«Oppidum est in montibus nostris, in quo multi ex variis locis ad diem festum convenerant. Erat enim celebritas S. Stephani. Religiosus quidam habiturus erat de more sermonem ad populum. Cum hora esset diei tarda, sacerdotes autem esurirent, vererenturque longitudinem sermonis, ascendenti suggestum Religioso unus et item alter, ut paucis loqueretur, in aurem hortati sunt. Ille se exorari facile passus, ac praelocutus quaedam prout consueverat: 'Fratres mei,' inquit, 'anno praeterito, cum hoc in loco vobis astantibus, verba facerem de sanctitate vitae et miraculis hujus Sancti nostri, nihil praetermisi eorum quae de illo vel audivi, vel in Sacris Libris scripta reperiuntur, quae omnia vos credo memoria tenere. Postmodum vero eum nihil novi fecisse intellexi, signo ergo crucis facto, dicite Confiteor et reliqua quae sequuntur.' Et ita abiit.»
Si tratta del numero 38 delle Facetiae di Poggio Bracciolini (1380-1459), che porta il titolo “De Religioso qui sermonem succinctissimum habuit”, cioè – per adoperare la traduzione anonima apparsa in un volume (Roma, 1884) dell’editore Angelo Sommaruga – “Di un frate che fece assai breve sermone”:
[In un borgo delle nostre campagne, molti erano e da molte parti convenuti alla festa, ed era quella di Santo Stefano. Un frate doveva, com'era di costumanza, fare il sermone al pubblico; l'ora era tarda, i preti avean fame, e quando il frate salì sul pergamo, un prete, quindi un altro, lo pregarono all'orecchio, di parlare assai brevemente. Ed egli si lasciò facilmente persuadere. Dopo il breve esordio d'uso: «Fratelli miei», disse, «l'anno passato da questo stesso luogo, allo stesso uditorio, parlai della santità della vita e dei miracoli di questo Santo nostro, e nulla omisi di quelle cose che io udii narrare di lui, o che si trovano scritte ne' sacri libri; e credo che voi ne conserverete memoria. Ma dopo, poiché non ho udito dire che egli abbia fatto nulla di nuovo, fatto il segno della croce, recitate il Confiteor e le preci che seguono». E, ciò detto, discese.]
Bracciolini è fra gli esponenti più conosciuti dellUumanesimo italiano ed europeo. Uomo di fiducia di diversi papi (e antipapi), ebbe un ruolo non secondario all’epoca del grande scisma d’occidente (concilio di Costanza, 1414).
Scrisse (in latino: visse più di un secolo dopo Dante, ma non volle mai “abbassarsi” all’uso del volgare) decine di opere quasi tutte giustamente dimenticate, saccheggiò a man salva le biblioteche dei monasteri di mezza Europa alla ricerca di manoscritti del mondo classico; trovò e sottrasse codici preziosissimi e si guardò bene dal diffonderli per amor di cultura: se ne assicurò invece il monopolio e curò decine di copie (piuttosto raffazzonate, fra l’altro) divenendo rapidamente assai ricco.
Un furbacchione senza scrupoli, insomma; ma le storie letterarie ufficiali continuano ad esaltare il suo ruolo di umanista intento a liberare la rinata cultura pagana dalle “incrostazioni” medievali (cioè, cristiane).
L’unica operina sua che non faccia morir di noia è appunto una raccolta di 272 brevi racconti detti “facetiae”. Lo stile è – chiaramente – frettoloso e buttato un po’ via. Ma è interessante avere un’idea del tipo di barzellette che andavano per la maggiore negli strati “colti” degli intellettuali di sei secoli fa. Ne abbiamo riportato un esempio solo per un motivo: dall’ultima riga veniamo a sapere: primo, che dopo il sermone veniva celebrata la Messa; secondo, che fra le preghiere d’apertura c’era, fin da allora, il Confiteor.
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Anche il Poliziano (Angelo Ambrogini, di Montepulciano – “Mons Politianus”, di qui lo pseudonimo – 1454-1494) raccolse le sue facezie, pubblicate postume a metà Cinquecento col titolo Detti piacevoli: si tratta di 413 brevissimi componimenti in lingua italiana, ancora più sciatti di quelli del Bracciolini. Alcuni sembrano addirittura niente più che un rapido appunto con funzione di promemoria e risultano, dunque, di difficile interpretazione. Ecco qui di seguito il numero 55 della raccolta:
«Ser Piero Lotti s'havea recato a noia uno che, quando egli diceva messa, sempre innanzi a lui soleva dire: Per omnia secula seculorum (sic). Hora havendo Ser Piero un tratto a dire: Per omnia secula seculorum, e sentendo colui che, per essere innanzi a lui, lo diceva forte, mutato proposito disse: Dominus vobiscum, e a quel tale: Ve’, che non ti apponesti.»
[Don Piero Lotti era stufo e irritato per un certo individuo che aveva l’abitudine, ogni volta che lui diceva Messa, di anticiparlo dicendo forte, un attimo prima di lui: “Per omnia saecula saeculorum”. Una volta, dovendo don Piero dire per l’appunto “Per omnia saecula saeculorum”, sentì quel tale che – prevenendolo, come sempre – pronunciò ad alta voce quelle parole; allora decise sul momento di cambiare, declamò: “Dominum vobiscum” e subito dopo, rivolto a quel rompiscatole: “Hai visto? Stavolta non l’hai indovinata”.]
«Ser Piero Lotti s'havea recato a noia uno che, quando egli diceva messa, sempre innanzi a lui soleva dire: Per omnia secula seculorum (sic). Hora havendo Ser Piero un tratto a dire: Per omnia secula seculorum, e sentendo colui che, per essere innanzi a lui, lo diceva forte, mutato proposito disse: Dominus vobiscum, e a quel tale: Ve’, che non ti apponesti.»
[Don Piero Lotti era stufo e irritato per un certo individuo che aveva l’abitudine, ogni volta che lui diceva Messa, di anticiparlo dicendo forte, un attimo prima di lui: “Per omnia saecula saeculorum”. Una volta, dovendo don Piero dire per l’appunto “Per omnia saecula saeculorum”, sentì quel tale che – prevenendolo, come sempre – pronunciò ad alta voce quelle parole; allora decise sul momento di cambiare, declamò: “Dominum vobiscum” e subito dopo, rivolto a quel rompiscatole: “Hai visto? Stavolta non l’hai indovinata”.]
Poliziano è normalmente considerato il più grande poeta italiano del Quattrocento; a me sembra un giudizio errato (preferisco di gran lunga, fra gli altri, almeno Matteo Maria Boiardo). Certo, non si può negare l’eleganza e la musicalità della sua produzione in versi; ma il servilismo e l’adulazione con cui si rapporta al suo committente Lorenzo de’ Medici bastano a renderne la figura decisamente sgradevole, anche a non voler considerare certe porcherie da omosessuale accentuatamente e dichiaratamente pedofilo.
Le due facezie sono, come si vede, assai scipite: sciocche e per di più povere di stile. Ma le ripropongo con soddisfazione, rinvenendo in esse, un secolo circa prima del Concilio Tridentino, elementi sia pur minuscoli del rito sacrificale che – con buona ragione e alla faccia dei nostri fratelli filoBuAn – continuiamo a chiamare “la Messa di sempre”.
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[L’edizione integrale delle Facetiae di Poggio Bracciolini è liberamente scaricabile dal sito liberliber. Per i Detti piacevoli del Poliziano, ci si può rivolgere al sito http://www.mori.bz.it/humorpage/poliziano.htm]
Giuseppe
A quando uno sguardo agli echi nel cinema?
RispondiEliminaMagari me ne posso occupare io?!?
Li attendiamo con vero piacere, caro cinefilo. Un lettore tempo fa ci aveva mandato una bellissima recensione che... abbiamo perso (shame on us). Anzi, se fosse possibile recuperarla...
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