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domenica 11 dicembre 2022

Roberto de Mattei: "Dio castiga il mondo? La Fede cattolica di fronte al mistero del male"

Riceviamo la recensione, pubblichiamo e consigliamo il volume ai nostri lettori.
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Luigi

Nel marzo 2011, nel corso della rubrica mensile che teneva a Radio Maria, il prof. Roberto de Mattei propose una riflessione sul “mistero del male”, che prendeva spunto dallo “tsunami” che aveva allora colpito il Giappone. Le sue considerazioni suscitarono una marea di polemiche, giungendo perfino ad una raccolta di firme per chiedere le dimissioni dalla carica, che allora ricopriva, di Vice-Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Negli anni successivi, disastri naturali e sciagure collettive si sono moltiplicati e il prof. de Mattei è spesso intervenuto sul tema dell’azione di Dio nella storia. La casa editrice Fede e Cultura, che già aveva pubblicato i suoi interventi su Radio Maria, li ripropone oggi, raccogliendoli assieme a quelli svolti negli ultimi dieci anni (Dio castiga il mondo? La Fede di fronte al mistero del male, Fede e cultura, Verona 2022, pagine 240, euro 19).

Il crollo della cattedrale di Norcia, l’incendio di Notre Dame di Parigi e soprattutto la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina hanno riportato l’attenzione sul problema del male e sul mistero della storia. Sembra suonare l’ora di quelli che Stefan Zweig chiama “momenti fatali” della storia, “ore sature di potenziale drammatico e gravide di fato”, quando “un’incommensurabile quantità di avvenimenti si concentra in un brevissimo lasso di tempo, come l’elettricità di tutta l’atmosfera sulla punta del parafulmine” (Momenti fatali, Adelphi, Milano 2005, p. 12).

Alle riflessioni dell’autore si aggiungono in questo libro le considerazioni di altri autorevoli esponenti della cultura cattolica, come padre Giovanni Cavalcoli, padre Serafino Lanzetta, Cristina Siccardi e Corrado Gnerre, che affrontano con competenza una questione di fondo: le calamità che si abbattono sull’umanità possono essere interpretate anche come un castigo che Dio riserva agli uomini per la loro malvagità? Un tempo gli uomini erano capaci di leggere i messaggi di Dio in tutti gli avvenimenti che sfuggivano alla loro volontà. Oggi invece accade che molti cattolici si ostinano a vedervi solo la mano negli uomini, rifiutando l’idea di un intervento di Dio nella storia. Papa Pio XII nel suo Radio Messaggio del 29 giugno 1941 già affermava che gli uomini “giudicano gli avvenimenti con la veduta corta del tempo che passa e vola irreparabile; Dio li guarda invece dalle altezze e dal centro immoto della eternità. Essi hanno davanti ai loro occhi l'angusto panorama di pochi anni: Dio ha invece davanti a sé il panorama universale dei secoli”.

Eppure è dogma di fede cattolica, proclamato dal Concilio Vaticano Primo: Dio ha cura di ogni cosa, anche minima, e la conduce al suo fine. Nulla accade nella storia che non sia voluto dalla Divina Provvidenza e spesso Dio si serve delle sciagure naturali, delle guerre e delle rivoluzioni per punire i peccati delle nazioni che, a differenza dei singoli uomini, vivono nell’orizzonte del tempo e non hanno un destino nell’eternità. A fame, peste et bello libera nos, Domine: la peste, la guerra e la fame, come ci ricordano le Rogazioni, sono flagelli che la Chiesa ha sempre accomunato tra di loro, indicandoli come castighi divini per i peccati pubblici delle nazioni e dei loro governanti.

“Come negare che il mondo moderno, immerso nel peccato, meriti un grande castigo collettivo?”, scrive il prof. de Mattei nell’introduzione a questo libro. “Non è forse vero che a Fatima, nel 1917, la Madonna ha annunciato un una terribile punizione per l’umanità, se non si fosse convertita, tornando al rispetto della legge divina? Il messaggio di Fatima non è una narrazione apocalittica di origine umana, ma un annuncio divino, riconosciuto dalla Chiesa.” Eppure, “lo scenario che apre la Madonna con la sua profezia non riempie il cuore solo di timore, ma anche di speranza. Dio è infinitamente giusto, ma la sua ultima parola è sempre quella della misericordia.” (Maddalena della Somaglia)

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