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giovedì 14 ottobre 2021

Storia del Movimento Liturgico #2 - "La liturgia e le autorità: Melchior Hittorp". Del Mº Porfiri #liturgia

Seconda puntata della rubrica del giovedì, sulla storia del movimento liturgico, a firma di Aurelio Porfiri. Qui la prima.
Grazie ancora al maestro, e buona lettura ai lettori. 
(qui i precedenti). 
Roberto 


La liturgia e le autorità: Melchior Hittorp (1525-1594). 
Di Aurelio Porfiri 

Quando si intraprende una ricerca in campo scientifico ed umanistico è sempre bene basarsi sul consenso che su un dato argomento viene fornito dalle autorità, con questa parola intendendo le testimonianze di fonti ritenute altamente affidabili su un certo argomento. Per la liturgia, questo argumentum ab auctoritate si estrinseca con l’osservazione dello sviluppo organico della stessa, dalle prime testimonianze sino ai recenti sviluppi. Cioè si vede quello che si ha e si risale alla sua fonte storica, mentre è più pericoloso andare a pescare nelle “origini” quello che non si ha per riprodurlo nel presente come se secoli di storia liturgica non significassero nulla. Questo atteggiamento venato di giansenismo è stato non poco usato negli ultimi decenni. Se ne preoccupò Pio XII nella Mediator Dei, un testo che per altri versi incoraggia il movimento liturgico allora in pieno svolgimento. In un certo punto si parla di “archeologismo” e si offre questa valutazione: “È certamente cosa saggia e lodevolissima risalire con la mente e con l'anima alle fonti della sacra Liturgia, perché il suo studio, riportandosi alle origini, aiuta non poco a comprendere il significato delle feste e a indagare con maggiore profondità e accuratezza il senso delle cerimonie; ma non è certamente cosa altrettanto saggia e lodevole ridurre tutto e in ogni modo all'antico. Così, per fare un esempio, è fuori strada chi vuole restituire all'altare l'antica forma di mensa; chi vuole eliminare dai paramenti liturgici il colore nero; chi vuole escludere dai templi le immagini e le statue sacre; chi vuole cancellare nella raffigurazione del Redentore crocifisso i dolori acerrimi da Lui sofferti; chi ripudia e riprova il canto polifonico anche quando è conforme alle norme emanate dalla Santa Sede. Come, difatti, nessun cattolico di senso può rifiutare le formulazioni della dottrina cristiana composte e decretate con grande vantaggio in epoca più recente dalla Chiesa, ispirata e retta dallo Spirito Santo, per ritornare alle antiche formule dei primi Concili, o può ripudiare le leggi vigenti per ritornare alle prescrizioni delle antiche fonti del Diritto Canonico, così, quando si tratta della sacra Liturgia, non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per le mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l'eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del «deposito della fede» affidatole dal suo Divino Fondatore, a buon diritto condannò. Siffatti deplorevoli propositi ed iniziative tendono a paralizzare l'azione santificatrice con la quale la sacra Liturgia indirizza salutarmente al Padre celeste i figli di adozione”. Insomma, il Papa era stato ben chiaro su questo punto, studio dello sviluppo organico, non tentativo di manipolazione genetica.

Uno studioso importante in questo senso fu Melchior Hittorp, nato e morto a Colonia nel sedicesimo secolo dove compì i suoi studi di Teologia e dove fu canonico della Chiesa di santa Maria ad Gradus e a capo dei canonici nella chiesa collegiata di san Cuniberto. Su richiesta di Jacob Pamelius (1536-1587), teologo belga, scrisse Vetustorum ecclesiæ patrum libri varii de divinis catholicæ ecclesiæ officiis, un testo contenente una raccolta di vari autori, specialmente del Medioevo (1)1. Pubblica poi De divinis Catholicae Ecclesiae officiis ac ministeriis Varij vetustorum fere omnium Ecclesiae Patrum libri Quorum nomina uersa Pagina indicabit ad Sanctissimum D.N. Gregorium XIV. P.M.: Ex Isidori Ep. ... Bernonis aug. abb. ... libris collecti (Roma 1591) in cui raccoglie anche qui testi con speciale riferimento alla liturgia. In esso raccoglie anche gli Ordines romani, gli ordinamenti liturgici in uso nel Medioevo e risalenti fino agli usi ai tempi di Gregorio magno. Del resto anche Giovanni Dobreck “Cocleo” (1479-1552) aveva già pubblicato nel 1549 Speculum antiquae devotionis circa Missam et omnem alium cultum Dei ex antiquis et antea numquam evulgatis per typographos auctoribus laboriose collectum (2)2. Anche qui l’autore raccoglie testi di autorità medioevali. Perché lui e Hittorp facevano tutto questo? Uno degli scopi principali era quello di rispondere all’eresia protestante e ai gravi pericoli che essa rappresentava per la Messa. Matteo Carletti (libertaepersona.org) così lo spiegava nel 2016: “Veniamo a Lutero. Il monaco tedesco, volendo colpire il sacerdozio, diede un colpo definitivo anche a tutta la Chiesa. Egli sapeva bene che, venendo meno il sacerdote, sarebbe sparito anche il sacrificio e, conseguentemente, anche la vittima e quindi la fonte di tutte le grazie della Chiesa. Lutero era persuaso che non ci fosse differenza sostanziale fra i preti e i laici, ma che tutti costituissero un “sacerdozio universale”. Questo era il primo di “tre muri” che circondavano la Chiesa e che, secondo Lutero, dovevano essere abbattuti. “Se un Papa o un vescovo – sosteneva Lutero – da l’unzione, fa delle tonsure, consacra o da un abito differente ai laici o ai preti, crea degli imbrogli”. Tutti, di fatto, sono consacrati nel Battesimo e, dunque, non può esistere un sacramento speciale per i preti. Il secondo muro da abbattere era la transustanziazione. Nella messa luterana viene rifiutata in toto l’idea di “sacrificio” e con essa di vittima e di presenza reale. Rimane la sola presenza spirituale, un ricordo, tanto che la Messa non può essere indicata più come un Sacrificio ma solamente con i termini di Comunione, Cena, Eucarestia. Secondo le parole del Vangelo “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” si compie la vera e sola Messa. È per questo che Lutero rifiutò da subito la celebrazione di messe private perché mancanti della comunione col popolo. Per Lutero l’Eucarestia era “Sacramento del pane” e non più Sacrificio, considerato, ormai, come elemento di corruzione. Il terzo ostacolo era rappresentato dal valore espiatorio del Sacrificio della Messa. Sempre secondo il monaco ribelle l’Eucarestia è un “Sacrificio di lode” ma non un “Sacrificio di espiazione”. Quindi l’unico scopo della Messa diventa, per Lutero, solamente quello di rendere grazie a Dio. È dentro questa lettura che oggi alcuni protestanti parlano ancora di “Sacrificio”, ma non come un Sacrificio che rimette i peccati, ma di semplice ringraziamento per l’opera di Dio”. Ecco che l’opera degli studiosi come Hittorp e Cocleo non era mero archeologismo, ma riandare a dimostrare il radicamento nella tradizione del rito cattolico.

Bisogna ben vigilare che le ricerche nel campo della liturgia non siano informate ad una mentalità quasi psicoanalitica, che va a ricercare nei recessi della storia certi meccanismi oramai persi nel tempo per redimerci dai peccati dell’ora presente. Se, tramite le autorità, si è in grado di apprezzare lo sviluppo organico, anche quei lontani inizi, spesso mitizzati da alcuni, acquistano una luce particolare che svela la solidità delle fondamenta.


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(1)1 MERSHMAN, F. (1910). Melchior Hittorp. In The Catholic Encyclopedia. New York: Robert Appleton Company. Retrieved October 11, 2021 from New Advent: http://www.newadvent.org/cathen/07380a.htm.

(2)2 CATTANEO, Enrico (1992) Il culto cristiano in occidente. Note storiche. Roma: Centro Liturgico Vincenziano: 327.

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