Il blog di Padre Augé Liturgia Opus Trinitatis , ignoto ai più, si fregia del titolo
di unico sito internet al mondo che si sforzi di difendere la riforma
liturgica (non consideriamo infatti il moribondo sito Vivailconcilio,
pur partito tempo fa con la compiacente pubblicità di Radio Vaticana e dei
quotidiani episcopali di mezza Europa).
Di recente è stato pubblicato un breve articolo che contiene un'analisi di p. Augé, sulla convivenza tra le due forme del Rito Romano, dopo 6 anni di attuazione e applicazione del mai troppo "benedetto" Summorum Ponticum.
Prima di leggere il suo scritto, ricordiamo alcune caratteristiche dell'autore e alcune nostre riflessioni.
Padre Augé, è un liturgista di scuola bugniniana. Ed è quindi un fautore della Riforma conciliare e oppositore del Motu Proprio.
A giudicare dai suoi post pacati e riflessivi, egli
non sembra però il classico modernista dissennato, per cui ogni avanzata
verso una sempre maggiore desacralizzazione, deritualizzazione,
distruzione della liturgia, è una conquista da esaltare. No: la sua è la
posizione di chi ritiene si debba tornare ad un'applicazione seria e
rigorosa del messale di Paolo VI. E riconosce il carattere solo "pastorale" del CVII. Ed è già buono.
Non solo: egli ha l'onestà di riconoscere
che il problema liturgico esiste, eccome, nella disaffezione dei fedeli e
nella diffusa sciatteria celebrativa.
Il
passo successivo di consapevolezza, che però dubitiamo possa compiere P.
Augé, è arrivare alla conclusione che il Messale bugniniano, con le sue
mille possibili permutazioni, e complice la natura umana che porta a
prediligere le opzioni più povere e semplici, è per suo intrinseco
dinamismo, per necessità, destinato ad essere sconciato, come
attualmente avviene in molte celebrazioni. E la tendenza è destinata a peggiorare, via via che
ci si allontana nel tempo e nella memoria dal modello tridentino da cui il golem liturgico ha preso (sembianza di) vita.
Per noi "tradizionalisti", il ritorno di un po' di buon senso
liturgico nella celebrazione ordinaria è un passo decisivo verso il
recupero dell'ortodossia, della fede, del senso religioso. (E' anche con questo auspicio che abbiamo saluto con estremo favore il Summorum Pontificum e la lettera di "accompagnamento").
Per questo non possiamo che condividere alcuni spunti del P. Augé, come l'auspicio che si recuperi "la dimensione orante, l’atteggiamento di adorazione, il clima di silenzio che aiuta ad inoltrarsi nella celebrazione del Mistero".
Certo Augé non comprende perché per ottenere ciò servano latino, comunione in ginocchio, altare orientato, ecc.; ma questo è un limite del cerebralismo disincarnato dei liturgisti della sua generazione: non riescono a capire che l'uomo ha bisogno di segni e simboli concreti, "mistagogici", per assumere la dovuta attitudine interiore (p. Augé, come si può pretendere di recuperare 'l'atteggiamento di adorazione', se il fedele non lo lasciate inginocchiare?).
Quello che P. Augé non riesce o non vuole comprendere, perché obnubilato dai pregiudizi lungamente inculcati contro il vecchio rito, è che il metodo più sicuro per raggiungere il risultato che egli stesso auspica (ossia 'rimettere in carreggiata' il Paolo VI) è precisamente la maggior diffusione possibile della Messa tradizionale. Questa, per osmosi, per imitazione, per contagio, diffonde metodi celebrativi che riescono a riportare anche nella nuova Messa quegli elementi di cui Augé deplora la perdita (adorazione, silenzio, preghiera). Per averne la riprova, bastava vedere come celebrava la nuova Messa Benedetto XVI, o un prete biritualista qualunque.Possibile che un liturgista serio come P. Augé non comprenda che qualche dose di 'antibiotico tridentino' è il migliore puntello per impedire che il Messale di Paolo VI si trasformi ancor più in quella fiera dell'improvvisazione, della confusione dottrinale e della sciatteria che già ora (almeno fuori d'Italia, dove l'impronta tridentina un po' sopravvive ancora) è divenuta la regola?
No... non lo comprende. Basti leggere quello che ha scritto pochi giorni fa sul suo blog, (che riproponiamo).
Per questo non possiamo che condividere alcuni spunti del P. Augé, come l'auspicio che si recuperi "la dimensione orante, l’atteggiamento di adorazione, il clima di silenzio che aiuta ad inoltrarsi nella celebrazione del Mistero".
Certo Augé non comprende perché per ottenere ciò servano latino, comunione in ginocchio, altare orientato, ecc.; ma questo è un limite del cerebralismo disincarnato dei liturgisti della sua generazione: non riescono a capire che l'uomo ha bisogno di segni e simboli concreti, "mistagogici", per assumere la dovuta attitudine interiore (p. Augé, come si può pretendere di recuperare 'l'atteggiamento di adorazione', se il fedele non lo lasciate inginocchiare?).
Quello che P. Augé non riesce o non vuole comprendere, perché obnubilato dai pregiudizi lungamente inculcati contro il vecchio rito, è che il metodo più sicuro per raggiungere il risultato che egli stesso auspica (ossia 'rimettere in carreggiata' il Paolo VI) è precisamente la maggior diffusione possibile della Messa tradizionale. Questa, per osmosi, per imitazione, per contagio, diffonde metodi celebrativi che riescono a riportare anche nella nuova Messa quegli elementi di cui Augé deplora la perdita (adorazione, silenzio, preghiera). Per averne la riprova, bastava vedere come celebrava la nuova Messa Benedetto XVI, o un prete biritualista qualunque.Possibile che un liturgista serio come P. Augé non comprenda che qualche dose di 'antibiotico tridentino' è il migliore puntello per impedire che il Messale di Paolo VI si trasformi ancor più in quella fiera dell'improvvisazione, della confusione dottrinale e della sciatteria che già ora (almeno fuori d'Italia, dove l'impronta tridentina un po' sopravvive ancora) è divenuta la regola?
No... non lo comprende. Basti leggere quello che ha scritto pochi giorni fa sul suo blog, (che riproponiamo).
Ps. Siamo in sintonia con p. Augé su quanto afferma in coda al suo scritto: non è stato opportuno, nè cattolico, da parte di de Mattei, asserire che la Messa di Paolo VI sia facoltativa: si può certo criticare "costruttivamente", ma non respingere. Se così fosse lecito, allora cinque Papi avrebbero sbagliato a celebrarla?
Roberto
AGGIORNAMENTO al 3 settembre 2013.
Disturbato in ferie per polemiche inesistenti, preciso:
- 1) questo blog pur prediligendo la Antica Liturgia, sente CUM ECCLESIA e si è sempre riconosciutocome tradizionale-conciliare, nel senso più cattolico d termine, come il motto testimonia (rinnovamento liturgico della Chiesa nel solco della Tradizione, dove per rinnovamento si intende rinnovare la liturgia nuova -valida e legittima- con iniezioni di quella antica). Come mai solo ora si sollevano critiche? Dove sta lo scandalo? È un peccato auspicare una "cura" tridentina per la Messa NO?
-2) auspicare un miglioramento del messale di Paolo VI grazie ad innesti tridentini, per l'influenza e sotto l'esempio del Messale di Guovanni XXIII è un desiderio di Benefetto XVI , oltre che un'urgenza della Chiesa (quindi non è una nostra invenzione);
-3) in attesa di un ripristino in Toto della liturgia tridentina, l'unica soluzione (nonché l'unica via) è "tridentineggiare", cioè modificare, ieraticcizzare e migliorare quella bugniniana;
-4) nel nostro post l'aver auspicato una riforma "benedettiana" della riforma (perché in pratica di quello si parlava) non significa affatto rinnegare la assoluta, indiscussa e oggettiva bontà del messale antico. Anzi: gli di riconoscono effetti "taumaturgici", come disse il papa Emerito nella lettera ai vescovi nel 2007. il nostro scritto è un auspicio per il male minore in risposta ad un prete "conciliarti sta" ma non estremista con cui , se pur con obiettivi e idee diversi, si condividono preoccupazioni comuni per il bene della Chiesa.
Due forme del rito romano possono convivere?
di padre Augé, dal suo blog Liturgia, opus Trinitatis, del 19.08.2013
Fin
qui le due forme della liturgia romana hanno litigato. Possono
coabitare in pace? Il
recente commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata con
Decreto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le
Società di vita apostolica dell’11 luglio 2013, in cui si
decideva, tra l’altro, che i suddetti Frati per celebrare la
liturgia nella forma straordinaria dovevano essere esplicitamente
autorizzati dalle competenti autorità, ha provocato una forte
reazione nel mondo tradizionalista legato al Vetus Ordo. Diversi esponenti di questo mondo hanno gridato allo scandalo e hanno invitato alla
resistenza…
Alla luce di questi eventi e dopo sei anni e passa dalla pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, viene spontanea una domanda: la situazione attuale del rito romano con due forme rituali, ordinaria e straordinaria, è destinata a consolidarsi o è una situazione temporanea in attesa del ritorno ad una sola forma rituale?
Non esistono statistiche ufficiali per poter valutare la consistenza numerica e la collocazione geografica dei gruppi legati alla forma straordinaria del rito romano. C’è però l’impressione che il fenomeno pur essendo fortemente minoritario conosce un qualche esito tra i giovani. E’ quindi giusto domandarsi sulla possibilità o meno di un’eventuale e lunga coabitazione delle due forme celebrative.
La storia della liturgia dimostra che, in genere, le diverse tradizioni liturgiche nascono e si consolidano in un determinato ambiente geografico ed ecclesiale. L’origine delle liturgie orientali è strettamente legata allo sviluppo delle sedi patriarcali. I diversi riti hanno il sapore della terra dove sono nati e sono portatori della storia di una Chiesa locale. Anche in Occidente, le liturgie ambrosiana, ispano-visigotica e un po' meno quella gallicana hanno avuto uno sviluppo simile.
La liturgia romana ha una storia un po’ diversa. C’è una prima fase, che possiamo chiamare “classica”, in cui questa liturgia è strettamente legata nelle sue caratteristiche alla città di Roma. Nei secoli VIII/IX l’impero franco-germanico importa, copia e trasforma la liturgia romana aggiungendovi degli elementi locali. Nel secolo X questa liturgia ritorna all’Urbe e viene accolta con molteplici elementi franco-germanici. Dal secolo XI al XVI, la liturgia romana(-franco-germanica) è celebrata con diverse modalità locali nei paesi dell’Europa occidentale. Infatti, non c’è un’autorità centrale come la Congregazione dei Riti postridentina. Solo dopo Trento, viene imposta l’uniformità liturgica con qualche eccezione.
Oggi, alcuni fautori della pluralità rituale, e quindi della coabitazione delle due forme rituali del rito romano, guardano con interesse alla situazione della liturgia nei secoli anteriori a Trento in cui c’era un certo pluralismo rituale. Noto però che si trattava sempre di un fenomeno “localizzato”: su una base sostanzialmente comune, le diverse Chiese locali si esprimevano con una certa libertà rituale. Invocare questa situazione per difendere l’attuale pluralità di forme rituali del rito romano è fuori posto.
La normativa del Motu proprio Summorum Pontificum introduce una situazione inedita storicamente e problematica pastoralmente per diverse ragioni:
Alla luce di questi eventi e dopo sei anni e passa dalla pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, viene spontanea una domanda: la situazione attuale del rito romano con due forme rituali, ordinaria e straordinaria, è destinata a consolidarsi o è una situazione temporanea in attesa del ritorno ad una sola forma rituale?
Non esistono statistiche ufficiali per poter valutare la consistenza numerica e la collocazione geografica dei gruppi legati alla forma straordinaria del rito romano. C’è però l’impressione che il fenomeno pur essendo fortemente minoritario conosce un qualche esito tra i giovani. E’ quindi giusto domandarsi sulla possibilità o meno di un’eventuale e lunga coabitazione delle due forme celebrative.
La storia della liturgia dimostra che, in genere, le diverse tradizioni liturgiche nascono e si consolidano in un determinato ambiente geografico ed ecclesiale. L’origine delle liturgie orientali è strettamente legata allo sviluppo delle sedi patriarcali. I diversi riti hanno il sapore della terra dove sono nati e sono portatori della storia di una Chiesa locale. Anche in Occidente, le liturgie ambrosiana, ispano-visigotica e un po' meno quella gallicana hanno avuto uno sviluppo simile.
La liturgia romana ha una storia un po’ diversa. C’è una prima fase, che possiamo chiamare “classica”, in cui questa liturgia è strettamente legata nelle sue caratteristiche alla città di Roma. Nei secoli VIII/IX l’impero franco-germanico importa, copia e trasforma la liturgia romana aggiungendovi degli elementi locali. Nel secolo X questa liturgia ritorna all’Urbe e viene accolta con molteplici elementi franco-germanici. Dal secolo XI al XVI, la liturgia romana(-franco-germanica) è celebrata con diverse modalità locali nei paesi dell’Europa occidentale. Infatti, non c’è un’autorità centrale come la Congregazione dei Riti postridentina. Solo dopo Trento, viene imposta l’uniformità liturgica con qualche eccezione.
Oggi, alcuni fautori della pluralità rituale, e quindi della coabitazione delle due forme rituali del rito romano, guardano con interesse alla situazione della liturgia nei secoli anteriori a Trento in cui c’era un certo pluralismo rituale. Noto però che si trattava sempre di un fenomeno “localizzato”: su una base sostanzialmente comune, le diverse Chiese locali si esprimevano con una certa libertà rituale. Invocare questa situazione per difendere l’attuale pluralità di forme rituali del rito romano è fuori posto.
La normativa del Motu proprio Summorum Pontificum introduce una situazione inedita storicamente e problematica pastoralmente per diverse ragioni:
1. In primo luogo, c’è la Costituzione Sacrosanctum Concilium
che prescrive una riforma della liturgia romana “tridentina”, quella
che i Padri conciliari conoscevano e celebravano. Conservare l’uso
dei libri liturgici che sono stati “presi di mira”
(passi l’espressione) dai Padri conciliari è un fenomeno quanto mai
anomalo, anzi per certi versi
patologico. Il Concilio Vaticano II, pur avendo uno spiccato
carattere pastorale, è un’espressione solenne del Magistero ecclesiale,
che non può essere disattesa.
2. In secondo luogo, introdurre nel seno delle stesse parrocchie e diocesi due diverse forme rituali con calendari diversi, ecc. che ciascun fedele può scegliere secondo il proprio piacere, rende alla lunga difficile una vera pastorale unitaria. Benedetto XVI nella Lettera ai vescovi che accompagna il Motu proprio prevedeva l’arricchimento della forma straordinaria con l’inserimento di nuovi santi e nuovi prefazi… Passati più di sei anni, non si è fatto nulla perché si tratta e si tratterà sempre di un rompicapo per qualsiasi commissione di esperti che si prefigga questo compito: quali santi, con quali testi, in quale data... e con quali criteri…?
3. Una soluzione già attuata in alcune parti è la creazione di parrocchie personali per i frequentatori della forma straordinaria. A prima vista, in questo modo si osserva il tradizionale legame tra rito e comunità locale. E’ una soluzione però che non soddisfa tutti perché si tratta di fedeli che sono dispersi nelle diverse parrocchie e vivono talvolta a parecchi chilometri di distanza dalla sede della parrocchia personale. Inoltre, la moltiplicazione di diocesi, prelature e parrocchie personali richiederebbe un’attenta valutazione alla luce di una sana ecclesiologia perché si corre il rischio di creare ghetti, non comunità ecclesiali.
4. Secondo alcuni esponenti del mondo tradizionalista, una soluzione potrebbe essere la cosiddetta “riforma della riforma”, intesa (nel migliore dei casi) come un avvicinamento tra le due forme rituali creando in questo modo un rito che dovrebbe accogliere le decisioni fondamentali del Vaticano II (che però essi interpretano tal volta in modo minimalista). Quindi la nuova forma rituale non si dovrebbe allontanare troppo dai libri tridentini, cioè dovrebbe essere in “continuità” con essi (come amano dire coloro che propugnano questa soluzione). Noto che nella galassia tradizionalista, la Costituzione Sacrosanctum Concilium più che interpretata viene non di rado criticata, o, in parte, addirittura ignorata. Bisogna, poi, tener conto, dell’area dura e pura del tradizionalismo che vuole conservare i libri anteriori al Vaticano II senza cambiamenti di rilievo, o al più con qualche leggero ritocco formale. Come ho detto altre volte, una simile operazione potrebbe complicare ancora di più la situazione attuale creando tre gruppi contrapposti: coloro che accettano la riforma della riforma; coloro che rimangono fedeli ai libri anteriori al Vaticano II; coloro che continuano a celebrare coi libri riformati dopo il Vaticano II.
2. In secondo luogo, introdurre nel seno delle stesse parrocchie e diocesi due diverse forme rituali con calendari diversi, ecc. che ciascun fedele può scegliere secondo il proprio piacere, rende alla lunga difficile una vera pastorale unitaria. Benedetto XVI nella Lettera ai vescovi che accompagna il Motu proprio prevedeva l’arricchimento della forma straordinaria con l’inserimento di nuovi santi e nuovi prefazi… Passati più di sei anni, non si è fatto nulla perché si tratta e si tratterà sempre di un rompicapo per qualsiasi commissione di esperti che si prefigga questo compito: quali santi, con quali testi, in quale data... e con quali criteri…?
3. Una soluzione già attuata in alcune parti è la creazione di parrocchie personali per i frequentatori della forma straordinaria. A prima vista, in questo modo si osserva il tradizionale legame tra rito e comunità locale. E’ una soluzione però che non soddisfa tutti perché si tratta di fedeli che sono dispersi nelle diverse parrocchie e vivono talvolta a parecchi chilometri di distanza dalla sede della parrocchia personale. Inoltre, la moltiplicazione di diocesi, prelature e parrocchie personali richiederebbe un’attenta valutazione alla luce di una sana ecclesiologia perché si corre il rischio di creare ghetti, non comunità ecclesiali.
4. Secondo alcuni esponenti del mondo tradizionalista, una soluzione potrebbe essere la cosiddetta “riforma della riforma”, intesa (nel migliore dei casi) come un avvicinamento tra le due forme rituali creando in questo modo un rito che dovrebbe accogliere le decisioni fondamentali del Vaticano II (che però essi interpretano tal volta in modo minimalista). Quindi la nuova forma rituale non si dovrebbe allontanare troppo dai libri tridentini, cioè dovrebbe essere in “continuità” con essi (come amano dire coloro che propugnano questa soluzione). Noto che nella galassia tradizionalista, la Costituzione Sacrosanctum Concilium più che interpretata viene non di rado criticata, o, in parte, addirittura ignorata. Bisogna, poi, tener conto, dell’area dura e pura del tradizionalismo che vuole conservare i libri anteriori al Vaticano II senza cambiamenti di rilievo, o al più con qualche leggero ritocco formale. Come ho detto altre volte, una simile operazione potrebbe complicare ancora di più la situazione attuale creando tre gruppi contrapposti: coloro che accettano la riforma della riforma; coloro che rimangono fedeli ai libri anteriori al Vaticano II; coloro che continuano a celebrare coi libri riformati dopo il Vaticano II.
Non
ho contemplato delle soluzioni “autoritarie”, in un senso o nell’altro,
che pur alcuni
propongono. Ad esempio, si direbbe che quando autorevoli esponenti
del mondo tradizionalista, come in questi ultimi giorni Roberto de
Mattei, Francesco Colafemmina, Maria Pia Ghislieri e altri
parlano della forma straordinaria come della Messa tradizionale,
della Messa di sempre, del rito millenario della Chiesa cattolica
canonizzato dal concilio di Trento, di un rito che risale alla
tradizione apostolica,… hanno fatto già una scelta di campo
(ideologica) a favore esclusivo della forma straordinaria del rito
romano
fino ad arrivare a dire che “la Messa di Paolo VI è facoltativa e in quanto tale la si può criticare e respingere”..
Ho scritto queste righe cercando di tener conto delle diverse
sensibilità, ma al tempo stesso ho sottolineato le “oggettive
difficoltà” che, a mio avviso, comporta una lunga coabitazione delle due
forme rituali. Se qualcuno ha altre soluzioni da proporre si
faccia avanti… con argomenti!
Matias Augé
*
Un lettore di p. Augé, a glossa dell'articolo sopracitato, ha indicato quale sarebbe, quindi, la conseguente, unica e migliore ricetta per ottenere un risultato ottimale (che manco a dirlo comprenderebbe l'abolizione del Motu Proprio e l'esautoramento dell'Ecclesia Dei.
Ecco il piano programmatico:
Ecco il piano programmatico:
La soluzione migliore sarebbe la seguente:
a) ripristinare il regime di indulto, che ripristina l'unico rito vigente e la competenza episcopale;
b) lavorare accuratamente sui limiti della Riforma Liturgica, non in "regime parallelo", ma dall'interno dell'unico rito vigente;
c) Prendere atto che lefebvriani e affini non sono ancora maturi per riconoscere il loro errore e per riconciliarsi con la Santa Sede. L'ultimo documento di giugno, firmato dai tre Vescovi, è la pietra tombale sul tentativo di riconciliazione promosso da Benedetto XVI.
Non vi è alcun dubbio che questa posizione, che ripeto è l'unica a non cadere nelle spire di una lettura ideologica dell'ultimo 50ennio, ha bisogno di qualche tempo per poter essere realizzata. E passa necessariamente per l'esautoramente di quella Commissione Ecclesia Dei, che negli ultimi 6 anni aveva più volte scavalcato le competenze di Congregazioni Vaticane, facendo da "parafulmine" per fenomeni devianti come i Frati della Immacolata.
a) ripristinare il regime di indulto, che ripristina l'unico rito vigente e la competenza episcopale;
b) lavorare accuratamente sui limiti della Riforma Liturgica, non in "regime parallelo", ma dall'interno dell'unico rito vigente;
c) Prendere atto che lefebvriani e affini non sono ancora maturi per riconoscere il loro errore e per riconciliarsi con la Santa Sede. L'ultimo documento di giugno, firmato dai tre Vescovi, è la pietra tombale sul tentativo di riconciliazione promosso da Benedetto XVI.
Non vi è alcun dubbio che questa posizione, che ripeto è l'unica a non cadere nelle spire di una lettura ideologica dell'ultimo 50ennio, ha bisogno di qualche tempo per poter essere realizzata. E passa necessariamente per l'esautoramente di quella Commissione Ecclesia Dei, che negli ultimi 6 anni aveva più volte scavalcato le competenze di Congregazioni Vaticane, facendo da "parafulmine" per fenomeni devianti come i Frati della Immacolata.
Questo post viene a pennello subito dopo quello di 'Radicati nella Fede' :D ... SE CROLLA LA MESSA, CROLLA LA CHIESA! Infatti, nel mio paesino, le messe (di mezz'ora), molto trasandate, sono frequentate da poche vecchiette.
RispondiEliminaComunque, volevo dire due cose:
primo: NON TUTTI I TRADIZIONALI SONO LEFEVRIANI (tutti sempre se lo dimenticano)
secondo: negli USA in quasi tutte le parrocchie convivono i due riti senza alcun problema se non quello che le Messe moderne si stanno svuotando mentre più gente sceglie la forma Straordinaria (e qui esistono statistiche)
Capisco che i blog italiani parlano sempre della situazione in Italia ma credo sia anomala (qui esiste molto l'odio dei Vescovi contro la Messa amata da tutti i nostri santi) ma ... il mondo non è l'Italia!
Confermo per gli USA, lo scorso anno in occasione del viaggio di nozze sono andato nella Chiesa di Holy Innocences (scusate se non l'ho scritto bene)tra la sesta e la settima strada alla celebrazione More Antiquo ed era stracolma. Nella stessa Chiesa convivono anche celebrazioni Novus Ordo.
EliminaFantastico trovare al di là dell'oceano una Messa identica a quella che seguo qui in Italia (ed era così fino al Messale Bugnini).
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RispondiEliminaLeggendo l'Articolo del Padre Augè mi rallegro per un certo cambio di rotta del suo pensiero : fa sempre piacere quando un intellettuale ( chiunque esso sia) si scrolla di dosso la matrice integralista e fondamentalista che offusca il pensiero umano . Difatti l'attuale Collegio Episcopale mondiale e quasi tutti i Sacerdoti hanno ricevuto una formazione integralista fortemente contraria alla Liturgia antica cominciando dalla formazione in seminario per giungere all'impostazione fondamentalista contro la tradizione liturgica delle Conferenze Episcopali ( e dei loro Uffici Liturgici ) . In questo modo sono precipitati nella gabbia della totale chiusura mentale contro la Tradione creando un inaccettabile frattura ecclesiale.
RispondiEliminaBene ha fatto che la Redazione ha programmato nel momento della massima lettura del blog ( sabato mattino ) questo articolo accompagnato con una saggia prefazione che culmina con una frase significativa che riassume il nostro impegno DENTRO CASA NOSTRA ( la Chiesa) dentro le NOSTRE parrocchie, dentro i NOSTRI SANTUARI : " non è stato opportuno, nè cattolico ...asserire che la Messa di Paolo VI sia facoltativa: si può certo criticare "costruttivamente", ma non respingere. Se così fosse lecito, allora cinque Papi avrebbero sbagliato a celebrarla? "
Può darsi che, per tutta risposta, domani ci proibiscano la celebrazione dell'antica liturgia e mi debba amaramente rimangiare tutte le espressioni che ho scritto in questo intervento ma è necessario ed indispensabile iniziare un nuovo corso del tradizionalismo liturgico in cui " non è stato opportuno, nè cattolico ...asserire che la Messa di Paolo VI sia facoltativa: si può certo criticare "costruttivamente", ma non respingere. Se così fosse lecito, allora cinque Papi avrebbero sbagliato a celebrarla? ".
E' bene, e salutare, giocare sui blog ma poi l'apostolato liturgico, per chi lo fa, è tutt'altra cosa : anche il "recupero" in una messa parrocchiale NO ( affollata di fedeli ) del canto del Kyrie della Messa VIII è un modo per dare testimonianza alla tradizione. Il percorso è lungo ma si deve fare all'interno di CASA nostra !
Scrive delle enormi bischerate a proposito della Sacrosanctum Concilium:
RispondiElimina- essa prevedeva la riforma della liturgia con cose semplici e possibili che non intaccavano la sostanza del rito, tipo le letture in lingua vernacola; questo poteva anche andare bene, ma la riforma di Bugnini è andata oltre, distruggendo l'edifico vecchio e utilizzandone i pezzi per edificare quello nuovo (non lo dico io, ma papa benedetto XVI);
-non è assolutamente vero che i "tradizionalisti" odino la Costituzione, anzi, la invocano spesso per chetare quelli che attribuiscono al concilio la volontà di introdurre una liturgia tutta in lingua volgare; la S. C. prevede infatti che «L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini. » (art. 36, c.1)
Rudesindo.
Ottimo il commento di Anonimo delle 11,15 !
EliminaIl messale di diretta derivazione della Sacrosanctum Concilium era quello dell'edizione del 1965 con lettura in lingua vernacolare di larghe parti del Rito. Il messale di Bugnini del 1969 è stata una riforma arbitraria, forzata da certi ambienti curiali (e non) e del tutto estranea allo spirito conciliare ed alla continuità secolare della lex orandi. Un vero e proprio abuso di cui oggi stiamo raccogliendo i frutti.
EliminaPerché allora Paolo VI non rispose alla supplica degli eminentissimi Cardinali Ottaviani e Bacci, dopo il loro breve esame critico? Credo che nella Sacrosantum Concilium abbiano voluto mettere a tacere alcune scomode persone e poi il massone Bugnini avrebbe fatto il resto completando la riforma e protestantizzare il Sacro Sacrificio. Con il bene placito di Paolo VI, che avrebbe potuto tranquillamente dire: "Mons. Bugnini, si attenga a quanto scritto nella costituzione Apostolica Sacrosantum Concilium". Invece niente di tutto questo è successo. Ed è avvenuta una deriva totale, con le conseguenze odierne di tutti gli abusi possibili. E guai a farli notare!
EliminaA.
Il commento del lettore di p. Augè ha un difetto di base, quello di trascurare il chiarimento essenziale apportato da Benedetto XVI quale legislatore liturgico, ossia che L'UNICO RITO ROMANO VIGENTE c'é già e ha DUE FORME. La riforma seguita al Concilio non ha creato un nuovo rito in sostituzione presunta del precedente: ha dato nuova forma allo stesso medesimo rito, ha introdotto un nuovo uso dello stesso Messale, espressione della stessa "lex orandi, lex credendi".
RispondiEliminaPer fare passi avanti occorre "digerire" questo chiarimento essenziale.
L'equivoco che si è introdotto nell'immediato post-conclio e che sopravvive, anche se lentamente declina, ai nostri giorni, sta proprio qui. Ed è stato causa degli abusi inflitti a molteplici livelli all'unico Rito Romano, sino a renderlo irriconoscibile nelle prassi diffuse.
Tolto l'equivoco, la forma ordinaria riacquista la sua vera identità, che si riconosce quando è correttamente celebrata, perché esige il rispetto delle rubriche e dell'ars celebrandi propria della Divina Liturgia nella tradizione latina.
Per questa via non potrà che maturare l'arricchimento reciproco delle due forme voluto e previsto da Papa Ratzinger, nell'orizzonte di una riforma della riforma che restituisca nel tempo unicità alla celebrazione e alla quale sono estranei gli inquinamenti della gnosi tradizionalista.
definire "autorevole esponente" Francesco Colafemmina,mi sembra esagerato? è forse un liturgista? in quale facoltà teologica ha studiato?ha forse conosciuto e vissuto la situazione liturgica preconciliare?
RispondiEliminaSarebbe stato meglio se aveste lasciato il blog di P. Augè ignoto ai più. Se tale era è perché tale meritava di essere.
RispondiEliminaLe chiacchiere ed i sofismi lasciano il tempo che trovano.
Noi poveri credenti cattolici non abbiamo mai avuto il piacere che, prima della sua introduzione, ci fosse illustrato il NO e la differenza (sostanziale) con il VO.
Le gerarchie ecclesiastiche ci hanno trattato da perfetti imbecilli. Da un giorno all'altro ci siamo trovati senza altari, tabernacoli e confessionali, con una tavola, il prete che guardava noi invece di guardare il crocifisso, le strette di mano, le confessioni seduti sulle sedie ed altre amenità.
E' vero che il VO è fortemente minoritario ma perché in tutte le parrocchie le celebrazioni della Santa Messa sono fatte nel NO.
Il classico o mangiare la minestra (la messa NO) o saltare della finestra (non andarvi).
Non sono mai stato un assiduo praticante anche se convinto credente, ho resistito finchè ho potuto poi ho smesso di andare a Messa (tranne saltuarie presenze), di confessarmi e di fare la Santa Comunione.
Dopo circa quindici anni sono arrivato da solo al tradizionalismo grazie ad internet ma per ascoltare la Messa in latino devo andare a Napoli distante circa 30 Km da casa mia, cercare un parcheggio e sperare di non trovare al ritorno la macchina danneggiata.
Grazie a voi di esistere
Sei in grande difficoltà. Pratica l'umiltà e scoprirai che la bellezza vera non è il rito, ma la presenza fisica di Cristo che scende nella consacrazione. Ognuno privilegi il rito che preferisce, ma non che non si frequenti la Santa Messa (precetto obbligatorio oltretutto) perché non si apprezza la Forma Ordinaria, implica mancanze gravissime, tanto di fede quanto di teologia.
Eliminacaro anonimo delle 1:12 forse hai scritto il Post che eri un po' stanco. Il Rito conta eccome!! E' sostanziale alla comprensione del Mistero della Transustanziazione non accessorio! Rifletti sulla formula post-consacratoria del messale di Bugnini e dimmi cosa ne pensi: "Annunciamo la Tua morte Signore proclamiamo la Tua Resurrezione nell'attesa della Tua venuta". Ma se ho appena consacrato pane e vino in Corpo e Sangue di Cristo col cavolo che attendiamo la Sua venuta!!! Cristo è lì in quel momento Vivo e Vero!!! e poi segue "Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio,ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza,e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale"... "celebrando il Memoriale????" Ma la Messa è il Sacrificio incruento della Croce mica "un memoriale"!!!! Il memoriale è tipico della Messa Protestante! Quindi caro anonimo si riposi bene dorma e rifletta su quello che ha scritto!!!! Ha ragione in pieno l'anonimo delle 13:59 a scegliersi una Vera Messa Cattolica.
EliminaNon posso che condividere quanto scritto dal M° Carradori. Io temo che le forze "migliori" della liturgia si polarizzino esclusivamente attorno alle oasi tridentine lasciando le parrocchie a quella che Prosperi chiamava la "messa bruttina". Personalmente ho un grosso debito verso chi si è impegnato e si impegna, nelle messe NO, a scegliere canti devoti e musicalmente degni, a indossare paramenti che esprimono la bellezza e il rispetto delle rubriche, a curare l'educazione dei piccoli ministranti.
RispondiEliminaBuona domenica
Antiquario
Almeno celebrare il Bugnini Coram Deo....già sarebbe molto ed eviterebbe abusi di ogni sorta....
EliminaTornare all'indulto?Abrogare quindi una legge della Chiesa(e ciò va fatto con atto legislativo di pari grado, non con escamotage vari.)Direi che una sconfessione così aperta di Benedetto Xvi sarebbe un gesto dirompente,il segnale di rottura più chiaro(e forse,aprirebbe gli occhi a tante persone ).Dubito quindi che mai sarà compiuto,semmai si procederà allo sfascio per gradi,cogliendo le occasioni man mano che si presentano,(vedi F.I.)utilizzando cioè,come è avvenuto in tutto il post conc.,non atti dogmatici(sarebbe impossibile,dato l'ostacolo invalicabile della divina promessa)o normativi,ma LA PRASSI.Appurato che l'impianto teologico del N O "si discosta in maniera impressionante dalla teologia cattolica della S Messa",(e la controprova-i fatti- è la progressiva protestantizzazione della mentalità dei fedeli)l'unica speranza è la sempre maggiore diffusione della S Messa di sempre, SICURAMENTE gradita a Dio,senza perseguire assurdi ibridi
RispondiEliminaDomanda per il nuovo "corso tradizionalista" che proibisce le critiche "distruttive" alla Messa di Paolo VI:
RispondiElimina"cari tradizionalisti, CONDIVIDETE LE ARGOMENTAZIONI FORTI E CHIARE DEL BREVE ESAME CRITICO FIRMATO DAI CARDINALI OTTAVIANI E BACCI e scritto in gran parte dal sacerdote domenicano Michel Louis Guerard des Lauriers, oppure per paura di veder "proibita la celebrazione dell'antica liturgia" avete deciso di tenere un profilo basso di accettazione rassegnata del Novus Ordo Missae?
Insomma:
1) per il tradizionalisti italiani la Messa di Paolo VI va soppressa, primo perché costituisce un allontanamento sconcertante dal vero rito romano della Santa Messa, secondo perché non sta portando frutti, ma sta contribuendo alla desertificazione della Fede?
2) La Messa di Paolo VI va sostituita da un rito sostanzialmente vicino al Tridentino, oppure il mondo tradizionalista sta giocando da cinquanta anni, conducendo i fedeli, pian piano, alla tacita ed ambigua accettazione del Messale di Paolo VI?
3) La paura delle azioni forti del Vescovo di Roma Francesco ed il commissariamento dei Francescani dell'Immacolata fanno di questi scherzi?
4) Perché se va bene anche per il futuro la Messa di Paolo VI, allora hanno ragione i modernisti che occupano le sedi delle autorità romane, nel voler smantellare le garanzie per gli Istituti Ecclesia Dei, come il Buon Pastore, ai quali imporranno di celebrare anche con il rito di Paolo VI. Se è il rito principale della Chiesa di Roma, perché i sacerdoti in comunione con Roma non dovrebbero celebrarlo, solo perché qualche fedele trova antipatico "il segno della Pace"?
5) Davvero il compito dei tradizionalisti italiani è quello di recuperare la celebrazione delle Sante Messa parrocchiali con la Messa di Paolo VI con il canto del Kyrie e del Gloria; "affollato" di fedeli?
SCUSATEMI, MA DOVE STA QUESTA FOLLA?
STEFANO GIZZI, Ceccano (FR)
"Dove sta questa folla?"
EliminaOrmai le conosciamo bene le esagerazioni senza fondamento di Carradori...
In Italia le Messe sono ancora affollate di fedeli.
EliminaIo comunque avevo scritto " anche " ( etiam ) ma assai meglio di me si è espresso sopra Antiquario delle 14,13 .
Vorrei solo riproporre l'intervento di Giacomo, alcuni giorni fa, che si è espresso " La battaglia è lunga e dura, si gioca su tanti piani, soprattutto su un piano "culturale" e la cultura oggi è dominata dal mondo progressista sia nei mass media che nelle pubblicazioni storiche e scientifiche.
I veri sostenitori della Tradizione sono marginalizzati e dovrebbero combattere meno per "sterili e puerili polemiche" ma per diffondere maggiormente e con più efficacia la vera ed autentica cultura cattolica.
Bisognerebbe anche maggiormente "sporcarsi le mani" nelle parrocchie, nella catechesi dei giovani, in politica (e questo è un tasto dolente!) sottolineatura nostra n.d.r., nelle operità di carità sociale, ... perchè se lasciamo nelle mani dei progressisti tutti questi ambiti continueranno (pur invecchiando ed estinguendosi) a tenere loro in mano il pallino del gioco e noi staremo a guardare, al massimo a scrivere su qualche blog. sottolineatura nostra n.d.r."
Tutto quel mirabile intervento lo si può leggere su http://traditiocatholica.blogspot.it/2013/08/la-liturgia-e-la-tradizione-stessa-nel.html
Anonimo delle 19,20 " Ormai le conosciamo bene le esagerazioni senza fondamento ".
EliminaLe " esagerazioni " han sempre un fondamento , seppur piccolo.
Abbia al contrario la bontà di elencare , con spirito onesto, prescindendo dalla mia povera e fallace persona ( che non conta ), quali sarebbero le " esagerazioni " che solitamente propongo ... Ne citi una o due ... Grazie
Ore 7,36 : come immaginavo nessuna risposta... come volevasi dimostrare,
EliminaIl magistero del vat.II non è "spiccatamente pastorale",è "pastorale" tout court,perchè è questa la FORMA(cioè quel quid che fa essere una cosa ciò che è)impressagli da chi lo ha convocato.Magistero quindi di grado inferiore,non dogmatico ,cui si deve rispetto ma nel suo limitato ambito.Un grandioso e solenne "fervorino dell'Angelus",insomma.Questo il vizio di origine.Ciò è dimostrato con logica stringente nel libro di E M Radaelli "Il futuro-terribile o radioso?-del dogma.Poi bisogna dire che comunque il NO ha travalicato (per quanto questo travalicamento fosse reso nascostamente possibile attraverso piccole falle nella diga, e auspicato dai novatori)il testo conciliare
RispondiEliminaMurmex, ha presente Livi? Quello del dogma come essenziale per il cristianesimo, che qui e altrove viene citato?
EliminaEcco, seguitelo sempre:
http://www.campariedemaistre.com/2013/01/un-campari-con-mons-livi.html
PS: Livi è un grande!
Ancora con l'abbellimento della Messa moderna??? Ancora??? Basta! Povero Mons. Lefebvre...ha dovuto subire una scomunica per poi ritrovarsi questi "combattenti"...
RispondiEliminaLeggere, scusate se sono nojoso, il mirabile intervento di Giacomo su MiL di qualche giorno fa postato per intiero su :
Eliminahttp://traditiocatholica.blogspot.it/2013/08/la-liturgia-e-la-tradizione-stessa-nel.html
Finalmente ci sono nuovi post interessanti dove non si parla solo dei FI. Era diventato di una pallosità abissale! Peggio di Corrispondenza Romana! La vita va avanti, la Chiesa va a vanti! Voltiamo pagina! Sono contento di contributi come quello di Augé.
RispondiEliminaUn dibattito sereno e costruttivo. C'è tra le due forme, Vetus e Novus un arricchimento reciproco. Io ho visto comunque preti celebrare l forma straordinaria in modo indecoroso e preti celebrare la S. Messa in forma ordinaria con attenzione e devozione. Non dimentichiamoci anche di quest'aspetto soggettivo legato al celebrante. Grazie per l'attenzione.
Acontece que a missa polivalente e modernista de Paulo VI Bunigni é um rito bastardo que não tem nada que ver com a autêntica tradição litúrgica romana.
RispondiEliminaCompete a seus defensores provar as raízes romanas de tal "novidade da assembléia celebrativa".Será tão difícil,espúrio e ridículo como se um chinês, residente em Roma,quiser provar que descende do patriciado romano.
João
Ci sono due articoli di risposta a p. Auge su Chiesa e post concilio
RispondiEliminaAlla redazione MIL: mi permetto di farvi parte di una mia analisi dettagliata di questo scritto di P. Augè come anche del vostro inquadramento su questo blog: http://pellegrininellaverita.wordpress.com/
RispondiEliminaIn Pace
Per completezza, su chiesa e post concilio c'è la replica al sig. "in pace".
Eliminahttp://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/09/quando-la-pastorale-diventa-lalibi-per.html
Il blog di Augé sconosciuto ai più?!
RispondiEliminaAi più di Messa in Latino probabilmente, visto che uno dei pochi luoghi virtuali dove vengono citati e analizzati studi di ecclesiologia e liturgia contemporanei. Per intenderci: sarebbe il primo blog con cui confrontarsi...
Va beh, segnalo intanto una controproposta fatta su altro blog!
http://pellegrininellaverita.wordpress.com/2013/08/31/biritualismo-contro-proposta-a-p-auge/
Se qualcuno ha altre soluzioni da proporre......
RispondiEliminaSI - RIPRISTINARE PER TUTTO L'ORBE CATTOLICO, OBBLIGATORIAMENTE, L'UNICO RITO APOSTOLICO -GREGORIANO TRIDENTINO, COME PREVISTO DAL MESSALE DI S. PIO V, SENZA ALCUNA VARIAZIONE.
CHI CI STA', CI STA'- TANTO LA SOLUZIONE PLURIMA NON PORTA ALTRO CHE ALLO SCISMA ED AL PROTESTANTESIMO.
LA CHIESA CATTOLICA, E' UNA, SANTA CATTOLICA ED APOSTOLICA, CHI SI ALLONTANA DALLA MESSA CATTOLICA DICEVANO GLI EM.MI CARD.LI BACCI ED OTTAVIANI NON E' PIU' CATTOLICO.
SE CEDIAMO SULLA S. MESSA CATTOLICA APOSTOLICA VINCERANNO PER SEMPRE I CATTO/PROTESTANTI COME NEL 500.
IL CONCILIO DI TRENTO HA PARLATO CHIARO - CHI AVESSE SUPERATO LE BARRIERE IMPOSTE DA QUEL MESSALE ROMANO CHE PROVENIVA DAGLI APOSTOLI, DOVEVA RITENERSI SCISMATICO E FUORI DALLA CHIESA CATTOLICA.
IL CONCILIO VAT.II E IL SUO SEGUITO HA PORTATO SCONQUASSO DENTRO LA CHIESA CATTOLICA., E QUESTO E' SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI, ANCHE SE IL FALSO SORDO FA FINTA DI NON SENTIRE.
E' ORA DI RIPRISTINARE LA S. MESSA OFFERTORIALE E SACRIFICALE CON IL SUO CALENDARIO DI SEMPRE.
Ad Andrea Carradori del 31 agosto -
RispondiEliminaMa dove le vedi le chiese affollate? Nella mia cittadina che ha circa 20.000 abitanti c'e' una sola chiesa parrocchiale medioevale, la domenica si celebrano due messe una alle otto una alle 11. se contiamo le persone, aono all'incirca 300; poi c'e' la vespertina alle 6 del pomeriggio, e qui contiamo altre 100 persone. Ora fai la percentuale, oltre al fatto che il 99 per cento non sa' perche' ci va' (forse perche' c'e' sempre andata) ma non per vera fede. (A molti ho posto la domanda - la risposta e' stata ma questa e' la messa domenicale).
Durante i mesi del catechismo la Chiesa e' strapiena di bambini e genitori altrimenti non si fa' ne prima comunione ne cresima. Il problema viene fuori quando finisce il catechismo, che la chiesa si svuota.
Questo e' quello che ha fatto il postconcilio.
Quando la mia cittadina negli anni 60 e 70 aveva 4000 abitanti le tre messe domenicali erano cantate e con l'organo del 700 e c'era molta piu' gente di ora.
Chi ha ragione e chi ha torto? Chi ha sbagliato e fatto questo rivoluzionamento?
Te lo domandi perche' le chiese sono vuote oppure ci fanno i concerti del tipo afro/americano?
Statisticamente, grazie a Dio, la media della frequenza alla Messa Domenicale in Italia è fra le più alte a livello mondiale. Deo gratias !
EliminaCaro Andrea, le statistiche dicono anche altre cosette:
EliminaNe dò estratto terrificante: su un ampio campione di giovani sedicenti cattolici tra i 14 e i 25 anni:
69 % d questi giovani considera normale la convivenza prematrimoniale,
i contrari sono solo il 7 %.
Quando è giusto avere il primo rapporto sessuale?
Solo il 2,9 % risponde “dopo il matrimonio” e per Il 52% “dice: quando si è innamorati”.
Per il 18, infine, “qualunque momento va bene”.
Più del 44 % è d’accordo o abbastanza d’accordo nel definire il divorzio una “possibilità normale”.
I favorevoli a metodi di contraccezione vietati dalla Chiesa sono l’82 %.
Per il 44,7 il ricorso alla pillola del giorno dopo “non è per niente grave”.
Anche sull’aborto "tradizionale" l’82 % è favorevole se la salute della madre è minacciata.
Se credi alla fede delle statistiche dovrai anche ben comprendere che un conto è andare
alla messa di tanto in tanto e un conto è essere un buon cattolico.
Se poi ci vai tutte le domeniche con la fidanzata magari e alla sera ci vai allegramente a letto
e se non hai il preserva c'è sempre l'aborto, allora guarda, proprio non ci siamo.
Io conosco una mamma sedicenti cattoliche che frequentano la parrocchia e si comunica
allegramente che non si confessa da 20 anni e che compra ai figlioli adolescenti (sedicenti cattolici anche loro) i preservativi in farmacia
perchè loro o le loro ganze (sempre diverse) si vergognano e sai, bisogna stare attenti a "certe cose" no???
Mi spiace ma non ci siamo per niente caro Andrea, altro che statistiche,
Nostro Signore non sa che farsene di questi sepolcri imbiancati che vanno alla messa, essi servono piuttosto alla pretagna protestante che ha trasformato le parrochhie in centri ricreativi
dove girano soldi e si moltiplicano iniziative mondane e dove il parroco manager (che la talare manco la possiede) se ne frega della fede dei parrocchiani, basta che alle gite e alle questue la moneta fiocca e che al centro dell'attenzione ci sia sempre lui seduto sul trono al posto del tabernacolo nascosto chissà dove dietro le piante di ficus.
Se cerchi questi preti nel confessionale non li trovi (anche perchè i confessionali li hanno rottamati), fai prima a cercarli in palestra o in piscina.
lasciamole perdere le statistiche che è meglio e ringraziamo Nostro Signore perchè nella Sua infinità bontà ha promesso di non far piovere più il giusto diluvio sugli empi e sui malvagi.
Bertoldo
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RispondiEliminaPs. Siamo in sintonia con p. Augé su quanto afferma in coda al suo scritto: non è stato opportuno, nè cattolico, da parte di de Mattei, asserire che la Messa di Paolo VI sia facoltativa: si può certo criticare "costruttivamente", ma non respingere. Se così fosse lecito, allora cinque Papi avrebbero sbagliato a celebrarla?
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Io sono in sintonia con De Mattei e affermo serenamente e costruttivamente che rimettere in carreggiata la messa di bugnini per come è stata impostata è semplicemente impossibile.
La messa di bugnini è una messa che definirei non facoltativa, vado oltre: è una messa "di emergenza". Nel senso che se uno vuole veramente adorare ed onorare il mistero della Santa Messa, non può che anelare la Messa Universale, ovvero quella di San Pio V, se però vista la deriva e lo sbando non può pur volendo, allora ricorre alle messe "locali" di emergenza e s'accontenta del surrogato. Non è che questo significhi respingere il novus ordo, significa solo dire pane al pane e vino al vino. Cinque papi non si sono sbagliati, si sono semplicemente "accontentati" anche loro.
Nel dire questo quindi mi dichiaro apertamente più in sintonia con De Mattei che con la redazione o con Augè.
Continuare ad illudersi riguardo la possibilità di un novus ordo che possa essere messo nella carreggiata giusta fa solo il gioco di chi vuole che l'eresia protestante finisca per infettare tutto quel poco che resta di sano e la ambigua
e falsamente obiettiva direzione di chi da decenni opera in questa direzione è perfettamente riscontrabile nello scritto di Augè, mi spiace che anche la redazione ci sia cascata con tutte le scarpe. Alla fine De Mattei non rifiuta, dice semplicemente la verità: la messa di bugnini è un disastro, è la messa per chi di più non sa o non vuole fare ed in tal senso è ovviamente facoltativa: ha ragione lui.
Bertoldo
Viva vox Hannibalis!
RispondiEliminaEt de hoc satis.
Dalla pagina Facebook di Associazione "Cristo Re" Livorno
RispondiElimina22 agosto 2013 alle ore 9.53
Dov’è Carità e Amore?
Esce su un blog ultraconciliarista un articolo che si vorrebbe occupare della convivenza delle “due forme dell’unico rito romano”.
Bastano quattordici parole e già nel secondo rigo si spara sulla croce(rossa).
L’argomento che dà la stura a un bieco e malcelato revanchismo modernista è quello che purtroppo sta tenendo banco da qualche giorno: il commissariamento dei Frati Francescani (dell’Immacolata) –le parentesi non le usiamo a caso; vorremmo dire i Francescani per eccellenza, visto che son gli unici che osservano pienamente la regola serafica- .
Credendo di vedere il nemico in difficoltà (non si vede certo il fratello e nemmeno l’avversario con cui lealmente battersi, loro vedono, per condizionamento ideologico, il nemico da sterminare) subito si pretende da lui l’altra guancia nella speranza di finirlo a morte.
Gongolano infatti i lodatori del disfacimento della Chiesa, ancora consapevolmente accecati dai miraggi delle meravigliose sorti e progressive, e si spingono ad auspicare che finalmente il convulso, diviso e variopinto “movimento tradizionalista” venga una buona volta buttato fuori dalla porta. Oh, che sollievo sarebbe per loro! Potrebbero tornare indisturbati a da sé cantarsi e da sé sonarsi ridondanti peàna di sconfitta e smettere di dover goffamente rintuzzare le imbarazzanti contraddizioni evidenziate dalla pietra d’inciampo della Verità che la Tradizione gelosamente conserva e rappresenta.
Certo non pochi “tradizionalisti” ci hanno messo del loro: frustrati da lunghi anni di persecuzione non hanno colto il momento per continuare la buona battaglia cambiando strategia, un po’ come quei Templari che, tornati da Outremèr, non colsero che in Europa si combatteva in modo diverso, e non solo con le armi.
La “riabilitazione” in vari gradi, con vari atti pianificati in un progetto organico che purtroppo Papa Benedetto XVI ha lasciato incompiuto, aveva finalmente fatto abbassare la cresta ai dervisci del concilio, mentre appunto i più sprovveduti tradizionalisti si eran polemicamente ringalluzziti concentrandosi più sulla soddisfazione di poter zittire l’aguzzino, persecutore di ieri che sulla necessità di agire concretamente ed in fretta per la realizzazione e la “conquista” dei diritti della Santa Religione.
(continua nel post successivo)
(continua dal post precedente)
RispondiEliminaSappiamo tutti, soprattutto lo sanno le pasionarie del concilio, che fu subito allestito dall’episcopato un muro di gomma per lasciare inattuato il Motu Proprio Summorum Pontificum, che è sicuramente il fulcro di tutti i provvedimenti per metter ordine alla questione e dar giovamento alla Chiesa; sappiamo delle mancate traduzioni ufficiali, dei giochetti della curia romana; sappiamo tutti delle interpretazioni, delle sottigliezze, della cavillosità pretestuosa, dei frutti avvelenati (Messe “concesse” con celebranti ora decrepiti, ora apertamente contrari, ora votati alla forzatura e all’abuso liturgico, in chiese inadeguate, lontane, con frequenza saltuaria o ad orari improbabili, di novus ordo in latino…) tutto un reticolo impaniato con malvagia esperienza.
Ci chiediamo davvero dove sia la Carità e l’Amore, termini il cui suono inflaziona omelie, la cui grafia orna titoli e pagine di libri, fogli di giornale, documenti della infinita pletora di inutili “strutture” ecclesiali… dov’è Carità e Amore?
Possono questi due pilastri senza i quali non si è cristiani, convivere con comportamenti e affermazioni arroganti o false? Ci dà grande tristezza quando un prete, pardon, un presbitero, come il “tenutario” del blog cui accennavamo sopra, s’esprime con frasi del tipo: “c’è la Costituzione Sacrosanctum Concilium che prescrive una riforma della liturgia romana “tridentina”, quella che i Padri conciliari conoscevano e celebravano. Conservare l’uso dei libri liturgici che sono stati “presi di mira” (passi l’espressione) dai Padri conciliari è un fenomeno quanto mai anomalo, anzi per certi versi patologico.” Ci dà grande tristezza perché questo non è il primo diacono permanente bonaccione e sempliciotto che arruffa una conferenzina sul concilio (come ci è toccato pure di vedere) non sapendo sostanzialmente quello che dice in preda ad una totale e inconsapevole ridicola incompetenza; costui, il “presbitero blogger”, mente sapendo di mentire, e non staremo certo ora a analizzare la frase incriminata, falsa nelle premesse, gaglioffa nello sviluppo ed offensiva nelle conclusioni.
Purtroppo, soprattuto in Italia, siamo un’armata ridicola: divisi, litigiosi, inopportuni e importuni, estromessi e marchiati, tutti generali all’orgoglioso comandano solo di noi stessi; ci pavoneggiamo di patacche che ci appuntiamo alla giacca, di cenci di cui ci ammantiamo, di titoli che rispolveriamo o per fantasia ci prendiamo, di nickname con cui diventiamo giornalisti, filosofi, economisti, teologi, vaticanisti, politologi e censori del mondo. Molti di noi pure si sforzano di dotarsi di tutti quei canoni anche estetici, d’abbigliamento, posturali o di comportamento con cui credono di aver guadagnato tutti i crismi del “to be tradì” entrando a pennello nel personaggio macchietta con cui i nostri poco caritatevoli né amorevoli fratelli in Cristo ci tratteggiano.
E’ vero siamo così, e ciononostante facciamo paura ai consapevoli neoterici.
Ci viene a mente un famoso botterrispòsta che citiamo e traduciamo a memoria: “Ma dove vanno quei matti? Noi abbiamo le principali città, i nuclei industriali, tutto l’oro del Banco di Spagna, un numero soverchiante di uomini e le truppe d’assalto!” – “E’ vero, quelli hanno tutto. Tutto, tranne che ragione!”.
L. Moscardò
Ma, al solito, nel commentare " qualcuno " guarda prima l'autore del commento che si vuole, legittimamente contestare, e non la sostanza stessa dell'intervento. Se a scrivere un intervento è stato X, odiato a causa di certe sue posizioni " collaborazioniste", allora tutto quello che scrive viene duramente contestato. Se fosse stato un " anonimo " a scrivere che le messe domenicali in Italia sono affollate qualcuno avrebbe messo " mi piace " ( come si faceva una volta anche su MiL ). Ecco perchè BEN FANNO coloro che commentano da anonimi ...
RispondiEliminaCome mai su facebook ( ad esempio ) non appaiono contestazioni vistose e pure si cerca di ragionare prima di dare sfogo a puerili risentimenti ?
Finalmente oltre a MiL c'è uno spazio su cui commentare adeguatamente con esperti teologi : http://pellegrininellaverita.wordpress.com/
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