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domenica 18 settembre 2022

Arcivescovo Laurent Ulrich: quale strategia verso i tradizionalisti parigini?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 884 pubblicata da Paix Liturgique il 9 settembre 2022, che analizza le principali e delicatissime questioni e l’approccio che mons. Laurent Ulrich, nuovo Arcivescovo di Parigi, si trova ad affrontare.
Tra queste assume particolare rilievo il rapporto con i fedeli tradizionali, tenendo conto che «ogni domenica a Parigi partecipano alla Messa nella forma straordinaria circa cinque-seimila persone» e «in un contesto di totale libertà e di integrazione con le parrocchie, il numero di fedeli che desiderano utilizzare la Forma Straordinaria a Parigi potrebbe aumentare notevolmente»: dopo la guerra assurda scatenata dal suo predecessore mons. Michel Aupetit, la speranza è che cerchi uno “scongelamento” nei rapporti con i fedeli tradizionali, dando «anche controvoglia, a quella parte vivissima di cattolici che continuano a trasmettere e produrre vocazioni, la libertà che chiedono […] potrebbe essere un passo avanti rispetto all’inevitabile allentamento del “terrore” che seguirà il pontificato bergogliano».

L.V.


I segnali lanciati dal nuovo arcivescovo di Parigi, mons. Laurent Ulrich, sulla questione della liturgia tradizionale, vengono scrutati con grande attenzione da coloro che vi sono legati. Questi segnali, per il momento, non sono chiari.

Un prelato di sinistra in una diocesi “classica”

Si tratta di un prelato con la reputazione di essere di sinistra che assume la guida di una diocesi “classica”. Laurent Ulrich, ex arcivescovo di Lille, arriva in una Chiesa profondamente segnata dall’impronta lusitana (cardinale Lustiger, cardinale Vingt-Trois, mons. Aupetit), che coltiva il suo pariginismo: un proprio programma di formazione seminaristica, originariamente organizzato per evitare di inviare i seminaristi parigini al seminario regionale di Issy-les-Moulineaux, all’epoca notoriamente di sinistra; una propria università cattolica, l’École Notre-Dame, fondata come contrappeso all’Institut Catholique de Paris, teologicamente progressista; un clero ancora relativamente giovane rispetto alla media nazionale, generalmente di stampo classico, con una parte minoritaria ma visibile di stampo tradizionale.

Come abbiamo detto nella nostra Lettera 860 del 26 aprile 2022 (Paix Liturgique France), il vescovo Ulrich deve ora gestire la difficile eredità lasciata dal vescovo Michel Aupetit. Dovrà recuperare la fiducia dei suoi subordinati e del suo clero (Michel Aupetit ha visto due dei suoi vicari generali, Alexis Leproux e Benoist de Sinety, sbattere la porta e dimettersi a distanza di quattro mesi l’uno dall’altro, quest’ultimo appena partito per la diocesi di Lille). Per non parlare dei fedeli: il vescovo Aupetit aveva colpito da tutte le parti, a sinistra liquidando violentemente la comunità progressista di Saint-Merry, a destra gestendo senza alcun dialogo il licenziamento del preside del liceo di Saint-Jean-de-Passy.

Senza dubbio, le questioni principali che il vescovo Ulrich intende affrontare durante il suo pontificato di pochi anni (ha 71 anni) saranno quelle del restauro di Notre-Dame e della possibile fusione, soprattutto per motivi finanziari, dei seminari di Parigi e Issy-les-Moulineaux, i cui seminaristi sono ora della stessa idea. Ma si può anche supporre che avrà a cuore di sanare le ferite, e che sarà benevolo e acquiescente con le varie sensibilità dei suoi fedeli, di cui una parte relativamente grande è tradizionale. Solo che la sua nomina doveva essere accompagnata informalmente da una tabella di marcia, sulla quale le autorità romane e il loro rappresentante a Parigi saranno certamente molto vigili.

Consapevole della difficoltà della sua missione, il nuovo arcivescovo cammina sulle uova. Durante il suo primo incontro con il presbiterio parigino, il 31 maggio, nella cripta di Saint-Honoré d’Eylau, ha dato qualche segnale verso “destra”, confidando ai sacerdoti della diocesi di aver sentito la propria vocazione al sacerdozio, da bambino, nel coro della cattedrale di Digione, nel quadro di una bella vita liturgica, una liturgia preconciliare; che il suo primo incarico come curato era stato con un sant’uomo del sacerdozio che indossava l’abito talare; e che non era di sensibilità progressiva.

Ha inoltre dimostrato il suo interesse per il dossier tradizionalista non riconfermando Mons. Patrick Chauvet come supervisore della liturgia tradizionale: assumerà lui stesso questo ruolo.

Ma il nuovo arcivescovo ha anche fatto un passo indietro, vietando alla parrocchia di Sainte-Odile di affittare i suoi locali per lo svolgimento di un colloquio sulla Messa tradizionale il 24 settembre. E soprattutto, in un’intervista rilasciata a La Vie il 13 luglio 2022 [Laurent Ulrich: “La gioia è il miglior antidoto alla chiusura in se stessi” (lavie.fr)], ha affrontato la questione delle tensioni provocate dal motu proprio Traditionis Custodes nei seguenti termini: “Questo dono [dell’Eucaristia] ha bisogno di essere espresso nella fedeltà a ciò che la Chiesa vive da venti secoli, e alla presenza in un determinato momento. Il Papa invita a non litigare più su questo tema e a meravigliarsi del dono di Dio, insieme, per il quale la Chiesa nel Concilio Vaticano II è stata in fedeltà alla tradizione della Chiesa. Questo non può essere messo in discussione. La Chiesa del XX e XXI secolo è fedele all’Eucaristia nell’ordinare il modo in cui viene celebrata oggi. Il fatto che ci siano possibilità di accesso graduale a questo, luoghi in cui si può celebrare l’antica liturgia, dovrebbe permettere a queste comunità di avvicinarsi gradualmente all’espressione unica della liturgia, perché la Chiesa manifesta la sua unità nell’unità della sua ritualità. Ciò richiede un lavoro di contatto e un desiderio di comprensione reciproca. Un’opera sinodale”.

Chiaramente, è la linea di Traditionis custodes che l’Arcivescovo ha scelto di esporre fedelmente:

- La Chiesa del Concilio Vaticano II ha “ordinato” il modo di celebrare oggi, in cui esprime la sua unità;

- Ci possono essere luoghi in cui si celebra ancora la vecchia liturgia, ma sono destinati a consentire un “accesso graduale”, a far progredire “gradualmente” le comunità interessate verso “l’espressione unica della liturgia”.

Forse è bene non drammatizzare: quest’ultimo segnale viene dato anche per rassicurare la sensibilità rappresentata da La Vie, oltre che da Roma e dal nunzio apostolico, particolarmente attenti a questo tema. Resta il fatto che quanto espresso dal vescovo Ulrich in questa intervista è in linea con il suo pensiero naturale.

La situazione: l’assurda politica di Mons. Aupetit

A Parigi intra muros, prima di Traditionis custodes, ogni domenica si celebravano venticinque messe straordinarie ufficiali o ufficiose in undici luoghi, la chiesa di Saint-Eugène, la chiesa di Saint-Roch, il Centre Saint-Paul, la chiesa di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, la chiesa di ND de la Consolation, la cappella di Notre-Dame-du-Lys, la chiesa di Sainte-Jeanne de Chantal, la chiesa di Sainte-Odile, la chiesa di Notre Dame du Travail e alcune altre cappelle.

La chiesa di St-Nicolas-du-Chardonnet, con il suo fascino simbolico e la sua posizione di chiesa che offre tutti i servizi parrocchiali. Con ND de Consolation e altre cappelle, la FSSPX accoglie ogni domenica almeno quattromila fedeli. I luoghi ufficiali o assimilati ne accolgono circa millecinquecento. Esiste, inoltre, una grande porosità di pubblico tra i luoghi “ufficiali” e quelli della FSSPX. Potrebbe anche essere più importante, perché Traditionis custodes ha aperto un viale alla FSSPX affinché possa affermarsi con profitto in tutto il mondo tradizionale (in particolare proponendo ampiamente le sue cerimonie di cresima), una tendenza che purtroppo è rallentata da una certa ossificazione dei dirigenti francesi di questa comunità.

Complessivamente, si può dire che ogni domenica a Parigi partecipano alla Messa nella forma straordinaria circa cinque-seimila persone. Si tratta di un numero relativamente elevato, soprattutto se si considera che la popolazione di fedeli considerata è mediamente molto più giovane di quella delle parrocchie parigine, ma in realtà è esiguo rispetto a quello che potrebbe essere, dal momento che circa un terzo dei fedeli intervistati nei sondaggi che abbiamo realizzato parteciperebbe volentieri alla Messa tradizionale se fosse celebrata nella propria parrocchia e il 47 per cento dei fedeli mensili passerebbe alla forma straordinaria se fosse offerta dalla propria parrocchia (sondaggio Harris Interactive del gennaio 2010, si veda la nostra lettera 220, “Nuovo sondaggio sulla pace liturgica: Parigi una diocesi simbolica in più modi”, Paix Liturgique France). In un contesto di totale libertà e di integrazione con le parrocchie, il numero di fedeli che desiderano utilizzare la Forma Straordinaria a Parigi potrebbe aumentare notevolmente.

Ma è esattamente l’opposto quello che si prefigge la Traditionis custodes, il cui obiettivo è l’estirpazione violenta di una liturgia considerata pericolosa per la fede dei cattolici, perché riflette la fede del periodo precedente al Vaticano II. Il vescovo Aupetit ha ritenuto opportuno fare eco a questa violenza nella sua diocesi, abbastanza per essere in linea con la linea romana, ma non troppo per non far scoppiare il vaso. Soppresse due Messe domenicali nei luoghi dove la partecipazione era più popolare: Notre-Dame du Travail e Saint-Georges-de-la Villette (dove soppresse due Messe feriali). Ha anche abolito la Messa “alla moda” del mercoledì a Saint-François-Xavier, frequentata da molti giovani (che ora si riuniscono in parte a ND-du-Lys e in parte a Saint-Nicolas-du-Chardonnet), così come le Messe a Sainte-Clotilde. Inoltre, riservò il diritto di celebrare le Messe tradizionali che conservava (Saint-Roch, Saint-Eugène, Sainte-Odile, ND du Lys, Sainte-Jeanne de Chantal) solo a sacerdoti diocesani bi-ritualisti da lui espressamente designati.

Queste ingiustizie estremamente maldestre hanno scatenato persistenti manifestazioni di protesta nei luoghi colpiti, oltre a una manifestazione “celebrata” ogni sabato da mezzogiorno alle ore 12:45, davanti alla Nunziatura Apostolica, avenue du Président-Wilson.

Un cattolicesimo in bancarotta

Indubbiamente, l’attaccamento alla liturgia tradizionale, come giustamente affermato in Traditionis custodes e più recentemente in Desiderio desideravi, è l’espressione di una “differenza” ecclesiologica. Più in generale, se al rifiuto tradizionalista della riforma liturgica si aggiunge il profondo disagio nei confronti del cattolicesimo nato dal Concilio di quelli che Yann Raison du Cleuziou chiama gli “osservanti” (Une contre-révolution catholique. Aux origines de La Manif pour tous, Seuil, 2019), esiste ora una frattura nella Chiesa, che nulla può risolvere. Per questo l’ira romana non colpisce solo i tradizionalisti, ma anche quelli che il Papa chiama i “restauratori”: diocesi come Tolone, la prelatura dell’Opus Dei e la comunità di Saint-Martin. Questa frattura tra due cattolicesimi è un fatto enorme, che esiste fin dal Concilio, ma che questo pontificato ha deliberatamente esacerbato. Certo, il tentativo di Benedetto XVI di pacificare la liberalizzazione, simboleggiato da Summorum Pontificum, aveva messo fuori gioco il campo progressista, ma il tentativo opposto di Francesco, simboleggiato da Traditionis custodes, è stato avvertito ben oltre il mondo tradizionalista come una violenza assurda, tanto più assurda in quanto il cattolicesimo sembra oggi in via di estinzione.

In questa istituzione ecclesiale in contrazione, il peso degli “osservatori” in generale e dei tradizionalisti in particolare sta aumentando in proporzione, a causa della loro minore età e della loro capacità di trasmissione. Al contrario, coloro che hanno vissuto il Concilio come una primavera sono ora nell’autunno della loro vita e vedono le loro fila assottigliarsi più che mai, mentre i loro figli e nipoti hanno semplicemente smesso di essere cattolici. Tuttavia, non cessano di esercitare la loro pressione morbosa e continuano a chiedere una trasformazione radicale dell’istituzione (matrimonio dei preti, sacerdozio delle donne, democratizzazione) che, secondo loro, è attesa da tempo (Danièle Hervieu-Léger, Jean-Louis Schlegel, Vers l’implosion, Seuil, 2022).

I tradizionalisti, un tempo disprezzati come minoranza, sono ora indicati come il principale ostacolo al rinnovamento della Chiesa. In effetti, a sessant’anni dal Concilio Vaticano II, la loro presenza è irriducibile: la celebrazione della Messa tradizionale e tutto ciò che essa comporta dal punto di vista catechistico e vocazionale, cioè di trasmissione, non hanno cessato di espandersi e non si vede come potrebbero cessare.

Questo nuovo equilibrio di potere avviene sullo sfondo di una continua emorragia di fedeli “ordinari”, pastori e seminaristi. Il campo “conciliare”, tuttavia, persiste nella corsa a perdifiato, tanto è difficile negare una grande narrazione rivoluzionaria, ma con sempre meno convinzione. Così, la promozione della sinodalità interessa davvero solo l’ultimo dei militanti, e non cambierà nulla nella perdita continua, anzi, è un ulteriore passo nel liberalismo.

Tutto questo è vero a Parigi, anche se la concentrazione della popolazione e il carattere più classico del clero possono dare un’illusione. In realtà, la grande massa dei cattolici di Parigi è “borghese” in tutti i sensi: ad esempio, manda i propri figli nei buoni licei cattolici di Parigi non per convinzione militante, ma per ragioni di non mescolanza sociale e di garanzia di successo scolastico, essendo la frangia solidamente cattolica – quella degli “osservanti” – una minoranza. In sostanza, a Parigi come altrove, il cattolicesimo che è ancora vivo e che mostra la capacità di continuare è ridotto a un “piccolo gregge”, quello che costituirà il cattolicesimo di domani, ma a causa della concentrazione della popolazione è più visibile di quanto non lo sia nel cattolicesimo delle province.

Quale scelta per il vescovo Ulrich? Il criterio delle cresime

All’arcivescovo sono state inviate due lettere con la richiesta di un incontro con i rappresentanti di gruppi di fedeli che hanno subito un torto, ma per il momento non hanno ricevuto risposta. Si sta formando un collettivo attorno all’associazione Sainte-Cécile. Tutti questi gruppi rimangono sotto le armi e attendono soprattutto di sapere come verrà risolta la questione della cresima nella forma tradizionale.

Dall’estate scorsa, infatti, la diocesi non ha organizzato alcuna cerimonia di cresima nella forma tradizionale. Non possiamo più rimanere in astensione: o le cresime tradizionali saranno conferite dall’arcivescovo di Parigi o da un sacerdote da lui delegato, oppure le rifiuterà. Pertanto, non può lasciare la questione della liturgia tradizionale così com’è.

A Lille, dopo un periodo di fredda distanza, Laurent Ulrich ha scongelato i rapporti con l’ICRSS che serve i luoghi dove si celebrano le Messe tradizionali. Quando è nata la Traditionis custodes, egli avrebbe voluto ridurne il numero, ma dopo le trattative, in cui padre de Sinety ha svolto un ruolo di facilitatore, il vescovo Ulrich ha fatto una dichiarazione in cui affermava che nulla era cambiato. E dopo ulteriori trattative, ha accettato, prima di lasciare Lille, di conferire lui stesso le cresime con il rito tradizionale.

A Parigi ha dovuto scegliere tra:

- Un atteggiamento di latente repressione nei confronti di un gruppo di cattolici considerati sub-cattolici: niente cresime, niente ripristino delle messe soppresse, niente permesso ai sacerdoti della diocesi richiedente di celebrare la messa tradizionale, riduzione del corpo dei celebranti a un elenco stabilito dall’arcivescovo. Questa guerra, che non dice il suo nome, mira a metterli in riga. Tutto inutile.

- Oppure un atteggiamento di liberalismo pragmatico, correndo il rischio di dare, anche controvoglia, a quella parte vivissima di cattolici che continuano a trasmettere e produrre vocazioni, la libertà che chiedono, in attesa di vedere.

Il nuovo arcivescovo di Parigi può quindi rimanere in un atteggiamento di “guerra fredda”, oppure cercare di “scongelarsi”. In quest’ultimo caso, potrebbe essere un passo avanti rispetto all’inevitabile allentamento del “terrore” che seguirà il pontificato bergogliano. Tutte le scommesse sono chiuse…

1 commento:

  1. Ah adesso Mons. Aupetit ha scatenato le guerre contro i tradizionalisti… dobbiamo ringraziare il Signore e pregare perché ci siano altri pastori come Mons. Aupetit altroché

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