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martedì 8 marzo 2011

Martyres Christi

di Gianfranco Amato

Il 2 marzo 2011 Clement Shahbaz Bhatti ha coronato il suo amore per Cristo con la palma del martirio. Non si tratta di un religioso, ma di un comune laico, un semplice cristiano coinvolto in quell’esperienza terrena chiamata politica. Per essere precisi, si tratta del quarantaduenne ministro cattolico per le Minoranze del Pakistan, l’unico cristiano presente nell’esecutivo di quel Paese musulmano. Un ministro che non si vergognava di riconoscere pubblicamente Gesù Cristo come il «nucleus of my life», il centro ed il significato ultimo della sua esistenza, e che amava ricordare a tutti quanto la vita non appartenga a nessuno, ma sia semplicemente data in prestito («borrowed»). Il 2 marzo 2011 quel prezioso prestito viene restituito. Si tratta, però, di una morte annunciata. Tre mesi fa, infatti, Shahbaz Bhatti aveva previsto la sua fine in un video testamento realizzato a futura memoria, e destinato a circolare solo dopo il tragico evento.
La mano assassina del fanatismo talebano, ponendo fine alla vita terrena del ministro pakistano, ha mostrato al mondo quale sia il vero significato di concetti come testimonianza e servizio, e ha costretto alla vergogna tanti politici cattolici occidentali, nella cui bocca (sazia e sicura) tali concetti rischiano di apparire verba vacua.
Il testamento spirituale di questo ultimo martire cristiano non ha bisogno di commenti, e merita di essere riportato integralmente [lo avevamo già riportato in questo blog, ma merita anche d'essere riletto]:

«Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.
Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.
Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna».
Così offrono la propria vita i Martyres Christi!
Ora Shahbaz, nella gloriosa schiera dei Santi, può contemplare da vicino (e davvero senza vergogna) il volto di quel Cristo che ha riconosciuto come centro e significato della propria esistenza.
Di fronte alla testimonianza di una sequela della croce vissuta usque ad effusionem sanguinis, tanti tiepidi cristiani, ripensando alla propria pavida fede compromissoria, farebbero bene a riflettere. O, meglio, ad arrossire.


Intervista (in italiano) al fratello del Martire

12 commenti:

  1. Ha reso testimonianza a Gesù Cristo, mettendo in pratica quelle sue parole:
    <span>"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. 
    Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna." 
    </span>
    In realtà però egli ha potuto mostrare al mondo che solamente i cristiani possiedono la chiave per la tolleranza e la vera pace, e sono in grado di donarla al mondo, attraverso Nostro Signore, VIVENDO in Lui, con Lui e per Lui:  invece NON sono capaci di vera pace le altre religioni, scaturite dal cuore umano, perverso e menzognero, incline all'egoismo e all'odio, a causa del peccato originale.
    I musulmani possono "da lontano" ammirare la tolleranza dai cristiani, vedendo la loro vita esemplare, che porta un "segno" identitario che li distingue da tutti gli altri credenti: la Croce di Redenzione, e in sè la Grazia santificante; non possono praticare la vera tolleranza in quanto musulmani, (v. muslim= sottomissione; vicino a loro la pace resta precaria e fragilissima, in balia del più forte che si impone sugli inermi...) ;  SE diventeranno cristiani, anch'essi saranno operatori di pace, quella vera di Cristo; altrimenti mai dalle false religioni nascerà la pace, ma sempre la sete di dominio e di schiacciamento dell'altro.
    I musulmani non possono concepire la fratellanza, che solo i cristiani hanno potuto apprendere e ricevere con la loro figliolanza divina acquisita mediante il Battesimo; i cristiani saranno sempre testimoni e operatori di pace IN QUANTO cristiani, non in quanto "umanitari e genericamente tolleranti", cioè livellati ad un generico senso di uguaglianza filantropica con altri credenti.

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  2. quando  un cristiano tende  la mano a un musulmano, se crede che costui possa "capire" quel gesto di fratellanza, in realtà si illude, perchè il musulmano (estremista) è pronto a tagliare quella mano, troncare quella vita di una persona che "pretende" di portare una nuuova mentalità, sconvolgendo l'ordine di cose vissuto in quella civiltà che nella sua falsa religione non ha mai immaginato che l'uomo possa diventare "figlio" di Dio e fratello con altri uomini, vivendo in pace ed armonia con loro.
    Ma per questo <span> Shahbaz Bhatti sapeva benissimo, mentre offriva la sua generosa vita di solidarietà, di poter morire  per mano di feroci intolleranti, conoscendo la mentalità di quella gente.</span>
    Per questo soltanto se i popoli di tutto il mondo diventeranno cristiani saranno in grado di vivere in pace ed armonia tra loro, essendo diventati figli di Dio Padre, fratelli uniti tra loro nell'Unigenito Figlio di Dio, Gesù, che ha comandato di evangelizzare tutti gli uomini, proprio per questo: per donare al mondo la SUA pace, non quella che il mondo si illude di creare con le sue ideologie materialiste.
    E' per questo che il card. Biffi diceva che o l'Europa (ri)diventerà cristiana, o sarà costretta a diventare islamica: dove non regna la Pace di Cristo, si può solo realizzare la sottomissione dei deboli ai più forti, come legge di natura.
    La speranza dei cristiani, dai primi secoli e per tutta la storia, è che l'esempio di questi martiri possa suscitare in tanti uomini di altre religioni il desiderio di conoscere Gesù Cristo, e ricevere il suo Battesimo di salvezza, secondo la nota espressione di Tertulliano: <span>“Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”.<span> La testimonianza del martirio è una delle caratteristiche della Chiesa da sempre. Dopo la Pentecoste, molti tra quelli che ascoltano la predicazione degli apostoli si convertono, ma inizia subito la persecuzione contro di loro. Minacciati, bastonati, incarcerati, non cessano di predicare in pubblico e in privato. Proprio così la prima comunità cristiana cresce e si rafforza. Tocca al diacono Stefano l’onore di essere coronato per primo con il martirio, e poi a tantissimi che la Chiesa ricorda, dal suo inizio, onorandoli tutti i giorni lungo i secoli della sua storia.</span></span>

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  3. Indubbiamente un'anima grande, un cristiano di altissimo profilo.

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  4. le ultime tre righe sono il degno ritratto, purtroppo, di molti cattolici occidentali

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  5. Aggiungasi che questo martire della fede unito con altri martiri uccisi di recente dovrebbero far ben riflettere il papa ed il suo entourage della realtà vivificante della Fede in Gesù Cristo, non nella realta di povera relatività umana delle altre religioni. Porre sullo stesso livello islam, cristianesimo, ebraismo, buddismo, confucianesimo, shintoismo, ritualità pagane varie, significa abiurare alla NECESSITA' PROFONDA  della Chiesa cristiana cattolica: la conversione del mondo tramite l'annuncio del Vangelo! Senza questo annuncio la chiesa non avrà l'aiuto dall'Alto e si comporterà come una qualsiasi consorteria umana che ragiona in termini politici e politicamente agisce. Assisi, se sarà fatta con questo spirito umano, sarà il collasso definitivo della fede nei cattolici semplici e porterà disastri ancor peggiori alla Chiesa ed al mondo, poichè, nonstante questi martiri evidenti non ha voluto agire proclamando con tutti i media a disposizione nel mondo, l'Annuncio unico e reale della Regalità di Cristo.   

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  6. Lui si che meriterebbe di essere proclamato Santo Subito !

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  7. Per fortuna c'è il sangue di questi martiri  che salvano la Chiesa  e riparano le nostre debolezze  e l'ingratitudine dei cristiani di occidente al Cuore di Gesù.

    Un monito per tutti i buoni  vescovi che amano essere protagonisti di dialogo e poi perseguitano gli stessi cattolici che la pensano diversamente...

    quanto disubbidienza ...i vescovi sono campioni..... la pretendono dai laici e loro verso il papa? 

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  8. <span></span>
    <span>E insieme con lui nel "martyrum candidatus exercitus" ricordiamo i monaci trappisti di Tiberine, p. Ragheed Ganni e i suoi tre subdiaconi, Basman Yousef Daud, Wahid Hanna Isho e Gassam Isam Bidawed (Mosul), don Marek Rybinski (Tunisi), don Andrea Santoro e mons. Luigi Padovese (Turchia), i martiri egiziani del Cairo ... Avere un millesimo della loro fede! Beati martiri di Cristo, pregate per noi!</span>

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  9. Nulla da aggiungere né da togliere. Grazie per questo articolo.

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  10. Shabaz Bhatti, Ragheed Ganni e i setti monaci trappisti di Tiberine: santi subito, santi subito, subito

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  11. Sappiamo che i martiri sono santi, il martirio accettato è santità, al di là del riconoscimento canonico (nel cui processo, infatti, si prescinde dai miracoli).

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  12. :( Con profondo dispiacere, ma <span>per amore di verità</span> invito tutti colore che conoscono l'inglese o sono in grado di tradurre tramite internet, a visitare questa analisi su Shabaz Bhatti, fatta tempo fa da un suo quasi omonimo:
    http://www.pakistanchristianpost.com:80/vieweditorial.php?editorialid=75

    Ora tutti lo piangono, giustamente essendo una figura simbolo dei cristiani pakistani, purtroppo con molte ombre sulla sua vita.

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