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mercoledì 29 aprile 2020

Coronavirus Vecchi e nuovi Giuseppinismi

Spunti e riflessioni sull'importanza della libertà della Chiesa. 
AC  









La celebre frase che i Bravi rivolgono a don Abbondio “questo matrimonio non s’ha da celebrare ne ora ne mai” è tornata in mente a molti cristiani in questi giorni di restrizioni governative in materia di culto, e non è mancata anche qualche vignetta satirica al riguardo. 

I Bravi del Manzoni erano caratterizzati da una tipica retina verde in testa, attendevano don Abbondio al capitello di una strada ed erano al soldo di Don Rodrigo;
oggi i “nuovi Bravi” vestono alla moderna e possono perfino arrivare a calzare un basco blu ed essere latori della telefonata minatoria di un sindaco durante la celebrazione di una Messa in chiesa.
Ma, ieri come oggi, la frase rimane la stessa: questa cerimonia non s’ha da fare!  

Eppure in fondo anche quel divieto di don Rodrigo alle nozze tra Renzo e Lucia aveva le sue ragioni.  
Certo, non erano ragioni di sicurezza sociale legate al morbo della peste che all’epoca mieteva le stesse vittime che oggi miete il coronavirus, ma erano ragioni di cuore e al cuore, si sa, non si comanda. 

Non più tardi di due giorni fa sono state confermate le restrizioni governative circa la possibilità di riaprire le chiese e consentire il normale svolgimento delle sacre funzioni. 
Le ragioni addotte sono state formulate (anche se non esposte pubblicamente) dal comitato scientifico. 
Non conoscendole non ci avventuriamo ad immaginarle e a provare ad offrirne una obiezione.  

C’è però qualcosa che si può e si deve fare se, come cristiani e come Chiesa, non volgiamo ritrovarci completamente alla mercé dello Stato. 
E cioè domandarci: ma possibile che le decisioni in materia di chiusura e apertura delle chiese e di svolgimento delle funzioni le debba prendere il Governo

Che fine ha fatto il famoso slogan: “libera Chiesa in libero Stato”? 

Che fine ha fatto l’articolo 19 della Costituzione italiana? È facile comprendere che la riapertura delle chiese e la ripresa della partecipazione alle funzioni sacre comparti tutta una serie di problematiche legate alla sicurezza, alle distanze necessarie da rispettare tra fedeli, alle precauzioni da prendersi, alle eventuali sanificazioni degli ambienti etc etc etc. 

Ma è giusto che di tutti questi aspetti debba interessarsi lo Stato? Non staremo mica
tornando ai tempi dell’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena? Quell’imperatore che per la sua propensione a interessarsi agli affari ecclesiastici venne soprannominato sarcasticamente “re sacrestano” arrivando a definire perfino il numero di candele che si potevano accendere durante le messe? 
Verrebbe da rispondere di no visto che non esiste più l’Impero Austro-ungarico e non c’è più l’imperatore Giuseppe II ma siccome siamo in tempi di Giuseppe Conte “bis”, il “giuseppinismo” con tutto il suo giurisdizionalismo laico caratterizzato da un intervento piuttosto vasto dell'autorità statale nella vita interna della Chiesa, pare tornato di moda!  

In realtà, anche se tentiamo di stemperare un po i toni, la questione è assai seria.  
La CEI e le varie conferenze episcopali nazionali, in unione col Papa, hanno tutto il diritto (e il dovere) di studiare insieme ai vari Governi nazionali le problematiche legate alla riapertura delle chiese e alla ripresa delle celebrazioni per la sicurezza e la salute di tutti. 
Ma poi devono rivendicare e vedere garantita la propria libertà ed autonomia anche in materia di comunicazione con i propri sacerdoti e fedeli mediante i propri organi ufficiali. 

È grave che il Presidente del Consiglio si arroghi il diritto di decidere come e quando si potrà tornare alla normale vita ecclesiale. Voglia di litigare per forza? 
Mancanza di capacità di dialogo con le istituzioni governative? 
Rivendicazioni legate ad antichi dissapori tra Chiesa e Stato? 
Invito alla rivolta sociale e all’anarchia? 
No certamente…ma consapevolezza che la saggezza popolare insegna che “il Lupo perde il pelo ma non il vizio”. 
Non è la prima volta nella storia che lo Stato si arroga il diritto di chiudere le chiese e di legiferare in materia di culto. 
Se non vogliamo partire dell’episodio biblico dei Maccabei, i setti fratelli ebrei la cui rivolta contro Antioco IV Epifane è raccontata negli omonimi libri dell’Antico Testamento (per evitare di essere accusati di prenderla troppo alla larga), possiamo partire dalle “moderne” ingerenze dello Stato rivoluzionario Francese che arrivò di fatto ad arrogarsi il vero e proprio governo della Chiesa in Francia dando il via alla persecuzione dei preti cosiddetti “refrattari” fedeli al Papa ,e della Vandea cattolica. 
Qualche anno più tardi lo Stato, nella persona di Napoleone Bonaparte, si arrogò il diritto di legiferare perfino sulla sepoltura dei cristiani in chiesa, proibendola proprio col pretesto di una maggiore sicurezza sanitaria. 
L’elezione di San Pio X a Sommo Pontefice avvenne certamente provvidenzialmente ma a seguito di una grave ingerenza (allora lecita) del governo austro-ungarico nel conclave mediante il veto posto alla elezione del Card. Rampolla del Tindaro. 
Pio XI ebbe molto a combattere contro il Fascismo per difendere e rivendicare la libertà e l’autonomia della Chiesa e delle sue organizzazioni in Italia, e contro le pretese deliranti del nazionalsocialismo in Germania per difendere la libertà d’azione dei movimenti cattolici e la dignità di tutti gli uomini dalla teoria della razza. 
Abbiamo fatto solo qualche esempio ma potremmo dilungarci ancora molto. 

Se è vero che historia magistra vitae, è proprio la considerazione di questi avvenimenti non cosi lontani nel tempo che ci porta a comprendere la gravità della situazione attuale in cui non la Chiesa in completa autonomia, bensì lo Stato e il suo “comitato scientifico” si arroga il diritto di decidere come e quando riaprire le Chiese e il culto. 

Oggi le chiese sono state chiuse a causa del coronavirus: ma siamo sicuri che, se lasciamo decidere allo Stato, un domani non così lontano non ce le chiudano solo perché durante la Messa leggiamo che Dio creò l’uomo madre e padre e non genitore1 e genitore2 ?

Nel 1593 Enrico quarto, prima di salire sul trono di Francia, consegnava alla storia la celebre frase “Parigi val bene una messa”. 

Oggi è quanto mai necessario che i pastori riaffermino con forza  l’autonomia della Chiesa magari proprio al grido di “Una Messa val bene Parigi!” perché come diceva San Padre Pio: è più facile che la terra si regga senza sole , piuttosto che senza la S. Messa. 



C.A. von Galen

3 commenti:

  1. "Libertà": parola enorme, difficilissima, adattabile ad ogni uso e consumo. Si pensi alla Grande Panzana che recita "libera chiesa in libero stato": niente di più insignificante e pericoloso. In breve: questo mondo "libero e democratico" è al capolinea. E non è che i segni non manchino.

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    1. Libera Chiesa in libero Stato non è una panzana, è un'idea pericolosissima, perché presuppone che comunque la Chiesa sia sottoposta all'autorità dello Stato trovandosi al suo interno
      Di fatto è la negazione della libertà della Chiesa

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  2. Il testo manzoniano dice: " questo matrimonio non s'ha da fare né domani né mai"

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