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venerdì 18 marzo 2022

dalla Rivista Cardinalis #5 - Intervista a Sua Beatitudine il Card. Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, sul suo apostolato in Iraq

S. B. il Card. Sako 
di Babilonia dei Caldei
(foto: Avvenire)
Qui una biografia del Card. Sako.
Questo articolo è apparso sulla rivista Cardinalis.


Card. Louis Raphaël I Sako è il 24° Patriarca della Chiesa cattolica caldea. È stato nominato cardinale da papa Francesco durante il concistoro del 28 giugno 2018. Ha risposto alle domande di Cardinalis, rendendo testimonianza del suo apostolato in Iraq.

 Eminenza, vuole presentarsi?

Sono nato nel 1948 in una famiglia numerosa. Mio padre era il sindaco di un paese e poi ci siamo trasferiti a Mosul. Eravamo 11 tra fratelli e sorelle. Ho studiato a Mosul e poi sono entrato nel seminario di Saint John, dei domenicani francesi. Sono stato ordinato sacerdote nel 1974, poi vescovo nel 2003, patriarca nel 2013 e cardinale nel 2018.

Per quali motivi ha scelto il sacerdozio?

Vivevamo vicino alla cattedrale cattolica caldea di Mosul. Mio padre era suddiacono. Il parroco di Mosul era un uomo molto pio e buono che mi ha ispirato tanto. È per lui che sono stato

affascinato dal sacerdozio. Un giorno poi ho incontrato una suora che recitava il rosario per strada e questo fatto mi ha colpito molto.

Com'era la vita in seminario?

La disciplina era rigidissima. Faceva freddo d'inverno e il riscaldamento era scarso. Dovevamo correre o indossare un cappotto per scaldarci, ma questo ci ha insegnato ad avere pazienza e autocontrollo. Ad ognino di noi veniva assegnato un numero. Io ero l’ 83. Ho imparato a fare lavori manuali, falegnameria e tanto altro. Oggi non è più così, ma allora venivamo formati in modo molto duro. Devo ammettere che mi è stato di grande aiuto quando ero parroco e ora che sono Patriarca, perché mi ha fornito la pazienza e il coraggio per affrontare situazioni difficili.

E la sua formazione spirituale?

Tutti i giorni ascoltavamo un padre spirituale che ci parlava. Ad un certo punto volevo lasciare il seminario, ma il mio padre spirituale, un rettore domenicano, mi ha esortato e incoraggiato a essere forte e sono rimasto. Nella mia classe eravamo 20 seminaristi. Il seminario minore è durato cinque anni e io sono stato l'unico a diventare sacerdote. Era il periodo del Concilio Vaticano II e lo seguivamo sui giornali. I cambiamenti ci hanno segnato non poco, in particolare il rinnovamento.

A cosa si riferisce?

Anche la liturgia caldea è stata riformata. E la pastorale è stata rivista perché un patriarca deve saper leggere i segni dei tempi. Ritengo che dobbiamo essere fedeli alla Tradizione da un lato e, allo stesso tempo, saperci adattare alla modernità. Ci sono cose belle nella Tradizione, ma bisogna mostrarle. Prima del Vaticano II pregavamo in caldeo. Oggi lo facciamo in l'arabo.

Bisogna comprendere che la nostra situazione è diversa da quella delle chiese in Occidente. Dobbiamo tener conto della presenza dei musulmani, che devono poter capire le nostre preghiere. Siamo una Chiesa cattolica in cui ci sono diverse chiese, il che è una grande risorsa.

C'è una liturgia che può essere formulata in modo diverso e contestuale. C'è unità e c'è diversità. Ciò che è necessario conservare è la fede, che deve essere la stessa nella Chiesa cattolica. Con gli ortodossi abbiamo una stretta vicinanza, se non l’autorità.

Cosa significa essere Patriarca della Chiesa Cattolica Caldea?

È una chiesa molto antica. La liturgia, la spiritualità e anche la teologia sono diverse. Non abbiamo un trattato teologico. La nostra teologia è nella liturgia e nelle omelie. La Chiesa si basa sulla Grazia e la Risurrezione. La Croce è una croce vuota. Non c'è corpo di Cristo perché è risorto. Inoltre, questo solleva il morale dei nostri fedeli che sono stati spesso perseguitati. La nostra spiritualità è quella del Vangelo, basata sulle tappe della vita di Gesù.

Inoltre, abbiamo un diritto speciale. Il Sinodo elegge i vescovi e il patriarca. Sono stato scelto dai padri nel 2013 e il papa ha confermato la nomina.

Cosa può dare in più la Chiesa caldea alla Chiesa universale?

L'esperienza delle Chiese orientali può aiutare a dare più peso alle Conferenze episcopali. Si tratta di nuove istituzioni nate dopo il Concilio. Possono essere una sorta di sinodo, ma sempre in unione con il successore di Pietro. Con Pietro e sotto Pietro. I vescovi potrebbero avere maggiori responsabilità, per esempio nella liturgia. Ma ci vuole tempo.

Come si vive la fede in un Paese musulmano?

Non possiamo predicare pubblicamente o convertire i musulmani. La legge lo vieta. Ma siamo liberi di fare ciò che vogliamo nelle chiese. La visita del papa ha aiutato i musulmani a rispettare le religioni. È un percorso che va realizzato quotidianamente. Bisogna presentare le cose in modo che possano venire capite. La Trinità, ad esempio, è una ricchezza che può essere capita. Possiamo evangelizzare per mezzo delle nostre testimonianze e le nostre usanze. Le faccio un esempio. Tra di noi non c'è poligamia. Non sempre lo capiscono, ma è una vera testimonianza del Vangelo.

 

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1 commento:

  1. Ogni volta che sento sua Beatitudine dire che la liturgia deve essere modificata affinché i musulmani la possano capire mi sorgono molti dubbi
    In primis mi pare che il fine della Liturgia sia onorare Dio Uno e Trino e celebrare la Passione, Morte e Risurrezione del Signore Gesù Cristo, non la didattica e l'istruzione dei non credenti

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