Grazie a Franca Giansoldati per la ripresa di questa, ennesima, brutta notizia per la Chiesa e la sua Liturgia.
QUI su MiL Michael Haynes.
Luigi C.
Franca Giansoldati, Il Messaggero, 18-11-24
Non è più folklore. Danze rituali, canzoni in lingua maya, donne native che incensano l'altare. Il contenuto nella messa cattolica ovviamente non cambia ma il modo di esprimerlo si, ed è entrato in vigore nel Chiapas, in Messico, dopo il placet di Papa Francesco e del Dicastero vaticano competente. Gli elementi culturali indigeni sono così diventati ufficiali oltre alla traduzione del messale nella lingua Tzeltal, parlata nello stato messicano del Chiapas. Una vera novità che fa parte del cammino tracciato dal pontefice per avvicinare la Chiesa alle culture locali e alla gente.
Sulla pagina Facebook della diocesi messicana, il cardinale Felipe Arizmendi Esquivel ha elogiato il lavoro fatto dal Vaticano, spiegando: «È il riconoscimento ufficiale che questi adattamenti sono riconosciuti come validi e legittimi; sono la liturgia della Chiesa e non solo costumi e tradizioni visti con sospetto».
Secondo Arizmendi, i cambiamenti non rappresentano un allontanamento dal rito romano della liturgia, ma semplicemente l'incorporazione di altre forme culturali. "Il contenuto della messa non viene cambiato, ma il modo in cui è espresso" proprio secondo quanto ha stabilito a suo tempo il Concilio Vaticano II (1962 - 1965) che ha aperto la possibilità di adattare la liturgia "alle caratteristiche e alle tradizioni dei popoli". Si tratta del secondo caso in tutta la storia postconciliare in cui vengono approvati adattamenti liturgici. Il primo caso risale al 1988 dove nel messale è stata inserita la cultura e la spiritualità locale animata da canti religiosi a ritmo africano, con il suono dei tamburi tipici della musica congolese.