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venerdì 30 gennaio 2009

Presto avremo con noi i Tradizionalisti Anglicani?

Stemma della Traditional Anglican Communion


Damian Thompson, l’autorevole direttore del periodico britannico Catholic Herald e redattore al Telegraph, riporta in un lungo post la notizia che, secondo fonti australiane (The Record) si potrebbe risolvere presto la situazione della Traditional Anglican Communion, ossia di quel gruppo di anglicani di sensibilità tradizionale (e per questo la cosa ci interessa molto) che si sono da tempo staccati dalla comunione con l’Arcivescovo di Canterbury ed hanno chiesto di essere riammessi "in blocco": sono mezzo milione – come i lefebvriani - tra fedeli e sacerdoti, anche se per la Chiesa la loro ordinazione anglicana non è valida, come chiarito fin dai tempi di leone XIII. I loro esponenti hanno sottoscritto in segno di adesione il Catechismo della Chiesa Cattolica e l’hanno depositato presso un Santuario mariano in Inghilterra.

Riuniti con Roma, essi conserverebbero il diritto alla liturgia anglicana, che per come è celebrata da questi "tradizionalisti anglicani" è vicinissima alla Messa tridentina; manterrebbero il loro clero sposato, ma non il Vescovo che ora li guida perché, secondo la tradizione della Chiesa, sia cattolica sia ortodossa, solo i celibi accedono all’episcopato: lodevole quindi che il loro "capo" cerchi la comunione pur sapendo che, essendo sposato, retrocederà al rango di presbitero (beh: pensiamo che almeno monsignore lo diverrà).

Questa riunificazione inoltre avrebbe effetti travolgenti ben al di là della Traditional Anglican Communion, servendo da esempio anche a quei numerosi gruppi anglicani, rimasti all’interno della Comunione Anglicana e quindi dipendenti da Canterbury, che esprimono fortissimo disagio per la recente ammissione delle donne all’episcopato (e in precedenza, negli Anni ’90, al sacerdozio), nonché per l’ammissione a ruoli importanti nel clero di omosessuali in piena "attività" e conviventi con altri uomini: argomento su cui ci eravamo già soffermati abbondantemente in questo precedente POST.

Ricordiamo che all’ultima Lambeth Conference a Canterbury (il "Concilio" che gli anglicani tengono ogni dieci anni), il Card. Dias, inviato del Papa, accusò i suoi uditori niente meno che di alzheimer spirituale e di parkisons ecclesiale: alzheimer perché si dimenticano della Tradizione e delle loro radici, parkinsons perché si muovono freneticamente verso le novità, senza sapere dove vanno.

La notizia odierna è che la Congregazione per la Dottrina della Fede avrebbe raccomandato di accordare alla T.A.C. (Traditional Anglican Communion) lo statuto di prelatura personale come l’Opus Dei. Non quindi, una Chiesa uniate come ve ne sono tra le Orientali, ma una sorta di diocesi mondiale con propri apostolati e proprio vescovo.

L’annuncio verrebbe dato subito dopo la prossima Pasqua. Benedetto XVI, che ha assunto un interesse personale nella materia (anche per aggirare le resistenze dell’episcopato inglese, che non vuole guastare i rapporti con Canterbury e soprattutto non vede di buon occhio questi transfughi, giudicati troppo tradizionalisti), collegherà l’evento all’Anno Paolino, visto che Paolo è stato il più grande missionario nella storia della Chiesa. E S. Paolo fuori le Mura è una basilica tradizionalmente legata all’Inghilterra: prima dello scisma, era la chiesa ufficiale dei cavalieri dell’Ordine della Giarrettiera (la massima onorificenza britannica).
Il Primate della T.A.C., l’Arcivescovo John Hepworth, ha dichiarato che i vescovi della T.A.C. saranno invitati a Roma per la beatificazione del Card. Newman, anch’egli un convertito dall’anglicanesimo.

Tempi di vero ecumenismo, questi. Deo gratias!

3 commenti:

  1. Non c'è dubbio che un sano confronto dell'esito della riforma liturgica cattolica con la riforma promossa nell'aglicanesimo della chiesa alta sarebbe davvero fecondo. A chi non ha dimestichezza con il rito anglo-cattolico apparirebbe, per molti aspetti, una conferma della sensibilità chiamata della "riforma della riforma", per es.: lingua vernacola, ma vera e precisa traduzione dei testi, gestualità immutata e orientamento (e sì, la maggior parte degli anglicani offre ancora il "communion service" spalle al popolo!!), la comunione sotto le due specie, ma ricevuta alla balaustra e in ginocchio (una cosa che se non la vedi non ci credi, eppure è testimonianza di un uso ben antico, e ripreso dalla riforma anglicana). Certo le differenze all'interno della comunione anglicana sono enormi tra luogo e luogo e tra chiesa e chiesa (ma tra i cattolici è ormai lo stesso), quindi speriamo che anche i nostri fratelli della TAC tornino presto e si trovi per loro un posto comodo nella grande casa cattolica.

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  2. Amen, caro fr. A.R.

    Il ritorno di questi fratelli avrà frutti spirituali positivi per loro, ovviamente ed in primis, ma anche per noi (anche se, per l'Italia, molto indiretti).

    Un aspetto da rilevare è che avremo in tal modo un certo numero di sacerdoti di rito "occidentale" regolarmente sposati.

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  3. Ce ne sono già, e parecchi. Almeno dal 1980 in poi non sono per niente rare le conversioni personali. Inoltre papa Giovanni Paolo II ha stabilito un "pastoral provision" sotto la CDF per i ministri episcopaliani americani che tornavano con parrocchie intere verso Roma. Vengono chiamati "cattolici dell'Anglican use"

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