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sabato 6 gennaio 2024

Nel giorno della Befana, un omaggio a Santa Claus: cioè a San Nicola!

Si chiude oggi il periodo delle ferie natalizie, rallegrato anche dalle molteplici tradizioni locali che contemplano la consegna di doni ai bambini buoni, o del carbone a quelli con qualche marachella da scontare... Da questo punto di vista, in molte zone d'Italia, specie al Sud, le feste che si concludono questo 6 gennaio sono iniziate addirittura il 6 dicembre, festa di S. Nicola, per proseguire altrove, prevalentemente al Nord, il 13 dicembre, festa di S. Lucia, culminare per tutti il 24 e il 25 (quando i doni, secondo un'altra tradizione, sono portati proprio da Gesù Bambino), e congedarsi con l'arrivo della Befana, collegata anche etimologicamente all'Epifania.

Si tratta, ovviamente, di tradizioni profane, il cui campione, come si sa, è ormai diventato Babbo Natale, cioè Santa Claus... cioè San Nicola! Al quale è dedicato questo breve ed interessante saggio di don Marco Begato, che ringraziamo per avercene riservato la pubblicazione - scusandoci con l'Autore perché le ben note vicende dell'attualità ecclesiale ci hanno impedito di provvedervi prima di Natale. Siamo lieti di proporvelo oggi, anche per aiutarvi a depurare da ogni deriva consumistica la giusta e gioiosa celebrazione delle feste natalizie con il tradizionale, affettuoso scambio di doni.

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Le radici tradizionali liturgiche di Santa Claus

Nella giornata del 6 dicembre il Calendario tradizionale ci porta a celebrare san Nicola, turco, vescovo e confessore, divenuto nei secoli un riferimento popolare e un personaggio dell’immaginario collettivo correlato alle festività natalizie, al punto da ispirare fin la creazione del personaggio commerciale di Santa Claus.

Davanti a tale processo è comune la domanda che porta a chiedersi come il santo, e proprio san Nicola, sia divenuto icona di un mito pop. Meno comune, eppur stimolante, è riprendere i passaggi principali della liturgia tradizionale per vedere in che modo essi illuminino la figura di san Nicola e di conseguenza possano gettare una luce differente sulle radici recondite della figura di Babbo Natale. Ho isolato tre elementi fondamentali.

Un primo dettaglio lo troviamo espresso nel Martirologio, che menziona il nostro santo durante la preghiera mattutina del 5 dicembre. Ecco come viene ricordato:

“A Mira, metropoli della Licia, il natale di san Nicola Vescovo e Confessore, del quale, fra i molti insigni miracoli, si racconta questo fatto memorabile, cioè che egli, da lontano, apparve all’imperatore Costantino e con esortazioni e minacce lo indusse a usar misericordia verso alcuni condannati a morte che lo avevano invocato”. (Martyrologium Romanum, Amicitia Liturgica 2022)

Nonostante l’episodio fondante il mito natalizio sia legato a una donazione, di cui parleremo più sotto, trovo molto curioso incontrare il cenno alla bilocazione di san Nicola, che – lo dico, è chiaro, in tono faceto – ben si compone con l’impresa attribuita a Babbo Natale, di essere in una sola notte in tutti i caminetti del mondo!

Meno faceto è il riferimento alla ragione della bilocazione: riscattare da morte alcuni prigionieri. Non è questo in fondo il contenuto della missione del Salvatore? Non si è Egli incarnato per venire finalmente a liberare coloro che stavano nelle tenebre e nell’ombra di morte (cfr. Benedictus)?

Il secondo elemento lo incontro nella lettura evangelica della Missa di san Nicola, si tratta della notoria parabola dei talenti. Il padrone consegna dei talenti, dei doni. Qui pure con facilità possiamo individuare una simmetria tra l’uso dei doni natalizi e la celebrazione liturgica del santo. In questo caso la riflessione che si aggiunge, arricchente per noi, è quella di pensare ai doni nei termini evangelici, cioè in termini di responsabilità. Il dono che riceverete – sembra dirci san Nicola/Santa Claus – non è da pensare in termini di consumo personale, ma in termini di impegno e di oblazione. A Natale riceviamo dei doni, con la consapevolezza di doverne rendere conto e con l’imperativo di investirli, di farli fruttare, di renderli strumento di ulteriore beneficio e ricchezza per sé e per gli altri. Sono doni affidati pro tempore e destinati ad essere restituiti a Colui che nella Sua Vita fu solo sì (2Cor1,19), fu solo dono.

Il terzo e ultimo spunto lo traggo dalla biografia del santo, che compare come Terza Lettura di Mattutino. In essa si trovano almeno due elementi di grande interesse. Il primo riguarda il suo legame coi doni:

“Nicola, nato a Patara in Licia da illustre famiglia, fin dall'infanzia digiunava il mercoledì e venerdì: e conservò tale abitudine per tutto il resto della sua vita. Privato dei genitori ancor giovanetto, distribuì tutti i suoi beni ai poveri. Famoso è il gesto della sua carità, con cui venne in aiuto a tre fanciulle in pericolo, offrendo una notevole somma di denaro, per costituire la loro dote”. (https://www.divinumofficium.com/cgi-bin/horas/officium.pl)

A quanto già detto, aggiungiamo dunque un rapporto chiaramente innovativo con i beni: Nicola fin da ragazzo si esercita nella rinuncia ai beni del mondo per godere dell’unico Bene; e diviene con ciò capace di elargire beni al prossimo, al fine di guidarlo al Bene più grande. In queste brevi parole si ritrova per altro la ragione che è ritenuta stare alla base del mito moderno di Babbo Natale: la dote cui si fa riferimento sarebbe servita infatti a riscattare tre fanciulle, altrimenti destinate a prostituirsi per scampare alla propria miseria. Aggiunge la legenda che come dote Nicola avrebbe offerto tre sfere dorate, chiaro riferimento ai molti addobbi che oggi ancora ricorrono nelle nostre luminarie e decorazioni natalizie. 

Prosegue la lettura di Mattutino:

“Andato in pellegrinaggio in Palestina, per ispirazione di Dio si recò a Mira, capitale della Licia, dove dai vescovi di quella provincia, essendo morto il vescovo di Mira, contro l'aspettazione di tutti, con mirabile consenso, fu eletto in suo luogo. In questo ufficio si mostrò esempio di tutte le virtù. Predicando, quindi, la verità della fede cristiana contro l'editto di Diocleziano e Massimiano, fu gettato in carcere, dove rimase fino al tempo dell'imperatore Costantino. Intervenne al concilio di Nicea, nel quale fu condannata l'eresia ariana. Ritornato fra i suoi, spirò serenamente a Mira. Il suo corpo, trasportato a Bari, è venerato qui con sommo onore”. 

San Nicola appartiene alla schiera di vescovi eletti per consenso unanime ed inatteso, una figura di pastori amabili ed amati per le virtù e per la disponibilità a mettere le proprie doti a servizio del prossimo. E in fondo dietro al mito di Babbo Natale permane in filigrana proprio questo: l’immagine di un vegliardo buono e disposto a dedicare il proprio tempo per il bene altrui, soprattutto dei più piccoli e bisognosi.

Ma infine nella lectio appare anche un ultimo riferimento importante, legato alla presenza di san Nicola al concilio di Nicea. Nicea è la città che accolse il più decisivo Concilio dell’antichità, quello in cui dopo anni di contrasti e di confusione, di cui furono responsabili in primis proprio i vescovi cristiani; dopo decenni di usurpazioni e umiliazioni, in cui i vescovi ariani e i loro seguaci vessarono i veri vescovi cattolici; finalmente si ricompose la verità e fu riportata la chiarezza. Verità e chiarezza tornarono perché fu definita la dottrina relativa al mistero di Cristo e della Trinità. San Nicola dunque è immagine di uno dei grandi testimoni dell’autentico insegnamento sul Cristo, nel Nome del quale è la nostra pace, e dal quale promana ogni dono di prosperità e gioia per l’umanità.

In conclusione, non so e non mi interessa sapere se e quanto sia storicamente fondato il mito di Babbo Natale sulla vita di san Nicola, né come e donde sia emerso tale mito. Ma certamente, da quanto abbiamo letto, san Nicola si presta a incarnare i più significativi e radicali messaggi relativi al grande mistero dell’Incarnazione del Salvatore: capace di far fruttare i talenti ricevuti fin dall’infanzia, generoso nel donare al prossimo, preoccupato di riscattare dal male e dal peccato e dalla prigionia i propri fratelli, padre amorevole e amabile sempre attento ai bisogni del piccolo gregge che gli fu affidato, testimone del vero volto di Cristo di cui è stato autentico ambasciatore di bontà e di pace.

Morale della favola: nei prossimi giorni anziché biasimare le palline di natale sull’albero, le loderò e ne canterò la memoria, citando i mirabili fioretti di san Nicola e la sua gioiosa testimonianza su Cristo Salvatore e Redentore del genere umano. E chiederò che per la Chiesa possano sorgere tanti altri Babbi Natale, col cuore di san Nicola.

Don Marco Begato