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mercoledì 29 dicembre 2021

Nella “Chiesa in uscita” tutti amici, tranne i rigidi, che vanno combattuti senza pietà

Una bella Traduzione di Aldo Maria Valli.
Luigi

13-12-21
Monsignor Oscar Vicente Ojea Quintana è il vescovo di San Isidro e presidente della Conferenza episcopale argentina (Cea), carica che, occorre precisarlo, gli è stata conferita da papa Francesco, dal momento che i suoi fratelli nell’episcopato non lo avrebbero mai votato. Molto è stato scritto sulla stampa quando nel 2017 ci fu l’elezione poiché, per domare i vescovi insorti, Bergoglio fu costretto a inviare da Roma monsignor Richard Gallagher, altissimo funzionario della Segreteria di Stato.

La scorsa settimana monsignor Ojea Quintana ha pubblicato sul canale YouTube e sulla pagina della Cea una serie di tre brevi video con un messaggio destinato ai cattolici argentini. Come previsto, a una settimana dalla pubblicazione, i video non superano le duecento visite, esempio eloquente della popolarità di Ojea Quintana; un disinteresse assoluto manifestato non solo dai fedeli laici, ma anche da preti e suore, ben consapevoli di ciò che può dire questo vacuo e insipido prelato.

Infovaticana ha diffuso il contenuto di uno dei suoi messaggi e, sebbene io non sia incline a frequentare tale letteratura, questo mi è parso interessante perché ci permette di analizzare ciò che c’è nella testa dei vescovi argentini e com’è la leadership della “chiesa in uscita” in questo remoto angolo del globo.

Il testo è il seguente: «La Chiesa esce in ascolto in un mondo di orecchie sorde in cui ogni gruppo ascolta il proprio discorso. Di fronte alla proposta del Sinodo, sono diverse le reazioni e i timori. Da questa carica di presidente della Cea, che ho occupato negli ultimi anni, ho visto chiaramente settori di una mentalità secolarizzata, molto radicata in alcuni media, che non esitano a usare disinformazione, calunnia e diffamazione per attaccare la Chiesa nel tentativo di espellerla dallo spazio pubblico». Il vescovo ci segnala inoltre che «esiste un fondamentalismo religioso che non rispetta la libertà degli altri e alimenta forme di intolleranza e violenza, anelando una Chiesa che imponga il potere. Questi gruppi che ho appena citato costituiscono un grande ostacolo affinché nella nostra stessa Argentina il Papa possa essere letto in modo diretto e così poter ricevere il suo fecondo magistero. La nostra gente ha sentito riversare su di lui molte più opinioni e qualifiche di quelle che esprime direttamente attraverso le sue parole e i suoi scritti».

Un primo commento si riferisce alla premessa che sorregge l’intera debole trama dell’edificio: monsignor Ojea Quintana parte dal presupposto che i cattolici argentini, come i cattolici di qualsiasi nazionalità, debbano leggere direttamente il “magistero fecondo” di papa Francesco. Il problema, a mio avviso, è la legittimità di tale dovere. Da dove nasce il bisogno di leggere continuamente il magistero pontificio? Perché noi cattolici dovremmo essere consapevoli dell’ultima parola detta dal leader del gruppo? Perché questi discorsi quotidiani dovrebbero essere il nostro alimento? Non sono domande banali, poiché indagano su atteggiamenti che differenziano la Chiesa da una setta. Per sopravvivere e rimanere nel gruppo, sono proprio i membri di quest’ultima che hanno bisogno di nutrirsi con la parola del leader, e il leader ha bisogno di diffondere messaggi in modo permanente per conservare il suo potere. Noi cattolici, invece, seguiamo Gesù Cristo, il Verbo che si è fatto carne, e che ha lasciato il suo messaggio nelle Sacre Scritture una volta e per sempre, in particolare nel suo Vangelo, commentato da autori ispirati come san Paolo e, più tardi, da coloro che conobbero i primi discepoli: i Padri. Durante tutta la storia della Chiesa fondata da Cristo maestri e dottori hanno illustrato quel Vangelo di vita che ci è stato rivelato.

Il magistero dei papi, come tante volte abbiamo detto in questo blog, ha la funzione di chiarire quegli aspetti della Rivelazione che a un certo punto della storia possono sembrare confusi. Quello e soltanto quello. Noi cattolici ci nutriamo della Parola di Dio, non della parola del papa. E il papa dovrebbe sapere che la sua funzione non è quella di opprimere i fedeli con lunghi e permanenti discorsi. Abbiamo bisogno che apra bocca solo quando c’è un dubbio, o qualche dubia, su questioni concrete che riguardano la fede. E proprio per questo monsignor Ojea Quintana dovrebbe sapere che i cattolici non hanno alcun dovere di accogliere e godere del “fecondo” magistero di Bergoglio o del papa, chiunque esso sia. Potremmo essere ottimi cattolici senza nemmeno sapere chi sia il papa attualmente regnante, come è avvenuto in gran parte della cristianità fino al XIX secolo inoltrato. Il paradosso è molto curioso: i modernisti del XXI secolo assumono uno dei caratteri più distintivi del fondamentalismo ultramontano più enragé del XIX secolo. Vale la pena ricordare l’aneddoto che si racconta su uno di loro, Henry Wilberforce, che desiderava ardentemente avere, ogni mattina a colazione, una copia del The Times e una nuova bolla papale. Il papa, per questo gruppo di cattolici, doveva continuamente insegnare e i fedeli dovevano altrettanto continuamente ascoltare ciò che usciva da quella penna divinamente ispirata. Un’assurdità completa che ci fa assomigliare a qualsiasi setta del mucchio: gli avventisti hanno bisogno dell’insegnamento di Hellen White e i mormoni sopravvivono grazie a quello di Joseph Smith. Noi cattolici, grazie a Dio, non abbiamo bisogno di essere nutriti dal magistero di nessun leader umano, se non in circostanze eccezionali.

Un secondo aspetto che vale la pena analizzare nel discorso di monsignor Ojea Quintana è che egli indica candidamente quali sono le minacce attuali per la Chiesa, quali sono i suoi due demoni. E devo ammettere che il prelato descrive molto bene il classico nemico della Chiesa, dicendo che si tratta di «settori di una mentalità secolarizzata, molto radicata in alcuni media, che non esitano a usare disinformazione, calunnia e diffamazione per attaccare la Chiesa nel tentativo di espellerla dallo spazio pubblico». Questo nemico, mutato nei secoli, ha sempre rappresentato una grande minaccia per la Chiesa, e da molti anni non se ne sentiva parlare in modo così netto poiché, dal 2013, il magistero pontificio ci ha detto che questo nemico non è tale, che in realtà i cattivi siamo noi e che ci meritiamo tutti gli attacchi che ci infliggono. Non so come prenderanno a Santa Marta la notizia che il presidente della Cea ha avuto il coraggio di identificare con parole così chiare coloro che si oppongono alla Chiesa, affermando che lo fanno anche coperti dallo scudo dei mass media. Bisognerebbe rammentare che uno degli amici più stretti di Bergoglio è Eugenio Scalfari, fondatore e direttore fino a poco tempo fa di Repubblica, uno dei media più ostili alla Chiesa in Italia.

Assegnandogli la stessa pericolosità, monsignor Ojea Quintana segnala il secondo demone che, ci mancherebbe, è costituito dai soliti rigidi di sempre. Si tratta di gruppi fondamentalisti che non rispettano la libertà degli altri e vivono di nostalgia per i tempi passati. Il sottoscritto è in quel gruppo, così come la maggior parte dei lettori di questo blog. Dobbiamo allora essere consapevoli che, per la gerarchia della Chiesa, siamo nemici, e come tali saremo trattati, cioè con la crudeltà che è riservata a coloro che sono più odiati. E valga come esempio il seguente fatto.

Pochi giorni fa è morto a Mendoza padre Alejandro Casado, vittima di un cancro imprevisto e devastante. Questo sacerdote è stato uno di quei rigidi che, nel 2020, ha rifiutato di smettere di dare la comunione in bocca ai fedeli della sua parrocchia che lo desideravano, com’era stato ordinato dal suo vescovo, monsignor Eduardo Taussig. Il sito Infocatólica ha pubblicato un video ospitato su YouTube che riproduce l’audio del processo giudiziario contro padre Casado, un processo che fu probabilmente la causa immediata della sua malattia fatale, e mostra l’insolita e oltraggiosa crudeltà, brutalità e violenza con cui è trattato dal suo vescovo. Se ci domandiamo come sia possibile che un vescovo arrivi a questi estremi, è facile comprenderlo dall’ermeneutica delle parole di monsignor Ojea Quintana: i rigidi sono nemici della Chiesa e, per quanto possibile, tutte le armi a disposizione devono essere rivolte contro di loro, senza badare ai danni collaterali che possono verificarsi.

Conviene essere, insisto, consapevoli di questa realtà. La maggior parte dei vescovi ci odia e ci detesta, ancor più dei nemici dichiarati e inveterati della Chiesa. Siamo loro nemici, e non esiteranno ad applicare contro di noi la soluzione finale o, per dirla con parole che suoneranno particolarmente sensibili alle orecchie del vescovo Ojea Quintana (vedi qui), “a compiere le operazioni necessarie al fine di neutralizzare e/o annientare le azioni degli elementi sovversivi che agiscono” nella nuova chiesa (vedi qui).

Un dubbio. La raccomandazione di accogliere il “fecondo magistero pontificio”, che tanto preoccupa monsignor Ojea Quintana, comprende anche l’adozione della nuova classificazione pontificia dei peccati contro il sesto comandamento, secondo cui sono “totali e non totali”? Forse potrebbe chiarirci in che tipo di unità di misura verrà stabilita la totalità o la semi-totalità di tali mancanze. In centimetri? Ettopascal? Millibar?

Sarebbe anche conveniente che il presidente della Cea ci chiarisse se tra le gioie magisteriali di cui i cattolici non dovrebbero privarsi c’è la lettera manoscritta inviata da papa Francesco la scorsa settimana benedicendo e incoraggiando i responsabili della costruzione del Parco dell’Incontro, a Santiago del Estero, dove sorgono una chiesa cattolica, una cappella protestante, un tempio buddista, una sinagoga e una moschea, tutte intorno a un anfiteatro della pachamama, destinato a educare i bambini all’idea che qualsiasi religione, e anche il paganesimo, va bene per raggiungere Dio.

Concludo con una raccomandazione: leggere l’intervista a Henry Sire, autore di Il papa dittatore. La storia segreta del papato più tirannico e senza scrupoli dei tempi moderni, in cui si approfondiscono i problemi che affliggono la Chiesa attuale a causa del pontificato che subisce.


Traduzione di Valentina Lazzari

Titolo originale: Los dos demonio de Mons. Ojea Quintana