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sabato 27 aprile 2024

Lo straordinario monumento sepolcrale di Maria d’Ungheria nella chiesa di Santa Maria di Donnaregina vecchia a Napoli #napoli #ungheria #mariadungheria #donnaregina

«Proprio in sé stessa, l'intenzione dichiarata di così tante scuole d'avant-garde di svalutare radicalmente tutte le tradizioni e i risultati artistici del passato, non è solo sprezzante arroganza, ma anche un segno che questi moderni non riconoscono alcuna essenza atemporale né nelle cose né nell'arte. E così, se la vera arte non deve morire, ci deve essere un qualche ambito che sia libero da questa gara con lo spirito dei tempi; e quell'ambito è la Chiesa» 
(Hans Sedlmayr)

La grande arte cristiana.
Luigi C.


Barbara Ferabecoli, Europa Cristiana, 25-2-24

Il servizio fotografico completo, compresa l’immagine di copertina, di questo articolo è stato realizzato da Barbara Ferabecoli

Il Complesso Monumentale Donnaregina (circuito museale dal 2007) è un luogo che offre uno straordinario percorso storico, artistico e di fede lungo oltre tre secoli, un viaggio sorprendente e anche un po’ misconosciuto nel cuore di Napoli tra lo stile gotico e quello barocco.

Fanno parte del Museo Diocesano due Chiese: Donnaregina nuova, chiesa seicentesca, all’interno della quale alcune aule sono adibite a pinacoteca con una pregevole collezione di dipinti, sculture e reliquie prevalentemente di scuola napoletana, e Donnaregina vecchia.

Le due chiese, anticamente collegate, davano vita ad un grande complesso, ma la storia di questo luogo sacro inizia da un primo monastero di cui si hanno testimonianze documentate a partire dall’VIII secolo.

Era denominato «San Pietro del Monte di Donna Regina» (il nome deriva del proprietario del terreno su cui sorgeva il convento) e apparteneva alle monache italo-greche Basiliane, il convento passò nel IX secolo alle monache Benedettine che lo intitolarono a Santa Maria e, due secoli dopo, alla suore Clarisse.

L’antico edificio venne distrutto da un terremoto del 1293 e ricostruito per volere della regina di Napoli, Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II D’Angiò, e riaperto al culto nel 1316.

L’intero complesso una volta era completamente affrescato e lungo le pareti del coro delle monache di clausura, visibile ora all’interno della chiesa vecchia su quattro campate di volta a crociera per circa metà della grande unica navata gotica, è conservato il più grande ciclo di affreschi del XIV secolo, probabilmente realizzato da maestri formatisi a Roma alla scuola di Pietro Cavallini che, seppure fortemente danneggiato da un incendio del 1390, che ha alterato irreversibilmente le tonalità originali, è il più vasto e interessante ciclo pittorico trecentesco conservato a Napoli.

La Regina mantenne sempre un legame costante con la chiesa e il convento delle suore, tanto che alla sua morte, nel 1323, dispose che le sue spoglie venissero traslate qui. Dopo tre anni, trovarono degna sepoltura in una tomba monumentale (ora addossata alla parete di sinistra prima dell’abside), opera dello scultore e architetto senese Tino di Camaino, che, arrivato a Napoli un anno dopo la morte della sovrana, realizzò questo meraviglioso monumento, il quale divenne il prototipo delle tombe angioine monumentali a parete.

Si presenta come un baldacchino in stile gotico ornato da minuziosi mosaici cosmateschi di smalti e oro zecchino che spiccano sul marmo bianco.


La Regina è distesa con un’espressione pacifica sul letto di morte ed è l’unica figura in scala reale, tutte le altre che compongono questa opera d’arte sono realizzate scegliendo una scala inferiore, non per tutti la stessa, a partire dai due diaconi dietro il corpo che portano l’ostensorio e il turibolo per l’estrema unzione.


Il racconto che si cela in questo monumento è magistralmente creato per accompagnare il devoto a scoprire la personalità e l’importanza che questa donna aveva, sia sulla terra con tutta la stirpe reale degli Angiò effigiata sul sarcofago (tra cui Roberto, successore del padre sul trono di Napoli, e Ludovico, destinato a divenire da frate francescano a Vescovo di Tolosa e santo), ma soprattutto in Cielo.

Alla base della tomba infatti, a sostenere il peso del sarcofago e del corpo della Regina, ci sono le quattro virtù cardinali (che dovettero appartenerle) sotto vesti di angeli: Prudenza, Temperanza, Giustizia, Fortezza, che non sono però rigidi come cariatidi, ma dialogano fra di loro, sorreggendo la sovrana e la sua stirpe regale, come se quest’ultima avesse il peso di una piuma.

Sopra di lei, a sinistra, in una scala ancora più piccola, il racconto continua con un angelo che la presenta alla Vergine che le rivolge lo sguardo come ad accoglierla, e alla destra un altro angelo presenta il modellino della chiesa che lei aveva contribuito ad edificare.

All’altezza del suo corpo, sempre due angeli (ancora in un’altra scala di grandezza) scostano le tende della sua camera mortuaria per presentarla a noi.

Maria d’Ungheria è la regina degna di imperitura memoria sulla terra, ma questo abile artista ispirato la presenta a noi prima di tutto come una donna di fede.

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