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lunedì 23 settembre 2024

Luis Badilla. "Alcune perplessità sulla conferenza stampa del Papa. I Viaggi di Francesco la loro metamorfosi"

Grazie a Luis Badilla per questa sua interessantissima analisi sulle ultime affermazioni, in aereo, del S. Padre Francesco e sulla mens degli ultimi viaggi papali.
Il cambio di paradigma di questi viaggi: "Questo tipo di giornalismo, che piace molto al Vaticano, ha fatto e fa un grande male alla leadership pastorale del Vescovo di Roma".
Luigi C.

Alcune perplessità sulla conferenza stampa del Papa del 13 settembre. I Viaggi di Francesco negli ultimi anni e la loro metamorfosi, nonché il popewashing.

- La performance del Papa: superficiale e stantia.

- Seconda volta di un Inviato della stampa cinese sull’aereo del Papa.

- Il format delle trasferte papali sono logori ed esauriti.

- Il cosiddetto "giornalismo di riporto" e i vaticanisti di una volta.

Al netto delle domande pilotate, e sempre con l’esclusione di alcune vicende sulle quali non si possono porre quesiti (es. card. Becciu, M. Rupnik, Sinodo d’ottobre …), questa volta la conferenza stampa del Papa (Vatican News) rientrando dal suo 45.mo viaggio all’estero, ha offerto alcuni spunti interessanti per capire meglio, in particolare il modo di ragionare del Pontefice e il come, dopo 11 anni di pontificato e 87 anni di età, affronta questioni importanti e complesse.

Non c'era sull'aereo un giornalista della Papua Nuova Guinea (Paese troppo povero). C’era una giornalista italiana ma corrispondente di una testata cattolica cinese online. Non è la prima volta.

Sono state fatte al Santo Padre diverse domande e con alcuni giornalisti il Papa ha avuto scambi piuttosto non frequenti, in particolare con Pei Ting Wong (The Straits Times, Singapore). Lo stesso direttore della Sala stampa, Matteo Bruni, ha posto a Francesco una domanda speciale, del tutto inattesa, dicendo: "Santità, la stampa della Papua Nuova Guinea ha seguito con grande interesse il Suo viaggio, però purtroppo non le è stato possibile avere un giornalista su questo volo. Allora colgo l’occasione io per chiederLe se c’è qualcosa che vuole raccontarci della Papua Nuova Guinea, in particolare anche di Vanimo, che è un posto dove mi sembra che Lei abbia voluto andare personalmente".

[La risposta del Papa si può leggere nel supplemento con stralci della conferenza stampa – Google drive].

(Supplemento N° 35/a – Principali domande e risposte del Papa)

Google Drive

Papa Bergoglio evidenzia di ignorare assolutamente quanto accade in Papua Nuova Guinea nel campo delle miniere sfruttate da capitali stranieri. La risposta del Pontefice lo rivela in modo clamoroso.

Pochi giorni dopo la visita di Francesco in Papua Nuova Guinea si sono riaccese le violenze legate allo sfruttamento di miniere d'oro. La questione non è mai stata toccata dal Pontefice. Media cattolici per scansare critiche scrivono che il Santo Padre aveva chiesto "la fine della violenza tribale e l'equa distribuzione della ricchezza derivante dalle risorse naturali". La questione era attualissima tanto che dopo la partenza di Francesco le violenze sono riprese con oltre 20 morti.  (AsiaNews).

Il Pontefice ignorò tutto forse per non imbarazzare il Governo locale e l’Indonesia che sta dietro allo sfruttamento delle miniere?

Inviati speciali di testate cinesi nel volo del Papa

Singolare anche la presenza dell'italiana Stefania Falasca, giornalista dell'Avvenire, che però ha posto al Pontefice una domanda per conto di una testata cattolica cinese online (Tianou Zhiku) offrendo a Papa Francesco una "finestra" per parlare sulla Cina (cosa che si aspettava avrebbe fatto a Singapore), ma soprattutto – senza un bisogno tattico immediato – per profilare un Paese modello da ammirare. Nella confusione della risposta, Francesco non distingue tra popolo e governo, analisi fa sempre con altri Paesi per non mettere sullo stesso piano il governo e la popolazione. In questo caso Francesco fa affermazioni incomprensibili o confuse, come per esempio i Il riferimento al card. Zuppi e il rapporto Cina-Vaticano.

Ad ogni modo la Cina è una dittatura e resta una dittatura e non ci sono motivi per elogiare una simile situazione. Papa Francesco, che visse sotto una feroce dittatura (1976 - 1983), non dovrebbe mai dimenticare una tale realtà. L’errore del Pontefice in questa questione è quello di credere che per risolvere i rapporti ‘Chiesa cattolica – Governo di Pechino’ sia necessario e opportuno fare, periodicamente, degli spottoni a favore della nomenklatura cinese.

Il “santo fedele Popolo di Dio” pellegrino in Cina è diverso da quello che si vede dalla finestra del Palazzo Apostolico. Se non si vuole criticare il governo di Pechino siano evitati almeno gli elogi non richiesti.

Una presenza giornalistica cinese nei viaggi del Papa non è nuova. Già nel viaggio di Francesco in Iraq, 5 - 8 marzo 2021, tra i giornalisti accreditati c'era il primo operatore di una testata cinese. Si trattava di un giornalista italiano (Salvatore Cernuzio), attualmente assunto presso Vatican News, finanziato direttamente dall'editore di "Tianou Zhiku" rappresentato in questo ultimo viaggio del Pontefice da Stefania Falasca. Il sito cinese, che ovviamente opera con l’autorizzazione della cosiddetta “Chiesa patriottica”, da qualche anno è citato dai media vaticani e dall’Agenzia Fides.

Viaggi papali: format esaurito

La performance di Francesco non è stata fra le migliori e nelle mancanze di approfondimenti si è evidenziata una sua forte stanchezza. In diversi momenti ha dato l’impressione di non voler andare oltre per non allungare i tempi nonché smarrito. Nel caso della domanda di Francisca Christy Rosana (Tempo Media Group, Indonesia) sugli investimenti minerari stranieri in Papua Nuova Guinea è palese che il Santo Padre non aveva afferrato bene la domanda. In altre risposte si può costatare qualcosa di simile con - in più - una marcata tendenza a divagare, come nella riposta sulla Cina nella quale si capisce subito che era stata concordata proprio per avere l’opportunità di elogiare, in modo smisurato e non necessario, la Cina, evitando però qualsiasi riferimento ai tanti problemi esistenti tra Pechino e il Vaticano.

Forse c’era la solita ragion di stato: la probabile firma, fra pochi giorni, dell’Accordo permanente per la nomina dei vescovi.

Insomma, una conferenza stampa non felice. Le testate presenti (con circa 70 giornalisti accreditati) non hanno potuto ricavare un granché. Neanche quanto Papa Francesco ha detto sulle candidature di Harris e Trump ha avuto un rilievo sostanzioso. Negli USA le parole del Papa sono state ignorate.

Come è stato già segnalato da esperti in questioni vaticane, così come il Papa ha dimostrato che occorre riformare l’esercizio del Papato, ora, ormai dopo 45 viaggi apostolici internazionali, dimostra anche che il format di queste trasferte - così come lui ha voluto interpretarli - ha esaurito le sue potenzialità soprattutto perché si sono trasformate in un appendice o rito, logoro e stanco di papolatria e di popewashing

Il Direttore emerito dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, su "Domani", lo scorso 31 agosto ha scritto: "Ma la formula appare ormai ripetitiva – comprese le conferenze stampa durante il ritorno che finiscono per oscurare mediaticamente i viaggi stessi – e sembra giunta l’ora di ripensare anche questo modo di esercizio del papato".

I costi folli dei viaggi papali, insostenibili da qualche anno per i media deboli e poveri.

Questi Pellegrinaggi papali all’estero sono arrivati ad avere costi sempre più insostenibili: migliaia di dollari che oramai si possono permettere soltanto i vettori stampa mondiali (tipo Agenzie come per esempio Ap, Afp, Reuters, Ansa, Efe) o alcune testate italiane ma per ragioni di scambio politico di benevolenza e convenienza con il Vaticano.

Al contempo, gradualmente, sono stati espulsi dal circuito “viaggi papali” i media più deboli o senza possibilità di spendere grandi risorse in cambio di poco o niente. Soprattutto dopo il viaggio in Cile (2018), si è registrata una forte caduta dell’interesse globale per le trasferte all’estero di Papa Francesco. L’interesse (l’incantesimo) si è concentrato sostanzialmente sulle conferenze stampa del Pontefice, le quali presto diventarono un rito ripetitivo.

In non pochi viaggi anche la rappresentanza linguistica è calata al punto, per esempio, che si sono già registrati viaggi senza neanche un solo giornalista latinoamericano (nemmeno argentino). Questa questione dei costi fu motivo di una lettera dei vaticanisti all’allora Sostituto, oggi card. Becciu. Il problema era delicato e la lettera venne ridimensionata al punto che alcuni ne negarono l’esistenza, ma la lettera fatta circolare dagli autori era verissima. L’argomento venne rapidamente seppellito.

D’allora le proteste sono state sempre riservatissime. Il problema però esiste anche oggi poiché alle testate mandare un Inviato speciale per conto proprio costerebbe la metà se si usa un circuito diverso al “volo papale”.

Essere nel volo papale, pagando però alti costi, dà però alcuni privilegi importantissimi: brevi secondi di incontri con il Papa sull’aereo, presenza alla conferenza stampa di ritorno e acceso alle sale stampe allestite dagli Organizzatori e dal Vaticano dove i giornalisti lavorano a contatto con le “voci” vaticane ufficiali o semi-ufficiali e dove possono seguire lo svolgersi della visita nella la Tv di stato e, infine, ricevere il materiale giornalistico.

E perché il Papa dal 1964 compie “Viaggi apostolici”?

Qualcuno ha parlato, ricordando molte altre situazioni simili, che spesso le allocuzioni del Papa durante i suoi viaggi internazionali si adeguano alle esigenze degli anfitrioni (con i cosiddetti “aggiustamenti ragionevoli”). Così facendo, ormai da tempo, i discorsi del Papa sono diventati sempre meno profetici e sempre più burocratici. Le denunce di Francesco sono diventante un ribadire monotono di un elenco di urgenze socio-politiche o socio-economiche, - tutte giustissime - ma in astratto, senza indicare per così dire con “nome e cognome”, i responsabili. Non poche volte si ha l’impressione che l’importante è l’iconografia del Pontefice “progressista”, il Pontefice “riformatore” ---

Tra i principali responsabili e colpevoli delle situazioni orrende che il Papa denuncia coraggiosamente ci sono tutte le più importanti multinazionali che hanno rapporti speciali con lui. Si ricordino al riguardo almeno due allocuzioni: il discorso del Santo Padre agli Imprenditori partecipanti al "Fortune-Time Global Forum" il 3 dicembre 2016. (Discorso) oppure quello dell'11 novembre 2019, al Consiglio per un capitalismo inclusivo (Discorso).

Il medesimo formulario del parlare-genericamente si ripete negli incontri con la gerarchia cattolica, con i preti, suore e seminaristi, a maggior ragione con i giovani, che sono quasi sempre l’occasione per raccontare per l’ennesima volta quelli diventati ormai i cavalli di battaglia del Pontefice.

La metamorfosi dei viaggi e il popewashing

La ragione dei viaggi, con parole diverse l'hanno data e spiegata quattro Papi: Il mandato conferito a Pietro fino alla fine dei tempi è quello di essere testimone del Cristo risorto per confermare e tenere uniti i fratelli nella fede (Benedetto XVI, 7 maggio 2005). Questi Viaggi, dal primo di Paolo VI all'ultimo di Francesco, sono ormai 182.

I Pellegrinaggi del Pontefice non hanno nessun altro scopo che non sia quello che abbiamo ricordato con parole di Benedetto XVI, identiche a quelle di san Giovanni Paolo II e Papa san Paolo VI.

Negli ultimi anni però, con Papa Francesco si sta registrando un qualcosa di particolare, e cioè: all’interno dei viaggi l’incontro di “Pietro con i suoi fratelli nella fede” è marginale o secondario e quindi la parte, giusta e necessaria svolta in quanto doverosa per cortesia diplomatica (nei confronti dello Stato anfitrione), ha preso il sopravvento mediatico nonché la centralità. E’ così gradualmente il profilo religioso, eucaristico, si è andato offuscando. Il Papa viaggia e visita chiese particolari per celebrare l’Eucaristia ed è questa la ragion d’essere ultima di un pellegrinaggio papale.

In numerose circostanze, seppure il Pontefice sia principalmente ospite della Chiesa locale - perché Vescovo di Roma, Successore di Pietro – lo è anche nel contempo del Stato e del Governo. In realtà, oggi, il viaggio papale sembrerebbe rispondere marcatamente ad un invito statale intorno al quale il governante (presidente o sovrano) organizza un suo evento, sovente di natura interreligiosa o pro-pace, per creare così una cornice adeguata all’ospite.

In questo modo, e con questo meccanismo, le classi dirigenti locali approfittano di trarre beneficio dalla Visita del Papa. Un’operazione di “popetswashing”.

Tutto bene e corretto, forse con i tempi che corrono si potrebbe dire anche necessario, ma poi, vengono fuori diverse domanda critiche che restano senza risposte: quale rilevanza hanno le dichiarazioni che si firmano tra il Pontefice e i Governanti ma che però ricorda solo il Papa, come per esempio la Dichiarazione sulla Fratellanza o quella del Kazakistan? Non si conosce nessun firmatario di queste dichiarazioni che abbia difeso i cristiani massacrati in Bangladesh, Pakistan, India o perseguitati in Venezuela e Nicaragua.

Nel sottolineare queste realtà c’è da porsi alcune domande sulla Dichiarazione Comune tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill, firmata a Cuba il 12 febbraio 2016, che contiene 4 paragrafi specifici sull’Ucraina, oggi aggredita dalla Russia di Putin con il consenso entusiasta del Patriarca ortodosso?

Quanto e come le minoranze cattoliche in questi Paesi traggano poi benefici per la loro libertà di fede e di culto? Oppure quanto diminuiscono o ammorbidiscono le restrizioni burocratiche e amministrative per vivere e praticare la fede cattolica? Quanto e dove sono aumentati i luoghi di culto per i cattolici in questi Paesi dove il Papa è stato illustre ospite?

Il cosiddetto "giornalismo di riporto" e i vaticanisti di una volta

Anche i media al seguito del Papa, progressivamente, hanno snaturato il proprio lavoro limitandosi, per autocensura o per ostacoli oggettivi, al ruolo di una cosiddetta "stampa di riporto": prendere, copiare e incollare, con qualche nota di cronaca per addobbare le circostanze. Gli stessi titoli si restringono alle frasi papali più eclatanti, progressiste o polemiche, soprattutto nei confronti dei settori critici di Francesco.

Anche nel caso di questa dimensione si applica il medesimo formulario che dopo si evidenzia nelle domande poste nelle conferenze stampe al rientro; eventi rigidamente e severamente regimentati e disciplinati. Quasi mai una domanda critica, un commento analitico o un racconto al di fuori del copione.

Ciò succede anche perché i media al seguito informano sul viaggio, come già detto, sistemati in postazioni fornite dagli organizzatori del viaggio con connessioni alla rete, telefoni satellitari, PC o Tablet, computer e altre buone condizioni di lavoro. Questi operatori di norma non si spostano con il Pontefice. La maggioranza resta nella sala stampa e sostanzialmente fa il medesimo lavoro che si potrebbe fare seduti a Roma con una connessione con circuiti Tv internazionali.

I "vaticanisti" di una volta oggi sono giornalisti di riporto. Hanno sfumato, sempre di più, l'analisi critica, la lettura giornalistica dei fatti e del linguaggio (del Papa e del Vaticano); hanno rinunciato al ruolo di ‘interpreti’ in quanto capaci di tradurre al grande pubblico, come inviati speciali, gli eventi del viaggio i il loro contesto, la complessità delle sfide, il volto dei popoli visitati …

Insomma, da parecchio tempo, su questi viaggi del Papa mancano nella grande stampa - con alcune eccezioni illustri - delle vere e accattivanti narrazioni giornalistiche, dei reportage o interviste di contesto, di voci plurali dei Paesi visitati, ecc.

Oramai tutto, dall’inizio alla fine, gira attorno alle allocuzioni del Pontefice proposte con la solita formula: Francesco “ha detto, ha osservato, ha aggiunto, ha precisato, ha concluso …”.

Questo tipo di giornalismo, che piace molto al Vaticano, ha fatto e fa un grande male alla leadership pastorale del Vescovo di Roma.