La nomina di di Brian
Burch come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede rappresenta un
punto di svolta nelle relazioni tra Washington e il Vaticano. Annunciata dal
presidente eletto Donald Trump il 19 dicembre, questa decisione segna una
brusca discontinuità rispetto al passato. Burch, noto per il suo ruolo di
presidente di
CatholicVote e le sue critiche aperte a Papa Francesco, è
stato definito dalla
stampa locale “un agitatore, l’opposto di un diplomatico”.
La sua nomina evidenzia la volontà di Trump di instaurare rapporti con la Santa
Sede basati su una linea conservatrice in netto contrasto con le posizioni di
Papa Francesco.
Ma chi è Brian Burch? Presidente della Seton Montessori School e Fondatore di
CatholicVote, Burch ha sostenuto con forza tesi che pongono un forte accento su
temi conservatori, come il rafforzamento delle celebrazioni in latino, le
battaglie pro-vita, la critica alle unioni omosessuali e la denuncia alle
associazioni cattoliche progressiste di favorire l’immigrazione attraverso
finanziamenti pubblici. Definendo la decisione del pontefice di benedire le unioni omosessuali una fonte di “confusione”
per la Chiesa. Una linea decisamente
inconciliabile – per non dire di rottura – con quella di Papa Francesco. La
nomina di Burch come ambasciatore sembra, dunque, un’esplicita dichiarazione di
sfida a un pontificato considerato per molti – anche non conservatori –
problematico.
L’FBI spiava i cattolici conservatori. Uno degli aspetti più controversi che
coinvolgono Brian Burch è la sua denuncia di presunti abusi di potere da parte
dell’FBI nei confronti dei cattolici legati alla tradizione. Nel 2023,
CatholicVote intentò una causa contro l’agenzia e il Dipartimento di Giustizia,
accusandoli di spiare comunità cattoliche legate alla Messa in latino. Burch
denunciò che il governo federale – allora a guida Biden – avrebbe etichettato
alcuni fedeli come potenziali “radicali”, sollevando preoccupazioni sull’uso
improprio della Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act,
l’organismo di vigilanza sull’Intelligence (vedi la cronologia delle interpellanze). Un attacco, questo nei confronti dei cattolici del rito antico,
definito dalla stessa opinione pubblica americana come un segnale inquietante
di ostilità verso i valori religiosi e alla libertà di culto in generale.
United
States vs Santa Sede. Le
tensioni tra Brian Burch e Papa Francesco non si limitano alle questioni
pastorali. Burch ha criticato il Pontefice per il suo approccio globalista e
per la gestione di temi come l’immigrazione, il cambiamento climatico e
l’economia. Ha accusato il Vaticano di aver adottato un’agenda progressista,
eterodossa e che si allontana dalla dottrina tradizionale, sottolineando che
molte delle politiche promosse dal Papa generano divisioni piuttosto che unità.
Una per tutte, la connivenza tra chiesa cattolica e immigrazioni clandestine. Secondo
Burch, “i cattolici americani meritano
di conoscere la piena portata del ruolo del governo degli Stati Uniti nel
finanziamento e nel coordinamento con le agenzie affiliate alla chiesa
cattolica alla frontiera, e quale ruolo queste agenzie hanno avuto nell’ondata
record di immigrati clandestini dell’ultimo anno” (Fonte: National Catholic
Reporter).
Un conflitto diplomatico senza precedenti? Donald Trump è un uomo navigato e la scelta
di Brian Burch è sicuramente anche una mossa strategica per consolidare il
consenso tra i cattolici conservatori. Trump ha lodato – e premiato con questo
incarico – Burch per aver raccolto il più alto numero di voti cattolici mai
ottenuto da un candidato presidenziale, definendolo “un devoto cattolico” e un
rappresentante delle tradizioni cristiane (Truth Social). Una nomina che tuttavia
solleva seri interrogativi sul futuro delle relazioni diplomatiche tra Stati
Uniti e Vaticano. Steven Millies, docente di teologia politica e alumnus della Loyola University di
Chicago, ha avvertito che “si prospetta un periodo difficile” per questi
rapporti, suggerendo che la diplomazia potrebbe essere compromessa da visioni
ideologiche inconciliabili.
Insomma, si
prospetta uno scenario paradossale, un banco di prova per le future relazioni
tra due leader che, pur condividendo una matrice cattolica, sono ad oggi più
distanti che mai. Con un governo americano intransigente su quei “valori non
negoziabili” più dello stesso Papa, le tensioni potrebbero sfociare in un
conflitto diplomatico senza precedenti, ridefinendo il ruolo del Vaticano non
solo nei confronti degli Stati Uniti, ma in un contesto più globale. E con la
diplomazia, anche la storica generosità di questo Paese nei confronti delle
necessità economiche del Santo Padre.
Roberto M.