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sabato 22 luglio 2023

La Chiesa rischia di andare verso l’autodissoluzione. E noi che faremo? #Fernández

Grazie ad Aldo Maria Valli per questa bella traduzione.
Luigi

Duc in altum, 16-7-23
[...]

di The Wanderer

Che cosa faremo quando le cose peggioreranno? Perché è sicuro che le cose nella Chiesa, salvo un prodigioso intervento divino, peggioreranno. Non c’è possibilità che non lo facciano. La legge dell’accelerazione della gravità sembra valere anche per le istituzioni, e il declino e il deterioramento della fede cattolica promossi durante l’intero pontificato bergogliano hanno accelerato a ritmi proporzionali alla sua massa.

Vorrei commentare due fatti accaduti negli ultimi giorni. Il primo, ampiamente circolato nel web, è a dir poco preoccupante. Uno dei nuovi cardinali nominati da papa Francesco è monsignor Américo Aguiar, vescovo ausiliare del patriarcato di Lisbona e organizzatore della Giornata mondiale della gioventù, il quale recentemente, con un atto di brutale sincerità che può essere compreso solo dall’impunità di cui gode, riferendosi appunto alla Gmg ha dichiarato: “Non vogliamo convertire i giovani a Cristo o alla Chiesa cattolica o a qualcosa del genere, per niente”.

Credo sia importante considerare la gravità di queste parole, pronunciate da un cardinale eletto – cioè uno che gode della piena fiducia del pontefice e che, una volta terminata la Gmg, occuperà sicuramente una posizione importante nella Chiesa – perché, a mio avviso, si tratta di una sorta di apostasia. È una rinuncia esplicita a Cristo come unico salvatore e redentore dell’umanità.

Pensiamoci: l’unica ragione per cui può essere irrilevante che i giovani, come sostiene il futuro cardinale, si convertano a Cristo è perché Cristo stesso è irrilevante, e vale quanto Maometto, Buddha o Greta Thunberg. Ma qual è allora il senso, quale lo scopo, delle Gmg? Finiscono per essere un Lollapallooza [festival musicale annuale itinerante che vede esibirsi musicisti alternative rock, rap e punk, N.d.T.] a tinte multireligiose. Come ha detto lo stesso vescovo Aguiar in un’intervista televisiva, l’importante è stare insieme nella massima diversità possibile. Questa, a suo giudizio, è la ricchezza della Gmg, questa la ricchezza del cristianesimo.

Il secondo fatto riguarda il vescovo Víctor Fernández, il quale negli ultimi giorni si è dedicato a documentare la sua ignoranza sui media di tutto il mondo con affermazioni a dir poco imbarazzanti, parole che giustificano più che mai gli avvertimenti che abbiamo lanciato contro di lui in questo blog [da antologia l’intervista che ha rilasciato a Repubblica: per dimostrare che non è un progressista, ha detto: “Tra Hitler e san Francesco, preferisco san Francesco, anche se è del Medioevo”. Esilarante]. A una testata americana, Crux, ha poi dichiarato: “Prendo molto sul serio l’ultima cosa contenuta nella lettera [del papa]: devo assicurare che sia i documenti del dicastero sia quelli degli altri accettino il Magistero recente. Questo è essenziale per la coerenza interna del pensiero della Curia romana. Perché può succedere che si diano risposte a certe questioni teologiche senza accettare ciò che Francesco ha detto di nuovo su quelle questioni. E non si tratta solo di inserire una frase di papa Francesco, ma di lasciare che il pensiero venga trasfigurato dai suoi criteri. Questo vale in particolare per la teologia morale e pastorale”. Insomma: Tucho, come prefetto del Ddicastero per la dottrina della fede, non condannerà nessuno e dialogherà con tutti gli eretici e le eretiche che appaiono qua e là, ma per tutti i suoi colleghi della Curia romana sarà un severo commissario politico. Nessun dicastero, nessun cardinale potrà sgarrare, perché ogni documento e scritto, prima di essere pubblicato, sarà accuratamente censurato dal commissariato politico piazzato nel palazzo del Sant’Ufficio.

Sappiamo che questa è una funzione che il dicastero ha sempre avuto, ma dobbiamo concentrarci sui criteri che Tucho esplicita per l’approvazione o la censura dei documenti curiali: non più il rispetto e l’accordo con la dottrina della Chiesa insegnata dai Padri, dai dottori e dai concili, ed espressa nel Magistero, ma ciò che “Francesco ha detto di nuovo su questi argomenti”. Grazie alla boccaccia del vescovo Fernández (insisto comunque nella mia previsione che questa sarà la causa della sua disgrazia) ecco configurata la nuova chiesa: non più quella che segue Cristo, ma quella che segue il papa di turno. Una chiesa populista che non risponde a una dottrina ma a un leader. Il criterio della verità e dell’ortodossia non è più determinato dalla Tradizione, che non è altro che la Rivelazione, ma dalle idee e dalle arguzie del governante che in quel momento detiene il titolo di papa o di sommo pontefice. Monsignor Víctor Fernández, futuro cardinale e prefetto del Dicastero della dottrina della fede, è diventato il massimo esponente dell’ultramontanismo. Nemmeno Pio IX avrebbe immaginato di avere un cardinale così fedele come Tucho: dovette infatti vedersela con il coraggioso cardinale Filippo Maria Guidi, maestro del Sacro Palazzo.

In questo blog abbiamo riflettuto a lungo sull’enorme pericolo e sulla follia della dottrina sostenuta dall’ultramontanismo e dai settori più estremi del fondamentalismo. E anche sull’inopportunità della dichiarazione del dogma dell’infallibilità pontificia, non per ciò che veniva dichiarato in sé – e che era sempre stato sostenuto dalla Chiesa – ma per il pericolo che comportava. Queste erano le riserve che san John Henry Newman aveva al riguardo e trovarono conferma. Dobbiamo essere onesti: credo che molti lettori di questo blog sarebbero molto contenti delle parole e delle intenzioni di Tucho se il papa, invece di essere Francesco, fosse san Pio X. Il problema da risolvere, se ci sarà il tempo, è il papato romano, che deve tornare al posto che gli compete, quello avuto nel primo millennio della storia della Chiesa. Ma c’è un altro dettaglio nell’intervista rilasciata dal neo-prefetto. Egli ritiene che il suo lavoro di commissario politico del leader gloriosamente regnante sarà “particolarmente vero per la teologia morale e pastorale”. Domanda: perché non per la teologia dogmatica? Semplice: perché il dogma, la dottrina, non esistono. Per monsignor Fernández, come per papa Francesco, i dogmi e la dottrina teologica non sono altro che nomi e parole per cui non vale la pena litigare. “Lasciate che i teologi discutano quanto vogliono su queste questioni, ma non fateci perdere tempo”, disse il pontefice nel 2014. Se qualcuno vuole sostenere che Gesù non è il Figlio di Dio, o che lo Spirito Santo non è una persona divina, o che in Gesù ci sono due persone e una sola natura, che lo dica pure: qual è il problema? In ogni caso, sarà chiamato al dialogo. Ciò che conta è la moralità, è la cura pastorale, ed è questo che interessa davvero alla gente. Il resto è fantasia intellettuale. Così, quando l’anno prossimo il sinodo sulla sinodalità emetterà le sue deliberazioni e includerà, come sicuramente farà, la richiesta che la Chiesa conceda un rito liturgico di benedizione alle unioni omosessuali; e quando il cardinale Fernández, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, stabilirà che tale benedizione può essere impartita purché non venga confusa con il sacramento del matrimonio (cosa che sicuramente farà, come ha già detto); e quando papa Francesco o il suo successore, nell’esortazione post-sinodale, la autorizzerà in modo esplicito o attraverso una nota a piè di pagina come ha fatto con Amoris laetitia, cosa che molto probabilmente accadrà, noi che cosa faremo?

Sappiamo che cosa hanno fatto un buon numero di anglicani quando è successa la stessa cosa nella loro chiesa qualche decennio fa: hanno chiesto di essere ammessi nella Chiesa cattolica. Ma noi?

Il fatto che la Sede romana ha apostatato dalla fede è un segno? Il fatto che abbia disertato, che si sia allontanata dalla dottrina insegnata dagli apostoli, è un segno? E se così è, cosa dobbiamo fare?


Titolo originale: Nosotros ¿qué haremos?