A Francesco piace épater le bourgeois
Il diritto al disorientamento e alla confusione
23-11-24
Sono anni che a Papa Francesco si fa una critica ormai ricorrente che arriva da settori diversi e che porta, nella Chiesa, a rivendicare un “diritto al disorientamento” e il potere di esercitarlo apertamente. Infatti, padre Jorge Mario Bergoglio, oggi Vescovo di Roma, dal suo passaggio in Cile nel 1963 - quando aveva 27 anni – è stato sempre associato a dei suoi comportamenti ondeggianti, contraddittori e anche scombussolati. In Argentina, è memorabile una frase sulle condotte del Pontefice stampata in numerosi libri, che dice: “Bergoglio mette la freccia per girare a sinistra ma poi gira a destra o viceversa”
e ciò provoca grande disorientamento proprio come accade a chi guida e sta dietro ad un altro conducente che nel traffico intenso e insidioso lancia messaggi equivoci e incoerenti. Per esempio, fra tanti comportamenti ambigui e velati, e anche enigmatici, c’è la recente sosta “a sorpresa” presso la casa dell’onorevole Emma Bonino. Il fatto causò non poco disorientamento e confusione, in particolare in Italia per ovvi motivi, perché non si è ben capito ancora cosa volesse dire Francesco con la trasformazione di un semplice gesto pastorale privato — d’altronde bellissimo poiché una visita ad una signora anziana e malata — in una studiata piccola scenografia per le telecamere, identica ad altre: dall’ottico, ai plantari ortopedici passando per il negozio di dischi e CD. È anche noto che da mesi sui crimini
di guerra a Gaza si parla e si discute nei governi e nelle istituzioni
politiche di tutto il mondo e i giuristi esperti in diritto internazionale
vengono chiamati a dare contributi per chiarire la delicatissima questione del
genocidio in atto o presunto.
Se Papa Bergoglio voleva denunciare
dall’alto della sua cattedra un “genocidio” vero e proprio, con fondamenti
giuridici severi e convincenti, lo avrebbe potuto fare assumendo le conseguenze
delle sue affermazioni e spiegando il suo pensiero in una tribuna autorevole e
non in comunicato di una casa editrice che vende libri. Se invece voleva dire che a Gaza non è in atto nessun
“genocidio”, lo poteva dire caricando su di se le conseguenze delle sue parole
e sempre in una sede ugualmente qualificata.
Il Papa, però, che dice di essere
tanto “ingenuo” quanto “furbo”, ha scelto la via ambigua del dire ma non dire,
quasi a voler provocare turbamento e scompiglio. Voleva forse lanciare il sasso
e vedere come si agitavano le acque? Voleva insinuare e suggerire? Oppure
voleva promuovere il suo ennesimo ultimo libro? … Alla fine, dunque, ha usato
la solita formula, ormai applicata in servita decine e decine di circostanze:
“lo dico ma non lo dico “, “lo dico perché mi è stato riferito”, “lo dico
perché me l'ha detto un uomo saggio, me l'ha detto uno studente, un'anziana,
una suora ...”.
Ecco perché gli ebrei si sono levati
in coro contro le espressioni del Papa. Oltre al contenuto, furbescamente
ambiguo, il mondo ebreo è inorridito per il livello e le tecniche per
comunicare con loro in materie così delicate.
La questione ‘genocidio a Gaza, sì o no’, per primo è affare della
diplomazia vaticana che custodisce i pensieri e le condotte dei Papi precedenti
e custodisce anche una storia secolare altamente sensibile.
La sola realtà del dialogo
ebreo-cattolico avrebbe imposto al Pontefice di trattare la materia con
delicatezza, intelligenza e rispetto, lasciandola fuori dalle sue tecniche
mediatiche, dalla sua ossessione di épater le bourgeois, dall'essere al centro
delle polemiche che devastano ancora la diplomazia vaticana ridotta ormai ad un
cumulo di macerie.
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