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venerdì 9 febbraio 2024

Relazione sul simposio «Formare nella e attraverso la liturgia» presieduto dal card. Arthur Roche. I Cattolici francesi non capiscono

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1003 pubblicata da Paix Liturgique l’8 febbraio, in cui si si racconta lo svolgimento – a tratti imbarazzante – del simposio annuale dell’Institut Superieur de Liturgie sul tema «Formare nella e attraverso la liturgia», che ha visto il card. Arthur Roche, Prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, come più illustre relatore.
La conclusione del simposio è stata caratterizzata dalla Santa Messa, definita «irrispettosa», seppur in linea con quanto proposto nelle tre giornate precedenti.

L.V.


Mentre i contadini manifestavano per la loro sopravvivenza, come scriveva il portale Riposte Catholique il 1º febbraio, Sua Eminenza «il card. Arthur Roche e alcuni teologi relativamente sconosciuti ai fedeli francesi, tra cui il can. don Gilles Drouin, che si impantana nel tappeto della storia francese quando paragona i Tradizionalisti agli anti-dreyfusardi o ai colonizzatori dell’Algeria – parleranno nel centro di Parigi in una conferenza che costa 120 euro a posto per gli uditori esterni – in altre parole, si fa di tutto perché non ci sia nessuno e, se possibile, solo un pubblico selezionato. Stranamente, tra i relatori ci sono pochissimi Vescovi, uno solo in realtà, che deve essere tale perché ospita mons. Laurent Bernard Marie Ulrich».

Aperto dal can. don Gilles Drouin, Direttore dell’Institut Superieur de Liturgie in seno all’Institut Catholique de Paris, alle ore 14:00 del 31 gennaio, il simposio ha riunito una cinquantina di studenti dell’Institut Superieur de Liturgie – per loro è gratuito – e un centinaio di liturgisti chierici e laici provenienti da varie Diocesi francesi, relatori, un Vescovo belga, il nuovo segretario cerimoniale del Vescovo di Lione ecc. Mons. Laurent Bernard Marie Ulrich, Arcivescovo metropolita di Parigi, ha parlato per Parigi, «ha tenuto il suo discorso prima di andarsene subito dopo», ha osservato un ascoltatore, un oratore della Marmion Abbey a Chicago per il Nord America, padre Félicien Guessé della Costa d’Avorio per l’Africa e così via.

In effetti, come ha sottolineato un sacerdote del sud-est della Francia, «mons. Laurent Bernard Marie Ulrich ha parlato soprattutto di Parigi e di se stesso, l’oratore africano ha menzionato l’efficacia dei Pentecostali nelle loro Messe di guarigione, che giocano sull’emozione, e l’importanza di formare i fedeli per far loro capire che la liturgia può guarire, mentre altri hanno presentato la diversità delle loro situazioni – l’oratore nordamericano ha menzionato i Tradizionalisti del suo Paese», la cui presenza deve senza dubbio limitare un po’ le tentazioni di vagabondaggio liturgico.

Il 1º febbraio, il prof. Joris Geldhof, professore di liturgia e teologia sacramentaria presso la Facoltà di teologia e studi religiosi della Katholieke Hogeschool di Lovanio, ha parlato dell’atto della formazione liturgica e il prof. Martin Klöckener (Université de Fribourg, in pensione dall’ottobre 2022), scienziato della liturgia, ha parlato della formazione nella e attraverso la liturgia, tema ripreso questa volta «in un mondo postmoderno liberale, frammentato e antistoricizzato» (oufti) dal prof. padre Bruce Morill S.I. (Vanderbilt University), e da nove diversi workshop.

Inizialmente, il workshop sulla formazione dei chierichetti delle ore 15:45 doveva essere condotto da Laurent Jullien de Pommerol, Parroco della Croix-Rousse (Lione) e responsabile dei chierichetti del Service national de la pastorale liturgique et sacramentelle. Solo che ha lasciato il sacerdozio nel dicembre 2023 per diventare padre – di conseguenza, la sua compagna Nathalie de Bouvier era l’unica responsabile di questo workshop, e gli organizzatori della conferenza ci assicurano che, avendo «lasciato» (cosa, esattamente?), non è più coinvolto nel SNPLS o nella liturgia. Una prima piccola nota falsa, che ne preannuncia altre.

Poi c’è stata la conferenza del card. Arthur Roche, Prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti (vedi sotto). E il giorno dopo, dopo la presentazione di Olivier Praud, dottore in teologia, dell’Institut Superieur de Liturgie, delle sfide della teoria fondamentale (formatosi all’Institut Catholique de Paris, ha conseguito la licenza in diritto canonico sulle sfide ermeneutiche della teologia del Sabato Santo di Hans Urs von Balthazar), le sfide spirituali di Olivier Mariolle. Il simposio è stato concluso dal can. don Gilles Drouin, Direttore dell’Institut Superieur de Liturgie, ovviamente sulle «prospettive di formazione universitaria in liturgia in una chiesa sinodale», se possibile presso l’ISL – è stato il momento del com e del name-dropping.

Lettera apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio, una relazione sul fallimento dei sessant’anni del Concilio Vaticano II?

Il messaggio è stato ben recepito da uno degli ascoltatori, un sacerdote africano che studia in Francia: «In Africa non si farebbe mai una conferenza del genere per comunicare i testi del Papa. La dichiarazione “Fiducia Supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni si occupa di cultura, è diverso, ma si ha l’impressione che il card. Arthur Roche stia facendo il giro dei luoghi dove potrebbe esserci un’opposizione intellettuale alla lettera apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Anche qui i fedeli leggono e analizzano i testi di papa Francesco – lo vedo in una Parrocchia dove il Decano si interessa poco alle questioni liturgiche, e mi manda tutti i fedeli che hanno domande, perché io studio liturgia».

E ha continuato: «Alla fine i vari relatori, che non sono entrati molto nel concreto, hanno parlato della mancanza di formazione alla liturgia, in particolare ai simboli e ai gesti, per i chierici e i fedeli. Ma quando e dove dovrebbero essere formati? (Chi è interessato a questa domanda può consultare il libro di don Claude Barthe, Una foresta di simboli, Fede & Cultura). Oggi la maggior parte delle persone in Francia non organizza più la propria vita secondo la fede e ha solo rari contatti con la Chiesa – lo vedo quando preparo matrimoni o celebro cerimonie, e le persone non sanno più, salvo rare eccezioni, quando alzarsi durante le letture, quando farsi il segno della croce, quando sedersi ecc. Solo che questa situazione non si è verificata da sola, e sta solo peggiorando».

Un peggioramento che riecheggia le parole del card. Arthur Roche nella sua conferenza: «Papa Francesco nei suoi vari interventi sulla liturgia esprime il desiderio che essa non sia una “farsa vuota” o “ripugnante”, ma una cosa piena di grazia e di bellezza, di verità e di santità, in modo che il Signore, quando guarda la Chiesa riunita per il culto, possa veramente esclamare con tenero amore “questo finalmente è osso delle mie ossa e carne della mia carne”».

Dobbiamo forse concludere che, dopo più di mezzo secolo di nuovo rito, l’obiettivo non è stato ancora raggiunto e la nuova liturgia rimane a volte «vuota» e «ripugnante», come si vede nelle chiese che risuonano sempre più vuote, negli ordini religiosi e nei seminari dove le vocazioni si stanno esaurendo, e nei testi di papa Francesco, sempre più stonati, quando non significano tutto e il suo contrario, facendo sprofondare chierici e fedeli in un abisso di confusione…

Il card. Arthur Roche reinventa l’acqua tiepida

In questa conferenza, il card. Arthur Roche legge la lettera apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio del 2022 nel modo più alto ed etereo possibile, con il titolo «interpretare con amore». La migliore formazione è innanzitutto una buona pratica, il che suggerisce che esiste una cattiva pratica – e sceglie le considerazioni più alte della lettera apostolica Desiderio desideravi: per «essere capaci di simbolo» dobbiamo «entrare in confidenza con la creazione». Ma questo manca un po’ di concretezza.

In sostanza, fa largo uso del prof. don Romano Guardini, un teologo tedesco di origine italiana che divenne uno dei pensatori di destra del movimento liturgico. Guardini era stato uno degli insegnanti di Joseph Ratzinger a Monaco e il futuro Papa Benedetto XVI aveva usato il titolo del suo libro principale, Lo spirito della liturgia (1930), per uno dei suoi libri. Il card. Arthur Roche finge di credere che Guardini sia un riferimento anche per papa Francesco, ma che le sue citazioni siano utilizzate solo dai suoi collaboratori che preparano i suoi discorsi.

Il nocciolo dell’argomentazione del card. Arthur Roche riguarda la partecipazione. Egli segue Guardini, che sostiene la partecipazione spirituale, una «interiorità svelata» o un «silenzio rivolto all’esterno». Il card. Arthur Roche cita un episodio che Guardini considera esemplare della vera partecipazione: in un santuario della Sicilia alla fine degli anni Trenta, Guardini assistette alla consacrazione degli Oli Santi la mattina del Giovedì Santo – la folla immensa stava solo a guardare, ma mentre guardava fu colta interiormente da un intenso movimento di partecipazione nell’ascoltare un antico inno che scuoteva le anime. Anche in questo caso, il card. Arthur Roche usa Guardini come esempio di una cerimonia che si è svolta… nel rito tradizionale.

I collaboratori del card. Arthur Roche, che hanno scritto il suo discorso, vogliono riorientare la pratica della nuova liturgia senza cercare arricchimenti nel vecchio rito… ma in Guardini, che conosceva solo il rito tradizionale. Sognano un Novus Ordo il più dignitoso possibile e si preoccupano certamente dell’invalidità di cerimonie raffazzonate, sperando di erigere l’ennesima Linea Maginot contro i Tradizionalisti e di piacere alle nuove generazioni di chierici. Ma così facendo perdono i più moderni, mentre i più tradizionali preferiranno sempre l’originale a una copia senz’anima. E in realtà, il Novus Ordo che sognano non esiste… o meglio, è la Santa Messa tradizionale, contro la quale stanno conducendo una spietata guerra ideologica tanto inutile quanto futile.


Nessun dialogo con i fedeli della Santa Messa tradizionale per mancanza di fede comune?

Anche se in numero ridotto, questi fedeli hanno lasciato il segno tra i partecipanti alla conferenza, che ne parlavano ancora il giorno dopo  e sono stati contestati in diverse occasioni dal personale di sicurezza e da uno degli organizzatori. Come raccontano i partecipanti a questa azione, «gli studenti erano molto felici di ricevere i volantini, mostrando un certo interesse. Poi è passato un flusso di ecclesiastici e suore che lasciavano la conferenza. Alcuni hanno detto molto chiaramente di aver ricevuto un volantino simile durante le giornate del Service national de la pastorale liturgique et sacramentelle a Saint-Honoré d’Eylau», quando, per evitare qualsiasi dialogo con i fedeli tradizionali presenti, i partecipanti si sono chiusi nella nuova chiesa e sono usciti dal retro, alcuni vescovi quasi correndo quando i fedeli hanno chiesto la loro benedizione (!).

Alla fine, hanno avuto «un lungo dibattito con due sacerdoti, uno della Martinica e uno del Burkina Faso, che erano venuti alla conferenza. Il sacerdote martinicano non riusciva a capire come si potesse deplorare il fatto che pezzi di ostia consacrata potessero cadere “durante la comunione manuale”, dal momento che secondo lui e secondo quanto gli viene insegnato proprio qui all’Institut Catholique de Paris, nel nome di San Tommaso d’Aquino, non si tratta della presenza fisica di Cristo ma semplicemente di una presenza sacramentale. Al termine di questo scambio cordiale, i fedeli parigini gli hanno augurato sinceramente la fede».

Febbre, dissonanza e note false a tutti i livelli

Abbiamo assistito alla Messa, che doveva essere la quintessenza del simposio, come ha ricordato uno dei sacerdoti presenti in un’omelia breve come un caffè italiano: «È attraverso la liturgia che siamo formati nella liturgia».

Tutto andava male, fino al Messale, che sembra aver ricordato al card. Arthur Roche l’inutilità della sua lotta contro la Santa Messa tradizionale e i suoi fedeli! E c’era grande agitazione, persino tensione, nei ranghi e tra i celebranti, che ricordavano che il giorno prima un numero inquietante di Tradizionalisti… tre, erano usciti dall’Institut des Carmes per distribuire volantini ai partecipanti alla conferenza.

Un lettore di Le Forum Catholique era presente anche alla Messa del venerdì a pranzo e spiega con brio:

Un po’ prima dell’inizio della Messa, un tizio alto vestito di bianco (un prete, cioè) e due in grigio si sono avvicinati al Messale accanto all’altare e hanno fatto un grande passo indietro come se avessero visto il diavolo e hanno cominciato a bisbigliare tra loro. Poi c’era uno studente, credo, che stava fotografando il coro proprio in quel momento, e sono andati a chiedergli di cancellare la foto!
Poi la processione d’ingresso, in modalità «la fiamma della nuova liturgia si accende male e si spegne subito» due portachiavi che hanno passato tutta la Messa a guardare i fedeli e un terzo appollaiato sul pulpito che guardava tutti – senza dubbio alla ricerca del commando che avrebbe fatto come l’alleanza di San Michele illo tempore. L’omelia (non del card. Arthur Roche) è durata cinque minuti, orologio alla mano, per far capire che questa liturgia, metà Kyriale e metà canti moderni, era il culmine del loro convegno.
Ebbene, non sono rimasti delusi. Il Gloria è stato seguito a malapena dal pubblico, il Salmo 23 è stato ripreso dal coro in una sola strofa su quattro e l’inno d’uscita è stato dimenticato. D’altra parte, il più grande risultato del card. Arthur Roche è stato quello di far cantare il Padre Nostro in latino a una congregazione di Cristiani post-conciliari. Valeva certamente la pena di fare la guerra ai Tradizionalisti per questo, Eminenza (che parla francese, quindi è in grado di leggerlo).

In effetti, tra candele troppo sottili che si spegnevano appena accese, il Gloria del Kyriale VIII è stato preso a malapena dalla assemblea, mentre il Sanctus e l’Agnus Dei sono stati presi dalla Messe du Partage (moderna) di Etienne Daniel, un compositore di musica liturgica di Nantes, e l’antifona Adorna è stata cantata in modo stonato e a malapena presa, il modernissimo inno di comunione (Qui mange ma chair et boit mon sang), il Padre Nostro in latino, questa volta cantato praticamente da tutti, e l’inno di uscita completamente abbandonato, era difficile credere che l’uditorio fosse composto da studenti dell’Institut Superieur de Liturgie – soprattutto sacerdoti e religiosi – oltre che da responsabili della liturgia (! ) chierici e laici delle Diocesi francesi!

Troppo moderno per i fedeli affezionati alla Santa Messa tradizionale, spaventoso passo indietro per gli (ultimi) zelatori della Messa in rito nuovo, il risultato è stato particolarmente dissonante e un po’ irrispettoso sia per la Messa che per un Cardinale – un dignitario della Chiesa la cui visita in qualsiasi Diocesi del mondo in passato avrebbe ispirato i servitori, i cantori, i chierici e i parrocchiani a dare il meglio di sé per Dio e per questo illustre ospite.

Soprattutto, in queste condizioni, è difficile parlare di «arricchimento» del nuovo rito da parte del vecchio o viceversa – si tratta piuttosto di intonacare sul nuovo gli orpelli del vecchio rito, non soddisfacendo quasi nessuno, con un risultato di insignificante mediocrità… tutto questo sotto gli ori e i dipinti di una chiesa seicentesca e con magnifici argenti di fine Ottocento e inizio Novecento, che ricordano ancora una volta agli erranti liturgici l’inutilità dei loro sforzi e il fatto che sono ben contenti di trovare un ambiente e degli oggetti sacri della civiltà della Santa Messa tradizionale – la loro ha prodotto solo chiese bunker e la Cathédrale de la Résurrection di Evry – il vuoto, il grigio, il nulla, la morte.

2 commenti:

  1. "la sua compagna Nathalie de Bouvier era l’unica responsabile di questo workshop"

    Ecco, mi raccomando, formiamo i fedeli ad amare la Liturgia e la Messa. Magari più del Responsabile dei chierichetti del Service national de la pastorale liturgique et sacramentelle.
    Con queste premesse, cercare le risposte alla crisi ed arrovellarsi in simposi parlandosi addosso tra tecnocrati stipendiati.. equivale a fare indagini e porsi mille interrogativi sulle ragioni del caos in una cristalleria in cui si dimena un elefante: "chi è stato a rompere tutto?" ..

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