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sabato 21 dicembre 2024

Lo strano messaggio musicale di “Dio si è fatto come noi”

Grazie al Maestro Aurelio Porfiri per queste riflessioni sugli orrori della musica liturgica di oggi.
Luigi C.

10-12-24

Tra i canti che oramai sono da annoverare tra i classici degli ultimi decenni c’è Dio si è fatto come noi di Marcello Giombini. Il canto è stato composto nel 1967. Anzi, l’organista Paolo Bottini ci dice nel suo blog (liturgiaetmusica.blogspot.com) che fu eseguito per la prima volta il 28 dicembre 1967 in occasione del ventiduesimo Convegno Universitario di Assisi.
Il canto fu inciso in un LP dal titolo Messa Alleluia (per voci, organo, chitarre elettriche e percussioni) e, come fa sempre notare Bottini, la versione originale era ben più scatenata di quella che ascoltiamo adesso nelle nostre chiese.
Editore di questo disco era la Pro Civitate Christiana, un’opera dell’apostolato di don Giovanni Rossi (1887-1975). Un articolo di Gianluca Della Maggiore (Dizionario Biografico degli Italiani) così contestualizza l’importanza di don Giovanni Rossi e della sua opera:
“Nominato perito del Concilio nel 1962, Rossi fece di Rocca una delle riviste più attive nel dibattito nazionale e di Assisi un luogo di confronto avanzato sulle prospettive aperte dall’aggiornamento giovanneo. In tale contesto si colloca anche il rapporto tra Rossi e Pier Paolo Pasolini, che nel 1962 trovò alla cittadella l’ispirazione per Il Vangelo secondo Matteo, che, non senza polemiche nel mondo cattolico, fu girato con la consulenza della Pro civitate christiana. Gli ultimi anni di Rossi si caratterizzarono per la ripresa di un rapporto con la Compagnia di S. Paolo (fu nominato presidente onorario nel 1974), ma anche per le tensioni postconciliari che afflissero la Pro civitate christiana. Alle accuse di una parte del mondo cattolico che la cittadella si stesse trasformando in un luogo di legittimazione della contestazione ecclesiale, si assommarono i travagli dell’associazione alle prese con una complessa riforma dei suoi statuti che aggiornasse l’impostazione laicale della comunità adeguandola al nuovo clima del Concilio”.

Quindi, come è comprensibile, un disco del genere fu pubblicato nell’ambito di un contesto cattolico molto votato ad un certo aperturismo teologico e dottrinale.

Ma è anche molto interessante riflettere sull’autore del testo, Gino Stefani (1929-2019), che sarà un illustre musicologo e semiologo e una delle figure più influenti del cattolicesimo postconciliare. In un suo articolo pubblicato sulla Rivista di Pastorale Liturgica nel 1969 affermava:

“L’esperienza della 'musica sacra', una mezz'ora alla settimana, metteva in pace a buon mercato, con un po' di emozione estetica, la coscienza del buono e del cattivo borghese. Palestrina e il gregoriano non agitano le bandiere dell'impegno. Viceversa la musica leggera in chiesa, portando nella religione il mondo di tutti i giorni, mette in crisi la dicotomia ufficiale: se il sacro e il profano si confondono, allora il sacro può essere dove uno meno se l'aspetta, allora il mondo della religione può entrare nel mondo degli affari, allora Dio forse si è davvero incarnato in questo nostro mondo. Allora la delega del nostro impegno personale con Lui ad atti e oggetti sacri non è più possibile”.

Sono affermazioni abbastanza chiare di una certa visione della musica nella liturgia che si pone in qualche modo in tono polemico con la tradizione precedente.

Parlando di una sua elaborazione di questo canto, Francesco Meneghello fa delle osservazioni interessanti (new.psallite.net):

“L’elaborazione del noto “Dio si è fatto come noi” di Marcello Giombini, è in realtà un piccolo divertimento musicale nato dall’esigenza di dare una rinfrescata a un best seller nazional-popolare utilizzato nella triade insieme all’ “Adeste fideles” e a “Tu scendi dalla stelle” come jolly per le assemblee natalizie ad alto tasso di partecipanti “occasionali”, magari meno presenti nella vita della comunità, ma ugualmente desiderosi di accostarsi al mistero della Nascita di Cristo. Il testo è immediato, facilmente memorizzabile e probabilmente questi aspetti hanno determinato la permanenza nel tempo nei repertori parrocchiali. Rimangono ovviamente qua e là le soluzioni ritmiche poco felici nel rapporto testo-musica (ìnsieme a questo pane; sàremo tutti amici; védremo la sua gloria...), ma tant’è, si sente anche di peggio e, tra l’altro, in composizioni ben più recenti e paludate”.

In effetti concordo sul fatto che dal punto di vista musicale è tra quelli meno peggio, se si considera che c’è di molto peggio in giro (e sull’autore della musica dirò qualcosa in più magari in un altro articolo); inoltre è abbastanza accessibile per una assemblea liturgica media.

Ma il testo di questo canto, mi ha causato qualche riflessione e più di una volta.