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mercoledì 12 luglio 2023

Francesco e i 21 nuovi cardinali, un’ipoteca per il futuro

Jean-Marie Guénois (Le Figaro\Il Sismografo):  "Per Francesco, nominare cardinali vicini alla sua linea è una dimensione decisiva della sua politica di riforma della Chiesa, poiché determina la scelta della linea del suo successore. In questo modo, rifiuta tutte le personalità che differiscono da lui, cosa che non hanno fatto i suoi predecessori, che hanno sempre incluso cardinali che si opponevano a loro per tenere conto della diversità di opinioni nella Chiesa".
QUI Il Sismografo: "Una maggioranza di cardinali elettori creati da Papa Bergoglio garantisce meccanicamente un successore bergogliano?".
QUI Giuliano Guzzo su Il Timone ancora un'analisi sulle nuove nomine cardinalizie.
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Luigi

Nico Spuntoni, La Nuova Bussola Quotidiana, 10-7-23
Il Papa annuncia, per il 30 settembre, il suo decimo concistoro. Si conferma il suo criterio personalistico, che non tiene conto del prestigio delle diocesi. Risalta la giovane età di molti dei prossimi cardinali e l’intento di influire sul futuro pontificato.

Ventuno nuovi cardinali, di cui diciotto elettori e tre ultraottantenni. All'Angelus di ieri Francesco ha annunciato il suo decimo concistoro che si terrà il 30 settembre, prima dell'apertura della sessione dell'atteso e discusso Sinodo sulla sinodalità.

Scorrendo la lista dei nomi dei nuovi cardinali ci si può rendere conto di come il Papa abbia privilegiato ancora scelte non tradizionali, non premiando i titolari di diocesi considerate storicamente cardinalizie. Resta ancora fuori dal Sacro Collegio, dunque, l'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, mentre la porpora va a un altro lombardo, il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Un Concistoro in cui ci sarà poca Italia: nessun vescovo diocesano, mentre diventano cardinali il curiale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, il cui nome era girato inizialmente per la missione della Santa Sede a Mosca, e monsignor Agostino Marchetto, nunzio apostolico e importante studioso del Concilio Ecumenico Vaticano II nonché sostenitore dell'ermeneutica della riforma nella continuità, che essendo 82enne non entrerà, però, in Conclave.

Entra nel Sacro Collegio, oltre all'agostiniano Robert Francis Prevost che Francesco ha voluto al posto del cardinale Marc Ouellet alla guida del Dicastero per i Vescovi, anche il neo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il fedelissimo argentino Víctor Manuel Fernández legato a Bergoglio sin dai tempi di Buenos Aires. Un altro nome che spicca nella lista dei cardinali di cui il Papa ha annunciato la creazione è quello di Stephen Chow Sau-yan, il gesuita fatto vescovo di Hong Kong nel 2021 dopo un lungo stallo per quel ruolo e che si è conquistato la stima del suo predecessore, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun. Altro asiatico è il malese Sebastian Francis, vescovo di Penang. Ad appena 57 anni diventa cardinale anche José Cobo Cano, neo-arcivescovo di Madrid, di cui La Nuova Bussola Quotidiana aveva parlato poco tempo fa, dandolo tra i favoriti alla successione del cardinale Osoro Sierra proprio in virtù di un profilo molto in sintonia con l'attuale pontificato.

Francesco torna a guardare verso l'est-Europa e in particolare alla cattolicissima Polonia, ma non premia l'arcidiocesi che fu del suo predecessore Giovanni Paolo II: Cracovia, infatti, resta senza porpora che va invece a Łódź con la creazione a cardinale dell'arcivescovo Grzegorz Ryś. L'arcidiocesi di Łódź è quella di cui è originario un altro cardinale polacco, l'elemosiniere Konrad Krajewski di cui Ryś è grande amico.

Il Papa, poi, premia due nunzi apostolici in carica: monsignor Christophe Pierre, successore di Carlo Maria Viganò alla nunziatura apostolica negli Stati Uniti, e lo svizzero Emil Paul Tscherrig, nunzio in Italia e a San Marino. Tutti i nunzi apostolici in Italia, con l'eccezione di Adriano Bernardini e di Romolo Carboni, sono stati creati cardinali ma generalmente questo avveniva a fine mandato.

Tanto Sudamerica nelle scelte del primo pontefice non europeo della storia. Argentino e gesuita è Ángel Sixto Rossi, un altro esponente della generazione Bergoglio come il connazionale Fernández. La loro conoscenza è più longeva di quella con il Tucho: in occasione dell'ordinazione episcopale nel 2021, dopo che il Papa lo volle arcivescovo di Córdoba, Rossi lo ringraziò, ricordando che «un giorno, quando era Jorge Bergoglio, mi ha aperto le porte della Compagnia di Gesù e ora, nonostante le mie debolezze che lui conosce, mi invita a varcare questa soglia». Quando fu superiore provinciale dei gesuiti argentini, Francesco ebbe molti nemici ma anche un gruppo di fedelissimi di cui il cardinale eletto faceva parte, ritrovandoselo come formatore in seminario e poi collaborando con lui nella chiesa del Salvatore a Buenos Aires. Porpora in arrivo anche per l'arcidiocesi di Bogotá dove Francesco ha voluto il teologo Luis José Rueda Aparicio che è anche presidente della Conferenza episcopale colombiana e volto simbolo della richiesta di riconciliazione nazionale tra il governo e i guerriglieri marxisti-leninisti dell'ELN, nonché di un riavvicinamento con il Venezuela di Nicolas Maduro. Proprio dal Venezuela, invece, arriva l'84enne - quindi non elettore - Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo emerito di Cumaná che da presidente della Conferenza episcopale venezuelana non era stato tenero con il presidente venezuelano nel periodo della crisi istituzionale, sostenendo che «gli interessi del governo non sono gli interessi del Paese».

Tra gli ultraottuagenari, un altro argentino è il 96enne padre Luis Dri, confessore cappuccino nel santuario di Nostra Signora di Pompei a Buenos Aires e spesso ricordato da Francesco nei suoi discorsi per l’“abitudine” a perdonare troppo. Un simbolo della concezione che il Papa ha del Sacramento della Penitenza dal momento che ai confessori incontrati, anche recentemente, ha detto: «Perdonate tutto, perdonate sempre, senza mettere il dito proprio nelle coscienze».

Guardando all'Africa, Francesco include nel club più esclusivo del mondo il sudafricano Stephen Brislin, arcivescovo di Città del Capo, il sudsudanese Stephen Ameyu Martin Mulla, arcivescovo di Giuba e il tanzaniano Protase Rugambwa, arcivescovo coadiutore di Tabora. Quest'ultimo si è fatto conoscere in Vaticano per il lavoro svolto alla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (prima come segretario e poi come segretario aggiunto) dove lo chiamò Benedetto XVI, elevandolo a dignità arcivescovile, nel 2012, mentre fino ad allora era stato vescovo di Kigoma, in Tanzania. Martin Mulla, che ha avuto la possibilità di accogliere il Papa in Sud Sudan lo scorso febbraio, fu oggetto di una dura protesta da parte di un gruppo di sacerdoti locali alla notizia della sua nomina come arcivescovo di Giuba nel 2019. I suoi oppositori presero carta e penna e scrissero una lettera diretta in Vaticano avanzando accuse sulla condotta morale del prelato, lamentando motivi di natura tribale e minacciando di boicottarlo. Di fronte a quell'alzata di scudi, non arretrò e confermò la sua scelta. Oggi per Mulla arriva anche l'annuncio della porpora secondo uno schema riparatore che già si era visto nel caso del nigeriano Peter Ebere Okpaleke che non riuscì mai a prendere possesso della diocesi di Ahiara inizialmente assegnata. Questo nuovo cardinalato dà l'immagine di un Papa determinato a non tollerare le contestazioni tribali nelle nomine episcopali al punto tale da "risarcire" chi ne è vittima con l'ingresso nel Sacro Collegio. Stephen Brislin è invece uno dei vescovi più progressisti d'Africa e ha lamentato il fatto che la Chiesa non sia ancora una casa per persone omosessuali e divorziati.

Resta senza porpora anche l'arcidiocesi di Parigi nonostante l'avvicendamento tra Michel Aupetit e Laurent Ulrich. Sarà, invece, la diocesi di Ajaccio a poter vantare un cardinale, il vescovo François-Xavier Bustillo che Francesco ha dimostrato di apprezzare quando ha regalato ai sacerdoti presenti alla Messa Crismale del 2022 il suo libro dal titolo Testimoni, non funzionari. Bustillo, nato in Spagna ma naturalizzato francese, ha soltanto 54 anni. Ancora più giovane è il portoghese Américo Aguiar che Francesco ha fatto ausiliare di Lisbona tre anni fa. Un passato da militante ecologista, braccio destro dell'attuale patriarca di Lisbona, il cardinale Manuel Clemente, quando guidava la diocesi di Porto, Aguiar si sta occupando dell'organizzazione della nuova edizione della GMG a Lisbona, specificando che l'obiettivo dell'evento non è quello di «convertire il giovane a Cristo, né la Chiesa cattolica o altro». Spagnolo e sessantaduenne è invece don Angel Fernandez Artime, rettore maggiore dei Salesiani che dovrà ricevere anche l'ordinazione episcopale.

Ancora una volta Francesco sceglie di utilizzare un criterio personalistico nella creazione dei nuovi cardinali, non tenendo conto della grandezza o del prestigio delle diocesi. A proposito di questo metodo, non c'è più l'effetto sorpresa del primo concistoro, quello del 2014, ma resta l'imprevedibilità dell'assegnazione delle porpore. Monsignor Rino Fisichella si conferma capodicastero senza porpora, così come non sorprende l'esclusione già menzionata dell'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, mentre meno prevedibile quella dei suoi "colleghi" di Napoli, Torino e Genova Domenico Battaglia, Roberto Repole e Marco Tasca.

Ignorata l’Oceania che, dopo la morte del cardinale George Pell, può contare soltanto su quattro cardinali di cui tre elettori. Tra questi, John Atcherley Dew è ormai emerito di Wellington e il tongano Soane Patita Paini Mafi ha avuto qualche problema di salute che lo ha costretto ad una lunga degenza a Roma negli ultimi mesi. Nonostante ciò, niente porpora per monsignor Anthony Colin Fisher, arcivescovo metropolita di Sydney e primate di Australia nonché allievo del cardinal Pell.

In ogni caso, il dato del nuovo Concistoro che più risalta agli occhi è la giovane età di molti cardinali eletti che può essere interpretata come un messaggio: questo pontificato deve durare anche dopo la morte del Papa.