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lunedì 25 novembre 2024

Un Predicatore della Casa Pontificia filo-LGBT? Le preoccupanti dichiarazioni di padre Roberto Pasolini

Sulle turpi parole del nuovo Predicatore Pontificio nominato da Francesco, Gaetano Masciullo ipotizza: "Quanto detto dal francescano è configurabile come delitto canonico, a norma del Can. 1368 – “Chi in uno spettacolo o in una pubblica adunanza o in uno scritto pubblicamente divulgato, o in altro modo servendosi degli strumenti di comunicazione sociale, proferisce bestemmia od offende gravemente i buoni costumi o pronuncia ingiurie o eccita all’odio o al disprezzo contro la religione o la Chiesa, sia punito con una giusta pena“".
QUI l'articolo di Masciullo su The Remnant in inglese.
QUI MiL con le parole di padre Roberto Pasolini.
Luigi C.


La recente nomina (9 novembre 2024) del Rev. Padre Roberto Pasolini, O.F.M. Cap., a Predicatore della Casa Pontificia da parte di papa Francesco ha suscitato molte reazioni scandalizzate negli ultimi giorni. La figura di padre Pasolini, docente di Esegesi biblica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale a Milano, è stata accolta con viva preoccupazione da parte di una porzione considerevole del popolo di Dio. A destare particolare preoccupazione sono alcune sue dichiarazioni su tematiche LGBT diffuse sul web e proferite durante una conferenza del 10 aprile scorso, in cui ha proposto interpretazioni teologiche che si discostano in maniera allarmante dalla dottrina cattolica.
Secondo padre Pasolini (almeno secondo quanto riportato QUI dal noto blog italiano in difesa della Tradizione, messainlatino.it), la Scrittura non conterrebbe in alcun punto un giudizio di condanna inequivocabile sulle relazioni omosessuali, arrivando a suggerire che episodi come l’amicizia tra Gionata e Davide o addirittura il rapporto tra il centurione e il suo servo potrebbero essere letti come esempi di amore omosessuale. Addirittura, e questo è ancora più grave, il predicatore lasciava aperta la possibilità che ci fossero relazioni omosessuali tra Gesù e i suoi discepoli, tra Gesù e Lazzaro, appellandosi alla “misericordia” di Cristo per giustificare tali ipotesi. Questa lettura, per quanto padre Pasolini la presenti come legittima, in realtà è assolutamente priva di basi esegetiche e teologiche e altera gravemente il messaggio biblico.

Le posizioni di padre Pasolini si scontrano con l’insegnamento chiaro della Scrittura. E non dobbiamo guardare necessariamente all’odiato e omofobico Antico Testamento per scoprirlo! San Paolo, nella Lettera ai Romani (1,24-27), condanna esplicitamente gli atti omosessuali come contrari alla natura creata da Dio:

“Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini e ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento.”

Si badi bene: san Paolo non condanna le inclinazioni omosessuali in quanto tali, ma gli atti. La distinzione è fondamentale nella morale cattolica: l’inclinazione non è di per sé peccaminosa, perché non c’è colpa laddove non c’è volontà, mentre lo sono certamente le azioni che contraddicono la legge naturale e divina. La sodomia è sempre peccato grave, quindi mortale (uccide la grazia di Dio in noi), e come ogni peccato mortale rende l’uomo indegno di accostarsi all’Eucarestia. Per di più, essendo la sodomia un peccato contro natura, è anche tra i quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”, per usare l’espressione famosa del catechismo di san Pio X; cioé un peccato che viene punito non solo nell’aldilà, ma già in questa vita.

Si badi bene che questo vale anche per la sodomia tra coppie sposate eterosessuali, la quale, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2357-2359), è sempre moralmente disordinata.

Padre Pasolini invoca la misericordia di Gesù per giustificare le sue interpretazioni, ma dimentica che la misericordia divina non è mai separata dalla verità e dalla giustizia. Gesù, pur accogliendo i peccatori, non ha mai approvato il peccato. L’episodio della donna adultera (Gv 8,1-11) è emblematico: dopo averla salvata dalla lapidazione, le dice: “Va’ e non peccare più.” La misericordia non è permissiva, ma trasformativa: il vangelo è un continuo invito alla conversione e alla vita nuova in Cristo Dio.

L’interpretazione di episodi biblici come quelli di Gionata e Davide o del centurione romano deve essere, pertanto, respinta e confutata senza mezzi termini. Questi racconti biblici esprimono amicizia, rispetto e affezione, certamente, ma non vi è alcuna evidenza che suggerisca relazioni omosessuali – anzi! La “fantasia dei biblisti”, di cui parla padre Pasolini, non può sostituirsi alla rigorosa ricerca esegetica e teologica. Leggere nella Scrittura ciò che non c’è, o meglio: leggere ciò che si preferisce trovare, significa deformarne il senso, piegandolo alle ideologie contemporanee.

Ancor più problematico e – usiamo le parole giuste! – immorale è il riferimento al presunto rapporto omosessuale tra Gesù e i suoi discepoli, tra Gesù e Lazzaro, un suggerimento non solo privo di fondamento, ma profondamente blasfemo, che va a minare direttamente il cuore stesso della fede cristiana. Gesù è il Figlio di Dio incarnato, l’Agnello senza macchia, e insinuare che potesse intrattenere relazioni peccaminose è davvero inaccettabile.

Tutta questa narrazione pro-LGBT va non solo a offendere la dignità di Cristo, ma anche la visione cattolica tradizionale della sua missione terrena. Infatti, il Signore è venuto sulla Terra anzitutto per espiare, con il sacrificio cruento della propria vita sulla croce, il peccato originale, debito altrimenti insolvibile da parte dell’umanità. La dimensione del celibato e la completa astinenza sessuale di Nostro Signore sono dunque da leggere in quest’ottica, come parte di quella vita totale e continua di sacrificio, cioé di rinuncia, in vista di un bene maggiore: la salvezza potenziale di tutti gli uomini. Questo è il motivo per cui, per diritto divino, i vescovi non possono essere scelti dalla Chiesa tra uomini sposati. Questo è il motivo per cui i sacerdoti dovrebbero indossare l’abito talare nero, simbolo di sacrificio, di lutto, di “morte al mondo”, con le sue concupiscenze.

L’attrazione sessuale verso l’altro sesso è sana e naturale. Cristo e i suoi sacerdoti rinunciano però volontariamente a questo come parte della propria missione sacrificale. Questa è la dottrina cattolica sul celibato sacerdotale, di cui Cristo è il modello primo.

La nomina di padre Pasolini si inserisce in un clima ecclesiale già segnato da tensioni sulla questione LGBT, amplificate dal recente Sinodo sulla Sinodalità, dove sono emerse posizioni che si allontanano notevolmente dalla dottrina cattolica tradizionale su questo punto. Papa Francesco si è spesso circondato di figure che promuovono una pastorale filo-LGBT, creando confusione e dissapori nell’alto e basso clero e tra i fedeli, e di compromettere la credibilità della Chiesa.

La predicazione nella Casa Pontificia richiede non solo una profonda competenza biblica e teologica, ma anche una fedeltà assoluta al Magistero. Le posizioni di padre Pasolini, per quanto ammantate di “apertura” e “misericordia”, non rispettano questi criteri. La sua nomina rischia di amplificare il relativismo già dilagante nella Chiesa, confondendo i fedeli e indebolendo la testimonianza evangelica. Chiediamo al Santo Padre e ai vescovi di intervenire per garantire che il ruolo di Predicatore della Casa Pontificia sia affidato a persone più fedeli all’insegnamento di sempre della Santa Madre Chiesa. La fedeltà al Vangelo non può essere compromessa per assecondare le mode o le pressioni culturali dei nostri tempi.

La Chiesa è chiamata a testimoniare la verità di Cristo, anche quando è scomoda o controcorrente. Solo rimanendo fedele al Magistero e alla Sacra Scrittura potrà offrire una luce autentica al mondo. Confidiamo sempre, però, che la Provvidenza saprà guidare la Chiesa verso la verità e la giustizia.

Gaetano Masciullo


Nota post pubblicazione:
Quanto detto dal francescano è configurabile come delitto canonico, a norma del Can. 1368 – “Chi in uno spettacolo o in una pubblica adunanza o in uno scritto pubblicamente divulgato, o in altro modo servendosi degli strumenti di comunicazione sociale, proferisce bestemmia od offende gravemente i buoni costumi o pronuncia ingiurie o eccita all’odio o al disprezzo contro la religione o la Chiesa, sia punito con una giusta pena“.

Si ricorda che per giusta pena si intende, a seconda della gravità del fatto e a discrezione del giudice ecclesiastico: la scomunica, l’interdetto o la sospensione; tenendo a mente che l’interdetto comporta il divieto di partecipare, come ministro, alla celebrazione della Messa e a ogni altra celebrazione di culto pubblico, oltre che di celebrare e ricevere i Sacramenti e celebrare i Sacramentali.