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lunedì 17 novembre 2025

Vaticano. Reintegrati i due dipendenti espulsi

La "misercordia" sotto Francesco: licenziati perchè....si sono sposati.
Non siamo su "Scherzi a parte".
Il buon senso di Leone mi pare abbia messo aperto le cose.
QUI Franca Giansoldati su Il Messaggero.
Luigi C.


ADL Vaticano - Alla fine ha vinto la giustizia, mediata dalla ragionevolezza: Silvia e Domenico, i due colleghi ex IOR licenziati dopo essere convolati a nozze, saranno nuovamente assunti in Vaticano. Il loro è stato un vero e proprio calvario e più volte lo abbiamo ribadito nei nostri appelli. Questa sofferenza ha generato frutti positivi? In parte sì. Possiamo dire che sia prevalso un approccio basato sulla concertazione, ovviamente dopo un’obiettiva e accurata analisi della posizione delle due parti contendenti in sede giudiziaria.

Un grazie a tutti coloro che hanno favorito una conciliazione

Ringraziamo tutti coloro che hanno favorito questo accordo (ma perché non si è arrivati a una vera e propria sentenza?), a cominciare dal presidente del Tribunale Vaticano, il prof. Venerando Marano. È stata una vittoria del buon senso, del discernimento, della saggia volontà di tutelare una famiglia. Ringraziamo anche quei colleghi che, senza riserve né pregiudizi, ci hanno accompagnato in questo percorso di solidarietà, lasciando nel nostro sito Internet centinaia di messaggi di supporto e amicizia. Approfittiamo per sottolineare l’importanza dello spirito di corpo e dell’empatia in situazioni del genere. Il silenzio, talvolta, è complicità.

Chi risarcirà i due coniugi?

Si può parlare di una vittoria piena? Non proprio. Dopo essere riusciti ad affermare i propri diritti, con notevole dispendio di risorse economiche ed energie fisiche e mentali, chi risarcirà i due coniugi dei danni subiti semplicemente per aver costituito una famiglia? Purtroppo, in Vaticano la parte soccombente non è tenuta a rimborsare le spese legali alla parte vincitrice, come avviene invece in Italia, secondo i principi stabiliti dagli artt. 91, 92 e 96 (quest’ultimo di “responsabilità aggravata”) del Codice di procedura civile. E così – supponendo un caso grave di abuso di potere o ingiustizia – quali sarebbero gli strumenti di tutela a disposizione di un dipendente? Al momento, l’unica alternativa è quella di imbarcarsi in un’odissea che potrebbe durare anni, con esiti imprevisti. E inoltre, sono sempre garantiti i principi del giusto processo, che prevedono che sussista la parità delle parti, la ragionevole durata, la presunzione di innocenza, il diritto alla difesa? Non dovrebbe forse esistere presso l’ULSA un elenco di avvocati d’ufficio per chi non ha le condizioni economiche per difendersi?