Il caso Rupnik e Leone XIV, un Papa garantista.
In attesa di una
verità dirimente.
Rupnik, oggi sacerdote diocesano incardinato nella diocesi di Capodistria in Slovenia dove è nato nel 1954, in un primo processo canonico per aver assolto in confessione una sua complice (in atti sessuali) nel maggio 2020 venne scomunicato ma, pochi giorni dopo, questa punizione venne cancellata da Papa Francesco.
In
quell'occasione non fu possibile processare Rupnik poiché altri delitti
sessuali venuti alla luce dopo molti anni erano caduti in prescrizione (e cioè
non erano più punibili per ragioni temporali). Nell'ottobre 2023, Papa
Francesco, dopo pressioni insistenti e pesanti, in particolare da un gruppo di
cardinali, decise invece di derogare a queste prescrizioni per aprire un nuovo
processo canonico dove il presbitero mosaicista è accusato da alcune donne di
gravi comportamenti sessuali seriali nel contesto di abusi di potere e di
coscienza indicibili.
Pochi
giorni fa, con l’annuncio della nomina di cinque giudici indipendenti, non
vincolati a incarichi presso la Santa Sede, forse si è aperto già questo
processo annunciato due anni fa. Su questo inizio formale del processo e su
molti altri particolari, non è stato rivelato nulla. Non si conoscono i nomi di
questi giudici. È stato detto che fra i cinque ci sono due donne.
Papa
Francesco, che è stata una figura centrale in questa vicenda scoperchiata nel
dicembre 2021 dall'interno del Vaticano, parlò pubblicamente solo una volta in
una intervista rilasciata all'agenzia Associated Press (23 gennaio 2023 –
Nicole Winfield). Bergoglio disse allora di non sapere nulla sulla vicenda e di
essere rimasto sorpreso. Dopo questo fatto, Francesco non accettò mai più, in
successive interviste, che gli venissero sottoposte domande su questa storia.
Le parole
calibrate e prudenti di Papa Leone
Papa
Leone XIV, martedì 4 scorso, uscendo dalle Ville Pontificie di Castel Gandolfo,
invitato a dare un suo giudizio sui mosaici di Rupnik in diversi luoghi
religiosi in giro per il mondo, alcuni dei quali oggi coperti (cosa che
potrebbe accadere con altri sui quali le autorità diocesane discutono), ha
risposto: “Certamente, in molti luoghi,
proprio per la necessità di essere sensibili nei confronti di coloro che hanno
denunciato di essere stati vittime, le opere d'arte sono state coperte, le
opere d'arte sono state rimosse dai siti web” [Vatican News, Osservatore
Romano e alcune stanze di Santa Marta]. Quindi
questa questione è certamente qualcosa di cui siamo consapevoli”.
Rispetto per le sofferenze delle
persone che Papa Prevost descrive con parole molto misurate evitando giudizi
categorici. Dice: [persone] “che hanno
denunciato di essere state vittime” e ciò significa che nel processo
occorre stabilire al di sopra di ogni ragionevole dubbio se queste persone sono
state vittime o non delle malefatte di Rupnik.
Successivamente, il Pontefice ha
sottolineato che “la Chiesa deve
rispettare i diritti di tutte le persone”, specificando immediatamente che
“il principio della presunzione di
innocenza fino a prova contraria vale anche nella Chiesa”.
In altre parole più semplici il Papa ha detto che per ora,
allo stato attuale delle cose, le vittime sono presunte e il medesimo padre
Rupnik è un colpevole presunto, e cioè innocente.
In
punta di diritto, Leone XIV ha ragione e dice il vero. Quindi, proprio perché
dice il vero e per ora ha ragione, nel rispetto della presunzione
dell’innocenza occorre fare il processo con assoluta trasparenza e in tempi
accettabili. In questo senso la prima cosa da ammettere con massima onestà è
che la deroga alle prescrizioni è cosa ben diversa dall'archiviazione.
Sicuramente questa “consapevolezza” (riferita al dolore
delle presunte vittime) è la medesima nel caso del processo che Leone dice che
“è iniziato recentemente” e per il
quale “sono stati nominati” cinque
giudici.
Poi,
il Papa mette le mani avanti essendo anche lui un fine canonista e sottolinea
in aggiunta: “I giudici e i processi
giudiziari richiedono molto tempo. So che è molto difficile per le vittime
chiedere loro di essere pazienti”.
Con
queste espressioni Papa Leone anticipa due passaggi rilevanti: non sarà un
processo veloce e, nel rispetto del diritto, si deve avere pazienza, in
particolare le presunte vittime, che tra l’altro chiedono questa giustizia da
almeno un decennio.
\ Infine, il Papa precisa che “il processo appena iniziato” deve fare “chiarezza e giustizia alle persone coinvolte”.
Garantismo e vera giustizia
E’ chiaro che le dichiarazioni del
Pontefice sono state studiate e preparate a tavolino, fermo restando che lui è
un canonista raffinato e puntuale. Le sue parole sono chiare anche perché
evitano enfatizzazioni e colpi di scena. Già in questi mesi e nel caso di altre
questioni, Leone ha già sottolineato il principio d’innocenza attribuendo il
potere di decidere la colpevolezza al diritto. In questo caso il Papa non ha
voluto farsi orientare dai media e per dare la sua risposta ha scelto la
linearità della legge canonica. Così ha palesato il suo garantismo che deve
essere benvenuto dopo tempi difficili per il diritto nella vita della Santa
Sede e della Chiesa.
Ora però, per coerenza e trasparenza,
il Vaticano, nel rispetto delle regole di un processo penale in cui si
giudicano comportamenti delicatissimi umanamente, dovrebbe periodicamente
fornire informazioni adeguate che consentano di capire lo stato del processo. La
sua delicatezza e le sue difficoltà non possono giustificare ancora altri
misteri e occultamenti. Il caso Rupnik ne ha conosciuto molti misteri, fin
troppi. Se non fosse per le rivelazioni del sito “Silere non possum”, che ha
raggiunto un cassetto polveroso in un ufficio del Dicastero per la Dottrina
della Fede, non ne sapremmo ancora nulla. Il 12 settembre scorso Papa Prevost
in un incontro con vescovi di recente nomina esorto i prelati a non nascondere
gli abusi del clero, ma ad affrontarli prontamente con "senso di
misericordia e vera giustizia" sia verso le vittime che verso gli
accusati. Leone poi in modo esplicito confermò l'impegno della Chiesa nel
risolvere i comportamenti "inappropriati" del clero, senza
"mettere le cose in un cassetto".
Insomma,
dopo i chiarimenti di Papa Leone la Chiesa e l’opinione pubblica aspetta dal
Dicastero per la Dottrina della Fede, dal processo canonico, dal Papa stesso, due
risposte dovute: le presunte vittime sono veramente vittime e l’accusato è
veramente innocente?
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Papa Leone, per
la prima volta, profila alcune questioni importanti nel caso Rupnik.
Prima di
congedarsi e far rientro in Vaticano il Papa ha risposto ad una domanda su p.
Marko Rupnik, cosa che accade per la prima volta, riferita - in particolare
dice Vatican News - al rapporto tra il prete mosaicista accusato di aver
abusato di decine di donne (consacrate e non) e le sue opere d’arte. Si tratta
in concreto di oltre 200 mosaici a grande scala visibili in luoghi religiosi di
diversi continenti. Da più parti e a più riprese arrivano proteste di ogni
tipo. In alcuni luoghi queste opere d’arte decorativa sono stati coperti e
nella Santa Sede sono stati vietati, in particolare nei media vaticani che fino
all’elezione di Leone ha continuati ad usare riproduzioni per volere del
Dicastero per la Comunicazione.
Il Pontefice ha
detto: “Certamente, in
molti luoghi, proprio per la necessità di essere sensibili nei confronti di
coloro che hanno denunciato di essere stati vittime, le opere d'arte sono state
coperte, le opere d'arte sono state rimosse dai siti web. Quindi questa
questione è certamente qualcosa di cui siamo consapevoli”, affermò
Leone XIV. Poi ha spiegato: che “recentemente è iniziato un nuovo
processo” nei confronti dell’ex gesuita: “Sono stati nominati i giudici e i
processi giudiziari richiedono molto tempo. So che è molto difficile per le
vittime chiedere loro di essere pazienti. Ma la Chiesa deve rispettare i
diritti di tutte le persone. Il principio della presunzione di innocenza fino a
prova contraria vale anche nella Chiesa. E speriamo che questo processo appena
iniziato possa fare chiarezza e giustizia a tutte le persone coinvolte.”
Rupnik fa il
confessore a Santa Maria Maggiore. Fonti giornalistiche, basate su testimonianze
dirette piuttosto attendibili assicurano in questi giorni che Marko Rupnik è
stato individuato presso la Basilica Santa Maria Maggiore, dov’è seppellito
Papa Francesco, mentre faceva il confessore, il 30 ottobre, con i paramenti di
rigore che usano i domenicani.
Se
così fosse, ed è abbastanza credibile quanto gira sul prete sloveno, non è però
sorprendente anzitutto perché lui è un provocatore arrogante. Da tempo ha
comportamenti di questo tipo (omelie, conferenze, celebrazioni eucaristiche,
ritiri spirituali…) Poi, Rupnik, è tuttora sacerdote a tutti gli effetti. Dal
punti di vista canonico, da quando Papa Francesco cancellò la scomunica che gli
era imposta pochi giorni prima (maggio 2020), non ha nessun ostacolo che possa
impedirgli le sue potestà sacerdotali.
