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giovedì 17 febbraio 2022

Controstoria del Movimento liturgico #18 - "Lo studio dei Padri: card. J.B.F. Pitra (1812-1889) di Aurelio Porfiri

18° appuntamento della rubrica sulla storia del Movimento Liturgico a cura del M° Aureli Porfiri. Oggi ci presenta la figura del Card. Pitra, antesignano degli errori del (poi chiamato) "archeologismo liturgico" inteso a danno dell'evolversi della liturgia. (concetto poi approvato e ripreso dal Venerabile Pio XII nella "Mediator Dei".  

Qui i precedenti appuntamenti. 
Roberto 

Lo studio dei Padri: 
cardinal Jean Baptist François Pitra (1812-1889)
di Aurelio Porfiri 

Lo studio del Movimento liturgico alle fonti della liturgia non poteva certamente evitare di volgersi alla Patristica. 
Di questo fu protagonista Jean Baptist François Pitra. Egli fu benedettino a Solesmes e poi anche collaboratore del Migne per la sua Patrologia. Dn Giuseppe de Luca nell’Enciclopedia Italiana così elenca le sue opere principali: “Fra le sue molte opere le più note sono: Spicilegium Solesmense, voll. 4 (Parigi 1852-58); Iuris Ecclesiastici Graecorum historia et monumenta, voll. 2 (Roma 1864-68); Hymnographie de l'Èglise Grecque (Roma 1867); Analecta Sacra Spicilegio Solesmensi parata, voll. 8 (di cui il sesto non fu pubblicato e il quinto postumo; Parigi 1867-1888); Analecta novissima, voll. 2, (Frascati 1885-1888); Sancti Romani cantica sacra (Roma 1888)”. Pio IX lo volle come suo
collaboratore e lo creò Cardinale e Bibliotecario di santa Romana Chiesa. Fu insigne studioso anche nel campo dell’innologia.

Uomo di enorme cultura e versatilità, aveva compreso che lo studio delle fonti liturgiche non serviva per stravolgere la liturgia ed usare l’antichità come argomento di sovversione, ma che esse servivano per approfondire quello che si aveva e se possibile migliorarlo e raffinarlo. 
Pio XII nella Mediator Dei (1947) aveva parlato di ‘archeologismo’: “Come, difatti, nessun cattolico di senso può rifiutare le formulazioni della dottrina cristiana composte e decretate con grande vantaggio in epoca più recente dalla Chiesa, ispirata e retta dallo Spirito Santo, per ritornare alle antiche formule dei primi Concili, o può ripudiare le leggi vigenti per ritornare alle prescrizioni delle antiche fonti del Diritto Canonico, così, quando si tratta della sacra Liturgia, non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per le mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l'eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del «deposito della fede» affidatole dal suo Divino Fondatore, a buon diritto condannò. Siffatti deplorevoli propositi ed iniziative tendono a paralizzare l'azione santificatrice con la quale la sacra Liturgia indirizza salutarmente al Padre celeste i figli di adozione”. 

Certo, il giansenismo di cui abbiamo parlato era un pericolo sempre dietro la porta e si affaccerà alla ribalta pochi anni dopo con le fattezze della “Chiesa delle origini”.

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