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giovedì 4 dicembre 2025

Corredenzione mariana e metafisica della partecipazione

Ancora sulla "nostra" Corredentrice...
Luigi C.

Cristiana de Magistris, Corrispondenza Romana, 19-11-11

Nel pensiero filosofico e teologico di san Tommaso un tema di straordinario rilievo è la cooperazione della creatura al governo divino, tanto che nella Summa Contra Gentiles, San Tommaso afferma che «togliere qualcosa alla causalità delle creature è togliere qualcosa alla gloria di Dio».
Dio ha creato degli esseri reali capaci di agire, l’azione essendo la manifestazione dell’essere, e in tal modo Dio accorda alle creature la capacità di essere, a loro volta, causa di bontà nel mondo. In tal modo San Tommaso afferma l’importanza delle mediazioni, sia nell’ordine naturale che in quello soprannaturale.

Nella SCG San Tommaso confuta l’occasionalismo, diffuso specialmente nel mondo musulmano, il quale – al fine di sostenere la trascendenza di Dio – eliminava ogni tipo di causalità della creatura. San Tommaso, al contrario, afferma che Dio si compiace non nell’oscurare la creatura, ma nel comunicarle la dignità della causalità. «Se Dio ha comunicato alle creature la sua somiglianza nell’essere, permettendo ad esse di essere a loro volta, egli ha comunicato loro anche la sua somiglianza nell’agire, cosicché le creature possiedono anch’esse un’attività propria»(SCG, III, 69). Ciò perché creare un essere capace di trasmettere ciò che ha ricevuto è più glorioso che semplicemente trasmettere. L’insegnante che istruisce gli studenti affinché diventino anch’essi insegnanti è certamente migliore dell’insegnante che li istruisce lasciandoli al livello di allievi.

Ma Dio non è estraneo all’agire della creatura. Al contrario, la creatura in tanto agisce, e tanto meglio agisce, in quanto è sostenuta dall’azione di Dio, che la tiene nell’essere e la spinge all’azione (premozione fisica). Dio, afferma l’Aquinate, poteva fare tutto da Sé stesso, ma per eccesso della Sua bontà ha voluto comunicare alle creature una tale somiglianza con Sé, che esse non solo esistono, ma siano anche causa delle altre. Naturalmente l’azione di Dio e quello della creatura non si pongono sullo stesso piano, poiché Dio è causa prima e la creatura causa seconda. «È chiaro che uno stesso effetto non è attribuito alla sua causa naturale e a Dio, come se una parte fosse di Dio e l’altra dell’agente naturale; esso è totalmente dell’uno e dell’altro (totus ab utroque), ma in modo differente. Un po’ come uno stesso effetto è attribuito interamente allo strumento e interamente alla causa principale» (SCG, III, 70).

Dio penetra totalmente l’azione della creatura, dandole l’essere e la mozione, per cui questa azione è tutta di Dio e tutta della creatura ma su livelli diversi: totus ab utroque. Dio come causa primaria, le creature come cause secondarie. Il quadro è opera tutta dell’artista e tutta del pennello, ma non sul medesimo piano. Tuttavia, Dio agisce nell’azione delle creature senza toglier loro la dignità della causalità, anzi conferendogliela, come l’artista usa il pennello per compiere il suo capolavoro.

Alla luce di questo principio, si comprende perché Dio per rincarnarsi abbia voluto scegliere una creatura che fosse Sua madre. Poteva non farlo. Poteva venire nel mondo come Adamo, senza padre e senza madre. Ma non ha voluto perché è più glorioso per Lui comunicare a una creatura la dignità di esserGli madre. Lo stesso principio si applica alla Corredenzione e Mediazione mariana. Cristo avrebbe potuto redimere il mondo senza la cooperazione di alcuno, ma sarebbe stato meno glorioso per Lui; così come potrebbe distribuire le grazie da solo, ma sarebbe meno glorioso per Lui, perché togliere qualcosa alla causalità delle creature è togliere qualcosa alla gloria di Dio.

Corredenzione e Mediazione di Maria si attuano ovviamente su un piano diverso: Cristo come causa principale e Maria come causa secondaria, ma totus ab utroque. Come ha ben spiegato san Pio X nella sua enciclica Ad diem illum: «Poiché Maria supera tutti gli altri in santità e in unione con Gesù Cristo, e poiché è stata associata da Gesù Cristo all’opera della redenzione, ella ci merita de congruo – di convenienza – come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha meritato de condigno – nella giustizia – ed è la suprema ministra della dispensazione delle grazie». Il merito di Cristo è di stretta giustizia (de condigno), derivando dall’unione ipostatica; quello di Maria è di convenienza (de congruo), derivando dalla sua divina Maternità. Ma totus ab utroque.

Alla luce di queste sommarie riflessioni, che meriterebbero un ben più articolato approfondimento data la complessità dell’argomento, si deduce che il filo conduttore che anima la nota dottrinala MPF, ossia il presunto “oscuramento” della redenzione da parte della dottrina corredenzionista, appare fallace e surrettizio. Poiché, come afferma l’Aquinate, «togliere qualcosa alla causalità delle creature è togliere qualcosa alla gloria di Dio», ne consegue che i titoli di Corredentrice e Mediatrice, lungi dall’oscurare l’unicità del Redentore, lo glorificano. Il Redentore sarebbe meno glorioso senza la Corredentrice e Mediatrice, e la Sua unica Redenzione risplende più fulgida nell’universo creato avendo al suo fianco la Madre Sua, Corredentrice e Mediatrice del genere umano.