Ancora sulla rimnozione del nostro blog.
"Il caso Messainlatino.it segna una svolta nella difesa della libertà religiosa online: un giudice riconosce l’ingiustizia della censura di Google e riafferma la legittimità della dottrina cattolica nello spazio digitale. Una vittoria che interpella tutti i fedeli a vigilare e a costruire presìdi indipendenti di verità".
Luigi Casalini
Catholic Blog Wins Battle Against Google Censorship. What Does It Mean—And What Can We Do?
Gaetano Masciullo, Dec 01, 2025
This is the Italian translation of the article published in The Remnant Newspaper, November 20, 2025.
La vicenda di Messainlatino.it è ormai nota a livello internazionale. L’11 luglio 2025, il blog cattolico tradizionale più seguito d’Italia è stato improvvisamente oscurato da Google-Blogger con l’accusa generica di hate speech. Un’email di Google senza firma, giunta nella casella di posta elettronica dei redattori, ha annunciato la decisione senza fornire valide ragioni. Inutili i tentativi da parte dei gestori del primo canale di informazione vaticana ufficiosa in Italia di contattare i responsabili della Big Tech based in USA per chiedere delucidazioni. Così, MIL si è vista costretta ad avviare un procedimento in tribunale.
Letteralmente una sfida tra Davide e Golia, viste le dimensioni dei due contendenti. Dopo tre mesi, il magistrato ha però deciso di dare ragione al blog: la censura è stata ingiusta, Google ha violato le normative europee di trasparenza digitale e il pensiero cattolico non è pensiero di odio e discriminazione. Le conseguenze giuridiche di questa sentenza (davvero storica e sta già facendo scuola) non sono di poco conto.
La causa scatenante, come emerso in sede processuale, sarebbe stata una lettera di mons. Joseph Strickland, nella quale il presule ribadiva la dottrina cattolica secondo cui il diaconato appartiene, per volontà divina, allo stato maschile. L’algoritmo di Google ha interpretato la parola inglese unique — riferita alla missione femminile nella Chiesa — come sinonimo di “limitante” e dunque discriminatorio, classificando così l’intero testo come contenuto d’odio. Né l’intervento successivo del team umano di Google ha corretto questa interpretazione distorta.
Il dettaglio più rivelatore è che proprio quel post non è stato mai ripristinato, neppure dopo la sentenza che ha dato piena ragione a MiL e ha condannato Google al pagamento delle spese processuali. E ancora: a blog riattivato, l’algoritmo ha segnalato un altro articolo dottrinale sul divieto del diaconato femminile secondo il Concilio Vaticano II e il Catechismo. Segno che il problema non era un singolo post, ma la dottrina cattolica in quanto tale.
È difficile non vedere in tutto questo un sintomo di persecutorietà crescente. Non parliamo necessariamente — almeno per ora — di persecuzione violenta, anche se con l’espansione dell’Islam radicale in Occidente lo scenario non può essere escluso in modo ingenuo. Parliamo, oggi, di un’altra forma di repressione: la trasformazione della fede cattolica in un fatto privato, non pronunciabile negli spazi pubblici del digitale. Proibire la dottrina tradizionale nei VLOP (Very Large Online Platforms) significa replicare, in forma tecnocratica, ciò che molti regimi politici totalitari hanno fatto in passato - oggi ancora in diverse parti del mondo - vietando il libero esercizio della fede negli spazi pubblici.
È inquietante notare come questa dinamica coincida, per certi aspetti, proprio con l’Islam politico, che non tollera una religione pubblica concorrente e trova in parte del progressismo occidentale un alleato tattico. Vedi recente elezione del primo sindaco islamico di New York.
Colpisce poi il silenzio — un silenzio pesante, ma eloquente — di buona parte dei media cattolici. Mentre diverse testate laiche, comprese quelle distanti per linea culturale, hanno difeso apertamente MiL, mentre i più importanti organi di informazione cattolici hanno preferito tacere. Eppure le autorità ecclesiastiche parlano spesso e in maniera logorroica oggi di libertà religiosa. Tuttavia, quando la libertà religiosa da difendere è quella dei cattolici che professano la dottrina di sempre, ecco che gli stessi difensori della tolleranza si ritirano prudentemente nell’ombra.
Libertà sì, ma solo per gli altri. La libertà per il cattolico fedele alla Tradizione, invece, è sempre più marginalizzata. E se è vero che tacere di fronte all’ingiustizia equivale a esserne complici, allora bisogna riconoscere che nella vicenda MiL non mancano nemici interni alla Chiesa stessa.
Esistono due modalità per mettere a tacere una voce scomoda oggi: la censura diretta e la povertà. Chi controlla i mezzi, controlla anche i fini. Limitare o ostacolare l’attività di giornalisti, scrittori, editori, blogger e commentatori cattolici significa indebolirli economicamente e quindi ridurre la loro capacità di incidere nel dibattito pubblico. È un attacco alla sostanza stessa dell’apostolato digitale. La vicenda MiL lo dimostra con chiarezza: la censura non è solo un’ingiustizia morale, è anche un metodo sofisticato per colpire la sopravvivenza materiale di chi difende la fede cattolica. E in questo, purtroppo, Big Tech e mondo progressista hanno mostrato ancora una volta quanto siano pronti a cooperare quando si tratta di zittire la Tradizione cattolica.
I cattolici sono chiamati a una vigilanza ferma e a un coraggio pubblico, non alla ritirata nel privato. In un contesto in cui molti temono le conseguenze sociali o digitali della propria testimonianza, è necessario continuare a difendere apertamente la dottrina, senza piegarsi alle pressioni né ai silenzi imposti. La voce della fede deve raggiungere anche — e soprattutto — quei teologi di palazzo che presidiano il Vaticano con un linguaggio ambiguo e cedevole. La missione della Chiesa non è negoziare la verità, ma proclamarla per la salvezza delle anime: tutto ciò che si discosta da questo compito indebolisce il Corpo di Cristo.
Per questo diventa urgente creare spazi indipendenti, liberi da condizionamenti culturali e istituzionali. L’esperienza storica cattolica lo conferma: quando l’ordine dominante si è rivelato ostile, i fedeli hanno fondato scuole proprie, case editrici, confraternite di mutuo soccorso, opere caritative non allineate al potere. Oggi questo significa costruire media autonomi, centri studi, reti comunitarie capaci di resistere all’omologazione, sostenendosi a vicenda con solidarietà reale.
Rimane scandalosa la timidezza di certo clero, così simile a quella farisaica che temeva gli sguardi del mondo più della legge di Dio: a questa esitazione non bisogna conformarsi. Come ho scritto altrove, il neomodernismo è un vero lievito dei farisei.
Bisogna lavorare per preservare la memoria, la continuità cattolica. Senza una custodia vigile della tradizione liturgica, morale e dottrinale, il popolo di Dio diventa vulnerabile a ogni interpretazione di comodo. Occorre insegnare, ricordare, trasmettere ciò che la Chiesa ha sempre professato, perché la confusione nasce dove i riferimenti si dissolvono. Ogni fedele, nel suo stato di vita, può contribuire a mantenere vivo ciò che è stato ricevuto, opponendo alla volatilità del presente la solidità del patrimonio bimillenario della Chiesa.
Per fare ciò è però necessario che coloro che sono fedeli alla Tradizione restino uniti. Unify the clans è oggi la parola d’ordine: non è accettabile che, mentre i modernisti cercano a tutti i costi la coesione e la convivenza delle opinioni più disparate e distanti dal Vangelo all’interno del Corpo Mistico di Cristo, coloro che sono fedeli alla dottrina di sempre si separano a ogni piè sospinto, alla minima divergenza di obiettivi o di contenuti.
Serve un tessuto comunitario vivo, che sia capace di sostenere le famiglie, le parrocchie, le associazioni e i gruppi che custodiscono questa eredità. Archivi digitali non dipendenti dalle piattaforme dominanti, biblioteche curate da laici competenti, iniziative culturali che preservano testi, autori e documenti spesso abbandonati: sono strumenti che impediscono la dispersione della memoria. La Tradizione vive dove viene concretamente protetta, non dove viene evocata come parola retorica; e vive dove il popolo fedele coopera senza attendere autorizzazioni calate dall’alto.
Gaetano Masciullo
