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giovedì 23 settembre 2010

Quando Grelot attaccava Lefebvre... e i Paolini reggevano il moccolo


In questi giorni, mentre il numero di settembre della nota rivista Jesus torna ad occuparsi della Fraternità Sacerdotale San Pio X in relazione al terzo anniversario del Motu proprio Summorum Pontificum, ho tra le mani un vecchio Supplemento della medesima rivista, pubblicato nel luglio del 1988 e intitolato "Il caso Lefebvre. Ricostruzione storica e teologica della Fraternità San Pio X". L’operetta presenta complessivamente un carattere divulgativo ed é tempestata di imprecisioni, reticenze e mezze verità: la figura teologico-morale di Mons. Lefebvre viene ridotta pressoché a quella di un agitatore politico. Non meriterebbe dunque alcuna attenzione se non fosse per l’articolo finale, firmato dal noto esegeta e teologo Pierre Grelot (1917-2009), il quale vorrebbe offrire una sintesi e una confutazione del pensiero teologico del Prelato "contestatore". In realtà anche quest’ultimo contributo appare deludente poiché fa dell’accusa di scarso vigore intellettuale e di lacunosa preparazione teologica il proprio cavallo di battaglia contro Mons. Lefebvre, senza entrare più di tanto nel merito dei problemi teologici sollevati dalla Fraternità.

Mi pare tuttavia non privo di interesse rileggere alcuni passaggi dell’articolo dell’ "eminente" teologo per constatare ancora una volta:
1) quanto totale fosse all’epoca (sebbene ancor oggi le cose non siano molto mutate) l’indisposizione dei teologi progressisti a prendere seriamente in considerazione gli argomenti teologici affermati e argomentati dai tradizionalisti;
2) quanto mutata sia oggi la posizione della Curia Romana che, avendo forse ridimensionato la propria adesione al giudizio categoricamente negativo fomentato da taluni cattivi consiglieri, non solo ammette il confronto teologico con la Fraternità, ma si avvale a tal fine di ottimi teologi, segno del fatto che probabilmente le obiezioni tradizionaliste non sono poi così insensate;
3) quanto immutato sia al contrario l’atteggiamento dei cari Paolini che, capeggiando ormai da anni la stampa catto-progressista, non danno segni di cedimento nella loro pervicace volontà di ostracizzare la Tradizione.


L’articolo di Grelot comincia ripercorrendo in rapida sintesi la formazione teologica di Mons. Lefebvre: "Nel campo degli studi ecclesiastici del tempo va rilevata la forte influenza del cardinale fancese Louis Billot: era un gesuita, semplice sacerdote, creato cardinale da Pio X; e nel 1927 il Generale della Compagnia di Gesù gli impose di rinunciare alla porpora , a causa della sua pubblica protesta contro la condanna dell’Action française (…) Ebbero forte influenza su di lui appunto il cardinale Billot e il padre Garrigou-Lagrange. Quest’ultimo, tomista intransigente, era particolarmente profondo in teologia spirituale; ma sul piano della morale politica influiva in parte su di lui la corrente di Charles Maurras e della sua Action française".
Come si vede l’influenza politica è una vera ossesione per Grelot; ogni merito di due eminentissimi teologi viene taciuto per gettare discredito su di essi…persino il Tomismo diventa sinonimo di intransigenza!


Più oltre Grelot attacca direttamente il metodo teologico del Prelato: "Tra i documenti ufficiali della Chiesa egli (Mons. Lefebvre, n.d.r.) cita di preferenza quelli che comportano condanne (col rischio anche di interpretarli a rovescio). Ad esempio egli cerca le definizioni della fede enunciate dai Concili nei canoni posti alla fine dei loro diversi capitoli. E questo è un errore di valutazione: infatti le definizioni della fede si trovano negli esposti positivi dei capitoli, con le spiegazioni e i riferimenti che ne chiariscono la portata; i canoni finali, invece, sono documenti giuridici che, enunciando proposizioni contrarie alla vera fede, forniscono una base per i processi di eresia. La fede vera è contenuta invece nella proposizione contraria a quella che viene enunciata. Ma Mons. Lefebvre va anche oltre. Infatti egli considera le liste di proposizioni condannate (come il Syllabo di Pio IX e la Lamentabili di Pio X) come dei veri canoni conciliari, nei quali la fede si troverebbe definita a contrario, ossia condannando tutto ciò che la nega. E questo è un procedimento assurdo, che porta a combattere un errore con un altro errore; o a dire delle sciocchezze". L’argomentazione di Grelot appare quanto meno confusa. Mi limito a tre osservazioni:
1)Non si comprende bene da dove deriva l’asserita necessità di scindere nettamente la parte positiva e la parte negativa di una proposizione dogmatica, quasi fossero due aspetti incompatibili (peraltro in teologia ogni giudizio negativo è sempre più preciso del giudizio positivo, poiché si può affermare con maggior precisione ciò che Dio non è rispetto a ciò che Dio è);
2) L’affermazione secondo cui rispondere all’errore con una proposizione che lo condanna equivarrebbe a "combattere un errore con un altro errore" è un sofisma;
3) Il fatto che i pronunciamenti di Pio IX e Pio X non siano canoni conciliari è un’evidenza, ma ciò non toglie nulla al loro valore vincolante.


Sempre su questioni concernenti il metodo teologico prosegue Grelot: "Il lavoro è ancora più difficile quando si tratta di condanne su argomenti di carattere misto: lì la Rivelazione viene confrontata con realtà umane soggette per definizione al mutamento dell’evoluzione. Questo era il caso nel XIX secolo dell’organizzazione sociale e politica degli Stati, e quindi anche dei loro rapporti con la Chiesa. Allora l’ispirazione razionalista dell’ideologia liberale ha portato a severe condanne. Ma la dottrina cattolica era per conto suo definita? Mons. Lefebvre pensa di sì: «Poichè noi crediamo all’infallibilità dei Papi quando proclamano verità più volte affermate dai predecessori, non possiamo ammettere il paragrafo 3 della dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa». Ebbene, le ‘proclamazioni’ a cui Lefebvre allude sono in realtà queste: un testo di condanna di Gregorio XVI (1884); due ‘proposizioni condannate’ dal Syllabo (1864) con allusione ad altre due ‘proposizioni condannate’ a Pio VI (1794); e infine una lettera di Pio VII. In esse intanto non c’è alcuna esposizione positiva della questione discussa. Ma poi soprattutto, l’appello all’infallibilità pontificia è del tutto indebito, perché attribuisce infallibilità anche ad atti e documenti del tutto diversi dalle definizioni ex cathedra ben precisate dal Cocilio Vaticano I. Su questi punti le opinioni di Mons. Lefebvre sono decisamente confuse e non ci si può aspettare nulla di buono in materia di ragionamento teologico".

Grelot da un lato sembra non ammettere l’esistenza del magistero ordinario infallibile (sul quale si può sempre rileggere con grande profitto un intevento del card. Giuseppe Siri raccolto in Il dovere dell’ortodossia, Pisa 1987, p.16-17), dall’altro è molto disinvolto nell’escludere la volontà definitoria di taluni documenti, come ad esempio il Syllabo, sui quali invece sarebbe necessario aprire un dibattito molto più ampio. Inoltre, in modo inspiegabile, afferma che Mons. Lefebvre si appoggerebbe ‘solo’ su quattro interventi pontifici per sostenere il proprio rifiuto della libertà religiosa; ora, a parte il fatto che di per sé sarebbe sufficiente anche un solo insegnamento pontificio per porsi delle domande, l’asserzione di Grelot appare palesemente falsa a chiunque abbia letto anche una sola opera dell’Arcivecovo: che fine hanno fatto tutte le Encicliche e i Discorsi di Leone XIII, di Pio XI e di Pio XII continuamente citate da Mons. Lefebvre? Ancora, l’asserire che in tali documenti manca ‘l’esposizione positiva della questione discussa’ significa essere in cattiva fede oppure non aver mai letto quei testi.


"I suoi (di Mons. Lefebvre, n.d.r.) richiami al NT, prosegue Grelot, sono striminziti e occasionali; poco esatti, a volte. La sua conoscenza dei Padri della Chiesa sembra molto modesta. Non c’è alcun riferimento ai padri dei quattro primi secoli, utilissimi per mostrare l’atteggiamento della Chiesa di fronte alla società civile, quando il Cristianesimo non era ancora divenuto la religione ufficiale dell’Impero, e poi degli Stati che ne presero il posto. Inoltre, i suoi riferimenti a San Tommaso (unico autore da lui citato per il Medioevo) sembrano consistere in una citazione dal De Regimine Principum, opuscolo su una questione trattata ben divesamente nella Summa Theologiae (…) questa sua ‘tradizione di venti secoli’ si riduce praticamente alla teologia post-tridentina, con citazioni di alcuni brani di encicliche e riferimenti a trattati di teologia, specialmente di Billot e di Garrigou-Lagrange, più qualche rinvio a manuali di secondo mano ". Il lettore è obbligato a credere per fede alle parole di Grelot, giacché egli non fornisce alcun esempio delle presunte inesattezze e lacune del Presule. Evidente appare il disprezzo per la teologia classica (per la terza volta egli cita Billot e Garrigou-Lagrange, teologi che presumibilmente Grelot non amava!); Mons. Lefebvre ha cetamente sudiato la teologia post-tridentina, ma chi può dire o insinuare senza una grande dose di superficialità che quei teologi erano tutti incompetenti e non conoscevano né la Sacra Scrittura né i Padri?


"È così, prosegue Grelot, anche per il giudizio del Vescovo di Ecône su quello che chiama l’‘ecumenismo liberale’. Sembra che non abbia mai letto la preghiera di Cristo per l’unità di quelli che crederanno in lui. Egli pensa la Chiesa solo in termini di ‘poteri’ consegnati da Cristo a quella ‘società perfetta’ che essa è, sotto la guida del Sommo Pontefice. E perciò tutti gli scismi avvenuti nella Chiesa sono per lui dei semplici problemi di sottomissione dei dissidenti al Papa di Roma, l’unico che ha il potere di comandare in materia di fede e di disciplina: poiché costoro sbagliano bisogna convincerli dell’errore e fargli piegare la schiena".

Tralascio sull’evidente bruttura ortografica (‘fargli’ anzichè ‘far loro’) da imputarsi, credo, al traduttore. Dopo queste affermazioni si comprende meglio in che senso Grelot rimprovera a Lefebvre l’ignorantia Scripturarum; il Prelato è accusato di non conoscere la Scrittura solo perché non la cita secondo l’interpretazione progressista! Certamente Lefebvre non sarebbe stato disposto ad ammettere che l’ecumenismo post-conciliare trova le proprie radici nella preghiera sacedotale di Gesù, ma ciò non significa che ignorasse la Scrittura! Il resto credo non abbia bisogno di commento.

D.F.

10 commenti:

  1. Bell'articolo e bella segnalazione.
    Ho appena ritrovato lo speciale di Jesus da voi rammentato: era dal 1988 che non lo riprendevo in mano. L'articolo di Grelot è  veramente pessimo, ma quello che mi  ha colpito nel rileggerlo è come il mio giudizio sia cambiato in ventidue anni. All'epoca avevo veramente le scaglie sugli occhi e schifezze come queste mi parevan considerazioni sobrie e obbiettive.
    Solo gli imbecilli non cambiano mai idea e su questo son contento di averla cambiata.

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  2. <span>Bell'articolo e bella segnalazione.  
    Ho appena ritrovato lo speciale di Jesus da voi rammentato: era dal 1988 che non lo riprendevo in mano.</span>
    <span>Vi si parla di scisma ( più volte), del gen. Pinochet,  di Maurras, Petain, Le Pen ecc.  L'articolo di Grelot è  veramente pessimo, ma quello che mi  ha colpito nel rileggerlo è come il mio giudizio sia cambiato in ventidue anni. All'epoca avevo veramente le scaglie sugli occhi; ero un pollo cresciuto a mangime e perciò disdegnavo il granturco.
    Solo gli imbecilli non cambiano mai idea e su questo son contento di averla cambiata</span>

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  3. Circa Mons. Lefebvre vi invito a leggere l'ottimo libro di Cristina Siccardi per le edizioni Sugarco dal titolo:
    Mons. Marcel Lefebvre nel nome della verità.
    La lettura di questo libro mi sta mostrando la grandezza, la santità di Mons. Lefebvre e la sua passione per Gesù e la Verità.
    Tra l'altro vi sono notizie molto interessanti, per esempio i suoi genitori erano cattolici molto ferventi e di vita santa, il suo papà morto in un campo di concentramento nazista. Si parla dell'amicizia di Mons. Lefebvre per il luterano evangelico Albert Swaitzer, e soprattutto la subdola persecuzione dei modernisti verso di lui fin dagli anni 50.
    Si capisce chiaramente che il serpente modernista covava nella Chiesa fin da dopo san Pio X che aveva cercato in tutti i modi di debellarlo. Consiglio a tutti la lettura di questo libro molto interessante.
    Preghiamo per i colloqui della Fraternità  San Pio X con la Santa Sede.
    don Bernardo

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  4. non sei l'unico pollo cresciuto a mangime.
    Non sei l'unico che propio per quel mangime disprezzava il granturco, mentre ora apprezza molto quest'ultimo.
    Siamo in tanti ad esser riusciti a farci cadere le squame dagli occhi.

    Ma non diciamolo troppo in giro, perchè se nò i progressisti per appiccicar le scaglie sugli occhi delle nuove generazioni cercano altri adesivi, più potenti di quelli usati con noi.
    ;)  

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  5. utile certamente il libro citato; e più utile ancora sarebbe leggere anche gli scritti spirituali di Lefevbre. Perchè il "vescovo ribelle" (ribelle?) non è mica stato solo un polemista; ma anche ottimo autore spirituale. (oltrechè ottimo missionario e ottimo organizzatore).
    Ce ne fossero molti oggi di vescovi così spiritualmente profondi!

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  6. Ringrazio per la segnalazione. propongo un boicottaggio sistematico di tutto quello che concerne i cattopaolini: non rinnovare più gli abbonamenti a nessuna rivista, rispedire al mittente come non gradita vita pastorale, eliminare dalle chiesa quella che una volta era definita BUONA STAMPA e ora si è ridotta a stampa di parte. eliminare i foglietti La Domenica e se proprio non se ne può fare a meno, scaricarli dal sito Maranathà, veramente ottimo e puntale.

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  7. ho letto il libro della SICCARDI  . Una buona biografia che pero' è stata gia' messa in luce ampiamente da  

    MONS. TISSIER DE MALLERAIS .  ''MONS. MARCEL LEFEBVRE una vita ,, ed TABULA FATI 2005 .


    Oltretutto  e' un bel volume piacevolissimo da leggere .... 

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  8. appena rifatta le riforme liturgica e attuata immediatamente la persecuzione ....CHI si dichiarava ''simpatizzante ,, ----- e mi viene da ridere nè vero  !!! ----- di


    MONSIGNORLEFEBVRE veniva  tacciato automaticamente di essere integralista , razzista e fascista ........ udito con le mie orecchie ....... 

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  9. Davvero ha triovato "piacevole" l'opera di Mons Tissier de Mallerais?
    Ricordo di averla letta in pochi giorni; è un'opera molto ben documentata e densa. Ma ricordo anche uno stile piuttosto pesantuccio, forse aggravato dalla traduzione. Direi piuttosto un'opera da consultare, ma poco divulgativa. Invece la biografia della Siccardi mi pare scorra con più agilità.

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  10. Concordo, i Paolini non mi fregano più. Soprattutto dopo aver comprato una versione "riveduta e corretta" della Vita della Madonna della B. Emmerick. 

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