Pagine

lunedì 22 aprile 2024

Il caso di madre Marie Ferréol: quando il Vaticano cerca di intimidire la giustizia bretone

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1027 pubblicata da Paix Liturgique il 19 aprile, in cusi continua l’analisi della vicenda di madre Marie Ferréol, la suora domenicana del Santo Spirito ingiustamente e violentemente esclaustrata dall’Institut des Dominicaines du Saint-Esprit (ne abbiamo già scritto QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI su MiL).
Per le gravissime violazioni compiute, il Tribunale di Lorient ha condannato – oltre alla Congregazione – il il card. Marc Armand Ouellet P.S.S., al tempo dei fatti Prefetto della Congregazione per i Vescovi, il quale ha gestito l’intera operazione apparentemente senza alcun necessario mandato pontificio, ed i visitatori apostolici don Jean-Charles Nault O.S.B., Abate di Saint-Wandrille, e madre Maylis Desjobert O.Cist., Badessa di Sainte-Marie de Boulaur.
Il presente articolo si sofferma, in particolare, sull’imbarazzante contenuto della Nota Verbale trasmessa dalla Segreteria di Stato all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e sulle reazioni pubblicate sulla stampa francese.

L.V.


Evidentemente il Vaticano non ha più storici. Non avrebbero mancato di ricordare al card. Marc Armand Ouellet P.S.S., al suo amico e a papa Francesco l’esistenza della guerra della Lega di Cambrai, una lotta molto intricata all’inizio del XVI secolo (1508-1516) in cui gli eserciti di Francia e Bretagna – allora legati alla Francia da un’unione personale – si opposero ai numerosi alleati di Papa Giulio II, inizialmente alleato della Francia prima di rivoltarsi contro di essa nel 1510, e poi vincitore con l’aiuto della Repubblica di Venezia, che il Papa aveva minacciato e che aveva scelto la parte francese.

Fu così che il Vaticano, privo di senso della storia e quindi di ogni prudenza, fece inaspettatamente un enorme regalo alla causa di madre Marie Ferréol trasmettendo, tramite la Segreteria di Stato, una «Nota Verbale all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede» scritta in italiano e francese da Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede [QUI: N.d.T.].

Secondo il Vaticano, il card. Marc Armand Ouellet P.S.S. non ha ricevuto nulla: non importa!

La nota inizia con le parole:

- la Santa Sede ha appreso solo dalla stampa della presunta decisione del Tribunale di Lorient, in Francia, circa un contenzioso civile riguardante le dimissioni da un Istituto religioso della Sig.ra Sabine de la Valette (già Suor Marie Ferréol);

Subito dopo si afferma che

- Sua Em.za il Cardinale Marc Ouellet non ha mai ricevuto alcun atto di citazione dal Tribunale di Lorient;

il che significa, di passaggio, che il direttore della Sala Stampa della Santa Sede – o il card. Marc. Armand Ouellet P.S.S., che pare abbia impugnato la penna – non ha capito la sentenza, che spiega in sostanza che il fatto che il Cardinale abbia o meno ricevuto l’atto di citazione non ha alcuna importanza, una volta che siano stati compiuti un certo numero di passi e sia stato rispettato il termine di sei mesi – con una nuova udienza.

A pagina 4 della suddetta sentenza – proprio all’inizio delle motivazioni – la sentenza illustra i passi compiuti per comunicare, secondo la normativa europea, la citazione all’«entità centrale italiana presso la Corte d’Appello di Roma», e i «solleciti inviati dal Commissario per la Giustizia con le e-mail del 29 novembre 2023, del 30 novembre 2023 e del 5 gennaio 2024 […] all’entità centrale italiana», nonché la decisione di tenere una nuova udienza all’inizio di marzo, sei mesi dopo le discussioni dello scorso autunno.

Poi,

applicando l’articolo 688 del Codice di procedura civile e l’articolo 19 del Regolamento CE 1393/2007 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, la Corte ritiene di essere in grado di pronunciarsi validamente nei confronti del sig. Marc Ouellet, come delle altre parti. Marc Ouellet, come per gli altri convenuti, poiché sono trascorsi sei mesi dalla data di invio dell’atto di citazione e non è stato possibile ottenere alcun certificato dall’ente destinatario, nonostante tutti gli approcci effettuati presso tale ente. Non vi sono motivi per sospendere il procedimento. Ai sensi dell’articolo 473, comma 2, del Codice di procedura civile, se questa decisione è soggetta a impugnazione, la sentenza sarà considerata contraddittoria.

In altre parole, se uno degli imputati, che si trova in un altro Paese dell’Unione Europea, risulta morto – o se le autorità giudiziarie del suo Paese, per disposizione o negligenza, ostacolano la trasmissione dei documenti – la giustizia sarà comunque servita. Spetta all’imputato presentare ricorso – regole di buon senso che sono chiaramente ignorate dal Vaticano, se ha capito la sentenza (!).

«Il vostro Cardinale sembra farsi beffe della giustizia francese»

Mentre la condanna del card. Marc Armand Ouellet P.S.S. ha ricevuto solo una moderata copertura da parte dei media canadesi, la nota del Vaticano in sua difesa non è passata affatto inosservata – il Cardinale è stato anche coinvolto da diverse vittime per aggressioni sessuali, e il fatto che abbia portato la prima che ha testimoniato nei media in Tribunale per chiedere i danni, nel dicembre 2022, ha suscitato un clamore. Da allora, la donna si è fatta avanti e il suo coraggio ha portato altre vittime a testimoniare contro il card. Marc Armand Ouellet P.S.S.

A proposito di questa nota, il media in lingua francese Présence Info sottolinea:

Va anche ricordato che il card. Marc Armando Ouellet P.S.S. non ha partecipato alle udienze di questo Tribunale e che non ha nominato degli avvocati che lo rappresentino. «Il vostro Cardinale sembra farsi beffe della giustizia francese», ha dichiarato a Présence Info l’avv. Adeline le Gouvello de la Porte all’indomani della prima udienza.

Un atteggiamento che solleva interrogativi in Canada: ignorerà anche le udienze in cui le sue vittime testimonieranno? Oppure, come nella prima udienza, chiederà 100.000 dollari di danni a ciascuna di loro tramite i suoi avvocati?

Il car. Marc Armand Ouellet P.S.S. ha un mandato, ma non è (ancora) stato esibito

La nota afferma di sfuggita che la visita apostolica del cardinale Ouellet alla Comunità delle Suore Domenicane dello Spirito Santo è avvenuta

- il Cardinale Marc Ouellet ha effettivamente condotto una visita apostolica all’Istituto delle Dominicane dello Spirito Santo (Dominicaines du Saint Esprit), in ottemperanza ad un mandato pontificio; a conclusione di tale visita, sono state adottate una serie di misure canoniche a carico della Sig.ra Sabine de la Valette, compresa la sua dimissione dall’Istituto religioso;

si aggiunge.

Tuttavia, ancora una volta il Vaticano – o papa Francesco – non produce nulla, e se non ci sono prove, questo mandato è considerato inesistente. Come ricorda la sentenza del Tribunale di Lorient,

nel diritto canonico come nel diritto civile, chi afferma di essere delegato deve provare la sua delega.

È quindi scritto nero su bianco che il mandato deve essere prodotto, e finché non lo è, non esiste.

Il Vaticano – dove papa Francesco non smette mai di parlare a favore della democrazia e contro il clericalismo – sta dando un bell’esempio di clericalismo e autoritarismo: dal momento che c’è un mandato, dice in sostanza la Nota Verbale, tutti sono coperti, tranne madre Marie Ferréol, e il suo danno – come la decisione del Tribunale di Lorient sui danni che le devono essere pagati – viene nascosto sotto il tappeto. Questo dimostra o una grande ingenuità o un’assoluta ignoranza della giustizia francese.

Un «attacco alla libertà religiosa» o un attacco alla capacità del card. Marc Armand Ouellet P.S.S. di fare qualcosa?

La nota si conclude come segue:

- un’eventuale sentenza del Tribunale di Lorient potrebbe sollevare non soltanto questioni rilevanti che riguardano l’immunità, ma qualora si fosse pronunciata in merito alla disciplina interna e all’appartenenza ad un istituto religioso, potrebbe aver dato luogo a una grave violazione dei diritti fondamentali alla libertà religiosa e alla libertà di associazione dei fedeli cattolici.

Wow!

Una posizione che il giurista e accademico François Sureau sfata tranquillamente sul quotidiano Le Monde – sulle cui colonne ha scritto una lettera aperta a papa Francesco sugli errori della procedura canonica contro madre Marie Ferréol, dopo il suo licenziamento nel 2021:

Il Tribunale di Lorient ritiene che l’appartenenza a un ordine non esoneri i capi religiosi dagli obblighi ordinari del diritto civile. È il minimo che si possa fare, ed è quello che la Chiesa sostiene in generale. Ma in questo caso ci si chiede perché.

E continua: 

Non si vede come una condanna civile – peraltro appellabile – di una persona che ha agito male possa costituire una violazione della libertà di coscienza: ciò significherebbe che la gerarchia di un’associazione di diritto liberamente costituita potrebbe violare i diritti individuali dei suoi membri senza che i tribunali civili possano impedirlo. Il Vaticano è sulla strada del separatismo? Questa posizione di difesa di una sorta di «sharia romana» superiore è insostenibile.

Propone che la Francia utilizzi i canali diplomatici per

sottolineare che i cittadini francesi, indipendentemente dal loro status religioso o meno, hanno diritto alla tutela dei loro diritti e possono rivendicarli davanti ai tribunali del loro Paese. Credo sia particolarmente importante che il governo ribadisca il suo impegno a rispettare la legge civile.

Una “gaffe” vaticana che riflette il panico a bordo

Come ha detto François Sureau al quotidiano Le Monde, questa Nota Verbale del Vaticano è

sorprendente. È il culmine di una lunga cascata di dilettantismo sbagliato che sarebbe comico se non fosse per il destino di una persona. Ricordo che il caso riguarda la dimissione di una suora per motivi canonicamente discutibili, per usare un eufemismo, senza che sia stata rispettata alcuna formalità, in particolare per quanto riguarda le regole elementari del contraddittorio e dell’appello.

Ariane Chemin ha chiesto a François Sureau per il quotidiano Le Monde se la Nota Verbale fosse un tentativo di intimidire la magistratura francese: «Sarebbe estremamente ingenuo», ha risposto. «Non credo che i giudici si lascino intimidire da quella che sembra una manifestazione di panico».

Soprattutto da parte di una Chiesa non più (realmente) ecclesiastica:

Penso che i giudici d’appello vedranno questo soprattutto come la conferma di una regola abbastanza generale secondo la quale una burocrazia non esce mai dalle righe; e come fedele cattolico, sono ovviamente turbato dall’evidenza che lo Spirito non guida questa burocrazia più delle altre – ma lo sapevamo.

Come risposta della Francia, propone di

trattare questa Nota Verbale come una gaffe, e lo è. L’altra [proposta] è di ricordare alla Santa Sede che è buona educazione leggere le sentenze prima di lanciare anatemi.

La nota, descritta come «poco accogliente e condiscendente», ha anche «lasciato la giornalista Bernadette Sauvaget stupefatta», in quanto ha ricordato al quotidiano Libération che «qualunque cosa dica il Vaticano, la giustizia francese ha difeso i diritti di un cittadino». In breve, il testo del Vaticano sembra lontano dal raggiungere i suoi obiettivi di intimidire i tribunali e minimizzare la vicenda sui media.

Come ha spiegato il giornalista Jean-Marie Guénois sul quotidiano Le Figaro, «il Vaticano ha riconosciuto sabato che il modo in cui suor Marie Ferréol era stata esclusa dalla sua comunità era discutibile, ma che l’esito del processo non era accettabile né nella forma né nella sostanza» – ma l’ufficio stampa della Santa Sede e coloro che hanno redatto il comunicato stampa hanno scelto il modo peggiore per dirlo.

La sentenza non sostituisce la giustizia canonica, ma difende i diritti civili

Un lettore di Le Forum Catholique riassume la sentenza in modo da renderla comprensibile al maggior numero possibile di persone – anche in Vaticano.

Nel merito:

Il giudice ha ricordato la legge:
  1. anche il diritto canonico deve basarsi su forme tangibili e opponibili. Una decisione di tale gravità deve essere debitamente motivata e supportata da fatti. Per quanto possibile, deve essere oggetto di un dibattito tra le parti. E chi decide deve avere un mandato per farlo: meglio se per iscritto!;
  2. in assenza di una seria documentazione, la decisione di rinvio appare arbitraria e priva di serie motivazioni;
  3. ci sono conseguenze negative per il ricorrente? Sì: danno alla reputazione, difficoltà a trovare lavoro, perdita di reddito ecc.
Come conseguenza di questa duplice lesione dei diritti e dello stile di vita del ricorrente, i decisori (che – in assenza di un chiaro mandato – non sono né la Santa Chiesa né la Santa Sede, ma persone fisiche e giuridiche private) sono i pagatori.

Per quanto riguarda il dovere di aiuto della Congregazione:

Inoltre, la Congregazione è responsabile delle condizioni di vita delle sue suore. Dal momento in cui, dopo una lunga vita di fedeltà e constatando la mancanza di mezzi di sussistenza, è normale risarcire le sfortunate.

Eppure è semplice. Ma né papa Francesco né il card. Marc Armand Ouellet P.S.S. sembrano aver capito, essendosi sbagliati (almeno) una volta. E così perseverano…

Appendice - Colonna d’opinione di François Sureau sul quotidiano Le Monde, 23 giugno 2021: «Il diritto canonico è stato trasformato in uno straccio di carta»

Una suora agli arresti domiciliari in condizioni discutibili è stata espulsa dalla sua comunità dopo avervi vissuto per più di trent’anni, a seguito di una revoca autoritaria dei suoi voti, in altre parole un annullamento della sua intera esistenza nel senso in cui l’aveva liberamente data. I fatti sono stati riportati con precisione dal quotidiano Le Monde e non li ripeterò.
La vicenda della suora di Pontcallec non è un «affare di donne» più di quanto non lo fosse l’affaire Finaly, che vide Maurice Garçon e François Mauriac scontrarsi nel dopoguerra sulla sorte degli orfani ebrei accolti e battezzati da una famiglia cattolica durante l’occupazione. In entrambi i casi sono sorte e continuano a sorgere questioni importanti.
Quando si parla di madre Marie Ferréol, la mente meno informata si trova di fronte a una serie di problemi essenziali: lo status della donna nella Chiesa cattolica, il rispetto dei diritti umani da parte delle istituzioni di questa stessa Chiesa e infine le sue credenziali morali. O si crede nella vocazione dichiarata di questa istituzione, e non si prenderanno mai alla leggera le sue procedure o il comportamento di coloro che le attuano; oppure non si crede, e il caso Pontcallec offre una nuova occasione per accusarla di ipocrisia e impostura.
Per molto tempo, e comunque in modo molto esplicito a partire dal Concilio Vaticano II, la Chiesa ha affermato di portare un messaggio universale valido per tutta l’umanità e in gran parte basato sulla difesa dei diritti umani. Cosa resta di questo se ignora le esigenze più elementari quando si tratta del destino di coloro che, attraverso la Chiesa, hanno dedicato la loro vita a questo messaggio?

Il principio del contraddittorio non è stato rispettato

Anche se siete filosoficamente o religiosamente estranei al cristianesimo, potete essere ancora sensibili alla sua compassione per i perseguitati. Lo saremo ancora se questa Chiesa tollera la persecuzione al suo interno, anche se meno grave di quella che denuncia in tutto il mondo?
In questo caso, la persecuzione non riguarda in primo luogo la severità del provvedimento finale, ma la sua natura palesemente abusiva, dovuta al semplice fatto che il principio del contraddittorio, a cui tutti i sistemi giuridici civili si attengono, non è stato semplicemente rispettato. Ciò è tanto più sorprendente se si considera che nulla di serio, nessun imperativo trascendente, impediva che fosse altrimenti.
A questa donna non è stata mai data la possibilità di conoscere il suo caso, di presentare la sua difesa, di contestare utilmente i provvedimenti presi nei suoi confronti. Queste regole elementari, che ogni amministrazione in Europa rispetta nei confronti dei propri dipendenti, non sono state applicate.
E questo è il nocciolo della questione. Non possiamo accettare facilmente che il «diritto di Dio», attuato da una burocrazia che, come ogni burocrazia, è tentata per natura di abusare della grandezza che ne giustifica l’esistenza, sia esercitato in modo così radicale e oscuro, nella misura in cui il messaggio evangelico si basa proprio sul valore preminente del comportamento inverso. 
Se lo spirito prevale sulla legge e l’amore sulla regola, è difficile capire come le cose possano essere diverse proprio all’interno dell’istituzione che pretende di enunciare queste idee liberatorie. Riuscite a immaginare il maestro divino che condanna senza sapere, o addirittura senza mettere in discussione?
Questo è il motivo per cui le più grandi regole monastiche, anche quando riservano l’obbedienza, permettono il necessario dialogo. Le Costituzioni della Compagnia di Gesù, scritte in gran parte da Sant’Ignazio di Loyola, sono permeate da un leitmotiv che potrebbe essere riassunto come segue: «Faremo secondo la regola, a meno che la salvezza delle anime o la gloria di Dio non ci impongano di fare diversamente».

La dispensa dei voti richiede una causa seria

Ciò è tanto più necessario in quanto il caso di questa suora è tutt’altro che scontato. Basta una conoscenza elementare del diritto canonico per rendersi conto che una dispensa autoritaria dei voti non può essere applicata senza una causa seria, cioè in pratica al di fuori di situazioni di apostasia pubblica o di vita notoriamente scandalosa, dopo una serie di rimostranze e la richiesta di spiegazioni alle persone interessate.
Non c’è nulla di tutto questo. Si potrebbe anche dire che il diritto canonico è stato trasformato in uno straccio, in barba, tra l’altro, alle ripetute parole delle massime autorità della Chiesa. Così San Giovanni Paolo II, seguendo le orme dei suoi predecessori, ha affermato che il diritto non è un corpo estraneo dedito unicamente alla tutela di interessi temporali, ma che è «connaturale alla vita della Chiesa».
Solo recentemente, il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, si è espresso in termini identici, riferendosi a questo proposito al processo di Gesù Cristo. Ora, anche un’osservazione sommaria del modo in cui si è svolta la procedura di ex-claustrazione forzata di questa suora rivela una serie di disattenzioni, approssimazioni e illegalità che farebbero vergognare qualsiasi tribunale amministrativo francese o qualsiasi commissione disciplinare della pubblica amministrazione, che almeno non pretendono di parlare, urbi et orbi, del bene universale.
Quando ero bambino, alle scuole medie, dovevamo scrivere i nostri temi su grandi fogli di carta con le lettere AMDG, ad maiorem Dei gloriam, che significa «per la maggior gloria di Dio». In età avanzata, un «semplice laico della Chiesa di Francia», per usare la perifrasi dello scrittore Clive Staples Lewis, ricorda con una certa nostalgia l’invito che ci veniva rivolto a cercare l’importante anche nell’accidentale. Ma non vede cosa ci guadagna la gloria di Dio, da Pontcallec a Roma, da una così penosa combinazione di ordinaria stupidità e insensibilità.

Ripercorrendo l’intera procedura canonica

Il modo piuttosto deplorevole in cui è stato trattato questo caso, senza nemmeno una decisione nel merito, ha messo in luce difetti di vario tipo. In primo luogo, la mancanza di serietà; in secondo luogo, la mancanza di buon senso; in terzo luogo, il palese disadattamento di un corpus incompleto di regole antiche ai principi più elementari. In ultima analisi, queste questioni rientrano nell’ambito del contenzioso amministrativo, dove la comunicazione delle doglianze, il diritto di scegliere il proprio avvocato, i tempi ragionevoli per la decisione dei tribunali e l’indicazione dei mezzi di ricorso dovrebbero essere evidenti.
È chiaramente inaccettabile che il diritto positivo della Chiesa sia così indietro rispetto agli elementi più importanti della legge naturale, di cui ricorda costantemente e giustamente al mondo l’importanza. Non c’è alcuna giustificazione trascendente per questo, anzi è vero l’esatto contrario se ci riferiamo alla dottrina che difende. Anche in questo caso, è in gioco la sua credibilità, così come in circostanze più gravi sulle quali non mi soffermerò.
In questo senso, l’intera procedura canonica deve essere rivista o, in campo amministrativo, creata. Ma nel frattempo, una soluzione semplicemente umana di questa questione dissiperebbe un sospetto che, ahimè, è fin troppo diffuso: che la questione sarebbe stata gestita diversamente se si fosse trattato di un uomo, e più in alto nella gerarchia; che la noncuranza amministrativa dimostrata per i diritti dell’individuo sembra ancora troppo spesso destinata, per un curioso scherzo del destino, a prevenire uno «scandalo pubblico», mentre in realtà ne è la causa. Mi sembra che papa Francesco non abbia mai smesso di ricordarcelo. Per questo spero che legga questo articolo e decida cosa è opportuno fare, seguendo le orme di Ignazio, che non vedeva colpa peggiore di quella di essere un ostacolo alla salvezza delle anime.

François Sureau è avvocato e scrittore, membro dell’Académie française.

2 commenti:

  1. Ma la Santa Sede non è membro dell’Unione Europea e quindi le procedure di notifica della citazione sono diverse. Il Tribunale francese non lo sapeva???

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ci arrampichiamo sugli specchi! Cosa ha fatto questa suora per meritarsi tutto questo accanimento? Perché non le è stato contestato apertamente nulla e invece è stata cacciata senza una motivazione certa e palese? Era un suo diritto! Perché con Rupnik o altri prelati ci si è mossi in maniera del tutto differente? Ha ragione l'avvocato: non è la prima volta che con suore o monache ci si permette di usare metodi inqualificabili. Ricordo le clarisse di Ravello o le benedettine di Pienza.

      Elimina