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sabato 15 novembre 2025

Guzzo\La Verità.«Messainlatino.it» sconfigge Google: «Nessun articolo discriminatorio

Il colosso del Web censurò il sito perché aveva osato contestare il diaconato femminile.
Grazie a Giuliano Guzzo e a La Verità.
"Si chiude così una vicenda che però resta grave. «Oggi è capitato a noi, domani capiterà a chiunque», commenta Casalini con La Verità, osservando: «Noi abbiamo avuto 130 articoli di sostegno e due interpellanze al Parlamento europeo e a quello italiano. Ma chi non ha questi aiuti o è meno famoso? Occorre diffondere e pubblicizzare la nostra disavventura per evitare che accada ad altri»".
Luigi C.

La Verità, 14 Nov 2025,  GIULIANO GUZZO

«Oggi è capitato a noi, domani capiterà a chiunque». È un commento sollevato, sì, ma fino a un certo punto, quello che Luigi Casalini, direttore del sito Messainlatino.it, condivide con La Verità a proposito della vicenda che ha riguardato il suo portale e il suo oscuramento, cui è poi seguita una battaglia legale infine vinta.
Ma andiamo con ordine ripercorrendo la vicenda dall’inizio. Che è stato lo scorso mese di luglio, quando Messainlatino.it - esistente fin dal 2007 e divenuto un riferimento per il mondo cattolico conservatore, con oltre 1 milioni di visite mensili e oltre 22.000 post editi - è stato chiuso da Google, essendo il sito creato sulla piattaforma Blogger, di proprietà del gigante della Rete.
Il motivo dell’oscuramento, parso da subito una censura, era non meglio precisata «violazione» delle politiche di «hate speech» previste dal colosso di Internet e che lo stesso aveva comunicato attraverso una scarna email. Ebbene, come già raccontava La Verità la scorsa estate, Casalini ei suoi si erano subito attivati con delle contromisure, ricorrendo alle vie legali, con una richiesta urgente «di pronto ristabilimento di accesso al sito», pena la valutazione di iniziative di tutela, «nonché la richiesta risarcitoria commisurata alla durata dell’impedimento».

Dinnanzi a tale ricorso, Google Ireland limited - la branca europea della multinazionale del Web - aveva reagito in due modi: da una parte aveva riattivato spontaneamente il blog, facendo così implicitamente capire quanto deboli fossero le proprie ragioni, dall’altra aveva difeso le stesse con ben cinque avvocati milanesi, che avevano chiesto il rigetto del ricorso e la condanna alle spese in favore di Google. In questa seconda fase della vicenda, è finalmente emersa anche la ragione della presunta «violazione» delle politiche di «hate speech»: un’intervista, riportata da Messainlatino.it, di monsignor Joseph Edward Strickland, vescovo texano che si diceva contro l’ammissione delle donne all’ordinazione al diaconato, posizione che per Google equivale a sostenere che donne debbano pensare solo a procreare.

Ora, va detto che Strickland è noto per le sue posizioni tradizionaliste, in particolare per essere un paladino della messa in rito antico e per essere assai critico verso il cammino sinodale della Chiesa. Tanto che novembre 2023 papa Francesco lo aveva sollevato dal governo pastorale della diocesi di Tyler. Tutto ciò però nulla c’entrava e c’entra con la contestazione mossa a Messainlatino.it, né con una contrarietà all’ammissione delle donne all’ordinazione al diaconato, contrarietà che non c’entra nulla con presunti obblighi procreativi e incardinata in millenni di tradizione; prova ne sia che perfino Jorge Mario Bergoglio aveva manifestato perplessità parlando, nell’ottobre 2024, di «tempi non maturi» per il diaconato femminile.

Contattato dalla Verità, Casalini si è detto sorpreso da che cosa Google avesse considerato discriminatorio: «La motivazione ci è parsa surreale, e anche al giudice del processo». In effetti - e veniamo all’epilogo della vicenda - la giudice investita dal procedimento, la dottoressa Maria

Teresa De Sanctis, da un lato ha ripercorso le gravi violazioni operate da Google contro le norme europee che garantiscono l’accesso ai servizi digitali, dall’altro ha dichiarato l’inconsistenza delle motivazioni addotte per oscurare il blog e, perciò, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso; così Google è stata condannata a pagare le spese processuali per circa 7.000 euro. Il post cui Google si era attaccata è stato definito dalla De Sanctis «una mera espressione del pensiero, senza alcuna espressione denigratoria, sprezzante o fuori misura».

Si chiude così una vicenda che però resta grave. «Oggi è capitato a noi, domani capiterà a chiunque», commenta Casalini con La Verità, osservando: «Noi abbiamo avuto 130 articoli di sostegno e due interpellanze al Parlamento europeo e a quello italiano. Ma chi non ha questi aiuti o è meno famoso? Occorre diffondere e pubblicizzare la nostra disavventura per evitare che accada ad altri».