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mercoledì 5 settembre 2012

Martini, l'aborto e la vera carità

Ritengo che vada rispettata ogni persona che, magari dopo molta riflessione e sofferenza, in questi casi estremi segue la sua coscienza, anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare“.
Questo il pronunciamento sibillino del defunto cardinal Martini sull’aborto citato nei giorni della sua dipartita, a prova della sua apertura e della sua bontà (insieme ai tanti silenzi e ai tanti gesti per prendere le distanze dai principi non negoziabili). Non ritornerei su questo argomento, per rispetto ad un defunto, se questa frase come tante altre in cui apriva ad eutanasia ecc. non fosse ormai il manifesto non solo dei nemici della Chiesa ma anche di tanti che si dicono cattolici.
Cosa si può notare in questa visione dell’aborto proposta da Martini, prendendo le distanze dalla posizione ufficiale della Chiesa? Anzitutto un fatto: Martini si è sempre voluto presentare come l’uomo del dialogo, l’uomo che non condanna, l’uomo di Chiesa buono… a differenza degli altri. Gli altri, dal papa a Ruini…, condannano, stigmatizzano, fulminano… perché sono personaggi cattivi, reazionari, oscurantisti… Io, Martini, sono diverso, voglio una Chiesa diversa….io non condanno, io capisco, io comprendo…Vediamo prima allora, quale è la posizione della Chiesa. La Chiesa condanna, da sempre, l’aborto. Lo condanna perché è l’uccisione di una creatura umana, già formata, innocente, chiamata alla vita e perciò degna di rispetto. La Chiesa, condannando l’aborto, dimostra anche cosa sia la vera pietà: perché l’uccisione di un figlio è, anche per chi la realizza, la rinuncia al grande dono della vita; perché la donna che abortisce, come ormai è sempre più chiaro dagli studi medici, vivrà sempre come un dolore immenso questo suo gesto. L’aborto è contro il figlio, contro la madre ed il padre, contro la società.
La condanna dell’aborto, va di pari passo con la necessità, proclamata dalla Chiesa, di aiutare le famiglie: la Chiesa ha creato gli orfanatrofi e i Centri Aiuto alla vita. Non si limita a predicare, ma va incontro ai bisogni. I teorici dell’aborto libero, dell’aborto come diritto, non hanno mai fatto nulla per aiutare le ragazze madri in difficoltà. Anzi, con la loro visione (“tanto c’è l’aborto”), hanno legittimato anche il disinteresse dello Stato dinnanzi alle maternità difficili!Infine, la Chiesa, condannano l’atto dell’aborto, non giudica, non condanna, come vorrebbe far credere Martini, la persona, non le toglie il rispetto: il giudizio ultimo su di lei è infatti di Dio e di Dio solo.Per questo ogni cattolico direbbe: “L’aborto è un abominevole delitto (Concilio Vaticano II, in accordo con secoli di Tradizione); uccide il figlio e la madre; danneggia la famiglia e la società; è sangue innocente versato; ogni coscienza retta lo rinnega; lo Stato dovrebbe impedirlo, e, nello stesso tempo, venire incontro a chi si trova in condizioni di difficoltà, per prevenire questa tragedia. Questo non è un giudizio sulla persona che abortisce, che anzi, va aiutata, dopo ciò che ha fatto, a rinascere”. Potrebbe poi dire: “non è questione di quello che ‘io mi sento o non mi sento’, come per Martini, perché io non sono nessuno. E’ questione di fatti: abortire è uccidere. Non è questione di ‘rispetto’, perché il rispetto è sempre dovuto, anche agli assassini di persone adulte. Lo Stato che mette in galera un criminale non significa che non lo rispetti: fa solo osservare la legge, senza la quale la società precipiterebbe nel caos”. E concluderebbe: “condannare l’aborto non è mancanza di carità, ma al contrario, è carità, perché la carità è legata alla verità. Un padre che sgrida il figlio perché si droga, non manca di carità, ma al contrario, lo ama. Così la Chiesa indica a tutti che il figlio è un dono, che la vita va rispettata, e così facendo insegna agli uomini l’amore (e a rifuggire l’odio e la tristezza della morte)”.

Antonio Righi, Libertà e persona