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giovedì 27 ottobre 2022

In memoria di Padre Gumpel, un formidabile studioso di ciò che accadde tra Pio XII e gli ebrei

Ricordo di un grande studioso e difensore di Pio XII, morto il 12 ottobre scorso.
Luigi

Settimo Cielo, 16-10-22
(s.m.) Ricevo e pubblico. Il giurista e storico della Chiesa Pier Luigi Guiducci, autore di questo profilo inedito del gesuita Peter Gumpel, lo ebbe non solo amico ma anche “padre, collega, maestro e testimone della fede”.

PADRE PETER GUMPEL. RICORDANDO UN AMICO
Pier Luigi Guiducci

Mercoledì 12 ottobre 2022 il gesuita Peter (al secolo Kurt) Gumpel ha concluso il suo esodo terreno, ed ha raggiunto la Casa del Padre. Aveva 98 anni. Da tempo era ricoverato presso l’infermeria della Residenza San Pietro Canisio a Roma. Lo andavo a trovare periodicamente, e stavo con lui diverse ore. Nato ad Hannover, il 15 novembre 1923, questo religioso tedesco rimane noto per i suoi contributi storici, per i ruoli ricoperti nel proprio Ordine, per il sostegno al confratello p. Paolo Molinari nominato perito al Vaticano II (rif. “Lumen Gentium”), per i compiti fiduciari ricevuti da Pontefici, per l’insegnamento (“Storia dei dogmi”, e “Teologia della Spiritualità Cattolica”) presso la Pontificia Università Gregoriana (Roma), per il lavoro svolto accanto al p. Molinari nella sede della Postulazione Generale dei Padri Gesuiti a Roma.

P. Gumpel proveniva da una ricca famiglia tedesca. Il nonno paterno controllava una banca, fabbriche e partecipazioni a imprese. Era un consigliere del presidente Paul von Hindenburg. E si mostrò molto contrario a un’eventuale nomina di Hitler al Cancellierato. Quando, però, proprio il capo del nazionalsocialismo divenne Cancelliere, ebbe inizio un periodo critico per i Gumpel. La famiglia dovette allontanarsi dalla Germania. In tale contesto, Kurt (aveva 10 anni e stava con la madre) studiò in Francia, in un piccolo villaggio. Cominciò a imparare la lingua ma non fu facile – essendo tedesco – inserirsi tra gli altri bambini. Dopo due anni poté tornare a Berlino. Nel 1939, l’arresto temporaneo di sua madre, motivò un nuovo espatrio. Kurt venne mandato a Nijmegen (Nimega), in Olanda. Qui, studiò nell’internato del liceo retto dai Gesuiti. In quest’ultimo Paese imparò la lingua. In seguito, divenuto un buon conoscitore dei Paesi Bassi, quando decenni dopo emerse la questione del “Catechismo Olandese” (1966; alcune affermazioni eterodosse), Paolo VI lo inviò come proprio fiduciario in visita in Olanda.

In quel periodo, il giovane Kurt avvertì un orientamento vocazionale: quello di diventare gesuita. La reazione del genitore fu dura. Raccontò in seguito p. Gumpel a don Ariel S. Levi di Gualdo: “Eravamo in macchina, mio padre si fermò, mi fece scendere assieme al mio cane bassotto col quale percorsi alcuni chilometri a piedi per rientrare a casa. Quando entrai mio padre mi intimò di non tornare mai più su certe fantasie. Dopodiché aggiunse che mi avrebbe permesso di entrare nella Compagnia di Gesù solamente se glielo avesse detto il Sommo Pontefice in persona”. Racconta l’A. cit. che il giovane prese il padre in parola. La famiglia aveva conosciuto e avuto ospite più volte l’arcivescovo Eugenio Pacelli, all’epoca nunzio apostolico a Berlino, divenuto poi Papa nel 1939, al quale non esitò a scrivere. Un mese dopo il padre si vide giungere una lettera autografa di Pio XII che lo pregava di concedere al figlio di entrare nella Compagnia di Gesù.

Comunque, nel frattempo, il giovane Kurt – superati gli esami di maturità – aveva iniziato gli studi di filosofia a Nimega (era ancora un laico). Nel 1944 entrò nel Noviziato della Provincia olandese dei Gesuiti. Nel 1947 venne chiamato a Roma come ripetitore di filosofia presso il Collegio Germanico. Iniziò così un cursus di insegnamento accademico. Aveva 23 anni.

Già in quel periodo era in contatto con il Padre Generale dell’Ordine Jean Baptiste Janssens. In seguito, il religioso affrontò gli studi di teologia a Heythrop (Regno Unito) e il terzo anno a Gandia (Spagna).

A Heythrop Gumpel poté interagire anche con il confratello Paolo Molinari. Ne derivò un’intesa che durò tutta la vita. In quel periodo, Gumpel fu un tifoso del Molinari che giocava a pallone. Alla domanda di don Ariel (cit.) se lui avesse mai giocato, con umorismo rispose: “No, perché è intellettualmente più gratificante e fisicamente meno stancante tifare dagli spalti per quelli che giocano”. In quel periodo aiutò il Molinari a imparare l’inglese.

A Gandia Gumpel ebbe modo di osservare la realtà del Paese e della Chiesa. Mentre era in Spagna, il Generale gli chiese di modificare la tesi di dottorato. Da temi riguardanti la filosofia doveva affrontare argomenti di storia dei dogmi. Gumpel ubbidì. Tornato a Roma, ricominciò a scrivere la nuova tesi.

Nel settembre del 1952 fu ordinato sacerdote. Dal 1960 divenne vice postulatore generale dell’Ordine dei Gesuiti. Conseguì il dottorato nel 1964 presso la Gregoriana. Un momento importante nella sua vita fu la chiamata che ricevette da Giovanni XXIII. Il Papa aveva letto un suo articolo, scritto con p. Molinari, pubblicato nella rivista “Gregorianum” sulla funzione dei santi nella Chiesa E li volle incontrare entrambi. Iniziò in tal modo un’interazione che si approfondì ulteriormente con Paolo VI. Negli anni del Concilio, p. Gumpel e p. Molinari furono consiglieri del Papa. Inoltre, poterono incontrare molti vescovi, fornendo loro contributi teologici (p. Molinari fu perito al Concilio).

Nel contesto fin qui delineato si colloca un numero notevole di fatti, episodi, difficoltà. Si pensi alla dolorosa fine riservata in Germania al nonno paterno, all’espropriazione dei beni familiari da parte nazista, alla morte della madre, alle prove affrontate all’estero (specie in Olanda) a motivo della sua nazionalità tedesca, alle delicate missioni per il suo Ordine (anche in aree territoriali ove era pericoloso parlare apertamente), alla mediazione tra il Padre Generale Pedro Arrupe e Paolo VI…

Tra i suoi maggiori meriti si colloca lo studio pluridecennale sulla figura e l’operato di Pio XII. Tale impegno si concretizzò nel 1965, seguendo l’iter della causa di beatificazione del Servo di Dio Eugenio Pacelli (divenuto poi Papa) affidata ai Gesuiti. È suo, e di p. Molinari, il merito di aver sviluppato indagini particolarmente rigorose. Quando qualche teste riferiva in modo incompleto, p. Gumpel lo richiamava fino a raggiungere chiarezza su ogni minimo dettaglio. Proprio il rigore di questo gesuita consentì di far conoscere le azioni di Papa Pacelli durante il secondo conflitto mondiale. In un momento nel quale non erano ancora consultabili gli Archivi Vaticani per il periodo di Pio XII (1939-1958), p. Gumpel, ex-officio, con l’autorizzazione di Paolo VI, poté esaminare i documenti più diversi e dimostrare vari fatti storici.

Dal 1972 al 1983 fu giudice teologico presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Dal 1983 al 2013 divenne relatore nel processo canonico di beatificazione del Servo di Dio Eugenio Pacelli (poi Pio XII).

In particolare, il tenace gesuita (il suo rigore gli causò sofferenze), con il suo lavoro, dimostrò che non esisteva nessun “Papa di Hitler”, nessun Pontefice “filo-nazista”, e che nel mondo cattolico le azioni a difesa degli Ebrei non espressero solo iniziative di singoli, ma furono interventi collegati alle esortazioni ufficiali del Papa (discorsi, allocuzioni, messaggi radio, udienze), e alle missioni promosse da Pio XII (tramite fiduciari), realizzate in modo non appariscente.

Nel 1983, Giovanni Paolo II gli conferì il ruolo di relatore della causa di beatificazione di Pacelli. In tale periodo, p. Gumpel riuscì – trovando vari documenti – a distruggere due “leggende nere” che gravavano sulla memoria di Pio XII. Una “leggenda” proveniva dai nazisti. Questi, avevano operato, specie in Polonia, per divulgare il messaggio che il Papa rimaneva insensibile alle richieste di aiuto delle popolazioni locali. La realtà era diversa. Erano i nazisti a eliminare sistematicamente ogni azione vaticana, e a deviare gli aiuti umanitari.

La seconda “leggenda” proveniva dal mondo comunista. Pio XII aveva condannato il comunismo ateo seguendo la linea di precedenti Pontefici. Per contrastare tale orientamento magisteriale, esponenti del regime moscovita non esitarono a diffondere dati che calunniavano il Pontefice mostrandolo debole, inerte, e sensibile ai poteri forti. Tale “leggenda” fu alla fine scoperta grazie anche a documenti ritrovati negli archivi della STASI e a testimonianze di ex-dirigenti russi.

Nel 2009, Benedetto XVI proclamò Venerabile Pio XII. Gli vennero, cioè, riconosciute le virtù eroiche.

Malgrado ciò, la figura di questo Pontefice continuò ad essere criticata soprattutto da taluni esponenti del mondo ebraico che gli contestavano un presunto silenzio sulla Shoah. Anche in questo caso, si rese necessario un ulteriore studio di documenti e un ascolto di nuove testimonianze (anche ebraiche) per dimostrare che Pio XII non scelse la passività ma piuttosto un’azione capace di salvare vite umane. Questa linea operativa condusse alla fine a proteggere un alto numero di perseguitati.

Nel progredire delle ricerche ricordate emerse – a sua volta – un’altra evidenza: in molti abbandonarono gli Ebrei nell’ora delle persecuzioni (inclusi gli anglo-americani). Non mancarono poi i delatori e i collaborazionisti dei regimi dell’Asse. Eppure, alcune figure significative dell’attuale mondo ebraico continuano a far silenzio su tali realtà.

Ho avuto l’onore di interagire con il p. Gumpel per un lungo periodo di tempo. Egli ha scritto le prefazioni a dieci miei libri di storia. Studiava ogni pagina delle bozze e annotava centinaia di integrazioni, anche minime. Con lui ho dialogato per molte ore nella sua camera, anche quando la malattia lo costrinse a stare su una carrozzina. E sono sempre rimasto colpito dalla Sua lucidità. Questo caro amico non era un emotivo. Era fedelissimo alla Chiesa e al Papa. Unitamente a ciò, sapeva sviluppare delle analisi storiche ove non si faceva condizionare da pressioni o da correnti di pensiero. Sapeva essere chiaro, equilibrato, sempre attento a citare le fonti. Per lui non c’erano nemici ma solo interlocutori posizionati eventualmente su altre linee.

Unitamente a ciò, p. Gumpel rimaneva rigoroso negli aspetti etici. Anche in talune occasioni scelse di seguire opzioni scomode ma chiare. Nella stessa Congregazione per le Cause dei Santi, ad esempio, fece pressioni per evitare un giro di denaro che esulava da determinate responsabilità. Accentuò poi le azioni per valorizzare il fondo economico riservato alle cause in cui gli “attori” non possedevano forza economica. Interagì con fermezza con alcuni colleghi per completare le indagini storiche in casi non chiari (ove si tendeva a “chiudere” rapidamente). E invitò le autorità ecclesiastiche a vigilare su giuramenti riguardanti casi non chiari.

Sul piano dei nostri rapporti privati, p. Gumpel è stato per me sacerdote, padre, collega, maestro e testimone della fede. Il suo modo di accogliere, il rispetto verso il visitatore, l’attenzione a vicende personali, gli auguri per le festività, la sua benedizione a fine colloquio, rimangono tra i ricordi più belli della mia vita. Anche gli episodi più nascosti della sua vita rimangono in me una fonte di luce. Penso a quando è intervenuto in silenzio a sostegno dei più deboli. E ricordo anche quando (non era ancora bloccato in carrozzina) si recava puntualmente nel refettorio per aiutare chi era più segnato da patologie a nutrirsi. Sul suo tavolo c’era sempre un Crocifisso, un’immagine mariana e un rosario. In tal senso, egli non ha predicato delle semplici regole comportamentali, ma dei motivi positivi per aprirsi a Dio-Vita.