Pubblichiamo la traduzione di un articolo, QUI su New Liturgical Movement, in cui Peter Kwasniewski, facendo seguito ad un suo precedente articolo (QUI), fa riflettere su preghiera mentale e preghiera vocale - e quindi anche sulla preghiera liturgica della Chiesa - attingendo agli scritti di Benedetto XVI di venerata memoria.
«Nella sua Regola, San Benedetto ha coniato la formula Mens nostra concordet voci nostrae - la nostra mente deve essere in accordo con la nostra voce (Regola 19,7). Normalmente, il pensiero precede la parola, cerca e formula la parola. Ma la preghiera dei Salmi e la preghiera liturgica in generale è esattamente il contrario: la parola, la voce, ci precede e la nostra mente deve adattarsi ad essa. Da soli, infatti, noi esseri umani non "sappiamo pregare come dovremmo" (Rm 8,26) - siamo troppo lontani da Dio, Egli è troppo misterioso e troppo grande per noi. Per questo Dio ci viene in aiuto: Egli stesso fornisce le parole della nostra preghiera e ci insegna a pregare. Attraverso le preghiere che provengono da lui, ci permette di incamminarci verso di lui; pregando insieme ai fratelli e alle sorelle che ci ha dato, lo conosciamo gradualmente e ci avviciniamo a lui. [...] Pregare deve sempre comportare questa commistione tra preghiera pubblica e personale. È così che possiamo parlare a Dio e che Dio parla a noi».
Questa traduzione è stata realizzata grazie alle donazioni dei lettori di MiL.
Luigi
Seguito della preghiera vocale e della preghiera mentale: la saggezza di Benedetto XVI
Mentre ci avviciniamo all'anniversario di un mese dalla morte di Joseph Ratzinger, desidero condividere con i lettori di NLM una delle mie parti preferite della sempre citabile serie di volumi su Gesù di Nazareth: il punto del primo volume, Dal Battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione, in cui Ratzinger commenta il Padre Nostro.
Egli ha quella che mi sembra una comprensione perfettamente equilibrata del rapporto tra la preghiera vocale e le forme di preghiera più elevate: vede come esse siano intrinsecamente e necessariamente collegate, in modo che l'inferiore non sia ridotto a una scala da buttare via. Poiché il mio articolo “The Denigration of Vocal Prayer in the Name of ‘Mental Prayer’: A Recipe for Disaster” ["La denigrazione della preghiera vocale in nome della 'preghiera mentale': una ricetta per il disastro" n.d.t.] è stato frainteso da alcuni come una denigrazione della preghiera mentale (!), ho pensato che sarebbe valsa la pena di condividere la saggezza di Benedetto XVI sull'argomento. Dopo la selezione da questo libro, ho incluso un passaggio pertinente della Spe Salvi.
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La preghiera è proprio questo: essere in silenziosa comunione interiore con Dio. Essa richiede nutrimento, ed è per questo che abbiamo bisogno di una preghiera articolata in parole, immagini o pensieri.
Quanto più Dio è presente in noi, tanto più saremo realmente in grado di essere presenti a Lui quando pronunciamo le parole della nostra preghiera. Ma è vero anche il contrario: pregare attualizza e approfondisce la nostra comunione d'essere con Dio. Il nostro pregare può e deve nascere soprattutto dal nostro cuore, dai nostri bisogni, dalle nostre speranze, dalle nostre gioie, dalle nostre sofferenze, dalla nostra vergogna per il peccato, dalla nostra gratitudine per il bene. Può e deve essere una preghiera del tutto personale.
Ma abbiamo anche bisogno di ricorrere costantemente a quelle preghiere che esprimono in parole l'incontro con Dio vissuto sia dalla Chiesa nel suo insieme sia dai singoli membri della Chiesa. Senza questi aiuti per la preghiera, infatti, il nostro pregare e la nostra immagine di Dio diventano soggettivi e finiscono per riflettere più noi stessi che il Dio vivente. Nelle preghiere formulari, nate prima dalla fede di Israele e poi dalla fede dei membri oranti della Chiesa, conosciamo Dio e anche noi stessi. Sono una "scuola di preghiera" che trasforma e apre la nostra vita.
Nella sua Regola, San Benedetto ha coniato la formula Mens nostra concordet voci nostrae - la nostra mente deve essere in accordo con la nostra voce (Regola 19,7). Normalmente, il pensiero precede la parola, cerca e formula la parola. Ma la preghiera dei Salmi e la preghiera liturgica in generale è esattamente il contrario: la parola, la voce, ci precede e la nostra mente deve adattarsi ad essa. Da soli, infatti, noi esseri umani non "sappiamo pregare come dovremmo" (Rm 8,26) - siamo troppo lontani da Dio, Egli è troppo misterioso e troppo grande per noi. Per questo Dio ci viene in aiuto: Egli stesso fornisce le parole della nostra preghiera e ci insegna a pregare. Attraverso le preghiere che provengono da lui, ci permette di incamminarci verso di lui; pregando insieme ai fratelli e alle sorelle che ci ha dato, lo conosciamo gradualmente e ci avviciniamo a lui.
Negli scritti di San Benedetto, la frase appena citata si riferisce direttamente ai Salmi, il grande libro di preghiera del Popolo di Dio dell'Antica e della Nuova Alleanza. I Salmi sono parole che lo Spirito Santo ha dato agli uomini; sono lo Spirito di Dio che diventa parola. Noi preghiamo quindi "nello Spirito" con lo Spirito Santo.
Questo vale ancora di più, ovviamente, per il Padre Nostro. Quando preghiamo il Padre Nostro, stiamo pregando Dio con parole date da Dio, come dice San Cipriano. E aggiunge che quando preghiamo il Padre Nostro, si realizza in noi la promessa di Gesù sui veri adoratori, coloro che adorano il Padre "in spirito e verità" (Gv 4,23). Cristo, che è la verità, ci ha dato queste parole e in esse ci dà lo Spirito Santo.
Questo rivela anche qualcosa della specificità della mistica cristiana. Non si tratta in primo luogo di un'immersione nella profondità di se stessi, ma dell'incontro con lo Spirito di Dio nella parola che ci precede. È l'incontro con il Figlio e lo Spirito Santo e quindi un diventare uno con il Dio vivente che è sempre in noi e sopra di noi. [...]
Il fatto che Luca collochi il Padre Nostro nel contesto della preghiera di Gesù stesso è quindi significativo. Gesù ci coinvolge così nella sua stessa preghiera; ci conduce nel dialogo interiore dell'amore trinitario; attira le nostre difficoltà umane nel profondo del cuore di Dio, per così dire.
Questo significa anche, però, che le parole del Padre Nostro sono indicazioni per la preghiera interiore, forniscono una direzione di fondo per il nostro essere e mirano a configurarci all'immagine del Figlio. Il significato del Padre Nostro va ben oltre la semplice fornitura di un testo di preghiera. Mira a formare il nostro essere, a formarci all'atteggiamento interiore di Gesù (cfr. Fil 2,5).
Questo ha due diverse implicazioni per la nostra interpretazione del Padre Nostro. Innanzitutto, è importante ascoltare il più accuratamente possibile le parole di Gesù trasmesse dalla Scrittura. Dobbiamo sforzarci di riconoscere i pensieri che Gesù ha voluto trasmetterci con queste parole. Ma dobbiamo anche tenere presente che il Padre nostro nasce dal suo stesso pregare, dal dialogo del Figlio con il Padre. Ciò significa che si spinge in profondità ben oltre le parole. Abbraccia l'intero arco dell'essere dell'uomo in tutte le epoche e non potrà quindi mai essere pienamente scandagliato da un'esegesi puramente storica, per quanto importante possa essere.
I grandi uomini e donne di preghiera di tutti i secoli hanno avuto il privilegio di ricevere un'unione interiore con il Signore che ha permesso loro di scendere nelle profondità oltre la parola. Sono quindi in grado di svelarci i tesori nascosti della preghiera. E possiamo essere certi che ognuno di noi, con la sua relazione del tutto personale con Dio, è accolto e protetto in questa preghiera. Ogni volta, ciascuno di noi con la sua mens, il suo spirito, deve andare incontro, aprirsi e sottomettersi alla guida della vox, la parola che ci viene dal Figlio. In questo modo il proprio cuore si aprirà e ciascuno imparerà il modo particolare in cui il Signore vuole pregare con lui. [1]
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Perché la preghiera sviluppi questo potere di purificazione, deve essere da un lato qualcosa di molto personale, un incontro tra il mio io intimo e Dio, il Dio vivente. Dall'altro lato, deve essere costantemente guidata e illuminata dalle grandi preghiere della Chiesa e dei santi, dalla preghiera liturgica, in cui il Signore ci insegna sempre di nuovo come pregare correttamente.
Il Cardinale Nguyen Van Thuan, nel suo libro di esercizi spirituali, racconta che durante la sua vita ci sono stati lunghi periodi in cui non riusciva a pregare e si aggrappava ai testi della preghiera della Chiesa: il Padre Nostro, l'Ave Maria e le preghiere della liturgia.
Pregare deve sempre comportare questa commistione tra preghiera pubblica e personale. È così che possiamo parlare a Dio e che Dio parla a noi. [2]
NOTE
[1] pp 130-33 in Gesù di Nazareth, vol. 1
[2] Lettera Enciclica Spe Salvi, n. 34
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