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giovedì 27 gennaio 2022

Il Santo del giorno in Plinio Corrêa de Oliveira #28 Carlo Magno Imperatore (28 gennaio)

Continuiamo i commenti del Santo del giorno del prof. Plinio Corrêa de Oliveira (QUI): Carlo Magno (742-814).

L.V.

Carlo Magno Imperatore

Carlo Magno, Re dei Franchi, Patrizio Romano, Imperatore del Sacro Romano Impero (742-814). Dopo alterne vicende storiche, oggi il culto di Carlomagno si celebra solo aAachen, con rito doppio di prima classe, il 28 gennaio con ottava. La solennità è fissata alla prima domenica dopo la festa di S. Anna. A Metten ed a Munster il culto è “tollerato” per indulto della S. Congregazione dei Riti.

J.B. Weiss, autorevole storico, nella História Universal ci ha lasciato un ritratto su Carlo Magno:

«A trent’anni, nel 722, Carlo assurse al Regno dei Franchi. Giustamente Carlo fu chiamato Magno. Meritò questo titolo come condottiero e conquistatore, come ordinatore e legislatore del suo immenso impero, e come fervente promotore di tutta la vita spirituale dell’Occidente. Per il suo imperio, il Cristianesimo riportò vittorie sui barbari. La sua esistenza fu una lotta costante contro l’inciviltà e la barbarie che minacciavano la Religione Cattolica e la nuova, nascente cultura.

«Intraprese non meno di cinquantatre campagne militari: diciotto contro i Sassoni, una contro l’Aquitania, cinque contro i Longobardi, sette contro gli Arabi di Spagna, una contro i Turingi, quattro contro gli Ávari, due contro i Britanni, una contro i Bàvari, quattro contro gli Slavi, cinque contro i Saraceni d’Italia, tre contro i Danesi e due contro i Greci.

«Il Papa San Leone III, nel Natale dell’anno 800, lo elevò alla dignità di Imperatore, fondando così la più nobile istituzione temporale della Cristianità: il Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca. Dopo aver ricevuto la Santa Comunione, Carlo spirò il 29 Febbraio 814. Vuole una leggenda che fosse sepolto in maestà, seduto su un trono, la spada al fianco e fra le mani il Libro dei Vangeli.

«Modello degli Imperatori cattolici, prototipo del Cavaliere, è la figura centrale della maggioranza delle Chansons de geste medievali».

Non saprei perché quando si parla di Carlo Magno, delle sue gesta e della sua grandezza, mi si presenta alla mente la straordinaria figura di Mosè, anch’egli con le sue gesta e la sua grandezza. Mosè stabilì l’ordine nel popolo eletto, che era prefigurazione della Cristianità. Egli ricevette la rivelazione dei Dieci della Legge; egli condusse il popolo eletto fino alle porte della Terra Promessa, liberandolo dalla cattività e stabilendo, in tal modo, le fondamenta affinché il popolo eletto si consolidasse e vi potesse nascere il Salvatore.

Il compito di Carlo Magno, considerato nella sua essenza, fu analogo a quello di Mosè. Egli radunò la Cattolicità, minacciata di schiavitù imminente dai suoi peggiori avversari, e con un’immane lotta, tutti li vinse, e stabilì i fondamenti della Civiltà Cristiana.

Per rendersi minimamente conto di qual fu la missione di Carlo Magno, occorre considerare le condizioni del suo tempo.

Ben sappiamo che fino al V secolo della nostra era, l’Impero Romano d’Occidente si estendeva su tutta l’Europa occidentale. E, a grandi linee, i suoi confini spaziavano dal Reno e dal Danubio fino al Portogallo, verso occidente; a settentrione, fino all’Inghilterra, e fino all’Italia verso meridione: era, pertanto, un’immensa unità.

E se possibile, smisurata: le vie di comunicazione, assai più lente a quel tempo che non ai nostri giorni, rendevano molto difficoltoso il governo di un Imperatore su tutta questa vastità; tanto che in rapporto all’apparato amministrativo e politico che doveva governarlo, le dimensioni dell’Impero erano veramente gigantesche.

Questo Impero fu travolto dalla valanga delle invasioni barbariche. Costoro erano ariani o pagani. L’arianesimo era un’eresia vagamente assimilabile al protestantesimo: un ariano era tanto anticattolico quanto lo è un protestante. Un Vescovo ariano, Ulfila, aveva pervertito i barbari pagani all’eresia ariana, tanto che la maggioranza dei barbari che invadevano l’Impero Romano (cattolico) era ariana, e avanzava con l’intenzione di imporre la propria religione. Altri invece erano pagani, e si prefiggevano di imporre l’idolatria. Gli uni e gli altri erano dunque barbari: e come barbari, erano incompatibili con la civiltà per costumi, per mentalità, per tendenze naturali. Stabilitisi nell’Impero Romano, volenti o nolenti, ne ferirono mortalmente la civiltà.

Perché ci si possa fare un’idea della truce realtà di questi popoli invasori, è sufficiente considerare come non comprendessero la necessità di dormire in una casa: ne soffrivano, come claustrofobici! Dormivano dunque sulle pubbliche piazze. Addirittura, a una di queste tribù barbare mancava l’aria al solo dormire entro le mura della città: giunta la notte, aprivano le porte della città, e si coricavano nel bosco, perché avevano difficoltà nel respirare. Credo non occorra aggiunger nulla…

Altro grave dilemma che attanagliava i barbari, era se valesse o meno la pena di alfabetizzarsi. Osservando stupiti i romani che erano sì alfabetizzati, ma anche molto decadenti, corrotti e molli, ritenevano che la causa della situazione fosse l’alfabetizzazione: per questo disprezzavano al sommo grado un uomo che imparasse a leggere e a scrivere. Un tale uomo era considerato come un effeminato: si comprendono così le idee strampalate di queste genti.

Quando i barbari cominciarono a stabilirsi in terra d’Europa, e a imporre la loro tirannide, nell’Impero ormai allo sbando rimase salda la Chiesa: l’Impero Romano d’Occidente sparì, ma la Chiesa, con le sue Diocesi, con i suoi monasteri, rimase in piedi.

V’era, dunque, una sola ancora di salvezza per tentare di risalire dall’abisso: rinvigorire l’influenza della Chiesa, e con ciò rialzarsi dalla miserevole situazione in cui l’Europa era precipitata.

Nel frattempo, una nuova catastrofe si abbatté sull’Europa: la Penisola Iberica venne invasa dall’Islam, complice la mollezza e l’accondiscendenza degli Ostrogoti, che abitavano la Spagna.

Ne conseguì la sua quasi totale occupazione, e a cominciare dai Pirenei, l’orda araba si intraprese l’invasione d’Europa, ormai romano-barbarica. I maomettani, via mare, cominciavano altre invasioni sbarcando in Italia e nel sud della Francia.

L’Europa, ancora con ferite aperte, cominciò anche a subire i colpi dell’Islam.

Quando tutto sembrava perduto, fu proprio in quel momento che Dio suscitò questo grande uomo che fu Carlo Magno. Un uomo, che mio vedere, fu un profeta, ossia: un uomo che realizzò il Regno di Dio, poiché aveva i doni per comprendere in cosa tal Regno consistesse, e la capacità di condurre gli altri a uno sforzo comune per la sua realizzazione. In più sapeva superare e vincere gli ostacoli che potevano opporsi a quest’opera.

Figlio di una stirpe che già da circa due generazioni regnava sui Franchi, essa stessa non immune da lotte intestine e guerre interne, e che tuttavia aveva un’ascendenza sui Franchi, una delle popolazioni barbariche d’Europa.

Carlo Magno, quando era Re dei Franchi, organizzò – come già detto – oltre cinquanta spedizioni militari, sottomettendo completamente le altre popolazioni; successivamente, contenne anche l’espansionismo islamico.

Con ciò, mutò il corso della Storia, che sembrava aver condannato irrimediabilmente il mondo latino a soccombere sotto la pressione germanica e la pressione maomettana. Carlo Magno salvò la latinità, e con essa, la Cristianità.

I racconti coevi ci descrivono come erculeo quest’uomo che compì gesta tanto straordinarie: di alta statura, con tratti molto regolari e ben fatti, conservò fino alla vecchiaia qualcosa di giovanile; e contemporaneamente, quando era ragazzo, aveva qualcosa della maturità di un vegliardo: da giovane incuteva rispetto, come fosse anziano. E nella canizie, sapeva infondere entusiasmo come fosse un giovane.

Fu tanto amabile e gentile, che una leggenda popolare narrava che ad ogni sorriso, sulla sua lunga barba bianca nascessero fiori, tanto la sua barba era tutta fiorita: per questo era soprannominato “re dalla barba fiorita”.

Possiamo immaginare la magnanimità di questa personalità: terribile nel combattimento – quando sapevano che Carlo Magno era schierato in battaglia, i nemici già davano per persa metà della pugna – ma contemporaneamente tanto amabile e tanto gentile da far credere agli altri che dalla sua barba nascessero fiori.

Grande guerriero, costui fu anche grande formatore di uomini. Raccolse un gruppo di uomini, che passò alla storia come il gruppo per antonomasia: i Dodici Pari (o Paladini) di Carlo Magno. Quando si parla di un Pari di Carlo Magno, si parla di una relazione ideale: Mai, nell’ordine temporale – beninteso! – la relazione fra un capo e i suoi sudditi fu tanto nobile, tanto alta, tanto forte; mai la condizione di suddito fu tanto categorica, ma allo stesso tempo comunicativa di tanta grandezza, quanto quella di essere un Pari di Carlo Magno.

Tuttavia, fra Carlo Magno e i suoi Paladini vi era un grado, una misura di differenza, tanto che egli era così grande, che tutti i Dodici Pari insieme non giungevano a uguagliarlo. Ma ogni Paladino era, in qualche modo la proiezione di un aspetto della sua personalità, sicché un Paladino di Carlo Magno era come un suo figlio e un suo ambasciatore, con una sorta, diremmo, di “carlomagnità”, partecipando della sua maestà, della sua forza e della sua grandezza. Era una sorta di alter ego, quantunque Carlo Magno fosse inconfondibile.

In questa relazione risiede precisamente la bellezza di ciò che li univa fra loro. D’altro canto, un altro ammirevole aspetto che merita d’essere considerato, era la solidarietà fra i Paladini: una solidarietà senza orgoglio, senza invidia, che aveva come unico scopo il servizio all’Imperatore. E in questo servizio, la Causa della Civiltà Cristiana; e dunque, della Chiesa Cattolica. Di più: di Nostra Signora la Beata Vergine Maria, e dunque di Nostro Signore Gesù Cristo, nel più alto dei Cieli!

Per questo erano tanto intimamente uniti fra di loro. Il modello ideale di amicizia nobile, forte, virile, disinteressata e leale è quella che riunì i Pari di Carlo Magno.

Non per nulla, per una tradizione cristiana, in molti paesi d’Europa, l’alta nobiltà risolse di assumere il titolo di Pari: Pari del Regno, Nel Regno Unito; Pari del Regno, in Francia… a imitazione della relazione di Carlo Magno coi suoi Pari, tanto era il paradigma della maggior perfezione dei rapporti coi sudditi, che li elevava alla condizione di figli e di alter ego del Sovrano stesso, pur mantenendoli, contemporaneamente e molto chiaramente, nella posizione di sudditi.

Uomo di fervida pietà, era allo stesso tempo analfabeta. Un analfabetismo che dimostra qual poca cosa sia imparare solamente a leggere e a scrivere. Infatti, un difetto di coloro che sanno solo leggere scrivere è l’equivoco per cui un pensiero tragga inizio da un libro: secondo una tal idea, quando un soggetto si dispone a pensare su qualcosa, il primo passo consisterebbe nel procurarsi un libro per leggere qualcosa sopra tal argomento, così da poterci poi pensare dopo la lettura.

Tuttavia Carlo Magno, che non sapeva né leggere, né scrivere, sapeva cogliere gli aspetti delle cose sotto altri aspetti; e aveva una tal esperienza delle cose, una tal intelligenza che organizzò l’istruzione in tutto il suo Impero, chiamando uomini come Alcuino, capaci di servirlo come un moderno Ministro della Cultura.

Non solo. Presenziava anche ai Sinodi episcopali: assisteva alle decisioni dei Vescovi, poiché è loro compito decidere delle questioni ecclesiastiche; ma è fuor di dubbio che anch’egli intervenisse nei dibattiti teologici che erano bloccati, e, generalmente, con successo. Era lui a proporre la tal formula teologica esatta, senza mai esser stato allievo di alcuna scuola teologica.

Della Chiesa, egli fu baluardo, sostegno e gloria: fu il figlio della Chiesa. Non invase i diritti della Chiesa, ne rispettò la sovranità, riconoscendole ogni potere: per questo la Chiesa stessa lo incoronò.

Tutti conoscono il meraviglioso episodio accaduto in Roma nell’antica Basilica di San Pietro. Carlo Magno stava genuflesso in preghiera, prima che il Papa salisse l’Altare per celebrare la Messa di Natale.

Al suo ingresso, il Sommo Pontefice, portando una corona d’oro, lo incoronò, e proclamandolo Imperatore, ricostituì così nella persona di Carlo Magno, l’Impero Romano ormai sbriciolato. Il popolo acclamò: «Viva Carlo Magno, nostro Imperatore!»: si stava dunque restaurando l’Impero Romano, che durerà per quasi mille anni.

Questo gesto è stupendo! È la Chiesa che riconosce e incorona in terra colui che Dio avrà certamente coronato poi in Cielo.

V’è un altro aspetto che è bello considerare: il potere del Papa! L’Impero Romano è un’istituzione che non nacque dal Papato: fu il Senato Romano che fece la grandezza di Roma, e gli Imperatori romani sorsero dalla decadenza della repubblica romana, un’istituzione pagana; poi, si cristianizzò con Costantino.

Il Papa si giudicava dunque col potere di ricostituire l’Impero Romano: lo ricompose e fondò il Sacro Romano Impero, ossia un Impero Romano consacrato, costituito per la difesa della Fede.

Quella notte di Natale, Pietro si forgiava una spada d’oro, il Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca, con lo scopo di difendere la Fede per tutta la Cristianità.

Che meraviglie, che splendori! Ci ricordano giorni molto differenti da quelli che oggi viviamo. Ma ci sono ideali che non muoiono mai, perché derivano direttamente dalla Fede, e come la Fede, sono immortali. Ascoltando questi racconti, la gente comprende che la storia umana non può terminare semplicemente con una sconfitta di Dio: ci deve essere una rivincita monumentale! E la Rivoluzione gnostica ed egualitaria deve essere sconfitta in modo da costituire il Regno di Maria, scopo per cui il mondo fu creato. Dio ha creato il mondo affinché, in un determinato momento, il Suo Regno sul mondo stesso fosse totale: questo si deve realizzare.

Ricordando questi accadimenti, vi troviamo una speranza per il futuro, e questo comporta – usando un’espressione nordamericana che mi è parsa molto buona – un «anacronismo creativo». Nulla è più anacronistico dell’Impero di Carlo Magno; ma è un anacronismo creatore. Il Ricordo di quest’Impero genera la speranza del futuro, crea la certezza di un futuro: noi camminiamo verso la restaurazione di quell’ordine di cui Carlo Magno fu un simbolo.

Possiamo chiedere a Carlo Magno che preghi per noi. Non tutti gli episodi della vita di Carlo Magno sono completamente limpidi, e la Chiesa non si è pronunziata chiaramente se egli sia o non sia Santo. Tuttavia, in certe regioni d’Europa, è d’uso celebrare la festa del Beato Carlo Magno. Al tempo di Papa Benedetto XIV, gli antenati dei progressisti, presi dallo zelo (in queste occasioni, i progressisti sono zelanti…) cercarono di abolire la festa di Carlo Magno. E Benedetto XIV scrisse un Breve con cui confermava che, nei luoghi ove Carlo Magno era venerato come Beato, il culto poteva continuare.

Questa dunque è l’intenzione del Santo di oggi.

Giova ricordare, oltretutto, a rispetto della devozione a Carlo Magno, quel che diceva Santa Giovanna d’Arco: la sua missione era dovuta alle preghiere di «Messer San Luigi e Messer San Carlo Magno».

Non potrebbe esserci nulla di più bello! Tanto più che Santa Giovanna d’Arco riceveva rivelazioni dal Cielo, e sapeva bende dove si trovavano Messer San Luigi e Messer San Carlo Magno, o no?

Dunque, preghiamo come Santa Giovanna d’Arco: Messer San Luigi e Messer San Carlo Magno, pregate affinché cessi la Rivoluzione gnostica ed egualitaria, e venga presto il Regno di Maria!

Fonte: Plinio Corrêa de Oliveira, Cum Sanctis Tuis, ChoraBooks (QUI per acquistare)

2 commenti:

  1. Sulla grandezza politica di Carlo nessun dubbio, così come sulla sincerità della sua fede e sulla sapiente protezione accordata a Eginardo e Alcuino. Tuttavia molti aspetti della sua vita familiare mi paiono difficili da conciliare con la santità. Del resto la Chiesa non ha canonizzato Costantino e neppure Matilde di Canossa.

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  2. Ma è stato fatto Santo o no? Non lo ho chiaro. A volte leggo in giro San Carlo Magno, altre volte solo Carlo Magno. Pare sia vero si formassero fiori nella sua barba, un prodigio legato alla sua gentilezza. Imitava Cristo nell'essere MITE e umile di cuore, non era il solito guerriero confuso, sanguigno e bollente. Dopo Cristo cambia lo stile del rude e passionale guerriero, si è cavaliere nel senso pieno del termine.Vi è la mitezza che stempera ardori eccessivi. Perché si ama anche il proprio nemico pure quando si è costretti a combattere. Cristo è tutto un altro mondo

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