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giovedì 8 agosto 2024

Il ruolo degli ambienti nella rivoluzione culturale anticristiana

Interessanti riflessioni sulla società d'oggi.
Luigi C.

Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà, Roma, Ottobre 2006, di Guido Vignelli

L’opinione pubblica benpensante si pone sempre più un problema. Come mai la gioventù odierna, anche se viene formata in una famiglia cattolica e in parrocchia, all’inizio dell’età adolescenziale diventa per la maggioranza, se non proprio atea, perlomeno indifferente alla Religione e lontana dalla Chiesa?

Importanza degli ambienti

Generalmente si cerca di spiegare questo enigma sostenendo che i ragazzi vengono influenzati più dal mondo che li circonda che dalla famiglia e dalla parrocchia. Si ripropone qui l’eterno problema della nefasta influenza del “mondo” sulla società e sulla Chiesa stessa.
Ma questa diagnosi rimane nel generico. Essa va precisata osservando che oggi il “mondo” si è organizzato in modo scientifico e capillare, creando ambienti capaci non solo d’influenzare ma anche di plasmare, per così dire, l’animo dei giovani e ipotecarne il futuro.

Ma cosa sono questi “ambienti”?

Come l’ambiente naturale è il complesso delle condizioni biologiche che favoriscono la nascita e lo sviluppo degli esseri viventi, così l’ ambiente sociale è il complesso delle condizioni – innanzitutto culturali, psicologiche e morali – che favoriscono la formazione spirituale degli uomini. Certamente è l’uomo che crea l’ambiente, è la vita spirituale degli uomini a formare gli ambienti sociali; ma a sua volta l’ambiente plasma l’uomo, la vita sociale forma la vita spirituale delle generazioni.
Scriveva Plinio Corrêa de Oliveira: «Quando, in un determinato gruppo umano, (…) la vita sociale delle anime è regolare e intensa, si costituisce in esso come un’anima collettiva (…) e di conseguenza una mentalità collettiva, uno stato di spirito comune che esercita una influenza particolarmente forte su tutti i membri. (…) L’ambiente materiale si satura di questa influenza e, a poco a poco, il quadro fisico (…) viene trasformato in modo da esprimere lo specifico spirito dominante. (…) Nello stesso senso, dobbiamo anche dire che la funzione contemplativa dell’uomo su questa terra (…) di norma si esercita con il sostegno dell’ambiente, della cultura, dello stile e della civiltà» (1).

«Dove le leggi, le istituzioni, la cultura, lo stile, la civiltà costituiscono un ambiente profondamente cattolico, l’azione specifica della Gerarchia ecclesiastica ottiene abitualmente grandi frutti e l’azione dei Sacramenti, della predicazione, della santità muove le moltitudini. Dove, per contro, tutto vi si oppone, le difficoltà per l’azione della Gerarchia diventano enormi» (2).

E’ quindi estremamente importante che la società politica, sotto la guida della Chiesa, crei, mantenga e difenda ambienti che favoriscano la vita religiosa e orientino le anime verso Dio; in questo modo, la società può svolgere un implicito apostolato morale e religioso.

Come insegnava Pio XII, «dalla forma data alla società, consona o no alle Leggi divine, dipende e s’insinua anche il bene o il male delle anime, vale a dire, se gli uomini, chiamati tutti ad essere vivificati dalla grazia di Cristo, nelle terrene contingenze del corso della vita, respirino il sano e vivido alito della verità e della virtù morale, o il bacillo morboso e spesso letale dell’errore e della depravazione» (3).

Ambienti rivoluzionari

Un ambiente non può essere moralmente indifferente: o è sostanzialmente buono, in quanto esercita una influenza formativa ed educatrice che orienta le anime verso Dio; oppure è sostanzialmente cattivo, in quanto esercita una influenza deformante e diseducatrice che distoglie le anime da Dio. Esistono dunque ambienti sani e tradizionali o addirittura santi, ma esistono anche ambienti corrotti e rivoluzionari o addirittura diabolici.
La società odierna, purtroppo, è piena di ambienti diseducativi e deformanti. Come alcuni ambienti naturali ingannano i sensi creando effetti allucinatorii, facendoci vedere le cose sotto una falsa luce o da una falsa prospettiva, così alcuni ambienti sociali ci fanno vedere la vita da un punto di vista ingannevole, acciecando l’intelletto e disorientando le coscienze.

Fra questi il peggiore è l’ambiente rivoluzionario, ossia il complesso delle condizioni – culturali, psicologiche e morali – che favoriscono la Rivoluzione anticristiana. I giovani d’oggi vivono abitualmente in ambienti rivoluzionarii. All’insegnamento e alla testimonianza cristiana, questi ambienti oppongono implicitamente un contro-insegnamento e soprattutto una contro-testimonianza che permea, influenza e deforma l’animo giovanile, “liberandolo” dall’eredità di secoli di cultura, tradizioni, civiltà cristiana, estinguendo in esso la luce della verità, la voce della coscienza e il richiamo della fede.

Questo «ambiente libertario» (4), come lo chiamava Marcuse, realizza nel modo più profondo il metodo marxistico noto come «primato della prassi», che suggerisce non di proclamare direttamente l’errore rivoluzionario, ma di permearne la società, di abituare gli uomini a vivere come se la Rivoluzione fosse inevitabile e priva di alternative.

Ad esempio, oggi si vive in un ambiente che, anche quando non rifiuta ufficialmente Dio, non nega filosoficamente l’esistenza dell’anima, non proclama dottrinalmente il nichilismo, tuttavia dispone le cose, alimenta uno stile di vita e diffonde una mentalità, che insegnano implicitamente il soggettivismo e il relativismo. La vita sociale diventa una prigione psicologica che incarcera l’uomo nella più rigorosa immanenza; l’uomo finisce col vivere come se non esistessero né Dio né l’anima né la vita eterna. In questo modo, tale ambiente rende quasi impossibile contemplare la verità, perseguire i valori spirituali, orientarsi verso Dio, salvarsi l’anima.

Il ruolo della musica

Fra questi ambienti rivoluzionari per giovani, i più importanti sono probabilmente quelli musicali, in quanto, «molto più dei colori e delle forme, i suoni e il loro concatenarsi plasmano la società. (…) Nel suono si leggono i codici della vita e i rapporti fra gli uomini. (…) Qualsiasi musica, qualsiasi organizzazione dei suoni, è allora uno strumento per creare o consolidare una collettività, una totalità» (5).

Gli happenings studenteschi, gli open air festivals e i raduni musicali di massa svoltisi negli anni Sessanta e Settanta in luoghi rimasti famosi (come Berkeley, Woodstock, Wight, il Parco Lambro a Milano), costituirono i primi esempi degli ambienti rivoluzionari nei quali si promuovevano svariate forme di “trasgressione” collettiva basate sul noto trinomio “sesso, droga e rock’n’roll”. Le melodie spezzate, le dissonanze e i ritmi ossessivi tipici di quelle musiche, suscitarono nei giovani uno stato d’animo inquieto che li ha spinti alla contestazione studentesca, alla rivolta generazionale, alla guerriglia e infine al terrorismo.

Un esempio tipico di ambiente rivoluzionario è la discoteca. In essa, i giovani d’oggi non ascoltano la musica né semplicemente la vivono, ma la “abitano”, immergendosi e quasi annullandosi in un artificiale ambiente sonoro, visivo e tattile. Essi non pensano né parlano né ascoltano, ma gridano, danzano e sudano per ore fino a diventare esausti, intontiti e quasi sordi, annegando nel calderone ribollente della musica convulsa e della folla scatenata, cadendo in uno stato di trance simile a quello provocato dalle pratiche dello sciamanismo. In questo modo, essi s’impongono un esercizio di ascesi rovesciata: cioè, si mortificano non per ritrovare sé stessi e inserirsi in ordine cosmico-sociale, ma per dimenticarsi ed annientarsi in un disordine tribale, cercando «il nirvana mediante la violenza» (6).

L’esempio più avanzato di ambiente rivoluzionario è costituito dai cosiddetti Centri Sociali Autogestiti e dalle Zone Temporaneamente Autonome (TAZ). In essi, i giovani rivoluzionari si creano una sorta di “zona franca”, sottratta non solo alle leggi dello Stato ma anche alle leggi sociali e morali, dove si pratica sesso, droga, “disobbedienza civile” e talvolta anche rivolta armata. Le recenti rivolte delle periferie urbane francesi sono un tentativo di estendere queste “zone franche” alla vita pubblica cittadina.

Le abitudini rivoluzionarie

Ma come nascono questi ambienti rivoluzionari?
Poiché gli ambienti vengono formati dalla pratica sociale delle abitudini, possiamo dire che gli ambienti rivoluzionari nascono dal prevalere sociale di quelle cattive abitudini che sono i vizii.

Gli habitus, ossia le abitudini, sono le «qualità di per sé stabili grazie alle quali l’individuo agisce con facilità e spontaneità, nel bene o nel male» (7). Esse nascono, si rafforzano e si radicano nell’individuo e nella società, mediante la ripetizione dei comportamenti e la imitazione dei modelli sociali. «L’àmbito dell’ habitus, ossia della inclinazione abituale, domina, più o meno coscientemente, la maggior parte della vita e del comportamento umano» (8).

Gli uomini ben formati agiscono perché razionalmente convinti di una verità e moralmente tesi a conseguire o a difendere un bene, per cui in loro l’intelletto orienta la volontà e la volontà governa la sensibilità. Tuttavia, in molte persone accade il rovescio: la loro vivace o disordinata sensibilità s’impone sulla volontà indebolita e questa, a sua volta, s’impone sull’intelletto ottenebrato. Pertanto, queste persone agiscono spinte soprattutto dalle sollecitazioni sensibili: fatti, azioni, stimoli, suggestioni, timori, allettamenti, vantaggi…. Insomma, più che agire razionalmente e coscientemente, esse reagiscono a stimoli interni o estern (9).

Questo rovesciamento dell’ordine interiore, un tempo era considerato come patologico e veniva curato dalle istituzioni sociali e religiose; oggi invece viene considerato come normale ed anzi viene favorito dagli ambienti e dalle abitudini sociali, che incitano all’immoralità, all’empietà e perfino all’irrazionalità. Oggi la grande maggioranza delle persone agisce perché ingannata da una illusione o perché sedotta da una passione o perché spinta da un timore. Facendo un gioco di parole latine, potremmo dire che qui l’ habitus, inteso come abitudine e usanza, viene formato dall’ habitus, inteso come apparenza e atteggiamento.

Le tendenze rivoluzionarie

Ma, se gli ambienti vengono formati dalle abitudini sociali, queste abitudini da dove nascono?
Le abitudini vengono formate principalmente dalle tendenze (10). Le tendenze sono quelle inclinazioni comportamentali abituali che spingono l’uomo a compiere certe scelte e quindi a orientarsi in una certa direzione. Si badi bene: le tendenze non possono costringere la volontà umana, ma solo spingerla in una certa direzione, disponendo gli atti interni e le cose esterne secondo una certa coerenza e un preciso orientamento, in base al “principio di connaturalità”.

I fattori che favoriscono l’insorgere o il prevalere delle tendenze possono essere sia esterni che interni all’uomo. Fra i fattori esterni ricordiamo le luci, i colori, i suoni, i ritmi, i sapori, gli odori, i gesti, gli atteggiamenti, le forme, le proporzioni, gli stili, insomma tutti gli stimoli fisici che colpiscono i sensi esterni dell’uomo. Fra i fattori interni ricordiamo gl’istinti, le passioni, i sentimenti, i desideri, le fantasie, insomma, tutti gli stimoli psichici che colpiscono i sensi interni dell’uomo (11).

Le tendenze non sono mai neutre e vanno giudicate moralmente in base al loro orientamento: se favoriscono un comportamento razionale e ordinato, allora sono tendenze buone e vengono dette anagogiche; se invece favoriscono un comportamento irrazionale e disordinato, allora sono tendenze cattive e vengono dette catagogiche.

Le tendenze possono orientare non solo la vita individuale, ma anche la vita sociale, creando abitudini, usanze ed ambienti, favorendo la nascita di mentalità e ideologie. Infatti, le tendenze:condizionano il comportamento sia privato che pubblico, favorendo il formarsi delle abitudini; tramite il comportamento, poi, esse
influenzano le mentalità, ossia quelle convinzioni implicite di fondo che formano il cosiddetto “spirito pubblico”; tramite le mentalità, infine, esse
orientano il pensiero degl’individui e indirettamente anche della società, favorendo la nascita delle ideologie.

Quando passano a influenzare la vita sociale, le tendenze disordinate provocano l’insorgere delle tendenze rivoluzionarie. Come insegna Plinio Corrêa de Oliveira, «queste tendenze disordinate, che per loro propria natura lottano per realizzarsi, non conformandosi più a tutto un ordine di cose che è ad esse contrario, cominciano a modificarne le mentalità, i modi di essere, le espressioni artistiche e i costumi, senza incidere subito in modo diretto – almeno abitualmente – sulle idee» (12). Se poi la ragione non riesce a imporsi sulle passioni disordinate, alla lunga le tendenze rivoluzionarie finiscono con l’influenzare anche la vita intellettuale; allora, dagli strati sotterranei della sensibilità, la crisi affiora a livello del pensiero, suscitando errori che giustificano quelle passioni e le permettono d’imporsi con l’inganno nella vita sociale, e l’intelletto asservito provoca a sua volta un rilancio delle tendenze disordinate. A questo punto s’innesca un circolo vizioso che forma una spirale tendente progressivamente al ribasso, peggiorando sempre più la situazione.

L’uomo ha quindi il dovere di plasmare il proprio comportamento alla luce delle buone idee che professa, per evitare che le proprie tendenze disordinate finiscano con il plasmare le idee in base al proprio comportamento immorale, acciecando l’intelletto e tacitando la coscienza. Si verifica qui il celebre ammonimento di Paul Bourget: «bisogna vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto» (13).

P. Corrêa de Oliveira, Note sul concetto di cristianità, Thule, Palermo 1998, pp. 33-34.
P. Corrêa de Oliveira, Note sul concetto di cristianità, p. 41.
Pio XII, radiomessaggio La solennità della Pentecoste, del 1-6-1941.
H. Marcuse, Saggio sulla liberazione, Einaudi, Torino 1969, p. 44.
J. Attali, Bruits. Essai sur l’économie politique de la musique, P.U.F., Paris 1977, pp. 11-12.
E. Cioran, Il funesto demiurgo, Adelphi, Milano 1986, p. 72
S. Ramírez O.P., De habitibus in communi, C.S.I.C., Madrid 1973, vol. I, p. 117.
V. Rodríguez O.P., Temas-clave de humanismo cristiano, Speiro, Madrid 1984, p. 248.
S. Tommaso d’Aquino, In metaphysicorum Aristotelis libros commentaria, liber II, lectio V, § 334.
Queste tendenze non hanno nulla a che fare con quelle analizzate dalla psicoanalisi di Adler o di Ach negli anni Venti e Trenta.
C. Fabro, L’anima, Studium, Roma 1955, p.117.
P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, p. I, cap. V, § 1.
P. Bourget, Le démon du midi, Plon, Paris 1914, vol. II, p. 375.

3 commenti:

  1. Ma è ancora cattolicesimo questo?

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  2. Ho vissuto i miei primi 10 anni in un ambiente cattolico (1951 - 61). La realtà trascendentale era normale come l'aria che si respirava. Poi concilio V II, inizio dei dubbi, delle interpretazioni e tutto ciò che sappiamo. L'aria si fa viziata, non si respira più a pieni polmoni. Oggi che dopo un Odissea spirituale di decenni sono tornato all'ovile, ma senza la conferma del mondo in cui vivo, tutto è molto molto più difficile. La regalità sociale di Cristo non è robetta, come pure la Libertà Religiosa di nuova concezione. I Cristiani di oggi e di domani o sono/saranno eroi o non sono/saranno.

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    1. Accidenti! Neanche decenne e percepivi già la realtà trascendentale rendendoti conto precocemente delle dinamiche emerse al Concilio Vaticano II prima ancora che si concludesse. È proprio vero che i tradizionalisti hanno non una, ma tre o quattro marce in più.

      Vedete, sono sparate come questa che mi fanno dubitare di ogni cosa che scrivete. Come le “testimonianze” tutte identiche di chi rimane folgorato per aver presenziato una volta ad una cerimonia preconciliare.
      No, non ci credo più.

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