di don Alfredo M. Morselli
Ave Maria!
S.E. Rev. Mons. Marcel Lefebvre, nel corso di una conferenza
svolta a Roma il 6 giugno 1977, usò l’espressione “il colpo da maestro di
satana”, indicando con esso “la diffusione dei principi rivoluzionari, introdotti
nella Chiesa dall'autorità della Chiesa stessa”: a motivo di ciò, continuava il
Presule, “attraverso l’obbedienza la
Chiesa si sta distruggendo con le sue stesse mani e si convertirà al mondo
eretico”[1].
Concordo solo in piccola parte con quanto diceva Mons. Lefèbvre:
da un lato è verissimo che sono stati imposti molti abusi “in nome
dell’obbedienza”; molti ottimi sacerdoti e molti ottimi fedeli, proprio perché –
in quanto tali – costituzionalmente
obbedienti, hanno obbedito forse per
eccesso. E sono noti i tanti casi in cui degnissimi sacerdoti non celebrano
nella forma straordinaria per obbedienza
al Vescovo, talvolta imposta con minacce. Inoltre la pusillanimità è, talvolta, contrabbandata per obbedienza.
Tuttavia, in base alle promesse del Salvatore, quanto
affermava il Presule non è condivisibile in toto.
Se è vero – ed è vero – che portae inferi non praevalebunt, la Chiesa non sarà mai distrutta
dalle mani di nessuno, né da quelle dei nemici, né tanto meno dalle sue; e più
che giustamente diceva il Card. Consalvi, segretario di stato ai tempi di Pio
VII: «se non ci sono riusciti i preti a distruggere la Chiesa non ci riuscirà
nessuno».
Scrivo pubblicamente queste riflessioni perché il caso del golpe contro i carissimi Francescani
dell’Immacolata, e la loro conseguente risposta, espressa in un contesto in cui tanti, in modi diversi, consigliavano di
“resistere”, potrebbe essere la prova della verità di quanto affermo.
Rileggiamo la mirabile risposta dei Francescani:
P. Stefano M. Manelli, con tutto l'Istituto dei Frati Francescani dell'Immacolata unito a lui, obbedisce al S. Padre e confida che da questa obbedienza ne vengano grazie più grandi.
Se il colpo da maestro
di satana è stato quello di riuscire a far disobbedire alla Chiesa in nome dell’obbedienza,
il colpo da maestro dell’Immacolata
è, più semplicemente, quello di far obbedire
in nome dell’obbedienza, in virtù della fede.
Il motivo soprannaturale dell’obbedienza è
limpidamente espresso nel comunicato: i frati confidano che da questa obbedienza ne vengano grazie
più grandi. Guarda caso, l’obbedienza religiosa come si intendeva prima del
Concilio.
Se mi concedete una battuta, potrei aver offerto un argomento al Rev.do
Padre Commissario: “Ecco, vi ho scoperti, voi obbedite come prima del
Concilio!”
Il caso dei Francescani dell’Immacolata dimostra
inequivocabilmente che il Concilio Vaticano II e la riforma liturgica non sono
intrinsecamente cattivi: tanti fedeli della FSSPX hanno riconosciuto e
riconoscono la bontà della loro esperienza e la santità del Fondatore, il
quale, in pluribus, celebra – come ufficialmente comunicato –, secondo
il Novus Ordo.
La pastorale dei francescani dell’Immacolata, nelle parrocchie e nei
santuari loro affidati, si svolge principalmente con il Novus Ordo.
E non si può dire che la Messa celebrata da P. Stefano (e così come la
dice Benedetto XVI e come la dicano tanti santi sacerdoti, alcuni morti
martiri) sia avvelenata, come diceva Mons. Lefebvre.
E allora, se è vero questo, vengono a cadere gli argomenti che hanno
impedito l’accordo tra la Santa Sede e la FSSPX: accettare il Concilio non vuol
dire che i suoi testi e i suoi silenzi non sono criticabili, e non vuol dire
neppure benedire la riforma liturgica. Significa però che la tragedia storica
neo-modernistica post-conciliare è accidentale rispetto al Concilio, e non ne
deriva direttamente, per se, simpliciter.
Secondo la buona logica, per dichiarare falsa una proposizione
universale, basta che sia vera una particolare contraddittoria: Il concilio
è cattivo in sé - è possibile una santa esperienza nella prospettiva
dell’ermeneutica della continuità: queste due proposizioni non possono
essere entrambe vere
I Francescani dell’Immacolata
sono la proposizione vera; ed è per questo che, aperta la porta del pollaio
all’ingresso della volpe – purtroppo dall’interno –, quest’ultima non ci ha
pensato due volte ad entrare e a cercare di fare razzia.
Ma io scommetto sul colpo da maestro dell’Immacolata: far
obbedire in nome dell’obbedienza, per trarne un maggior bene. All in[2]
sull’Immacolata. E quando andremo a vedere, nella tagliola ci resterà la
volpe.
Dum adpropiant super me nocentes ut edant carnes meas, qui tribulant me et inimici mei, ipsi infirmati sunt et ceciderunt (Ps 26,2)
Veniat illi laqueus quem ignorat, et captio quam abscondit conprehendat eum, et in laqueo cadat in ipso (Ps 34,8)
Laqueum paraverunt pedibus meis et incurvaverunt animam meam, foderunt ante faciem meam foveam et inciderunt in eam (Ps 56,7)
Anima nostra sicut passer erepta est de laqueo venantium; laqueus contritus est et nos liberati sumus (Ps 123,7)