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martedì 20 agosto 2024

Riflessione sulla 4ª Peregrinación Nuestra Señora de la Cristiandad - España a Covadonga: la sinodalità di «todos, todos, todos!»

Vi proponiamo – in nostra tradizione – la bella testimonianza di don Joaquín Manuel Serrano Vila, Parroco di San Félix de Lugones e Arciprete di Oviedo, pubblicata il 10 agosto sul sito della Parrocchia di San Félix de Lugones.

L.V.


Scrivo queste righe dopo aver vissuto la 4ª Peregrinación Nuestra Señora de la Cristiandad - España a Covadonga dall’esterno; ho partecipato solo alla benedizione dei pellegrini da parte di mons. Jesús Sanz Montes O.F.M., Arcivescovo metropolita di Oviedo, e al canto dell’inno Te Deum finale a Covadonga, ma ho accolto nella mia casa sacerdoti secolari di altre Diocesi spagnole e due laici che hanno partecipato attivamente, e ho potuto salutare e conversare con sacerdoti, religiosi e laici che hanno vissuto questa avventura di fede molto speciale. Ho anche potuto accogliere nella mia Parrocchia un sacerdote, un diacono e un seminarista dell’Istituto del Buon Pastore, che è una società di vita apostolica di diritto pontificio non solo riconosciuta dalla Santa Sede, ma in piena comunione con il Papa. Abbiamo condiviso una cena conviviale a Lugones e ci siamo scambiati impressioni, opinioni e punti di vista. Mi ha colpito la profondità d’animo di questi giovani pellegrini che in quei giorni hanno fatto un percorso a piedi, chiedendo innanzitutto per il Santo Padre e per la Chiesa, per la Spagna e la sua fede.

Ammetto di essere un novizio della realtà della Tradizione, essendo cresciuto con la liturgia del Concilio Vaticano II, anche se è vero che ho avuto la fortuna che i sacerdoti della mia Parrocchia di origine si sono sempre distinti per la cura e l’attenzione alla liturgia, e posso quindi dire con orgoglio che gli unici due sacerdoti che ho conosciuto alla guida della mia prima comunità parrocchiale si sono caratterizzati per la loro fedeltà alle rubriche, alla loro ars celebrandi e alla loro preoccupazione di assicurare che il rito sacramentale non fosse distorto da elementi che non cercano di servire la gloria di Dio, ma piuttosto di usare Dio per la glorificazione personale e il protagonismo personale, come l’introduzione di testi, canti, simboli o discorsi estranei a ciò che indica la Santa Chiesa. Tuttavia, ho visto in diversi luoghi delle Asturie e della Spagna fin dalla mia giovinezza ogni sorta di abuso liturgico e, sebbene non abbia mai avuto alcun rapporto con la liturgia tradizionale poiché tutti i miei anni da seminarista li ho trascorsi sotto il pontificato di mons. Gabino Díaz Merchán, Arcivescovo metropolita di Oviedo, era evidente in quegli anni che solo pochi vestivano il costume da «clergyman» o da talare, e credo che nessuno celebrasse la Santa Messa tradizionale; era assolutamente stigmatizzante, se non direttamente discriminatorio, e fonte di scherno e derisione da parte di alcuni «fratelli» che evidentemente erano molto tolleranti nei confronti dei propri «carismi».

Negli ultimi anni in cui sono stato coinvolto nell’accompagnamento pastorale e formativo dei seminaristi, mi sono reso conto di quanto le cose siano cambiate: è innegabile che le nuove generazioni abbiano una sensibilità del tutto particolare per questo mondo della Tradizione, un tempo tanto perseguitato, ridicolizzato o disprezzato; oggi, inoltre, è un dato di fatto che quello che alcuni chiamano «fenomeno conservatore» è diventato inarrestabile nella laica Francia o nei poliedrici Stati Uniti, senza dimenticare questa «nostra Spagna» (come direbbe la cantante María Ostíz) che ha ormai chiese praticamente in ogni Diocesi dedicate a quello che oggi viene chiamata «forma straordinaria» della Santa Messa, quando – non possiamo dimenticarlo – per secoli è stato l’unico rito per tutto il mondo cattolico e di cui hanno vissuto e si sono abbeverati i nostri grandi mistici e santi. Il tempo passa e le carte in tavola si ribaltano, come quando si ribaltano le carte in tavola, e così coloro che in passato nell’Arcidiocesi di Oviedo guidavano la voce canora (da una pastorale in molti casi ideologizzata) oggi piangono non in riva ai canali di Babilonia, ma nelle sedi rimaste – perché le loro chiese sono vuote – delle sidrerie e dei bar del sidro, e ovunque un «bollore» alimentato e quasi estinto (come il venerabile – requiescat in pace – don Ángel Garralda García) non dicono «cantaci una canzone di Sion», ma ricordano come lutti «quel tempo del card. Vicente Enrique y Tarancón» [Arcivescovo metropolita di Toledo e Primate di Spagna, poi Arcivescovo metropolita di Madrid: N.d.T.] e lo scomparso «spirito sociale del periodo post-conciliare».

Alcuni di questi personaggi storici e già rugosi considerano questa rinascita tradizionalista «preoccupante, deplorevole e imbarazzante»: è tutto qui quello che i campioni della libertà e del progressismo carismatico hanno da dire e da contribuire oggi? Sempre la stessa cosa! È comprensibile che provino un certo disagio, dovendo assistere in modo drammatico alla scelta di molte persone, ignorando le cosiddette comunità di base, le assoluzioni collettive, la creatività eterodossa, le invenzioni liturgiche e i moralismi sulla realtà di una scelta di migliaia di seguaci che chiamano conservatori, con una liturgia più tradizionalmente cattolica e molto più esigente sul piano morale che pochi di loro hanno rifiutato nella propria vita, atti e fatti compiuti, giustificando tutto. Se fossi stato un prete operaio o progressista (si badi bene, ci sono anche molti che si sono definiti tali che non se ne sono mai fregati nella loro vita e hanno vissuto e continuano a vivere da veri borghesi), non solo perderei il sonno per la Peregrinación Nuestra Señora de la Cristiandad - España a Covadonga, ma chiederei addirittura di essere dimesso per depressione, perché deve essere certamente sconvolgente vedere che ciò che hai sostenuto nella vita dalla morte di Friedrich Nietzsche – e non da quella di Dio – si sta estinguendo irrimediabilmente come i dinosauri.

Papa Francesco ci chiede una Chiesa sempre più sinodale, anche se ci sono alcuni che sono palesemente contrari a questa sinodalità, al punto che nella stessa assemblea del Sinodo dei Vescovi hanno cercato di barare cercando di far sparire le proposte che ad alcuni curiali non interessavano, così come di tirare fuori dal cilindro quelle proposte che erano assolutamente tendenziose. Ne sa qualcosa don Jorge González Guadalix, Parroco di Braojos, Gascones e La Serna del Monte (Madrid), che tra le proposte che ha fatto alla Santa Sede ha espresso il dubbio che tanti di noi si chiedono: qual è il problema nel permettere ai Cattolici che vivono la liturgia tradizionale come un bene spirituale, di accedere a questo rito…? È ridicolo che poi si permettano celebrazioni in costume da bagno, con pistole ad acqua o che si parli di approvare l’uso della liturgia africana, e sembra che qui vada bene tutto tranne questo rito. Puoi fare una celebrazione vestita da Superman o mettere su un circo liturgico e nessuno ti dirà nulla, e può anche essere «bello», ma una celebrazione in forma straordinaria per alcuni è «preoccupante, deplorevole e imbarazzante»…

C’è stata anche una notevole presenza di sacerdoti delle Asturie; non pochi sacerdoti diocesani di Oviedo erano presenti alle celebrazioni o hanno dato il loro sostegno alla Peregrinación Nuestra Señora de la Cristiandad - España a Covadonga. Un sacerdote ha commentato, parafrasando le parole di Alfonso Guerra González, Vicepresidente del Governo di Spagna (socialista) durante le elezioni del 1986, che «questa Diocesi non è più conosciuta nemmeno dalla madre che…». Le vecchie glorie «progressiste» sono morte, si sono secolarizzate, o ora sono semplicemente progressisti in pensione con discorsi noiosi e fossilizzati nelle loro piccole battaglie che ripetono come una cattiva digestione. Quelli che sono stati ordinati negli ultimi trent’anni non li vedo nei loro tessuti sociali, nelle comunità di base o nei forum di protesta e, inoltre, hanno anche perso la paura di mostrare apertamente i loro criteri.

Una cosa che colpisce fortemente della Peregrinación Nuestra Señora de la Cristiandad - España a Covadonga è che non è affatto clericale; è nato dai laici: giovani laici – una moltitudine – coppie e intere famiglie di oggi? È curioso, abbiamo sacerdoti che convocano i fedeli per fare «cerchi di silenzio» e omaggi alla guerriglia dove quattro anime arrivano dopo aver preso le ricette dal medico, e qui, dove nessuno li ha chiamati, nasce dal sentimento stesso dei fedeli – «sensus fidei» – e supera le aspettative e le capacità di accoglienza. C’è anche una sorda resistenza a un fenomeno che considero inarrestabile, anche tra alcuni responsabili del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti: era così sconveniente che potessero celebrare la Santa Messa tradizionale rispettando tutti i requisiti della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditiones custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970; non ci sono forse altri abusi quotidiani in cui si guarda dall’altra parte? Papa Francesco alla 37ª Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona ha detto che «nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti!» [QUI: N.d.T.], e capisco che così dovrebbe essere, ma i pellegrini di Nuestra Señora de la Cristiandad - España hanno dovuto celebrare l’Eucaristia in un prato a Sorribas (Piloña): non erano inclusi in questo «tutti, tutti, tutti»? Forse non c’era posto per loro alla posada [processione spagnola: N.d.T.], o forse sono stati così ingenui da andare dalla loro stessa gente e la loro stessa gente non li ha ricevuti… Quanto sarebbe piaciuto al mio caro fratello sacerdote don Luis Marino, morto un paio di anni fa, partecipare alle celebrazioni al fianco di quella che è stata una delle sue Parrocchie per tanti anni, quella di San Pablo de Sorribas; dal balcone del cielo sicuramente non gli è mancato nulla. Lasciamo libero lo Spirito Santo, che ci parla anche con la matematica, perché i numeri parlano da soli, e facciamo in modo che le parole di papa Francesco si avverino: «todos, todos, todos!»

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