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giovedì 24 marzo 2016

Le nuove rubriche sulla "lavanda dei piedi": S. Ignazio sarebbed'accordo?

di don Alfredo M. Morselli



È ormai noto quanto Papa Francesco ha recentemente disposto, circa la liturgia della Messa in cena Domini: "venga modificata la rubrica secondo la quale le persone prescelte per ricevere la Lavanda dei piedi debbano essere uomini o ragazzi, in modo tale che da ora in poi i pastori della Chiesa possano scegliere i partecipanti al rito tra tutti i membri del popolo di Dio" (1).

Se avessi l'occasione di fare quattro chiacchiere col dolce Cristo in terra, gli porrei rispettosamente questa domanda: "Santità, ma cosa direbbe S. Ignazio di Loyola di questa riforma? Sarebbe d'accordo?". Vado ora a esporre le ragioni di questa domanda. 

Sappiamo che, durante l'ultima cena, Gesù ha lavato i piedi a dodici uomini: il messale del 1970 non richiede più, per il suddetto rito, il numero di dodici partecipanti, come invece prescrivevano le rubriche di Pio XII del 1955 (2).
Con le ultime disposizioni ci troviamo di fronte ad un ulteriore allontanamento da ciò che storicamente accadde, proprio in quella azione liturgica che commemora quei fatti reduplicative: le persone coinvolte nel rito non debbono più necessariamente essere né dodici, né uomini.
Constatiamo che questa rubrica ha sancito un distacco tra la liturgia e la storia della salvezza: non importa più fare memoria di quello che è successo storicamente, di quanto Gesù ha compiuto, avendolo preparato da tutta l'eternità. Ed è proprio questo che mi sembra distante dallo spirito ignaziano.

Il santo di Loyola, nella sua autobiografia, racconta quanta attenzione egli prestasse a tutti i
minimi dettagli delle azioni compiute da Gesù: dopo la conversione, S. Ignazio aveva deciso di andare in pellegrinaggio in Palestina per convertire gl'infedeli; vi arrivò con mille peripezie e avrebbe voluto fermarsi a Gerusalemme. Il custode francescano, diffidando di lui, pellegrino originale a dir poco, lo costrinse a prendere la via del ritorno. S. Ignazio, ormai certo che la volontà di Dio a suo riguardo non era quella di fermarsi in Terra Santa, prima di partire volle rivedere più volte - esponendosi al rischio di percosse e oltraggi - il monte Oliveto, da dove Gesù era asceso al cielo. E volle soffermarsi sui minimi particolari, persino sull'impronta dei piedi che Gesù aveva lasciato su una pietra, nel momento della sua Ascensione. Ma sentiamo le parole del santo:
"Sull'Oliveto c'è una pietra dalla quale nostro Signore si distaccò per salire al cielo, e si vedono ancora le impronte dei suoi piedi: queste egli voleva tornare a vedere. Così, senza parlarne con nessuno e senza prendere alcuna guida (se uno non si fa accompagnare da una guida turca corre serio pericolo) si sottrasse agli altri e se ne andò tutto solo al monte Oliveto. Poiché i custodi non volevano lasciarlo entrare, regalò loro un tagliacarte che aveva con sé: e dopo aver pregato con intensa consolazione, gli venne desiderio di andare anche a Betfage. Là si ricordò che sul monte Oliveto non aveva osservato bene l'esatta posizione del piede destro e del piede sinistro; tornò lassù e - a quanto ricorda - diede ai custodi le sue forbici perché lo lasciassero entrare" (3).
Per S. Ignazio era importante come Gesù teneva i piedi prima di salire al cielo, perché anche questo dettaglio è un mistero; certamente, con Calcedonia (451), noi confessiamo "il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e del corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato…" (4), ma nessuno può contemplare questo singolare composto se non nelle sue azioni: e queste azioni sono misteri  in quanto sono segni rivelatori della Persona di Gesù (e, di conseguenza, anche del Padre), causano la nostra confermazione a Cristo stesso, e sopno prolettici della gloria futura. Ciò è bene indicato nella preghiera che spesso si recita al termine del S. Rosario: "… fa, Te ne preghiamo, che ricordando questi misteri, per mezzo del santissimo Rosario della beata Vergine Maria, noi possiamo imitare gli esempi che contengono e conseguire i beni che promettono" (5).
Secondo S. Ignazio è la contemplazione dei misteri della vita di Gesù che ci permette quella "intima conoscenza del Signore, che per me si è  fatto uomo", indispensabile e da chiedere "perché lo ami con più ardore e lo segua con più fedeltà" (6). E allora bisogna fare la composizione di luogo (immaginarsi, certamente con verisimiglianza, la scena concreta del mistero), applicare i sensi, sentire le parole, vedere i personaggi…

Il Papa vuole migliorare le modalità di attuazione del rito "affinché esprimano pienamente il significato del gesto compiuto da Gesù nel Cenacolo, il suo donarsi “fino alla fine” per la salvezza del mondo, la sua carità senza confini" (7)? Se potessi fare quattro chiacchiere con lui - come dicevo prima - gli chiederei filialmente di pensare se non sia il caso di promulgare un rito massimamente simile al mistero che rappresenta, perché sia più facile fare l'anamnesi del mistero stesso, senza mutazioni: e il mistero di cui si fa memoria, per la sua potenza sacramentale intrinseca, esprimerà pienamente un significato non imposto da noi. Sarà lo Spirito Santo a fare l'adattamento al singolo caso, giacché  - di fronte al mistero - ognuno chiederà, come ben spiega S. Ignazio, "quello che sentirà in sé, per meglio seguire e imitare nostro Signore" (8).

La Chiesa in uscita potrà inoltre meglio imitare l'uscita del Verbo verso la salvezza dell'umanità, la corsa di Gesù Cristo, "sole che esce dalla stanza nuziale" esultando "come prode che percorre la via" (9), le cui tappe sono proprio i misteri della sua vita.

Son quei misteri che la Madonna – modello di ogni autentica participatio actuosa alla liturgia –, custodiva meditandoli nel suo cuore (cf. Lc 2, 19.51).

Last but not least, tra le altre cose, il numero di dodici richiama il fatto che Gesù ha lavato i piedi anche a Giuda, quando già il diavolo gli aveva messo in cuore di tradirlo (cf. Gv 13, 2), offrendogli perdono e amicizia fino all'ultimo; quale spunto per comprendere la misericordia di Gesù, tema giustamente carissimo a Papa Francesco!

NOTE

(1) Lettera del Santo Padre al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sul Rito della “Lavanda dei Piedi” nella Liturgia della Messa in Cœna Domini, 21.01.201: http://tinyurl.com/ha2b7hl; in ossequio alle disposizioni del Papa è stato promulgato il Decreto In Missa in Cena Domini, della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sul Rito della “Lavanda dei Piedi”, lo stesso 21.01.2016; cf. http://tinyurl.com/j5cz8up.
(2) Decreto Maxima Redemptionis nostrae mysteria, 16 novembre 1955: AAS 47, 1955, pp. 838 ss.
(3) S. IGNAZIO DI LOYOLA, Autobiografia, § 47.
(4) DS/40 n. 301.
(5) "Deus, cuius Unigénitus per vitam, mortem et resurrectiónem suam nobis salútis ætérnæ prǽmia comparávit: concéde, quǽsumus, ut, hæc mystéria sacratíssimo beátæ Mariæ Vírginis Rosário recoléntes, et imitémur quod cóntinent, et quod promíttunt assequámur. Per eúmdem Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum". 
(6) S. IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, §104.
(7) Cf. Lettera del Santo Padre al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, vedi nota 1.
(8) Esercizi spirituali, §109.
(9) Sal. 19,6.



4 commenti:

  1. Prima della Riforma Piana ( 1955 ) la lavanda dei piedi aveva luogo extra Missam. I Cerimoniale Episcoporum disponeva che si lavassero i piedi a 13 poveri. Ma nelle Chiese minore eranno 12 e perfino di qualsiasi condizioni, ma sempre "viri". Penso che il mettere il Rito intra Missam e' stato un errore. D'altra parte e' un rito facoltativo. Rimane come segno di servizio e' carita'. Ma come dice mons. Schneider il Sacerdote non deve lavare i piedi delle done. E di senso comune. E ricordo che nelle Rubriche prepiane si disponeva che la lavanda avesse ad esempio nella Sacrestia, non nell Altare Maggiore e sempre di forma discreta. Cosi lo faceva il Beato Pio Nono e si puo' vedere nelle incisione della epoca.

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  2. nessun riferimento al fatto che il papa trovi normale lavare i piedi anche a donne musulmane (che non saranno mai preti maschi cattolici) oltrepassando la simbologia del mandato sacerdotale? nè al fatto che consideri ugualmente figli di Dio tutto l'orbe terracqueo di qualsiasi religione, induisti, buddhisti, islamici (e anche gli extraterrestri, come ebbe a dire qualche tempo fa)?

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  3. Come è accaduto a tanti fondatori di ordini religiosi, anche S. Ignazio inorridirebbe dell'azione dei suoi deviati 'figli', poiché non ha mai postulato ciò che stanno operando.

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  4. Sono molto perplesso dalla scelta del Papa i non dare risalto all'istituzione del Sacramento dell'Eucaristia e del Sacerdozio favorendo piuttosto una interpretazione che a me pare errata del gesto che Gesù compie verso i suoi discepoli, i quali dovevano essere completamente mondati per poter mangiare Quel Pane: "Chi ha fatto il bagno non ha che da lavarsi i piedi". Io lo faccio a te, dice Gesù a Pietro, significando che la Redenzione viene da Lui; ma dopo sarete voi a continuare quest'opera di redenzione attraverso i sacramenti. Perciò non capisco perché viene banalizzato un gesto che ha significato sacramentale imprimendogli un significato di servizio che in realtà non ha. Per di più, in quest'ottica, che senso ha la partecipazione a questo gesto di chi, non solo ha da lavarsi i piedi, ma ha da fare tutto il bagno completo, cioè non è stato lavato nel Battesimo.

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