L'intervista (vedi qui): sull'adeguamento liturgico ci sono state cattive interpretazioni di Andrea Zambrano
REGGIO EMILIA (6 aprile 2011) - "Le chiese devono essere luoghi di culto, non auditorium". E’ questo il giudizio di fondo che il consultore dell’ufficio delle celebrazioni del sommo pontificie don Nicola Bux dà di molti adeguamenti liturgici operati in molte chiese negli ultimi anni. Don Bux sarà protagonista giovedì sera alle 21 dell’incontro promosso nella Sala del Capitano del Popolo dalla delegazione Emilia Occidentale dell’Ordine di Malta, con Italia Nostra, il Museo dei Cappuccini e il circolo Frassati di Correggio e chiamato “Liturgia romana e arte sacra fra innovazione tradizione”. Con Bux, ormai una conoscenza di molti fedeli (è la terza volta che viene nel Reggiano in pochi anni), parleranno anche don Enrico Mazza e l’ex sovrintendente Elio Garzillo.Sarà inevitabile toccare anche il tema dell’adeguamento liturgico della Cattedrale di Reggio dopo il complesso restauro architettonico degli anni scorsi. Il GdR ha intervistato in anteprima don Bux, collaboratore di Papa Benedetto XVI non solo sui temi della liturgia, ma anche nella Congregazione della dottrina della fede.
Don Bux, che cos’è l’adeguamento liturgico?
E’ un’espressione coniata negli anni dopo il Concilio Vaticano II per indicare i lavori ritenuti necessari affinché le antiche chiese potessero essere più idonee alle celebrazioni secondo la forma rinnovata del rito Romano.
E quali risultati ha prodotto?
L’adeguamento è partito con l’intento di operare quei ritocchi per favorire la celebrazioni dei sacramenti, ma si è imposto soprattutto il tema della messa celebrata con l’altare verso il popolo. Un adeguamento vistoso del quale si è abusato.
Perchè?
Perchè lo stesso messale non dice mai che il celebrante non deve essere di spalle al popolo. E questo è dimostrato dal fatto che per ben tre volte, subito dopo l’offertorio, nell’ecce agnus Dei e nella benedizione finale si prescrive che il sacerdote si rivolga al popolo. Ne consegue che durante la celebrazione l’orientamento deve essere un altro.
Cioè spalle al popolo...
Non propriamente. Questa è una male interpretazione dello stesso messale di Palo VI e una forzatura che ha fatto si che si pensasse che dare le spalle al popolo fosse un atto di maleducazione. Come dire: “Scusate la spalle”.
Dunque?
Dunque è una questione di orientamento verso il Signore che viene. Ecco perchè la tradizione ci ha consegnato le celebrazioni con il sacerdote e i fedeli entrambi rivolti ad oriente, simbolo del Signore che viene e successivamente indicato nella croce. In sostanza il rivolgersi al popolo era indicato come una possibilità.
Così la critica principale è che il sacerdote non è in comunione con i fedeli...
Infatti Benedetto XVI, già da cardinale insisteva sul fatto che se il popolo è rivolto al crocifisso e con lui il sacerdote, tutti rivolgono lo sguardo a Cristo, che è l’aspetto centrale della liturgia. Come diceva Ratzinger con il sacerdote fronte al popolo si chiude il cerchio all’incontro con il Signore.
Come si può risolvere la questione?
Come ha giustamente proposto il Santo Padre, sarebbe opportuno che con la stessa posizione, si inserisse una croce sull’altare in modo che tutti possano avere in primo piano il soggetto centrale della liturgia: Cristo che viene. E’ bene che i sacerdoti sappiano spiegare che la loro posizione deve essere funzionaleall’orientamento della celebrazione.
Quali altri temi toccherà domani?
L’incontro è promosso dal desiderio di molti laici, preoccupati che il cosiddetto adeguamento non vada in collisione con il rispetto della tradizione. In questo caso nella Cattedrale di Reggio anche con l’aiuto del professor Mazza si vuole cercare di offrire gli strumenti per capire che è il popolo che si deve adeguare alla liturgia e non il contrario.
Un tema dibattuto a Reggio è quello della sede episcopale, portata giù dal presbiterio e davanti all’assemblea...
La sede non è l’elemento più importante in un edificio sacro. Prima vengono l’altare, la croce e il tabernacolo, che sono il segno della presenza divina permanente in mezzo al popolo. Per importanza, dopo l’ambone, quello che una volta era chiamato pulpito o pergamo e che era funzionale a stare in mezzo all’assemblea per ragioni acustiche, c’è la sede della presidenza.
Ma dove deve essere collocata?
Nelle chiese primitive siriache, eredi delle sinagoghe la sede era in testa all’assemblea, come oggi avviene quando a teatro si riserva la poltrona centrale all’autorità. Ben presto la sede di chi presiede è stata posta in testa all’assemblea a sinistra o a destra in una posizione di raccordo tra l’assemblea e l’altare.
Qual è la posizione ideale?
In testa alla gradinata, come ancor oggi fanno gli orientali che mettono la sede del patriarca in testa all’assemblea, ma non frontale. E’ bene poi che i posti dei fedeli non siano trasversali o diagonali, ma guardino tutti con un unico sguardo.
Dunque sul presbiterio, non in basso?
Il luogo dei sacerdoti e del vescovo è il presbiterio, lo dice il nome stesso. Il fatto che la sede sia posta in basso confonde le idee.
Le potrei obiettare che anche il vescovo fa parte del popolo di Dio...
E’ vero, ma anche la tradizione ha un suo peso. Non bisogna cadere nel populismo. Lo stare insieme ai fedeli non dipende dalla posizione.
Quanto pesa in questo discorso l’accusa di eccessivo formalismo?
Una cosa è la forma, un’altra il formalismo. Senza una forma la liturgia non esisterebbe e la sostanza sarebbe deforme. Il parlare di formalismo invece è un po’ ideologico e riduttivo. Ultimamente è in uso parlare di poli liturgici. Ebbene, nel rito romano deve prevalere l’unità.
Un altro tema scottante è l’assenza di inginocchiatoi...
Un’altra stranezza a cui si assiste talvolta. La liturgia prescrive di inginocchiarsi in certi momenti della messa. Il fatto è che il disincentivare l’inginocchiarsi rischia di ridurre la Chiesa ad un auditorium o la liturgia a intrattenimento. Invece il Papa ci ricorda che la liturgia è adorazione e il suo segno esteriore più visibile è proprio il mettersi in ginocchio.
Quanto conta nelle chiese la conservazione di manufatti artistici e l’introduzione di nuove opere moderne?
Ci vuole sempre del gusto nelle cose. Stranamente oggi si tende a musealizzare tutte le bellezze e gli arredi, ma le cose vanno in un museo se non sono più fruibili. In molti casi invece arredi e suppellettili sono espressione della pietà del popolo e dei sacrifici che sono stati fatti per introdurli. Sempre che parliamo di oggetti che servano non per la nostra gloria personale, ma per quella di Dio. La stessa cosa vale per i paramenti. A volte il sacerdote mette o toglie paramenti a seconda del suo gusto o della sua comodità, come se fosse un abbigliamento privato. In realtà sono l’espressione dell’oggettività del rito che viene affidato al ministro, anche se indegno moralmente.
Non se ne può veramente più.
RispondiEliminaE' difficile capire per quale motivo la cosiddetta riforma della riforma stenti a prendere corpo pur in presenza di validi studiosi e cultori di liturgia in Curia Romana come Bux, Guido Marini, ecc... Ci auguriamo che almeno maturi lentamente un substrato culturale adeguato che prepari una vera riforma nel prossimo pontificato, a dio piacendo. Celebrazione ad Deum e latino dall'offertorio in poi, prevalenza di canto gregoriano, incensazioni, comunione in ginocchio, ripristino di paramenti decorosi: questi provvedimenti, relativamente facili da applicare nel Novus Ordo in qualsiasi parrocchia, sarebbero miracolosi per risuscitare una liturgia veramente sacra e degna. Speriamo bene e preghiamo per un buon futuro Papa, che riprenda in mano seriamente e virilmente il gregge affidatogli da Cristo. Comunque, anche Benedetto XVI ha fatto molte cose valide e importanti. Speriamo vengano sviluppate adeguatamente dai successori.
RispondiEliminaSì, DI TE.
RispondiEliminaSPLENDIDA CHIUSA: "anche se indegno moralmente". Non dimentichiamocene.
RispondiEliminail rev. Bux farebbe meglio a imporsi un sacro ...silenzio
RispondiEliminaSperiamo invece che continui a parlare, senza farsi a sua volta spaventare dai lupi.
RispondiEliminataceo, ne ingrata dicam!
RispondiEliminaNon ho difficoltà a pensare che il vostro reverendo sarà surclassato da un espertissimo quale don Enrico Mazza.
RispondiEliminaVeramente è monsignore. E poi è un consultore dell'ufficio liturgico del sommo Pontefice: Mazza può dire quel che vuole, tanto quello che parla con autorità è Bux.
RispondiEliminaper piacere.....adesso mi vengono dire certe cose...dopo 40 - 50 anni...quando nella nostra chiesa a Gimino in Istria....hanno eostravolto ben due volte il presbiterio.....buttando via balaustre.....e cosi' via....ma signor Bux..dovrebbe dire anche chiaro e tondo....che nel presbisterio non ci possono essere due altari!!!! Altroche' colocare in mezzo il crocifisso!!!
RispondiEliminaIntervista esemplare.
RispondiEliminaUn richiamo, anche alla Redazione, a proposito di cose scritte in precedenza che ho letto solo ora.
RispondiElimina<span>Frasi da spirito di patata come "beatificazione del Santo Subito" sono semplicemente cafonaggini da evitare nel modo più assoluto. Punto.
Quello che verrà proclamato beato è stato un uomo di Dio che a Lui e alla Sua santissima Madre ha dato testimonianza in ogni occasione.
Certo non altrettanto fanno certuni i quali intervengono in questo blog usando espressioni da trivio con richiamo a organi genitali nonché mormorazioni e diffamazioni (lo sapete che un cristiano non dovrebbe mai fare critica negativa verso altre persone?).
Il famigerato incontro di Assisi può anche essere letto in un altro modo: come un tentativo di richiamare a una maggiore vita spirituale di fronte al modo di vita materialista che cerca di dominare il mondo moderno. Siete proprio sicuri che dei "tradizionalisti", quali voi dite di essere, non c'entrerebbero in nulla con questo discorso?
Invito tutti a maggiore serietà. Se non vi va bene, andatevi a vedere le partite di calcio, passatempo idiota ma sicuramente a voi gradito, come si evince da precedenti commenti, e in cui avrete modo di sfogare tutta la vostra "cultura".</span>
Un ritocchino qui, un ritocchino là: ecco l'ermeneutica della continuità.
RispondiEliminaE perchè dovrebbe tacere? Forse perchè dice cose che le danno l`urticaria cara(o) biancospino?
RispondiEliminaè evidente, Iginio che lei deve leggere (o rileggere) l'enciclica "Mortalium animos" di Pio XI, che aveva previsto benissimo la situazione odierna come esposta al pericolo di falsa "fraternità" tra le religioni e il conseguente indifferentismo, avallato con esempi dati da autorevoli rappresentanti della Chiesa e/o del mondo cattolico:
RispondiElimina<p><span>leggiamo nell’incipit dell’enciclica «Mortalium Animos»: «Forse in passato non è mai accaduto che il cuore delle creature umane fosse preso come oggi da un così vivo desiderio di fraternità - nel nome della stessa origine e della stessa natura - al fine di rafforzare ed allargare i rapporti nell’interesse della società umana. Infatti, quantunque le nazioni non godano ancora pienamente i doni della pace, ed anzi in talune località vecchi e nuovi rancori esplodano in sedizioni e lotte civili, né d’altra parte è possibile dirimere le numerosissime controversie che riguardano la tranquillità e la prosperità dei popoli, ove non intervengano l’azione e l’opera concorde di coloro che governano gli Stati e ne reggono e promuovono gli interessi, facilmente si comprende - tanto più che convengono ormai tutti intorno all’unità del genere umano - come siano molti coloro che bramano vedere sempre più unite tra di loro le varie nazioni, a ciò portate da questa <span>fratellanza universale.</span></span>
</p><p><span>Un obiettivo non dissimile cercano di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge, promulgata da Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale.</span>
</p><p><span>=> Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione.</span>
</p><p><span> Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. </span>
</p><p><span>=> Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano <span>passo passo verso il naturalismo e l’ateismo;</span> donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio».</span>
</p><p>------------------
</p><p>Assisi 1-2-3....-n ripetuto ugualmente, non è altro che un male presentato sotto ingannevole forma di bene (falsa fraternità): esattamente secondo il metodo di satana, ergo tentazione da respingere in toto, fin dall'inizio, come il Magistero perenne insegna, e come Cristo Signore ci ha insegnato nella sua lotta contro satana e le sue lusinghe, nel suo digiuno di 40 giorni nel deserto !
</p>
<span>è evidente, Iginio che lei deve leggere (o rileggere) l'enciclica "Mortalium animos" di Pio XI, che aveva previsto benissimo la situazione odierna come esposta al pericolo di falsa "fraternità" tra le religioni e il conseguente indifferentismo e relativismo religioso, avallato con esempi dati da autorevoli rappresentanti della Chiesa e/o del mondo cattolico:
RispondiElimina<span>leggiamo nell’incipit dell’enciclica «Mortalium Animos»:</span></span>
<span> «Forse in passato non è mai accaduto che il cuore delle creature umane fosse preso come oggi da un così </span>vivo desiderio di fraternità <span>- nel nome della stessa origine e della stessa natura - al fine di rafforzare ed allargare i rapporti nell’interesse della società umana. Infatti, quantunque le nazioni non godano ancora pienamente i </span>doni della pace,<span> ed anzi in talune località vecchi e nuovi rancori esplodano in sedizioni e lotte civili, né d’altra parte è possibile dirimere le numerosissime controversie che riguardano la tranquillità e la prosperità dei popoli, ove non intervengano l’azione e l’opera concorde di coloro che governano gli Stati e ne reggono e promuovono gli interessi, facilmente si comprende - tanto più che convengono ormai tutti intorno all’unità del genere umano - come siano molti coloro che bramano vedere sempre più unite tra di loro le varie nazioni, a ciò portate da questa <span>fratellanza universale.</span></span>
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<span>Un obiettivo non dissimile cercano di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge, promulgata da Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, s</span>embrano trarne motivo a sperare che i popoli,<span> per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale.</span>
<span>=> Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione.</span>
<span>=> Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. </span>
<span>=> Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano <span>passo passo verso il naturalismo e l’ateismo;</span> donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio».</span>
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Assisi 1-2-3....-n volte ripetuto ugualmente, non è altro che <span>un male presentato sotto [...]
Due osservazioni.
RispondiEliminaL'orientamento dell'altare. In alcune chiese antiche - ma anche a San Pietro in Roma - l'altare sembra rivolto verso il popolo. In realtà gli storici sanno bene che incerti momenti delle celebrazioni, nell'antichità, i fedeli si volgevano a Oriente, verso la porta della chiesa, dando le spalle all'altare. Quindi anche in questi casi non si ha l'altare rivolto al popolo, ma sempre e comunque ad Oriente.
Quanto alla sede del Vescovo - visto che per i sacerdoti e gli altri chierici non si può parlare propriamente di sede, al punto che le Rubriche tridentine prevedevano espressamente degli scranni - non mi pare che sia corretto richiamare l'uso orientale: la differenza tra Clero e fedeli è sempre stata marcata nella liturgia, tanto in quella romana quanto in quelle orientali. Il Vescovo, che è Pontifex, rappresenta Cristo Sacerdote, ed è come Cristo assiso in trono, in uno spazio riservato ai Sacri Ministri. La liturgia pontificale è un continuo richiamo alla visione di Daniele e dell'Apocalisse, e si è persa completamente nel rito riformato. L'antico assetto, in cui la Cattedra è in fondo all'abside, conferma questa visione cristocentrica: l'altare, la croce, il celebrante. Tutta l'attenzione converge in un unico punto, come ad esempio si può vedere in molte basiliche antiche e come era anche a San Pietro.
Chi poi crede che il rito della Messa sia un affastellarsi di riti e di cerimonie su un nucleo originale semplice e spoglio commette un errore: la forma antica della Messa è il Pontificale Romano, che è andato semplificandosi nel tempo, per adattarsi alle esigenze pratiche derivanti da un numero limitato di ministri, e dal fatto che non era più il solo Vescovo a pontificare con il proprio presbiterio.
Ottima intervista: Bux è un grande.
RispondiEliminaSì, non sbaglia....
RispondiElimina"Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor
felice, è ver, sarei, ma...".
Certo che guardando la photogallery di quella diocesi c'è poco da stare allegri, nonostante le 'danze liturgiche'! (si veda la gallery della "Messa di apertura del giubileo")
RispondiEliminaMa sta povera cattedrale com'è stata conciata!?
http://www.diocesi.re.it/diocesi_di_reggio_emilia_guastalla/multimedia/00022352_Photogallery.html
Qualcuno era alla conferenza? Può dirci com'è andata?
Oggi enfatizzare la cattedra significa solo conculcare i diritti dell'altare.
RispondiEliminaDiciamo pure che se si decidessero a cooptare Bux nell'organigramma istitutzionale della Congregazione per il Culto Divino, alcuni tentennamenti dell'Em.mo Canizares potrebbero trovare un giusto alveo.
RispondiEliminaIl porporato, sul punto, mi sembra un pò Carlo Alberto: attende. Ma cosa?
dovrebbero ficcarsi in testa, e su questo Bux non può dirlo apertamente, per motivi evidenti, che è arrivata l'ora di mettere in forma di direttive, istruzioni, norme applicative di ciò che il Papa partorisce a livello di pensiero!
Finchè non ci saranno tali norme (cogenti) poco può il pensiero illuminato del Papa, le "tirate" degli studiosi, le cnferenze dei consultori, gli articoli e quant'altro.
Tutte cose lodevoli e benmerite, s'intende, ma destinate ad essere boicottate sistematicamente da i soliti soloni modernisti che stanno a capo degli uffici diocesani e delle Congregazioni romane!
A proposito: circola voce che Frisina - prossimo Deus ex machina della beatificazione di Papa Woityla - verrà presto nominato maestro della Cappella giulia in S. Pietro.
Se questo è vero quel pò di gregoriano che il p. Pierre Paul è riuscito a reintrodurre negli ultimi anni, adrà a farsi .... benedire.
Preghiamo che si tratti soltanto di voci.
insomma ci ha dato degli idioti.........
RispondiEliminaMa ha un senso questo affannarsi a ritoccare, aggiustare, disquisire su cosa deve essere rivolto ai fedeli, cosa a Dio, cosa a oriente, ammiccare ai tradizionalisti con l'offerta di qualche parte in latino (senza peraltro mai combinare nulla), questo equilibrismo liturgico, questo cerchiobottismo tra NO e VO? Non sarebbe meglio tornare, sic et simpliciter, alla Messa di sempre? Va bene, va bene, sono un ingenuo...
RispondiEliminaSala strapiena e molta gente in piedi. Non sono mancati interventi veramente insopportabili di un paio di sacerdoti della curia diocesana, presenti a titolo personale, dei quali uno ha avuto ancora il coraggio di parlare di "spirito del concilio" e della scuola di Bologna (che evidentemente per lui conta più del magistero pontificio).
RispondiEliminaDon Enrico Mazza ha confermato la sua grande erudizione storica e la sua abilità nell'utilizzarla pro domo sua, cioè per sostenere tesi moderniste, ma un ascoltatore abbastanza attento sarebbe stato in grado di capire dalle sue stesse parole, ad esempio, quanto fosse del tutto fuori luogo paragonare, come ha fatto lui, la riforma liturgica di Paolo VI a quella della Chiesa ortodossa russa del 17° secolo. Malizioso e pericolosissimo quando ha detto che la riforma di Paolo VI non poteva che essere attuata dall'alto, per decreto, anzichè organica e graduale, a causa dell'assolutismo che la Chiesa cattolica avrebbe assimilato dai regimi politici fin dal tempo del Concilio di Trento (riporto a memoria quindi ci potrebbe essere qualche imprecisione, ma la sostanza è questa).
Il vero mattatore della serata è stato però Don Nicola, di cui conosciamo bene le tesi, che ha parlato soprattutto del problema dell'orientamento liturgico.
Il NO, che lo si voglia o no, è promulgato con atti che sono al massimo livello normativo per la Chiesa Universale e non è assolutamente pensabile la sua abrogazione. Se lo si fosse applicato con criterio fin dal primo momento e lo si applicasse rettamente - con le disposizioni di cui ho più volte disquisito con alcuni di voi amici lettori - , non rappresenterebbe affatto lo sconcio che le sue deviate applicazioni hanno mostrato il 40 anni.
RispondiEliminaOggi abbiamo l'occasione per riportarlo nel suo alveo corretto (come era stato concepito dai Padri conciliari e non come tutte le successive modifiche lo hanno sdoganato) e, possibilmente, anche apportargli adeguate correzioni, mutuate dal VO se Dio vorrà, che lo rendano ulteriormente inattaccabile dal punto di vista dottrinale, liturgico, mistagogico.
Cerchiamo di non alimentare speranze che esulano dai "ragionevoli" sogni, altrimenti finiamo (a mio modo sommesso di vedere) in "sedevacantismi" di maniera o roba del genere.
Devo proprio essere sincero: se i sigg. Vescovi dal primo momento fossero stati corretti e scrupolosi ad applicare generalmente il NO e avessero mantenuto le redini della liturgia, magari salvando il NO indultizio in luoghi eminenti delle proprie diocesi (la cattedrale, qualche santuario, una semper in qualche parrocchia più dotata di mezzi e personale!) senza compromessi piccoli o grandi o grandissimi con il modernismo montante degli anni Settanta, e poi i Dicasteri romani non avessero progressivamente aperto porte e finestre a tutto quello che propinavano liturgisti alla moda, teologi di grido e tutta quella compagnia cantante, forse anche i fedeli legati alla forma antica si sarebbero acclimatati meglio alla riforma e la contrapposizione di animi si sarebbe stemperata.
Ora la situazione è degenerata e il povero Benedetto XVI sta tentando di trovare una soluzione.
Il problema è il suo entourage curiale ........!
Caro Don Magnifico, apprezzo lo spirito del suo intevento e il suo realismo, ma rimango perplesso. Lascio ai liturgisti ogni valutazione su quanto il NO risulti "depotenziato" rispetto al VO. Il resto ne consegue. Un rispettoso ma fermo dissenso sull'accusa possibile di "sedevacantismo". E' un ricatto dialettico, volto a deligittimare anche il più prudente dissenso, che trovo francamente inaccettabile.
RispondiEliminaLungi da me voler ricattare alcuno, neppur solo dialetticamente.
RispondiEliminaBisogna guardare in faccia la realtà: essere più realisti del Re, e in questo caso - oserei dire - più papisti del Papa, alla fine non può giovare.
Certo, è giusto mantenere alta la guardia, ma idealizzare un passato che aveva i suoi lati (liturgici) meravigliosi, e al contempo anche molte macchie (lasciatevelo dire da chi ha i capelli bianchi e si ricorda), e non impegnarsi per una emendazione fattiva di quello che abbiamo, mi sembra un pò un trincerarsi nella torre d'avorio delle proprie aspirazioni, per quanto sante , e - grazie e Dio - condivise da molti, oggi usciti dalle catacombe post-conciliari grazie a Benedetto XVI.