molto più del “suo”. Quell’amore per il quale non doniamo solo qualcosa, ma noi stessi

    San Giovanni Paolo II, Omelia del 22 febbraio del 1987

    Pubblicate queste citazioni per amore della verità!


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  6. QUeste ultime citazioni su BXVI sono dedicate a Socci che nega che BXVI parli di castighi divini:

    Oggi dobbiamo imparare nuovamente che l'amore per il peccatore e l'amore per la vittima stanno nel giusto equilibrio per il fatto che io punisco il peccatore nella forma possibile ed appropriata. In questo senso nel passato c'è stata un'alterazione della coscienza per cui è subentrato un oscuramento del diritto e della necessità della pena. Ed in fin dei conti anche un restringimento anche del concetto di amore, che non è soltanto gentilezza e cortesia, ma che è amore nella verità. E della verità fa parte anche il fatto che devo punire chi ha peccato contro il vero amore.

    Benedetto XVI, Luce del Mondo, p. 47


    Interpella, in modo speciale, i popoli che hanno ricevuto l’annuncio del Vangelo. Se guardiamo la storia, siamo costretti a registrare non di rado la freddezza e la ribellione di cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo mai meno alla sua promessa di salvezza, ha dovuto spesso ricorrere al castigo.

    Benedetto XVI, CAPPELLA PAPALE PER L’APERTURA DELLA XII ASSEMBLEA GENERALE
    ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, 2008


    E’ quanto emerge già dalla prima lettura, tratta dal Libro delle Cronache dell’Antico Testamento (cfr 2 Cr 36,14–16.19–23): l’autore sacro propone una sintetica e significativa interpretazione della storia del popolo eletto, che sperimenta la punizione di Dio come conseguenza del suo comportamento ribelle: il tempio è distrutto e il popolo in esilio non ha più terra; realmente sembra che sia stato dimenticato da Dio. Ma poi vede che attraverso i castighi Dio persegue un disegno di misericordia. Sarà la distruzione della città santa e del tempio – come detto -, sarà l’esilio a toccare il cuore del popolo e a farlo tornare al suo Dio per conoscerlo più profondamente. E allora il Signore, dimostrando l’assoluto primato della sua iniziativa su ogni sforzo puramente umano, si servirà di un pagano, Ciro re di Persia, per liberare Israele. Nel testo ascoltato l’ira e la misericordia del Signore si confrontano in una sequenza dai contorni drammatici, ma alla fine trionfa l’amore, perché Dio è amore. Come non raccogliere dal ricordo di quei lontani eventi il messaggio valido per ogni tempo, compreso il nostro? Pensando ai secoli passati possiamo vedere come Dio continui ad amarci anche attraverso i castighi. I disegni di Dio, anche quando passano attraverso la prova, mirano sempre ad un esito di misericordia e di perdono.

    Benedetto XVI, omelia di quaresima del 26 marzo 2006



    Spero pubblichiate queste testimonianze di fede nella verità.

    Cordiali saluti



    Luigi Marazzi

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  7. Atto di dolore
    Mio Dio mi pento e mi dolgo.... perchè PECCANDO HO MERITATATO I TUOI CASTIGHI e molto più perchè ho offeso Te ecc...

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