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giovedì 31 luglio 2025

È ufficiale secondo il card. Grech: ci sarà l'Assemblea sinodale mondiale del 2028

Grazie a Luis Badilla per questa approfondita analisi sul Sinodo "continuo", che finirà nel 2028.
La Chiesa, nella situazione odierna, si può permettere di restare paralizzata nei dibattitti sulla “sinodalità”?
Speriamo bene...
The Catholic Thing – Don Gerald Murray (canonista della diocesi di NY): Il processo sinodale pieno di gergo: “Quando mai la Chiesa ha insegnato che le dottrine cattoliche sono «polarità» che rivelano «tensioni» da superare raggiungendo un «equilibrio»? Questo è puro hegelismo. Primo passo: la tesi incontra l'antitesi, dando luogo a una sintesi; secondo passo: ripetere il primo passo, ad infinitum. In questo schema, la Chiesa non insegna la verità dogmatica, ma piuttosto riflette su diversi approcci che devono essere bilanciati l'uno con l'altro.(…) Entrambe le parti in una “situazione di polarità” devono essere soddisfatte di una sorta di “diversità riconciliata”. La permanenza della verità è scomparsa, è subentrato il ‘dinamismo’ che ridefinisce le “categorie ecclesiologiche”. (...) La Chiesa non ha bisogno di essere riconfigurata in un perpetuo gruppo di discussione sinodale guidato da funzionari vaticani, che coinvolge vescovi e non vescovi selezionati, in cui le tensioni (che sorgono naturalmente quando idee eretiche vengono presentate come versioni nuove e migliorate della fede cattolica) devono essere appianate perché la sinodalità esige la falsa nozione di “diversità riconciliata”. (…)Se si cercano precedenti storici, lo studio dell'anglicanesimo fornirà spunti interessanti sulle paludi e gli scogli verso cui si sta dirigendo l'attuale traiettoria”.
Luigi C.

È ufficiale secondo il card. Grech: ci sarà l'Assemblea sinodale mondiale del 2028 sulla sinodalità. Dunque non c’è spazio per un Sinodo ordinario (sarebbe stato il primo di Papa Leone).

Per ora però il Pontefice non ha affrontato apertamente la questione sulla chiusura definitiva del XVI Sinodo dei Vescovi dedicato alla sinodalità dal 2021.

Prima Parte

Il Sinodo discuso e infinito

 

Il fitto e curioso calendario dei prossimi semestri fino a ottobre 2028. Intanto saranno pubblicati altri documenti sulla sinodalità cominciando da quello di pochi giorni fa: “Tracce per la valutazione”.  Il cardinale maltese Mario Grech, in nome di Papa Leone XIV, annuncia e conferma che il Sinodo sulla sinodalità iniziato nel 2021 continua in marcia fino al mese di ottobre 2028 quando si farà l'Assemblea Ecclesiale mondiale; assemblea che ancora non si sa bene cosa sarà dal punto di vista del diritto nella Chiesa.

Questo annuncio è una sorpresa piuttosto inattesa anche perché nel 2028 si sarebbe dovuta convocare, come generalmente si fa ogni tre anni, un’Assemblea ordinaria a seguito della chiusura del XVI Sinodo dei Vescovi svoltosi in due Sessioni (2024-2025).

Domande scontate.

          Lunedì 7 luglio scorso, il Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, il porporato Mario Grech, con una sua Nota ha annunciato la pubblicazione di un altro documento ufficiale - "Tracce per la fase attuativa del Sinodo” - che va a sommarsi alla biblioteca di testi sulla sinodalità dove ci sono già gli Instrumentum Laboris, il Documento Finale, oltre a omelie, discorsi, Note e Dichiarazioni di Papa Francesco e dei vertici della Segreteria del Sinodo, e tantissimi altri testi meno rilevanti ai quali da qui al 2028 se ne aggiungeranno dei nuovi.

Dunque, a differenza di altri Sinodi, questo sulla sinodalità ha una fase attuativa mai vista precedentemente. Non era accaduto nemmeno con lo storico Concilio Ecumenico Vaticano II.

          Secondo il card. Grech, il Papa sarebbe a conoscenza di tutto e quanto pubblicato negli ultimi mesi sull’Assemblea sinodale mondiale sarebbe stato approvato da Leone XIV anche se la convocazione porta la firma di Papa Francesco (15 marzo 2025).

Se così fosse vuol dire che il Pontefice ha rinunciato alla realizzazione di un Sinodo ordinario per dare così spazio temporale a un altro raduno episcopale mondiale sempre sulla sinodalità. Si spera che l’Assemblea ecclesiale del 2028 non finisca anticipando un altro nuovo incontro sulla sinodalità e che, in qualche modo, metta fine a queste discussioni diventate ormai un tormentone. Resta anche un’altra domanda importante: alla fine dell’ottobre 2028 quale sarà il documento conclusivo di questo lungo periodo sinodale iniziato nel 2021 e svoltosi in due Sessione?

Sarà quello finale del 2025 (al quale si riferiscono le Tracce di valutazione pubblicate lo scorso 7 luglio) oppure quello che dovrebbe essere scritto nel 2028 al termine dell’Assemblea ecclesiale planetaria?

Una premessa necessaria e tanti dubbi.

          Il Sinodo sulla sinodalità, com’è noto, dopo due Sessioni (2024-2025) è terminato, è finito, è stato chiuso solennemente da Papa Bergoglio poche settimane prima di morire. Lo dice il senso comune, i testi legislativi, e lo ribadì diverse volte Papa Francesco nell’ottobre dell’anno scorso. Il testo dell’Assemblea episcopale si chiama “Documento finale”. Eppure in Vaticano ci sono persone della nomenklatura, e non poche, che in ogni istante e con diverse mosse, premono perché il Sinodo più lungo della storia (2021-2025) continui ancora fino al 2028. Al riguardo non manca la fantasia.

E cioè, le sedute sinodali che per anni hanno trattato il “tema” più inafferrabile, più fumoso e meno tangibile fra le questioni affrontate in 29 Assemblee episcopali (16 ordinarie, 4 straordinarie e 9 speciali) continueranno ancora sotto forme differenti. La Chiesa è chiamata dal card. Grech, che garantisce il sostegno del Santo Padre, Leone XIV, a vivere sospesa altri quasi tre anni in attesa di un nuovo documento dirimente?

Si può dire, anche se irritante, che questo modo di andare avanti è poco tranquillizzante? Se non si danno delle buonissime ragioni questa modo di fare introdurrà inquietudine e forse divisioni.

Questa verbosità sulla sinodalità è logorante.

          Ormai sono centinaia le pagine di documenti che si occupano della sinodalità per dire le stesse cose, ripetere gli stessi concetti, tormentare con le stesse frasi fatte e a volte accrescere le tante banalità già scritte. Non era mai accaduta una cosa simile, che ora, alcuni presentano come il cuore del pontificato di Francesco sulla scia del documento di “Aparecida” (Brasile, Celam, 2007). Tra l’altro in quella conferenza degli episcopati dell’America Latina la parola sinodalità non venne manco pronunciata e non si trova in nessun testo dell’evento. Mettere in rapporto queste due questioni tramite l’espressione sinodalità, come ha fatto il card. Christophe Pierre per esempio, non corrisponde al vero. E nei documenti conciliare la parola è presente una sola una volta con riferimento alla collegialità (episcopale).

Basta dare uno sguardo ai titoli di centinaia di pubblicazioni irrilevanti dove questa “sinodalità” è tutto e il contrario di tutto e al medesimo tempo resta indefinita. Basta dare un’occhiata per così dire alle decine e decine di esperti che ne parlano per dire ciò che è già nei Vangeli o che sono insegnamenti di Cristo tramandati da generazione in generazione. Ciò che dicono questi cervelli in Tv conta di più dello stesso che si legge nelle Sacre Scritture da millenni? L’evangelizzazione annuncia e spiega la Parola di Dio e non deve inventare parole, slogans o acrobazie verbali.

Tutto ormai ci porta a credere che nella Segreteria del Sinodo c’è chi pensa che il Popolo di Dio sia un agglomerato di incapaci o idioti non in grado di distinguere la sostanza dalla manipolazione e che lo si deve portare alle discussioni inutili, alle polarizzazioni odiose, alle dispute verbali o a fare cose che si dimenticano prestissimo come, per fare esempi concreti immediati, è accaduto con Sinodi recenti.

Dalla Segreteria generale del Sinodo, ora, dicendo però che lo vuole Papa Leone XIV (- seppure il Pontefice non abbia mai affrontato pubblicamente queste iniziative sino ad oggi -) vengono richieste al Popolo di Dio per i prossimi 5 semestri specifiche assemblee [di valutazione] diocesane, nazionali e continentali per arrivare alla grande Assemblea ecclesiale mondiale nel 2028 che però non sarà un Sinodo.

E cosa sarà? Quale la sua autorità? E cosa sarà allora? In quale testo legislativo si codifica questa istanza? Chi ne farà parte, a quale titolo, scelto come e da chi? Come si procederà nei lavori?

Lo stesso cardinale Grech in una intervista a rilasciata a Vatican News pone interroganti e non offre risposte. (Vatican News, 15 marzo 2025). Il porporato maltese Segretario generale del Sinodo, che riconobbe a Vatican News che si tratta di un’istanza da strutturare bene dal punto di vista giuridico, nelle lunghe pagine della Presentazione del documento “Tracce per la fase attuativa del Sinodo” spiega:

“Le presenti Tracce, predisposte dalla Segreteria Generale del Sinodo con il parere favorevole del suo Consiglio Ordinario e approvate dal Santo Padre Leone XIV, si collocano nel quadro del servizio di accompagnamento della fase attuativa del Sinodo da parte della Segreteria Generale stessa.

Esse hanno un duplice scopo. Da una parte, intendono offrire alle Chiese locali di tutto il mondo un quadro di riferimento condiviso che renda più agevole camminare insieme. Dall’altra, promuovono il dialogo che condurrà la Chiesa tutta all’Assemblea ecclesiale di ottobre 2028, secondo le seguenti tappe, già comunicate nella Lettera del 15 marzo scorso:

• giugno 2025 – dicembre 2026: percorsi di attuazione nelle Chiese locali e nei loro raggruppamenti;

• primo semestre 2027: Assemblee di valutazione nelle Diocesi ed Eparchie;

• secondo semestre 2027: Assemblee di valutazione nelle Conferenze episcopali nazionali e internazionali, nelle Strutture gerarchiche orientali e in altri raggruppamenti di Chiese;

• primo quadrimestre 2028: Assemblee continentali di valutazione;

• ottobre 2028: Assemblea ecclesiale in Vaticano.

Il testo delle Tracce, a cui ne seguiranno altri in base alle esigenze che si manifesteranno, disegna un profilo della fase attuativa, dando risposta ad alcune domande fondamentali che nei mesi scorsi sono state spesso rivolte alla Segreteria”. (Testo completo del documento)

 

La Chiesa, nella situazione odierna, si può permettere

di restare paralizzata nei dibattitti sulla “sinodalità”?

Con tutte le sue polemiche, buone intuizioni e giusti orientamenti, ma anche con le sue insufficienze, banalità e opacità dopo due Sessioni, il Sinodo sulla sinodalità tanto voluto da Papa Francesco si è chiuso alla fine d’ottobre del 2024. Vale la pena ribadire questo fatto poiché in Vaticano molti pensano che con il nuovo Papa si va avanti come se niente fosse.

Ormai sono troppi coloro che pensano di poter parlare per conto del Santo Padre approfittando del fatto che governa da pochi mesi. Lui, nonostante due o tre occasioni possibili, non ha voluto parlare specificamente su questo tema. Non ha pronunciato una sola parola su tutto quanto anticipa il card. Grech fino al 2028.

Non mettiamo in dubbio nulla, ma su questa materia l’unica voce autorevole è quella del Pontefice. Sarà interessante conoscere dal diretto magistero del Papa cosa si farà d’ora in poi su questa materia.

          Si può, anzi si deve andare avanti nello studio e analisi e anche nell’applicazione delle cose concrete e reali - condivisibili e condivise -  di questo Sinodo finito, come già è successo con tanti altri del passato, ma ora, nel 2025, con l’inizio di un nuovo pontificato, occorre dare ascolto ad altre priorità, alcune vere emergenze, come la questione della pedofilia o dell’analfabetismo religioso di buona parte del Popolo di Dio, oppure sui termini aggiornati del dialogo della Chiesa con il mondo odierno, molto diverso da quello di dodici anni fa e anche di un solo anno fa.

          Lo si sente dire ovunque nella Chiesa anche se poi c’è anche ipocrisia: il tormentone di questa sinodalità ha finito per esaurire ogni voglia di ascolto anche perché, basta ricordare la stampa di questi ultimi anni, c’è parecchia cartapesta e poca sostanza in questo lunghissimo percorso apertosi nel 2021.

L’accidia

Il Sinodo sulla sinodalità ha registrato un’ulteriore apatia in una gigantesca quantità di cattolici nel mondo, una sorta di accidia massiva che, va detto onestamente, dimostra un totale disinteresse per queste Assemblee episcopali che comunicano malissimo con il mondo. Anzi, non comunicano. Ecco perché da oltre un decennio i Sinodi sono un ring dove ciascuno, cominciando dal vertice vaticano, si presenta con i guantoni. Al tempo stesso chi può, perché ha potere di controllo, fa di tutto per manipolare il percorso, il dibattito, la stampa e le conclusioni.

Se si volesse controllare lo svolgimento delle fasi diocesane e nazionali precedenti al raduno universale in Vaticano del 2028 si scoprirebbero molte gravi insufficienze sul reale coinvolgimento dei fedeli nell’intero processo. Il Sinodo episcopale della Chiesa Cattolica è in crisi e questa comincia nelle diocesi come si è visto in numerosi diocesi nel caso del raduno sulla sinodalità.

Gradualmente lo scopo, la natura e la prospettiva che il Concilio Vaticano II delineò per queste Assemblee episcopali mondiali e che Papa Paolo VI disegnò nel suo Motu proprio «Apostolica sollicitudo» (1965), in sessant’anni si sono diluiti e a volte snaturati. Il Sinodo dei Vescovi è troppo importante per la vita della Chiesa per lasciarlo perire perché ormai si accetta, con rassegnazione, che si tratta di un qualcosa della casta ecclesiastica, irrilevante e spesso sconosciuto. 

I Sinodi, diocesani e quello della Chiesa universale in Vaticano, sono diventati dei congressi di partito dove il documento finale è scritto quasi tutto prima dell’apertura dell’evento o dove le narrazioni verso l’esterno - il mondo mediatico – sono un insieme di parole decise dal vertice, staccate della realtà vera della Chiesa tutta, dalla gerarchia al Popolo di Dio. Da tempo non c’è autenticità nei Sinodi e quindi la verità si dispensa e calibra a piacere.

Gli ultimi Sinodi si sono evidenziati, a conti fatti, miniere di parole, anzi catene montuose di parole e in molti casi dispensate per fare proprio il contrario di quanto si è scritto prima sulla carta, a volte senza neanche centrare il bersaglio. Va ricordato che nel caso della “sinodalità”, nei moltissimi documenti preliminari e finali, e ora post-finali, alla parola “sinodalità” sono stati dati oltre 20 significati differenti.

I più diffusi e ripetuti sono Partecipazione, Ascolto e Comunione. Negli ultimi mesi al posto della Comunione è subentrata la parola Missione. Dunque, da PAC siamo passati a PAM. Ci sono però altre variazioni sul tema. Dipende da chi parla.

Quattro anni per dire ciò che il cattolicesimo annuncia da due millenni. Ora ce ne vogliono altri quattro per continuare con il tormentone della sinodalità. Alla fine otto anni! (2021- 2028). Sembra incredibile eppure è vero. Se almeno si volesse approfondire il rapporto tra sinodalità e collegialità sarebbe stimolante. Però purtroppo non è così. Si continua con uno schema che spesso lascia l’impressione di persone, quelle della Segreteria sinodale, che vogliono prolungare forzatamente qualcosa che ha esaurito ogni sua spinta.

La II° Assemblea sinodale in Italia (marzo-aprile scorso), rinviata alla chetichella per ottobre prossimo, senza votare le Proposizioni, è stata il classico inciampo di sempre, e cioè parole che quando vengono prese sul serio, per applicarle veramente mettono in crisi la struttura ecclesiale e la sua gerarchia. In Italia, una parte della chiesa, ha preso molto sul serio l’appello di Francesco: le parole sono importanti e ciò ha fatto crollare uno stile e un modo di fare della gerarchia. E’ successo e sta succedendo in altre diocesi del mondo.

Secondo il cardinale Grech questo inciampo è positivo, è sinodale, è ascolto. Lo dice al SIR lo scorso 26 maggio: «Per me l’ultima assemblea della Chiesa in Italia è stata un’esperienza molto positiva. Mi dispiace che alcuni non l’hanno letta bene. Non è un fallimento. Anzi, è una prova di come deve funzionare una Chiesa sinodale. I vescovi sono arrivati con un documento, hanno di nuovo ascoltato il popolo di Dio e hanno detto, allora, ritorniamo per riscrivere il documento. Frutto dell’ascolto. Questo è il cammino sinodale per me. L’esperienza ultima del Sinodo della Chiesa italiana può essere anche un esempio di come andrà avanti una Chiesa sinodale».

Le cose però non stanno così. Anche il porporato maltese inciampa, e come! Se i vescovi sono arrivati con un documento da votare e alla fine lo hanno ritirato vuol dire che avevano scritto cose inaccettabili che se sottoposte a votazione sarebbero state bocciate. Quindi i vescovi si sono visti obbligati a fare marcia indietro. E perché? Perché hanno voluto far votare un testo diverso alle cose discusse e decise durante l’assemblea.

Anni fa, a partire da un certo momento questi processi sinodali erano eterodiretti dalla Segreteria di Stato. Lo disse, come severa denuncvia, due volte Papa Francesco nel corso di queste due sessioni sinodali 2024-2025. Raccontò di un suo rifiuto, quando era già cardinale, a ricevere ordini di fare diversamente di quanto deciso dai padri sinodali.

Ma i Sinodi voluti da Papa Francesco continuarono a fare lo stesso, anzi peggio perché fatto in modo maldestro. Questi Sinodi più recenti sono stati eterodiretti dalla burocrazia della Segreteria generale dell’organismo, che da essere un team di coordinamento diventò una robusta burocrazia, quasi una “Segreteria generale della Chiesa”. Tra l’altro, questa espressione virgolettata, un vero orrore, è apparsa in alcuni comunicati stampa ufficiali della prima sessione del Sinodo sulla sinodalità.

Un promemoria.

Suor Nathalie Becquart, sottosegretaria della Segreteria Generale del Sinodo, citando il teologo Ormond Rush, ha detto recentemente: “La sinodalità è il Concilio Vaticano II in sintesi”. Sarebbe stato interessante

 se avesse ricordato anche alcuni passaggi rilevanti.

Il Sinodo dei Vescovi è stato istituito come un'autorevolissima “istituzione ecclesiastica centrale” della Chiesa. Paolo VI stabilì i fini generali e speciali del Sinodo dei Vescovi con queste parole:

a) favorire una stretta unione e collaborazione fra il Sommo Pontefice ed i Vescovi di tutto il mondo;

b) procurare una informazione diretta ed esatta circa i problemi e le situazioni che riguardano la vita interna della Chiesa e l'azione che essa deve condurre nel mondo attuale;

c) rendere più facile l'accordo delle opinioni almeno circa i punti essenziali della dottrina e circa il modo d'agire nella vita della Chiesa.

I fini speciali ed immediati sono:

a) scambiarsi le opportune notizie;

b) esprimere il proprio parere circa gli affari, per i quali il Sinodo volta per volta viene convocato.

(Motu proprio di s. Paolo VI – 1965)

Note.

-         Questo stesso documento, Motu proprio di Paolo VI, da molto tempo manca nel sito del Sinodo, Il link precisa: Error 404 – la pagina non si trova).

-         Episcopalis communio (Motu proprio di Papa Francesco con il quale che riformò il Sinodo nel 2018).

 

Sinodalità: come Leone “interpreterà l’eredità di Francesco?”

Papa Leone XIV, come i suoi predecessori, ha l’autorità totale e assoluta per fare e decidere come meglio pensa per il bene della Chiesa. Il suo pensiero sulla continuazione del Sinodo sulla sinodalità non è ancora conosciuto. Per ora la Segreteria di questo organismo assicura tramite il card. Grech e la religiosa Becquart, sottosegretaria, che si andrà avanti fino al 2028.

          A questo punto non c’è altro che aspettare la voce ultima e definitiva. Aspettiamo di sapere dal Santo Padre stesso che cosa si farà, come e perché.

Allora sarà possibile vedere un primo fondamentale tassello del possibile percorso della Chiesa di Papa Leone XIV. Il Pontefice in questi oltre due mesi ha fatto capire, con parole e gesti, come si propone guidare la Chiesa di Cristo senza enfatizzare o polarizzare, con mitezza e metodo.

Gli eventi sulla sinodalità, lo sa bene Papa Leone XIV, hanno segnato anche negativamente il corpo ecclesiale e non solo positivamente.

La questione è centrale per il nuovo pontificato.

La rivista “Il Regno” tratta la questione con queste parole che ci sembra sagge e opportune: “In particolare si è in attesa di capire come papa Leone XIV interpreta l’eredità di Francesco sulla sinodalità: non certo tornando indietro su questo grande processo, come qua e là si è potuto comprendere dai suoi primi interventi; casomai con quali sottolineature e attenzioni. Probabilmente vi sarà da parte sua una maggiore attenzione alla collegialità (episcopale).”

Sede vacante

         Durante la Sede vacante, nelle Congregazioni generali, fra cardinali elettori e non, il Sinodo sulla sinodalità (ormai concluso da cinque mesi dopo due Sessioni in quattro anni) è stato un argomento di dibattito. Le conclusioni e le applicazioni di questi raduni episcopali sono apparsi subito, a tutti, come una grossa e delicata sfida per colui che doveva essere eletto nuovo Vescovo di Roma.

Fra i cardinali presenti nelle Congregazioni generali pre-Conclave almeno cinquanta sono stati membri di questo discusso Sinodo sulla sinodalità e hanno conosciuto direttamente il bene ma anche il male di questo raduno episcopale. Lo hanno vissuto dall’interno, spesso censurandosi severamente.

Gli altri porporati hanno avuto dunque un informazione di ottima qualità sullo sviluppo delle due Sessioni. La questione è stato oggetto di discussioni e analisi, di critiche e di consensi, e perciò Papa Leone XIV, anche lui membro del Sinodo, con un ruolo rilevante, oggi è in possesso di una panoramica piuttosto esclusiva dell'intera vicenda sulla sinodalità che ha egemonizzato la vita della Chiesa per quattro-cinque anni. Il percorso, con la pretesa di arrivare al 2028, è conosciuto. Sono conosciuti anche i bilanci parziali dalla fine dell'ottobre 2024. Un'opinione seria e corposa esiste già tra gli episcopati.

         Non siamo dell'idea che il card. Grech abbia detto cose false attribuendo al Papa una condivisione totale del documento del marzo 2025 che convoca all'Assemblea ecclesiale mondiale del 2028. Ma, sinceramente, appare difficile che il Pontefice abbia approvato un cammino sinodale post-sinodale, dal 2025 al 2028, rinunciando incluso al XVII Sinodo ordinario (2027) per quale sembra avere le idee chiare.

         Per ora si conferma una impressione già evidenziata con l'insensata lettera della Segreteria del Sinodo in cui, settimane fa, queste autorità hanno voluto fare un promemoria al neo Pontefice. Forse qualcuno sta tirando troppo la corda. Cose così accadono sono accadute in passato.

 

Seconda Parte

Il Documento Finale del Sinodo è magistero ordinario?

 

Il Documento Finale del Sinodo è magistero ordinario? Per la verità, la "Nota di accompagnamento" al Documento Finale dell'ultimo Sinodo, pubblicata il 24 novembre scorso, è abbastanza sorprendente poiché nella Esortazione Apostolica "Episcopalis communio" (2018) di Papa Francesco, che ha introdotto diverse e importanti modifiche all’assise sinodale, il comma §1 dell'Art. 18 dice: "§ 1. Ricevuta l’approvazione dei Membri, il Documento finale dell’Assemblea è offerto al Romano Pontefice, che decide della sua pubblicazione. Se approvato espressamente dal Romano Pontefice, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro. Secondo l’esortazione apostolica Episcopalis communio di Papa Francesco del 2018, il documento finale “partecipa al Magistero ordinario del Successore di Pietro”, se è espressamente approvato dal Papa".

Una Nota del Papa sul documento sinodale

Nonostante questo testo legislativo, ad ogni modo (e non si sa perché) il Pontefice però firmò una Nota specifica proprio per ribadire e sottolineare esplicitamente, quasi fosse stato messo in dubbio da qualcuno, che il Documento Finale è magistero ordinario.

Una cosa simile non ha precedenti. E’ un fatto inedito, inspiegabile. È altrettanto singolare che questa Nota venga diffusa un mese dopo la pubblicazione del Documento Finale (novembre 2024), il quale, tra l'altro, ha subìto modifiche redazionali nel corso di questo tempo, dopo la prima pubblicazione della sera del 26 ottobre.

E tutto ciò perché?

Le risposte convincenti alla domanda sono poche o inesistenti. Ci sono ipotesi e la più plausibile l'ha formulata lo stesso Santo Padre nella Nota di accompagnamento, citando se stesso, tra virgolette, quando ha detto che il Documento «non è strettamente normativo» e che «la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni».

A questo punto si pone però un altro problema perché queste due importantissime frasi non risultano essere un copyright del Pontefice.

Non è possibile identificare il testo dal quale il Pontefice avrebbe estratto queste due autocitazioni. Dice di averlo detto il 26 ottobre 2024 ma nel Saluto finale all'Assemblea sinodale non c'è nulla di simile nel suo discorso. E non c'è neanche nell'Omelia dell'Eucaristia con la quale il Santo Padre, il 27 ottobre, chiuse l'evento. Non esistono altri testi papali sulla fine del Sinodo in questi due giorni (26 – 27 ottobre scorso).

Allora Papa Francesco cita sé stesso ma non specifica la fonte di quanto avrebbe detto e che lui ricorda tra virgolette.

Premesso che il Papa abbia voluto spiegare comunque questi due virgolettati perché in un qualche momento li avrebbe pronunciati o scritti, la domanda di fondo resta in piedi: come mai il Pontefice (allora) regnante si sente costretto a dire su un suo documento del magistero ordinario che, appunto, è magistero ordinario? Allora?

Il ruolo di mons. Battocchio

Altri osservatori ricordano invece, e ciò forse potrebbe spiegare almeno in parte il pasticcio della Nota, è un altro evento, e cioè, dichiarazioni di mons. Riccardo Battocchio nominato dal Santo Padre Membro e Segretario Speciale della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (7 luglio 2023), il quale in un incontro con la stampa - presentando il Documento Finale - sottolineò che questo Documento non è normativo anche se fa parte del magistero ordinario del Vescovo di Roma. [1- alla fine della nota]

Nella trascrizione ufficiale della conferenza stampa ci sono gli interventi dei cardinali M. Grech e J. C. Hollerich. Non c'è però quello di mons. Riccardo Battocchio, dove avrebbe parlato di "strettamente normativo" con "diverse mediazioni". Papa Francesco però attribuisce a se stesso questi concetti. [2 – alla fine della nota]

Quale circostanza può spiegare e giustificare un tale comportamento? Cosa può spingere il Papa a sottolineare con un comunicato stampa che ciò che ha già detto e firmato nel momento della chiusura del Sinodo fa parte del suo magistero e del suo ministero petrino, usando frasi che però non ha pronunciato?

Meglio usare il freno a mano

Nella prima parte della Nota del 24 novembre scorso, Francesco sembra voler fermare le interpretazioni troppo libere e disinvolte del Documento Finale sia per applicarlo sia anche per ignorarlo, quasi fosse solo un elenco di proposte di fronte alle quali, in un senso o nell'altro, ciascuno (in particolare i vescovi diocesani) decide liberamente. Si potrebbe dire con un linguaggio semplice: Francesco tira il freno a mano onde bloccare una deriva che porterebbe a dire, in diverse diocesi del mondo, che i contenuti del suddetto Documento non sono magistero ordinario bensì raccomandazioni, suggerimenti o consigli.

Le tre vie

Ma dopo, però, Francesco, nella Nota in questione, citando l’Amoris laetitia (2016), dopo la stretta torna ad aprire dicendo: «Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano».

Quindi nella Nota si propongono tre vie ben diverse. Sostanzialmente si dice un “sì” ma anche un “no”, eppure un “forse”.

Ma rileggiamo le parole del Santo Padre Francesco nella Nota di accompagnamento: "Approvando il Documento, il 26 ottobre scorso, ho detto che esso «non è strettamente normativo» e che «la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni». Questo non significa che non impegni fin da ora le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso è indicato."

Queste parole autorizzano a rispondere alla domanda sul magistero ordinario del Documento Finale anche con un “forse”.

Lo scopo ultimo e vero

della Nota di accompagnamento di Francesco

Alla fin fine, dopo giri, ipotesi e ricerche sterili, la conclusione è una sola: sostenere il Documento conclusivo delle due sessioni sinodali sulla sinodalità con l'intero peso e l'intera autorevolezza del magistero ordinario del Vescovo di Roma e ciò obbliga dare ascolto al Papa.

In questi quasi dodici anni di pontificato (di Francesco) non era mai accaduto che il Papa stesso sentisse il bisogno di sottolineare la natura unica e l’importante rilevanza del magistero pontificio, del suo magistero.

Tempo fa, è stato il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, card. Víctor Manuel Fernández, a evocare la questione nel corso della presentazione della Fiducia supplicans. Il porporato in diverse circostanze ha evidenziato di essere molto sensibile a questa materia anche perché sembra vedere insidie al magistero pontificio anche lì dove non ci sono.

Nelle sue numerose interviste il porporato argentino, a più riprese, ha parlato con enfasi sulla “dottrina del Papa” che, come si sa, non esiste. Esiste invece la Dottrina della Chiesa.

Tutto fa pensare a questo punto che la Nota è un altro scivolone del zelante cardinale Víctor Manuel Fernández, autore in passato di altri simili. Il porporato argentino ha dato sempre l’impressione di ritenersi il supremo custode di quanto dice o non dice il Santo Padre

*****

[1] Esortazione apostolica “Episcopalis communio”

Art. 18 Consegna del Documento finale al Romano Pontefice

§ 1. Ricevuta l’approvazione dei Membri, il Documento finale dell’Assemblea è offerto al Romano Pontefice, che decide della sua pubblicazione.

Se approvato espressamente dal Romano Pontefice, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro.

§ 2. Qualora poi il Romano Pontefice abbia concesso all’Assemblea del Sinodo potestà deliberativa, a norma del can. 343 del Codice di diritto canonico, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro una volta da lui ratificato e promulgato.

In questo caso il Documento finale viene pubblicato con la firma del Romano Pontefice insieme a quella dei Membri.

[2] Di questa conferenza stampa non esiste un video ufficiale e delle 5 intervenuti sono state diffuse le trascrizioni delle parole del card. Grech e del card. Hollerich. Su quanto hanno detto altre quattro persone - sr. Maria de los Dolores Palencia Gómez, P. Giacomo Costa, mons. Riccardo Battocchio, dott. Paolo Ruffini - non si sa niente.

 

Misteri post-sinodali. Stralci della Nota di accompagnamento (al Documento Finale del Sinodo) di Papa Francesco un mese dopo la fine dell’Assemblea sinodale. Un bel gran pasticcio.

         Oltre a quanto già ricordato nel testo precedente si deve aggiungere, per completezza, che nella versione online definitiva del Documento Finale del Sinodo sul sito del Vaticano si legge questa nota molto curiosa:

"Il Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi è stato approvato durante la 17a Congregazione Generale, il 26 ottobre 2024, con il voto favorevole di oltre i due terzi dei Membri dell’Assemblea presenti alla votazione. I risultati del voto sono consultabili sul sito www.vatican.va. La versione ufficiale del testo è quella in lingua italiana. In vista della pubblicazione, sono stati effettuati interventi redazionali per assicurare la correttezza e la fluidità linguistica, oltre all’accuratezza delle citazioni."

Cioè, il testo del Documento Finale che si può leggere e scaricare oggi ha delle modifiche rispetto a quello pubblicato la sera del 26 ottobre 2024. Quali? Non si dice.

Poi, i Risultati delle votazioni sono scomparsi. Il link segnalato sopra per raggiungere le statistiche degli scrutini (www.vatican.va) è quello della homepage della Santa Sede e non quello che c’era con i quadri grafici dei voti.

Infine, per chiarezza va ribadito ancora: le due frasi che il Papa dice di aver pronunciato alla chiusura del Sinodo («non è strettamente normativo» e «la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni», non si trovano e sembra certo che sarebbero state pronunciate da mons. Riccardo Battocchio in una conferenza stampa.

Stralci del testo della Nota di accompagnamento

Nota di accompagnamento del Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi del Santo Padre Francesco. Nei diversi momenti del cammino del Sinodo da me avviato nell’ottobre 2021 ci siamo messi in ascolto di ciò che in questo tempo lo Spirito Santo dice alle Chiese.

Il percorso sinodale, avviato nelle Chiese locali, ha attraversato poi le fasi nazionale e continentale, per giungere alla celebrazione dell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi nelle due sessioni di ottobre 2023 e ottobre 2024.

Ora il cammino prosegue nelle Chiese locali e nei loro raggruppamenti, facendo tesoro del Documento finale che il 26 ottobre scorso è stato votato e approvato dall’Assemblea in tutte le sue parti.

Anch’io l’ho approvato e, firmandolo, ne ho disposto la pubblicazione, unendomi al “noi” dell’Assemblea che, attraverso il Documento finale, si rivolge al santo Popolo fedele di Dio.

Riconoscendo il valore del cammino sinodale compiuto, consegno ora alla

Approvando il Documento, il 26 ottobre scorso, ho detto che esso «non è strettamente normativo» e che «la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni». Questo non significa che non impegni fin da ora le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso è indicato.

Ho anche aggiunto che «c’è bisogno di tempo per giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta»: questo vale in particolare per i temi affidati ai dieci gruppi di studio, ai quali altri potranno aggiungersi, in vista delle necessarie decisioni. La conclusione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi non pone fine al processo sinodale.

Riprendo qui con convinzione quanto ho indicato al termine dell’articolato cammino sinodale che ha portato alla promulgazione di Amoris laetitia (19 marzo 2016): «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano». (…)

In molti casi si tratta di dare effettiva attuazione a ciò che è già previsto dal diritto vigente, latino e orientale. In altri casi si potrà procedere, attraverso un discernimento sinodale e nel quadro delle possibilità indicate dal Documento finale, all’attivazione creativa di forme nuove di ministerialità e di azione missionaria, sperimentando e sottoponendo a verifica le esperienze.

Il compito di accompagnare la “fase attuativa” del cammino sinodale, sulla base degli orientamenti offerti dal Documento finale, è affidato alla Segreteria Generale del Sinodo insieme ai Dicasteri della Curia Romana (cfr. EC 19-21).

(Testo completo)