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sabato 5 ottobre 2024

Tranne il rito tradizionale, oggi tutto è permesso nella Chiesa… compresi scherzi e scandali

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1111 pubblicata da Paix Liturgique il 3 ottobre, in cui si ritorna alla vexata quaestio: ogni sorta di abuso – anche invalidante – è diffuso e spesso tollerato nel rito moderno, ma io Santo Sacrificio offerto nel rito tradizionale rimane osteggiato.
Tutto pare permesso, insomma, tutto tranne le Sante Messe celebrate nel «rito di sempre» della Chiesa cattolica.

L.V.


Tranne il rito tradizionale, ho detto più volte, oggi nella Chiesa tutto è permesso nella liturgia. La nuova liturgia è aperta a ogni tipo di «interpretazione». Molti sacerdoti la vedono come una celebrazione secolare: basta guardare come questo sacerdote italiano tratta la santità del sacramento del matrimonio (QUI) [si tratta di don Bruno Maggioni, Parroco di Margno: N.d.T.].

La liturgia come farsa. Ma c’è qualcosa di più grave quando la sostanza dei sacramenti, la materia (il pane e il vino dell’Eucaristia, l’acqua del battesimo) e la forma («Io ti battezzo…», «Questo è il mio Corpo») viene minata da questa interpretazione personale del celebrante che il nuovo rito richiede. Infatti, come sottolinea don Hervé Mercury nel libro La Liturgie sacrificielle. Du rite rénové par Jean XXIII au Novus Ordo Missae de Paul VI, che sarà pubblicato dalla casa editrice Éditions du Cerf, è nella natura del nuovo rito dipendere dall’investimento personale del celebrante. Don Hervé Mercury lo ha sottolineato a proposito della buona interpretazione che un celebrante serio era portato a dare per dimostrare che la Messa è un sacrificio, ma lo stesso vale per l’interpretazione ordinaria, che può molto facilmente viziare un rito permeabile e debole.

Vi ho parlato della scandalosa celebrazione di un battesimo di adulti da parte di mons. Juan Carlos Londoño, Vescovo ausiliare di Québec (QUI): il sacramento che strappa l’anima al peccato originale viene trasformato in una kermesse. Il Vescovo si è spinto a inserire le proprie divertite riflessioni in mezzo alle sacre parole della forma sacramentale data da Cristo: vi battezzo nel nome del Padre – «state bene?» – e del Figlio – «manca lo Spirito Santo» – e dello Spirito Santo.

Ahimè, c’è dell’altro nella manomissione delle parole sacramentali. Per questo il Dicastero per la Dottrina della fede, nonostante la sua mancanza di scrupoli, ha pubblicato il 2 febbraio di quest’anno la nota Gestis verbisque sulla validità dei sacramenti [QUI: N.d.T.], ricordando che le parole e gli elementi stabiliti nel rito essenziale di ogni sacramento non possono essere alterati, il che invaliderebbe il sacramento.

Ad esempio, in una Diocesi del nord della Francia, come si vede in un video, un sacerdote, con un asciugamano sulle spalle, battezza una bambina con abbondante acqua con le parole «Apolline, dans la foi de l’Église, je te baptise, le Père, le Fils et le Saint-Esprit. Amen» [Apolline, nella fede della Chiesa, io ti battezzo, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Amen: N.d.T.]. Poi ha sollevato la battezzata tra gli applausi, cosa che è diventata un «rito» comune nei battesimi.

Enfasi aggiunta: il sacerdote ha tagliato la forma sacramentale di «… nel nome di…». Ho chiesto in giro per sapere cosa ne pensassero gli autori del passato, che nei loro manuali elencano, con la loro fantasia, una serie di casi di modifiche alla forma. È risultato che questa particolare trasformazione era a loro sconosciuta. Hanno potuto solo dirmi che Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, rifacendosi a San Tommaso d’Aquino, affermava che sarebbe stata certamente invalida la forma «Vi battezzo nei nomi [in nominibus] del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», una forma che avrebbe sostituito «nel nome» al singolare con «nei nomi» al plurale: non avrebbe spiegato l’unità dell’azione divina nella Trinità delle Persone. Il nostro Parroco non ha questa delicatezza: omette semplicemente «nel nome di». E la validità? Il Vescovo farebbe bene a far ripetere il battesimo di Apolline, e forse anche tutti gli altri eseguiti da questo bravo sacerdote, a determinate condizioni.

Ma c’è qualcosa di ancora più grave. La lettera sull’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica della Congregazione per la Dottrina della fede, datata 19 giugno 1995, indirizzata a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali [QUI: N.d.T.] e la lettera circolare circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica del 24 luglio 2003 [QUI: N.d.T.] hanno permesso ai sacerdoti che non potevano più bere vino (per esempio, i sacerdoti che un tempo erano alcolisti e si erano disintossicati) di consacrare il mustum, il succo d’uva, al posto del vino. Questo era permesso dalle Congregazioni romane in casi eccezionali in cui il vino finito non era disponibile. Ma il succo d’uva che si trova oggi sul mercato è pastorizzato per prevenire radicalmente la fermentazione. È, oserei dire, frutto castrato della vite.

È così che l’abbé Pierre [don Henri Antoine Grouès: N.d.T.] festeggiava con i suoi compagni del Mouvement Emmaüs, ai quali era vietato bere bevande alcoliche. È così che celebrano alcuni sacerdoti o vicari parrocchiali (conosco due casi, ma ce ne sono senza dubbio altri: nel primo, il permesso è stato concesso prima dell’ordinazione a un sacerdote che non poteva sopportare di bere una goccia di vino; nel secondo, non conosco il motivo del permesso, ma so che anche gli altri sacerdoti della Parrocchia, che non hanno chiesto alcun permesso, usano il succo d’uva come il loro confratello). I fedeli partecipano al Santo Sacrificio della Messa? Lo speriamo vivamente.

E per noi, il ripristino delle Sante Messe celebrate secondo il rito immutabile della Chiesa ci sarà concesso almeno come briciola di questa libertà che permette tutto e potrebbe benissimo permettere quello che si è sempre fatto?

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