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sabato 3 agosto 2019

"Signore, io son pellegrino su questa terra: insegnami l'osservanza dei tuoi precetti che son la via di giungere alla mia patria il cielo" Sant'Alfonso Maria de Liguori

Sant'Alfonso Maria de Liguori Vescovo e Dottore della Chiesa scrisse 110 opere di teologia morale e di ascetica e compose anche brani musicali: tra questi, la famosissima «Tu scendi dalle stelle». Morì il primo agosto 1787. Fu beatificato nel 1816 e proclamato santo da papa Gregorio XVI nel 1839 , Papa Pio IX nel 1871 lo dichiarò dottore della Chiesa (doctor zelantissimus) Ebbe come padre spirituale e confessore san Giovan Giuseppe della Croce. "MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera dei Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà." 
Sant'Alfonso Maria de Liguori prega per noi! 
AC  

Sulla terra siamo solo di passaggio per breve tempo  

Brani tratti da "Riflessioni divote"
di Sant'Alfonso Maria de Liguori. 

Mentre siamo in questa vita siamo tanti pellegrini che andiamo vagando per questa terra, lontani dalla nostra patria, il cielo, dove il Signore ci aspetta a godere eternamente il suo bel volto (...). Se dunque amiamo Dio, dobbiamo avere un continuo desiderio di uscire da questo esilio con separarci dal corpo, e di andare a vederlo. Ciò era quello che sempre sospirava san Paolo (...).

Signore, io son pellegrino su questa terra: insegnami l'osservanza dei tuoi precetti che son la via di giungere alla mia patria il cielo. Non è maraviglia se i malvagi vorrebbero sempre vivere in questo mondo, mentre giustamente essi temono di passare dalle pene di questa vita alle pene eterne ed assai più terribili dell'inferno; ma chi ama Dio ed ha una moral certezza di stare in grazia come può desiderare di seguire a vivere in questa valle di lagrime, in continue amarezze, angustie di coscienza, e pericoli di dannarsi? e come può non sospirare di andar presto ad unirsi con Dio nell'eternità beata, ove non v'è più pericolo di perderlo? (...) Povero chi per molto tempo dovrà proseguire a vivere in questo mondo fra tanti pericoli di dannarsi! E perciò i santi di continuo hanno avuta in bocca quella preghiera: Adveniat, adveniat regnum tuum; presto Signore, presto portateci al vostro regno. 

Affrettiamoci intanto noi, come ci esorta l'apostolo, ad entrare in quella patria ove troveremo una perfetta pace e contento (...). Affrettiamoci (dico) col desiderio e non cessiamo di camminare sino ad afferrare quel porto beato che Dio apparecchia agli amanti suoi. (...) Sicché l'unica nostra preghiera per sollevarci nelle angustie ed amarezze che proviamo in questa vita deve esser quella, Adveniat regnum tuum: Signore, venga presto il vostro regno, ove uniti eternamente con voi, amandovi da faccia a faccia con tutte le nostre forze, non avremo più timore né pericolo di perdervi.

E quando ci troviamo afflitti dai travagli o vilipesi dal mondo, consoliamoci colla gran mercede che apparecchia Dio a chi patisce per suo amore: Gaudete in illa die et exultate; ecce enim merces vestra multa est in coelo. Dice s. Cipriano che con molta ragione vuole il Signore che noi godiamo nei travagli e nelle persecuzioni, perché allora si provano i veri soldati di Dio, e si distribuiscono le corone ai fedeli: Gaudere et exultare non voluit in persecutione Dominus, quia tunc dantur coronae fidei, tunc probantur milites Dei

Ecco, Dio mio, paratum cor meum, eccomi apparecchiato ad ogni croce che mi darete a soffrire. No che non voglio delizie e piaceri in questa vita; non merita piaceri chi vi ha offeso e si ha meritato l'inferno. Son pronto a patire tutte le infermità e traversie che mi mandate: son pronto ad abbracciare tutti i disprezzi degli uomini; son contento, se così vi piace, che mi priviate di tutti i sollievi corporali e spirituali; basta che non mi priviate di voi e di sempre amarvi. Ciò non lo merito, ma lo spero da quel sangue che avete sparso per me. V'amo, mio Dio, mio amore, mio tutto. Io vivrò in eterno ed in eterno vi amerò come spero, e il mio paradiso sarà godere del vostro gaudio infinito che voi ben meritate per la vostra infinita bontà.

Iddio merita d'essere amato sopra ogni cosa. Dice s. Teresa essere un gran favore che Dio fa ad un'anima il chiamarla al suo amore. Amiamolo dunque noi che siamo chiamati a quest'amore, ed amiamolo com'egli vuol essere amato: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo. Il ven. Luigi da Ponte si vergognava di dire a Dio: Signore, io vi amo sopra ogni cosa; v'amo più di tutte le creature, più di tutte le ricchezze, di tutti gli onori e di tutti i piaceri terreni; parendogli con tali parole di dire: mio Dio, v'amo più della paglia, più del fumo, più del fango.

Ma Dio si contenta che l'amiamo sopra tutte le cose. Sicché diciamogli almeno: Signore, sì io vi amo più di tutti gli onori del mondo, più di tutte le ricchezze, più di tutti i parenti ed amici; v'amo più della sanità, più della mia gloria, più delle scienze, e più delle mie consolazioni; v'amo insomma più di tutte le cose mie e più di me stesso.

Avanziamoci ancora a dirgli: Signore, io stimo le vostre grazie e i vostri doni; ma più di tutti i vostri doni amo voi che solo siete una bontà infinita ed un bene infinitamente amabile che supera ogni altro bene. E perciò, mio Dio, qualunque cosa mi doniate fuori di voi e che non è voi stesso, non mi basta; e se mi donate voi, voi solo mi bastate. Vi cerchino altri quel che vogliono: io non voglio altro cercarvi che solo voi, mio amore, mio tutto. In voi solo ritrovo quanto posso trovare e desiderare.

Diceva la sacra sposa che fra tutte le cose aveva eletto di amar il suo diletto (...). E noi chi eleggeremo di amare? Fra tutti gli amici di questo mondo, dove potremo trovare un amico più amabile e più fedele di Dio e che ci abbia amati più di Dio? Preghiamolo dunque e preghiamolo sempre: Trahe me post te, Signore tiratemi a voi, perché se voi non mi tirate io non posso venire a voi. 

Ah Gesù mio e mio Salvatore, quando sarà ch'io spogliato d'ogni altro affetto non brami né cerchi altro che voi? Vorrei staccarmi da tutto, ma spesso entrano nel mio cuore certi affetti importuni che da voi mi distraggono. Distaccatemi voi con la vostra potente mano e fatevi l'unico oggetto di tutti gli amori miei e di tutti i miei pensieri. 


Dice s. Agostino che chi ha Dio ha tutto; chi non ha Dio non ha niente. A che mai serve ad un ricco il possedere più tesori d'oro e di gemme, se sta senza Dio? Che serve ad un monarca avere più regni, se non ha la grazia di Dio? A che serve ad un letterato saper molte scienze e molte lingue, se non sa amare il suo Dio? Che serve ad un capitan generale il comandare a tutto l'esercito, s'egli vive schiavo del demonio e lontano da Dio? Davide mentre era re ma stava in peccato, andava ai suoi giardini, andava a caccia, ed altre sue delizie; ma gli sembrava che quelle creature gli dicessero: Ubi est Deus tuus? Tu in noi vuoi trovare il tuo contento? va, trova Dio che hai lasciato, perché egli solo ti può contentare. E perciò confessava Davide che in mezzo a tutte le sue delizie non trovava pace e piangea notte e giorno pensando che stava senza Dio (...).

In mezzo alle miserie e travagli di questo mondo chi meglio di Gesù Cristo può consolarci? (...) O pazzia dei mondani! consola più una lagrima sparsa per dolore dei propri peccati, vale più un "Dio mio" detto con amore da un'anima che sta in grazia, che mille festini, mille commedie, mille banchetti, a contentare un cuore amante del mondo. (...)

Iddio solo sia dunque tutto il nostro tesoro, tutto il nostro amore; e tutto il nostro desiderio sia il gusto di Dio, il quale non si fa vincere d'amore; egli rimunera a cento doppi ogni cosa che si fa per dargli gusto.
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Fonte: Cordialiter QUI 

Immagine: Sant’Alfonso de’ Liguori: il napoletano che scrisse “Tu scendi dalle stelle” QUI