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giovedì 28 marzo 2013

Il Sommo Pontefice prima di essere un uomo è un'istituzione


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La rinuncia di Benedetto e l'elezione di Francesco. Domanda: chi è il Papa?

di Roberto de Mattei

La domanda “chi è il Papa?” sorge spontanea ogni qual volta è eletto un nuovo Pontefice, soprattutto quando il suo nome o la sua storia personale sono ignoti al grande pubblico. Tale non fu il caso del cardinale Joseph Ratzinger, romano di adozione, dopo tanti anni passati come prefetto della congregazione per la Fede, ma tale fu il caso di Karol Wojtyla, venuto da Cracovia, e lo è oggi di Jorge Mario Bergoglio, giunto da una diocesi ancora più lontana, ai confini del mondo, come egli stesso ha detto il giorno della sua elezione.È comprensibile che nei primi giorni e settimane successivi all’elezione si cerchi di scandagliare il passato prossimo o remoto del nuovo Pontefice, di conoscerne le idee, le tendenze, le abitudini, per dedurre dalle parole e dai gesti del passato il programma del nuovo pontificato. Il volume El jesuita. Conversaciones con el cardenal Jorge Bergoglio (Vergara, Buenos Aires 2010, a cura di Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti), delinea già il volto di un papabile, e merita di essere conosciuto.
Meno nota è la reazione indignata che a quel volume ha dedicato uno studioso argentino di orientamento tradizionale, Antonio Caponnetto (La Iglesia traicionada, Editorial Santiago Apostol, Buenos Aires 2010). Né si potrà capire chi è il nuovo Pontefice, senza conoscere il giudizio che di lui dà il padre Juan Carlos Scannone, un gesuita, discepolo di Karl Rahner, che lo ha avuto come allievo e che ascrive l’arcivescovo di Buenos Aires alla “scuola argentina” della teologia della liberazione (la Croix, 18 marzo 2013).
L’“opzione preferenziale dei poveri” del card. Bergoglio si radica in particolare nell’insegnamento di Lucio Gera e Rafael Tello, gli esponenti di una “teologia del popolo”, caratterizzata dalla sostituzione della prassi della povertà alla ideologia della rivoluzione armata. Carlos Pagni, analizzando, sulla Nación del 21 marzo il “Método Bergoglio para gobernar”, spiega la ragione teologica per cui la “periferia” occupa il posto centrale nel paesaggio ideologico dell’arcivescovo Bergoglio.
I poveri per lui non sono una realtà sociologica da aiutare, ma un soggetto teologico da cui apprendere: “Questa attitudine pedagogica ha una radice religiosa: la relazione del popolo con Dio sarebbe più genuina perché manca di contaminazioni materiali”. Anche Maurizio Crippa sul Foglio del 23 marzo (La povertà è un segno teologico, non sociologia) sottolinea questo aspetto, ricordandone le remote ascendenze: “La posta in palio è sempre trasformare la chiesa nel popolo dei poveri in cammino, meglio se autoconvocato: dai Poveri di Lione, detti poi valdesi, a tutte le correnti ortodosse o ereticali che attraversano il Medioevo, gli Umiliati e Fra’ Dolcino, con deviazioni che arrivano fino a Tolstoj, e su su in un percorso di spoliazione e rigenerazione che ritorna identico dalle ‘Cinque piaghe della santa chiesa’ di Antonio Rosmini – la quinta è proprio ‘La servitù dei beni ecclesiastici’ – alle teologie della chiesa povera conciliari”. Si tratta di temi che sarebbe utile approfondire. Ma in fondo non è questo il punto. La vita di un uomo, anche di un Papa, non si misura con i gesti del passato, cambia ogni giorno e ogni giorno può essere azzerata da svolte, maturazioni, direzioni di cammino nuove e impreviste.
Ogni svolta di pontificato, piuttosto che sollecitare quegli interrogativi a cui solo il futuro può rispondere, dovrebbe offrire l’occasione per meditare su ciò che il nuovo eletto rappresenta; di riflettere sul papato come istituzione, più che sul Papa come personaggio. E questo soprattutto in un momento in cui, tra l’11 febbraio e il 13 marzo del 2013, sembra essere stata profondamente ferita la stessa costituzione del papato.
Il primo colpo di questa flagellazione è stato la rinuncia al pontificato da parte di Benedetto XVI, un evento canonicamente legittimo, ma dall’impatto storico devastante. “Un Papa che si dimette – ha osservato Massimo Franco – è già un avvenimento epocale, nella storia moderna. Ma un Pontefice che lo fa nel pieno delle proprie facoltà mentali, indicando come motivazione semplicemente la fragilità che deriva dall’età, spezza una tradizione plurisecolare” (“La crisi dell’impero vaticano”, Mondadori, Milano 2013, p. 9).
Un secondo colpo all’istituzione è stata la scelta, da parte di Benedetto XVI, di autodefinirsi “Papa emerito”, conservando il nome e la veste pontificia e continuando a vivere in Vaticano. Canonisti autorevoli, come Carlo Fantappiè, hanno rilevato la novità del gesto, sottolineando come “la rinuncia di Benedetto XVI ha posto gravi problemi sulla costituzione della chiesa, sulla natura del primato del Papa nonché sull’ambito ed estensione dei suoi poteri dopo la cessazione dell’ufficio” (Papato, sede vacante e “Papa emerito”. Equivoci da evitare, in chiesa.espresso.repubblica.it/articolo 1350457).
La coesistenza di un Papa che si presenta come vescovo di Roma e di un vescovo (perché tale è oggi Joseph Ratzinger) che si autodefinisce Papa offre l’immagine di una chiesa “bicefala” ed evoca inevitabilmente le epoche dei grandi scismi. Non si comprende, a questo proposito, il risalto mediatico che le autorità vaticane hanno voluto dare all’incontro dei due papi, il 23 marzo a Castel Gandolfo. L’immagine che ha fatto il giro del mondo e che lo stesso Osservatore Romano ha pubblicato in prima pagina il 24 marzo è quella di due uomini che il linguaggio dei simboli pone su un piano di assoluta parità, impedendo di discernere in maniera immediata, chi di essi è l’autentico Papa.
L’evento contrasta inoltre con l’assicurazione, data dalla sala stampa della Santa Sede, secondo cui, dopo il 28 febbraio, Benedetto XVI avrebbe rinunciato al palcoscenico mediatico, ritirandosi nel silenzio e nella preghiera. Non sarebbe stato più saggio se l’incontro si fosse svolto lontano dai riflettori? Oppure esiste, dietro la scelta mediatica, una lucida strategia, e quale? Uno studioso di Storia del cristianesimo, Roberto Rusconi, ha descritto da parte sua lo scenario dell’enciclica incompiuta di Joseph Ratzinger sulla fede, dopo quelle già promulgate sulla carità e la speranza. “L’enciclica non terminata, – osserva Rusconi – potrebbe essere in seguito pubblicata alla stregua di qualsiasi altro testo di Joseph Ratzinger, il quale durante il pontificato ha ripetutamente sostenuto che i propri ultimi volumi in nessun modo dovessero essere ritenuti espressione diretta del suo magistero pontificio” (Roberto Rusconi, Il gran rifiuto. Perché un papa si dimette, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 143-144).
Se ciò dovesse accadere, il risultato sarebbe quello di minare alla base l’autorevolezza non solo dei precedenti documenti promulgati da Benedetto XVI, ma anche quelli emanati dal successivo Pontefice, perché si dissolverebbe la percezione di ciò che è atto magisteriale e ciò che non lo è, frantumando quel concetto di infallibilità, di cui tanto a sproposito spesso si parla. Esistono fautori dichiarati di un ridimensionamento del papato, che si richiamano generalmente a un passo di Giovanni Paolo II, nella enciclica Ut Unum sint del 25 maggio 1995, in cui Papa Wojtyla si dice disposto a “trovare una forma di esercizio del Primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova” (n. 88). Da qui la distinzione, fatta da Giuseppe Alberigo e dalla scuola di Bologna, tra l’essenza immutabile del papato e “le forme di esercizio” in cui esso si è espresso nella storia (Forme storiche di governo della chiesa, in “Il Regno”, 1° dicembre 2001, pp. 719-723). Il nemico di fondo è l’idea della “sovranità pontificia”, nata nel Medioevo, che sarebbe all’origine della deviazione del papato dal suo spirito originario.
Dalla metà del Quattrocento, secondo un altro storico bolognese, Paolo Prodi, si è avviata una metamorfosi del papato che ha toccato l’istituzione nel suo complesso, portando non solo ad un mutamento dei connotati istituzionali dello stato pontificio, trasformato in principato temporale, ma anche ad una riformulazione del concetto di sovranità ecclesiastica, plasmata su quella politica. Vittorioso sul conciliarismo, il papato viene però sconfitto dallo stato moderno, poiché, mentre la chiesa si secolarizza, lo stato si sacralizza (Il sovrano Pontefice, Il Mulino, Bologna 1983, p. 306).
A partire dalla Rivoluzione francese. però, la chiesa, in fruttuoso rapporto dialettico con il mondo moderno, avrebbe iniziato a liberarsi dalle pastoie del passato. Malgrado alcune fasi regressive, rappresentate soprattutto dai pontificati di Pio IX, Pio X e Pio XII, il Concilio Vaticano II segna finalmente, secondo Alberigo e i suoi discepoli, il momento della “svolta”, liquidando la dimensione giuridico- istituzionale della chiesa e aprendosi a una nuova visione di essa fondata sul concetto di “comunione” e di “popolo di Dio”.
Queste tesi sono state riproposte, sul piano teologico, in un recente libro che il decano degli ecclesiologi italiani Severino Dianich ha dedicato al ministero del Papa (Per una teologia del papato, Cinisello Balsamo, San Paolo 2010). Il centro del discorso è il passaggio da una visione giuridica della chiesa, basata sul criterio di giurisdizione, a una concezione sacramentale, basata sull’idea di comunione. Il nodo del problema risale alla discussione che si ebbe in concilio sulla interpretazione del n. 22 della Lumen Gentium e sulla Nota praevia che a questo documento seguì durante quella che i progressisti definirono la “settimana nera” del Vaticano II. I rapporti tra il Papa e i vescovi, dopo il Vaticano II, secondo Dianich, non possono più essere improntati alla delega e alla subordinazione. Il Papa non governa “dall’alto” la chiesa, ma la guida nell’ordine della comunione.
 Il suo potere di giurisdizione verrebbe infatti dal sacramento e, sotto l’aspetto sacramentale, il Papa non è superiore ai vescovi. Egli, prima di essere pastore della chiesa universale, è vescovo di Roma, e il primato che sulla chiesa universale esercita non è di governo ma di amore, proprio perché, ontologicamente, come vescovo, il Papa è sullo stesso piano degli altri vescovi. Per questo Dianich vorrebbe attribuire maggior potere al collegio episcopale attribuendo a esso la possibilità di legiferare autorevolmente. Il Papa dovrebbe esercitare il suo primato in maniera nuova, associando al suo potere organi deliberativi o consultivi, quali possono essere conferenze episcopali, sinodi, o comunque organismi permanenti, che lo coadiuvano nel governo della chiesa.
Si tratterebbe di un primato di “onore” o di “amore”, ma non di governo e di giurisdizione della chiesa. Queste tesi però sono, in primo luogo, storicamente false. La storia del papato non è infatti la storia di forme storiche diverse e tra loro confliggenti, ma l’evoluzione omogenea di un principio di suprema giurisdizione presente nelle parole di Gesù Cristo che a san Pietro e a lui solo disse: Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia chiesa (Mt. 16, 14-18).
 Quando san Clemente (92-98 o 100), terzo successore di Pietro come vescovo di Roma, agli inizi dell’impero di Nerva (circa il 97), intervenne per ristabilire l’unità nella chiesa di Corinto, sconvolta da una violenta discordia, si richiamò al principio di successione stabilito da Cristo e dagli apostoli, esigendo obbedienza e minacciando persino sanzioni qualora le sue disposizioni non venissero eseguite (Lettera Propter subitas ai Corinzi, in Denz-H, nn. 101-102). Il tono autorevole della lettera e la venerazione con cui essa fu accolta sono una prova chiara del Primato del vescovo di Roma alla fine del primo secolo.
Circa dieci anni dopo, sant’Ignazio, vescovo di Antiochia, durante il viaggio da Antiochia a Roma, dove fu martirizzato, scrisse una lettera ai romani in cui riconosce alla chiesa di Roma una posizione di preminenza sull’intera chiesa universale, affermando: “Voi avete istruito gli altri ed io desidero che restino ferme quelle cose che voi prescriveste col vostro insegnamento” (Epistula ad Romanos, 3, 1). La sua affermazione, tanto spesso citata a sproposito, secondo cui la chiesa di Roma “presiede all’agape”, va intesa nel suo retto senso. L’“agape”, non è generica “carità”, ma è, per Ignazio, la chiesa universale (che egli per primo chiama cattolica), unita dal vincolo dell’amore.
Nel corso dei secoli il Primato pontificio, concepito come principio attivo e centrale di governo della chiesa universale, rimase la nota caratteristica del papato, così come la Costituzione monarchica e gerarchica continuò a caratterizzare la chiesa nel corso dei secoli. Nelle epoche che la chiesa attraversò, ogni qual volta il pontificato è stato debole, assente o inefficace, si sono prodotti scismi, eresie, sconvolgimenti religiosi e sociali. Al contrario, le grandi riforme e la rinascita della chiesa si sono avute con papi che hanno esercitato il loro governo nella pienezza dei loro poteri, da san Gregorio VII a san Pio X.
Il munus specifico del Sommo Pontefice non consiste nel suo potere di ordine, che egli ha in comune con tutti gli altri vescovi del mondo, ma nel suo potere di giurisdizione, che lo distingue da ogni altro vescovo, perché solo nel suo caso questo potere è pieno ed assoluto ed è fonte del potere degli altri vescovi. Il potere di Magistero fa parte del primato di giurisdizione e l’infallibilità costituisce l’espressione più alta e perfetta del Primato pontificio, una sovranità ancor più necessaria di quella delle società temporali.
Il potere di giurisdizione è eminentemente potere di governo. Il Papa è tale perché governa la chiesa esercitando una giurisdizione dottrinale e disciplinare che non può delegare: non esiste infatti una differenza tra il potere di governo e il suo esercizio, quasi immaginando la possibilità di un governo la cui caratteristica sia quella di non governare. L’essenza del papato ha in questo senso caratteristiche immutabili: è un governo assoluto, che non può essere delegato ad altri, né in tutto né in parte. Il papato è una monarchia assoluta in cui il Sommo Pontefice regna e governa e non può essere trasformato in una monarchia costituzionale, in cui il sovrano regna ma non governa.
Un cambiamento di tale governo non toccherebbe la forma storica, ma l’essenza divina del papato. Non si tratta di un’astratta diatriba, ma di un problema teologico dalle concrete ricadute storiche. L’epoca della mondializzazione dei mercati e della rivoluzione informatica ha visto il tracollo degli stati nazionali, sostituiti da nuovi poteri, finanziari e mediatici. Ma il caos e la frammentazione e la conflittualità dei nuovi scenari derivano proprio da questa perdita di sovranità, di cui è eloquente esempio l’Unione Europea nata dai Tratti di Maastricht, che non si presenta come un “super-Stato” europeo, ma come un non-stato, caratterizzato dalla moltiplicazione dei centri di decisione, e dalla confusione dei poteri L’autorità e la forza degli Stati nazionali e delle democrazie rappresentative si sbriciola e il vuoto è occupato da lobby ideologiche e finanziarie, visibili e occulte.
La chiesa cattolica dovrà modellarsi su questo processo di polverizzazione, autodemolendosi? Di fronte al relativismo, la chiesa dovrà accantonare l’infallibilità, come chiede il pastore valdese Paolo Ricca (il Foglio, 19 marzo 2013), per presentarsi al mondo debole e rinunciataria o non piuttosto servirsi di questo carisma, che essa sola possiede, per contrapporre la sua sovranità religiosa e morale alle macerie della modernità? L’alternativa è drammatica, ma ineludibile.
Quel che è certo è che la domanda “chi è oggi il Papa?”, prima che ai mass media va rivolta alla teologia, alla storia e al diritto canonico della chiesa. Essi ci rispondono che, dietro le persone di Benedetto XVI e di Francesco, esiste un trono pontificio istituito da Cristo stesso. Papa san Leone Magno, che può essere considerato il teologo più completo del papato nel primo millennio, spiegò con chiarezza il significato
della successione petrina, riassumendola nella formula: “Indegno erede di san Pietro”. Il Papa diveniva l’erede di san Pietro per quanto riguardava il suo status giuridico e i suoi poteri oggettivi ma non per quanto riguardava il suo status personale e i suoi meriti soggettivi.
La distinzione tra l’ufficio e il detentore dell’ufficio, tra la persona pubblica del Papa e la sua persona privata è fondamentale nella storia del papato. Il Papa è il vicario di Cristo che in suo nome e per suo mandato governa la chiesa. Prima di essere una persona privata, egli è una persona pubblica; prima di essere un uomo è un’istituzione: prima di essere il Papa è il papato, in cui si riassume e concentra la chiesa che è il Corpo mistico di Cristo.

Fonte:  Il Foglio del 28-03-2013

58 commenti:

  1. Chi è il Papa? BENEDETTO XVI.

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    1. No! Il Papa è FRANCESCO.

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    2. no, francesco per sua stessa ammissione è solo un vescovo come tanti. Benedetto XVI è invece il Pontefice

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    3. NO. E' il vescovo di Roma, quindi il capo degli apostoli, il Papa. Puoi comunque studiare meglio la teologia e l'ecclesiologia.

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    4. Ovviamente Benedetto XVI!

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  2. Ratzinger è uno dei padri teologici del Vaticano II, l'ha sempre detto: voi vi sbagliate, cadete nello stesso equivoco speculare, voi a destra e la cosiddetta sinistra perché parlate di un Concilio che non c'è mai stato. Se noi stiamo a Ratzinger, egli si è sempre riconosciuto in questi documenti, c'è anche lui dietro la stesura di questi testi, non poteva non pensarla come la Lumen Gentium. Intervista di Riccardo Cascioli a Vittorio Messori

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    1. Amen. Credo lo pensi anche Papa FRANCESCO.

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  3. Su questo c'è un clamoroso equivoco, perché si dimentica che tutti i santi sociali dell'800 – solo per stare a Torino don Bosco, il Cottolengo, Faà di Bruno –, tutti quelli che si rimboccarono le mani per aiutare i poveri, tutti quelli che cercarono di dare anche il pane del corpo ai disgraziati che si trovavano intorno, questi erano classificati sul piano teologico come dei reazionari. Erano tutti figli devotissimi di Pio IX e poi di Leone XIII. L'impegno sociale non vuol dire essere preti alla don Gallo, o andare d'accordo con teologi alla Hans Kung: tutta la santità sociale è una santità che si sporca le mani per l'assistenza anche materiale ma allo stesso tempo ama il catechismo della Chiesa e lo rispetta. Quindi c'è un grosso equivoco in cui cadono questi signori che disquisiscono senza sapere niente della dinamica cattolica. Bergoglio andava nelle periferie (villas miserias), ma ci sarebbe andato anche don Bosco. E forse che don Bosco era un innovatore? Che Bergoglio andasse nelle villas miserias non vuol dire affatto che sia un contestatore teologico. Anzi sul piano della morale e della catechesi è del tutto allineato con Benedetto XVI.
    Don Bosco aveva un motto: pane e paradiso, che è molto bello. Pane nel senso che agli affamati bisognava dare anche il pane, però bisognava dargli anche il pane dello spirito. Dava ai ragazzi di strada accoglienza, gli insegnava un lavoro però questi ragazzi erano formati con estrema attenzione anche al catechismo, alla catechesi in linea perfetta con quella di Pio IX.
    Questi signori che non sanno nulla e che discettano, dicono che questo è un prete sociale: benissimo, ma vedrete quando comincia a parlare di morale cosa dirà. Dirà esattamente quello che diceva Ratzinger.

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    1. Ma N.S.G.C. non ci ha insegnato ad imparare persino dai bambini?

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  4. L'articolo è un disgustoso Zibaldone. Si passa dai movimenti pauperistici medievali, alla Rivoluzione francese, passando per la Scuola di Bologna e presumere ancora che il "popolo di Dio" crede adesso che la Chiesa è bicefala. Sono i fantasmi di De Mattei o rientra in un suo inconscio desiderio l'annunciato scisma trascinando magari personaggi ambigui come Magdi Allam e istituti religiosi in grigio-blu un tempo sani e cattolici? Extra omnes!

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    1. Una Chiesa o una persona autoreferenziale diventa paranoica e autistica. E' la mondanità spirituale! Il peggior male della Chiesa, altro che le cinque piaghe di Rosmini! Oggi la divisione e lo scisma nella Chiesa può venire solo dai tradizionalisti. S. Michele, libera nos a malo!

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    2. Concordo perfettamente con lei.

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    3. Questo blog è tradizionalista, cari anonimi belli. Come se io venissi a casa vostra dicendo: le divisioni e le discordie non possono che venire dai Pincopallini (vi chiamo così, dato che siete anonimi - in greco : senza nome). Non siete nemmeno stati capaci di fare una critica sensata all'articolo, perché definirlo "zibaldone" e "autoreferenziale" non confuta affatto ciò che è scritto in esso, e dimostra la vostr incapacità di critica seria. Non avete argomenti. E scusate se vi offendo, in ogni caso non è mia intenzione, ma io non presto ossequio a fantasmi senza volto... E senza argomenti

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    4. Dave, hai ragione, ma bisogna accettare il confronto. Che ne pensi?

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    5. Non c'e confronto quando uno sa di avere ragione.

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  5. Non è un articolo, è un'elucubrazione! Solo l'Elefantino può dargli spazio. Oramai per la rivoluzione, dopo i grillini mancano solo i monarchici. Ma l'ateo devoto lo ha letto?

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    1. Ma il foglio non è della "Velina Ingrata", cioè l'ex moglie del Berlusca? De Mattei non era il suo consigliere?

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  6. Non ho capito la relationship tra Maastricht e il munus docendi della Chiesa. Ma che c'entra? Dove insegna De Mattei, anzi, a chi e cosa insegna?

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  7. C'è confusione tra teologia della liberazione e opzione preferenziale per i poveri. De Mattei, dal suo caldo ufficio sembra non conoscere le realtà lainoamericane, ma sembra anche ignorare i documenti che proprio il card. Joseph Ratzinger firmò quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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  8. Caponnetto può dire quello che vuole su Bergolio. Anche gli animalisti cercano di appropriarsi di questo Papa meraviglioso. Lui non è un seguace delle teologia della liberazione! Perché c'è tanta disonestà intellettuale e si vuole delegittimare la figura del pontefice screditandolo? Ma è cattolico De Mattei o vuole la Chiesa a suo uso, gusto e consumo?

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    1. Bueno ya que me estáis hartando, y a propósito de animalistas, he decidido publicar una fuente vaticana personal y de primera mano y que pocos conocen. La primera excusa del papa para no ponerse la muzeta fue que el era animalista y por lo tanto no se la pondría. Así que el pobre Marini le contestó que era sintética y que había otras lisas...y de allí el enfado del muy Humilde Francisco... alguien por primera vez le hizo ver la incoherencia de sus frases y aun peor de sus ideas y no pudo sopórtalo.
      Jaime II

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    2. No seamos infantiles!

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    3. E' questo Bergoglio? SANTO SUBITO!

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  9. Ma non è che De Mattei sta alla testa di Vatileaks?

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    1. Di sicuro ci sono tradizionalisti estremi che volevano rifare la curia e alla fine hanno fatto andare via Benedetto XVI. Penso che ci siano soprattutto prelati e cardinali.

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  10. Qui la vera rivoluzione è stata la rinuncia di Benedetto XVI! Non ci sfianchiamo!

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    1. Esatto! Come si fa a non capirlo? Il suo Magistero non è solo il Motu Prorpio. Quello fu un atto di tolleranza. Lo ha detto lui.

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  11. Roberto scrive come se tutti fossero ignoranti, come se nessuno avesse accesso a fonti documentali e bibliografiche... Atronge!

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    1. e allora perchè non citate le vostre di fonti documentali e bibliografiche?

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    2. Leggiti gli Atti degli Apostoli e dei Martiri, intanto, anzi... leggiti il Vangelo!

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  12. Ho sognato di trovare tra i tradizionalisti virtù e dottrina. Mi sono svegliato e ho scoperto orgoglio e divisione (anche tra loro).

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    1. 10 e lode! Bastano dieci testimonianze come la tua per farci capire quanto misero sia sto gruppetto di fanatici.

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    2. Il problema è che dietro a questi tradizionalisti c'è tutta una forma mentale e culturale. Ex nobili nostalgici, persone asociali e arriviste, pignoli e scrupolosi. E' un laboratorio psichiatrico. Inutile però contestarli su questo sito. Lasciateli in pace.

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    3. Vergognatevi!!! Presto vedrete cosa fara' il vostro papa moderno.

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    4. Non è anche il tuo Papa? atronz!

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  13. Ho letto questi post...sono un po' amareggiato. Se si parla in questi termini, sia chi pende da una parte che dall'altra, si mette in evidenza una Chiesa rotta, fratturata. Cerchiamo di costruire, pensando al fatto che il Signore ci chiama ad andare avanti anche nel rispetto della nostra cultura e della nostre sensibilità personali. Nel mondo c'è posto per tutti, basta vivere il Vangelo. Criticarci reciprocamente non è di sicuro cotruttivo. E ricordiamoci che il giudizio vero e proprio spetta solo a Dio!!!! "Nello stesso modo con cui giudicate, sarete giudicati..."! Quanta sofferenza nel leggere i vostri post...quanta amarezza! Se un papato porta a questo, allora c'è qualcosa che non va...e non necessariamente nel Papato. Buona giornata.

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    1. Non nel papato, ma qualcosa non va nei lettori del blog!

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  14. Impressionante leggere quanto ci abbia colto il messaggio riportato dalla veggente Maria della Divina Misericordia dell'aprile scorso.
    L'ultimo messaggio è così intitolato "Presto il Mio amato Papa Benedetto guiderà i figli di Dio dal suo luogo d’esilio."
    Queste conferme mi spingono ad andare avanti per la mia strada e cioè quella di non riconoscere Bergoglio come Successore di Pietro, di considerare invalida la rinuncia di Benedetto XVI perchè presa sotto minaccia, di ritenere illegittimo il voto del Conclave e il Conclave stesso.
    Chi sull'onda del bombardamento mediatico sta facendo finta che tutto quello che è successo e sta succedendo è normale, faccia i conti con la propria coscienza e si prepari un domani a risponderne di fronte a Dio.

    Meo.

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    1. Il problema Meo, è che Benedetto XVI non è il sostenitore dei tradizionalisti. Non ha mai celebrato la Messa usus antiquor come Papa. Ecco cosa ha detto nel suo ultimo discorso al clero: "Tuttavia, si sentiva che la Chiesa non andava avanti, si riduceva, che sembrava piuttosto una realtà del passato e non la portatrice del futuro". "Dopo la Prima Guerra Mondiale, era cresciuto, proprio nell’Europa centrale e occidentale, il movimento liturgico, una riscoperta della ricchezza e profondità della liturgia, che era finora quasi chiusa nel Messale Romano del sacerdote, mentre la gente pregava con propri libri di preghiera, i quali erano fatti secondo il cuore della gente, così che si cercava di tradurre i contenuti alti, il linguaggio alto, della liturgia classica in parole più emozionali, più vicine al cuore del popolo. Ma erano quasi due liturgie parallele: il sacerdote con i chierichetti, che celebrava la Messa secondo il Messale, ed i laici, che pregavano, nella Messa, con i loro libri di preghiera, insieme, sapendo sostanzialmente che cosa si realizzava sull’altare. Ma ora era stata riscoperta proprio la bellezza, la profondità, la ricchezza storica, umana, spirituale del Messale e la necessità che non solo un rappresentante del popolo, un piccolo chierichetto, dicesse “Et cum spiritu tuo” eccetera, ma che fosse realmente un dialogo tra sacerdote e popolo, che realmente la liturgia dell’altare e la liturgia del popolo fosse un’unica liturgia, una partecipazione attiva, che le ricchezze arrivassero al popolo; e così si è riscoperta, rinnovata la liturgia."

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    2. Attenzione: io sto facendo rilevare l'invalidità di quest'elezione non perchè Benedetto XVI viene etichettato come un "conservatore" e Bergoglio come un "progressista". Qui le fazioni, il modo di concepire la liturgia, non c'entrano niente.
      Io entro nel merito del modus operandi con cui prima Benedetto ha rinunciato e poi il Conclave ha incoronato il sudamericano. A parti inverse, avrei fatto lo stesso. D'altronde, e lo dico da tradizionalista, non possiamo mica sceglierci il Papa in base alle nostre idee. Il contesto in cui sono avvenute queste importanti decisioni per la Chiesa è tutt'altro che tranquillo e sereno come ci hanno raccontato: qui si è combattuta e probabilmente si combatte una guerra interna che però non può spingersi fino al punto di costringere alla rinuncia di un Papa. Se si arriva a questo punto e si pensa che tutti i cattolici siano così stupidi da ingoiare ogni rospo con lo zuccherino sopra dell'umiltà, i Sodano e compagnia bella sbagliano di grosso.

      Meo.

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    3. Ma quando si replica mostrando la fallacia dei sillogismi non si risponde, ma si va avanti con il proprio intendimento. Beh, buon cammino...

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  15. Caro Meo...ti ringrazio per il tuo post. Mi sto interrogando anch'io in questi giorni e su molti fronti. Ho concluso che devo guardare a Cristo: "In te, Signore, mi sono rifugiato: mai sarò deluso!". Questa è la forza che mi fa andare avanti. Come Cristiano non posso scendere dalla barca di Pietro, però se questa fa acqua, guardo al Comandante Supremo: il Signore.
    Siamo chiamati come battezzati a costruire, a seminare. Ho sempre detto che non è il Papa a salvarmi, ma Gesù Cristo. Guardiamo a Lui e abbandoniamo ogni timore. Non ho strumenti per giudicare il papa attuale, né me la sento perchè il giudizio appartiene a Dio. Inoltre, sono condizionato dal grande affetto che provo per Benedetto XVI e il suo Magistero e questo condizionerebbe umanamente ogni mia scelta. Di fronte a questa mia incapacità, volgo lo sguardo a Colui che sa far andar bene ogni cosa...anche se mi è difficile capire. Buona Pasqua a tutti...mi fido di Dio.

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    1. Caro Omar, hai perfettamente ragione: dobbiamo guardare a Cristo.
      Lo ha detto il nostro Santo Padre Benedetto XVI: la Barca non è del Papa, è di Dio. Sta a noi dare la giusta interpretazione a queste parole, il testamento spirituale che ci ha lasciato il nostro grande Pontefice. Un testamento che potrebbe essere anche un avvertimento. E poi subito dopo una spiegazione quando ci dice che il Papa non è solo a guidare la barca ma ci sono i cardinali e gli altri collaboratori. Come a dire: c'ho provato ma non dipendeva solo da me.

      Saluti a te Omar, Buona Pasqua.

      Meo.

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    2. "a noi dare la giusta interpretazione a queste parole"

      0_0

      sapete come l'avreste chiamato due mesi fa uno che scriveva una cosa simile?!

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    3. Esegeta Meo, perché non vai in sinagoga se vuoi fare il rabbino?

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  16. Bravo Professore de Mattei!

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  17. LA MODERNITA' NON SOPPORTA L'IMMACOLATA

    LA CHIESA NASCE DAL SACERDOZIO DI CRISTO PARTECIPATO AGLI APOSTOLI

    http://radicatinellafede.blogspot.it/
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    * L'ecumenismo è il nemico dell'Immacolata
    (S.M. Kolbe)

    * in una celebrazione del Giovedì Santo dove di proposito, ad opera di un pontefice (? o vescovo, idem) si è calpestata e oscurata la figura di Gesù Cristo quale Sommo ed eterno Sacerdote, e mortificata-cancellata-(ridotta a servizio umanitario-sociale) l'istituzione del Sacerdozio da Lui partecipato agli Apostoli, che specie di chiesa ha agito e insegnato sulla "scena" del mondo ?

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    1. Gesù Cristo e S. Pietro avrebbero fatto lo stesso. I monarchici no, chiaro!

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    2. La tua è una "fede radicata" nelle sabbie mobili.

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    3. I tradizionalisti hanno ucciso S. Massimiliano una seconda volta citandolo a sproposito. Lui è stato un precursore del Vaticano II!

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  18. articolo molto complesso, come cattolico penso che l'11 febbraio e il 28 febbraio ( l'immagine del Papa che la scia il Vaticano in elicottero è terribile!!! ) siano due giornate di buio come sul Golgota e penso inoltre che stiamo assistendo alla " fine" della Chiesa !
    Una " colpa" è e rimarrà nella coscienza dei Cardinali sia quelli elettori e sia quelli non elettori.
    Certo non sono stati come i 70 saggi......perchè potevano trovare una soluzione diversa e cioè quella veramente dell'aiuto collegiale al Papa , rinunciare al Conclave dare la loro massima disponibilità all'aiuto a Papa Benedetto e " richiamarlo " al ruolo che Dio attraverso lo Spirito gli ha conferito.
    Guardiamo con realtà cosa sta accadendo :
    1) disorientamento di noi cattolici
    2) il paragone tra Francesco e Benedetto ( affondando quest'ultimo)
    3) annullamento ( perchè il gesto è stato questo) durante la non celebrata Coena Domini dell'istituzione dell'Eucarestia e del Sacerdozio
    4) frasi del tipo " questo si che è un Papa povero e vicino alla gente "....sat2000 è vergognosa per come sta dipingendo Bergoglio ( banalizzandolo pure)
    5) ognuno si sta costruendo il Papa a propria immagine ...è il segno della fine dei tempi???

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  19. 1) Penso che la maggioranza dei cattolici è disorientata;
    2) Nessuno affonda Benedetto XVI, ma il paragone è normale, specie nei ceti popolari e non c'è nulla di strano;
    3) La Messa in Coena Domini del Papa è stata celebrata, eccome!
    4) di TV2000 (no Sat 2000) non m'interessa niente;
    5) Sbaglio o il Papa a propria immagine lo vorrebbe chi sta delegittimando Bergoglio?

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    1. NESSUNO DELEGITTIMA BERGOGLIO , MA 2 PAPI SONO MOTIVO di grande confusione, come cattolico praticante è dall'11 febbraio che il mio animo è turbato anche se il diritto canonico dice ...bla , bla, bla.......e mi da fastidio che si facciano affermazioni affondando uno per esaltare l'altro...ha ragione tv 2000 non interessa ma è una rete cattolica della CEI e certe affermazioni il suo direttore potrebbe risparmiarsela ...mi domando non è che coglie l'occasione per vendicarsi visto che il suo nome era nelle carte trafugate ??

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  20. Sono sorpreso nel leggere le reazioni che ha suscitato l'articolo di De Mattei. Un adagio ricorda che "non tutte le ciambelle escono col buco". E' il caso dell'infelice intervento di Roberto.

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  21. Gesù è risorto, Alleluia! La Chiesa è risorta, Alleluia! W Papa Francesco!

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  22. Minstrel sei un vigliacco e pure scorretto. Ti avevo concesso l'onore delle armi ma dopo questa meschina imboscata lo ritiro. Benedetto XVI non parlava ex cathedra e il "a noi dare la giusta interpretazione a queste parole" non è riferito alle Scritture. Quindi sei un mentecatto che ama giocare alla strumentalizzazione. Secondo la tua stupida allusione quando Giovanni Paolo II invitò a "spalancare le porte a Cristo", avremmo dovuto tenere davvero le porte di casa aperte e non invece lasciare che il messaggio di Cristo penetrasse nel nostro animo,giusto? Sei un povero idiota, tu e quello sporco nazista che ha commentato dopo di te. Mettetevi bene in testa che,fortunatamente, le leggi razziali in Italia sono state abrogate dal 1944 e che adesso sono quelli come voi ad essere fuorilegge.
    Meo.

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    1. Onore delle armi? A me bastava solo una buona pasqua.
      Ti auguro ogni bene e perdona se ti ho fatto male, buon cammino.

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La Redazione