Pagine

venerdì 18 novembre 2022

Porfiri: Liturgia e “gesti significativi”

Interessanti riflessioni pubblicate da Aldo Maria Valli.
Se lo meritano l'8xmille certi sacerdoti di nostra conoscenza?
Luigi

di Aurelio Porfiri, 9-11-22

Ci sono “parole magiche” che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi cinquant’anni, parole ripetute così tante volte che diamo per scontato di capire esattamente il loro significato. Per esempio, quando si stravolge la Messa con iniziative solitamente promosse dal celebrante (portare all’altare qualcosa di non necessario, consentire un discorso da parte di qualcuno che non c’entra niente, proporre una novità liturgica non prevista e non prevedibile) ecco che ci viene detto che quello è stato un “gesto significativo”.

Forse non abbiamo mai riflettuto su queste parole, ma probabilmente è il caso di farlo. Qual è la differenza fra significativo e significato? Apparentemente non ce n’è nessuna, ma forse ci sbagliamo. Intanto la semiologia ci insegna la differenza fra significato, che è un concetto o contenuto, e il significante, che è ciò che lo rappresenta. Abbiamo il concetto di preghiera (significato) e abbiamo le parole, i gesti, i suoni che lo rappresentano (significante).

Introdurre elementi che disturbano il rito invece di favorirlo non si può definire gesto significativo, perché in realtà si introduce un contenuto che spesso per sua natura è alieno dalle esigenze proprie di ogni rito. Allora dovremmo forse chiamare questi momenti “gesti sovrasignificativi”, perché essi sono interferenze che non aiutano alla comprensione del rito, anzi lo inquinano. Questi gesti non aggiungono significati alla liturgia, ma aggiungono significanti, implicando che la liturgia, per come la Chiesa ce l’ha consegnata, non esprime già quello che insignificanti tentano continuamente di aggiungere.

Mi fa molto sorridere il fatto che una riforma liturgica giudicata come irrevocabile dal presente Pontefice sia poi inquinata dagli stessi che la difendono a spada tratta. Non è forse questa una dimostrazione di insicurezza? Un noto liturgista come monsignor Crispino Valenziano definisce la liturgia “Chiesa in corso d’opera” nel titolo di un suo celebre libro. Ma immagino che colui che lavora in questo cantiere sia il Magistero che agisce con coscienza rettamente informata (era contro la libertà di coscienza assoluta che si batteva Gregorio XVI nella Mirari Vos: con una coscienza slegata dalla verità si possono compiere aberrazioni).

Dobbiamo stare bene attenti e vigilare criticamente su quanto ci viene propinato in certe parrocchie, perché oramai troppo stesso veniamo allontanati dagli scopi della liturgia piuttosto che farci più vicini.



Nessun commento:

Posta un commento