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giovedì 12 agosto 2021

Derubricare i peccati, nuovo trucco dei traduttori della Bibbia Cei (gayfriendly?)

«[...] poiché nella Legge è proibito agli uomini di indossare abiti femminili e quelli che lo fanno sono maledetti [Dt 22,5], quanto maggiore è il crimine commesso da chi non solo si veste da donna ma, grazie all'insegnamento di un'arte impudica, rappresenta anche con la gestualità personaggi turpi, molli ed effeminati [...] addestrando e insegnando [...], contro ciò che Dio ha stabilito, a fare di un maschio una femmina, mutandone il sesso per mezzo dell'arte, e a compiacere il diavolo che deturpa la creazione divina attraverso le brutture di un corpo effeminato e corrotto»
(Tascio Cecilio Cipriano, vescovo di Cartagine, santo martire)

Un'interessante riflessione pubblicata da Tosatti.
Luigi


9 Luglio 2021 
[...]
Cari lettori,

vi propongo una nuova analisi di traduzione che considero personalmente una vera e propria violenza al testo, contenuta nella lettera di Giuda.

CEI 1974: “Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia…” (Giuda v.7)

CEI 2008: “Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che alla stessa maniera si abbandonarono all’immoralità…” (Giuda v. 7).

Leggiamo il testo greco e vediamo se si tratta di un erroruccio o di una svista.

ἐκπορνεύσασαι – èkporneìsasi – da “porneia”, significa principalmente “prostituzione”.

Consiglio, per inciso, la lettura di questo interessante articolo: La porneia

San Giuda nella sua lettera si riferisce a coloro che si prostituiscono attraverso il vizio contro natura.

Un interessante riferimento sono i versetti biblici sulla blasfemia dei prostituti sacri (uomini) di alcuni passi dell’Antico Testamento.

Deuteronomio 23,18-19: “né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d’Israele“; 2 Re 23,7: “Demolì le case dei prostituti sacri, che erano nel Tempio, e nelle quali le donne tessevano tende per Asherah (idolo cananeo, ndr)”.

Tradurre il termine “èkporneìsasi” con “immoralità” significa per l’ennesima volta annacquare ed annebbiare il messaggio originale della Parola di Dio.
Quella che ho definito sopra come una vera e propria violenza al testo.

“Immoralità” è un termine generico, che rimuove un riferimento specifico. “Impudicizia”, al contrario, esprime nell’accezione corretta l’intenzione dell’Apostolo San Giuda Taddeo, ovvero condannare uno specifico peccato della sua epoca (come della nostra, del resto). Il testo originale utilizza un termine corretto, chiamando un preciso peccato per nome.

L’altro errore, altrettanto grave, emerge al v. 10.

CEI 1974: “Costoro invece bestemmiano tutto ciò che ignorano...”

CEI 2008: “Costoro invece mentre insultano tutto ciò che ignorano…”.

Andiamo al testo in greco.

βλασφημοῦσιν – blasfemousin – la cui radice troviamo nel termine “blasfemia”, assume il significato di “bestemmia”.
Nel caso del testo Cei 2008 i traduttori deliberatamente decidono di utilizzare un generico “insultano”. Da notare che l’espressione “tutto ciò che ignorano” è riferita a Dio e alla fede Cattolica.
Infatti, San Giuda esprime una considerazione sul peccato dei “prostituti sacri”, i quali non solo praticano il vizio contro natura “dedicato” ad un idolo, ma “bestemmiano” ciò che ignorano (ovvero Gesù Cristo), peccando gravemente non solo a parole, ma con la loro stessa vita.
Per questo motivo l’utilizzo di un generico verbo insultare (“insultano”) rappresenta un ennesimo e maldestro tentativo ad opera dei traduttori di alleggerire, addolcire, annacquare e travisare un peccato, che l’Apostolo, al contrario, senza troppi giri di parole, definisce gravissimo.

Cosa dobbiamo dedurre, amici carissimi?

Non posso far meno di intravedere in questo filone di traduzione una volontaria faziosità da parte della Cei 2008.
Per quanto mi riguarda, l’argomentazione del “rendere il testo più moderno, più leggibile, più attinente” non regge. Essendo il testo Sacro, questo modus operandi è il risultato di uno scombinare completamente il vero significato.

Ecco il motivo per cui mi sono permesso in apertura di usare l’espressione violentare il testo biblico.

La lettera di Giuda è molto breve e viene letta una sola volta, o forse due, durante il ciclo liturgico. Chi può accorgersi di tali errori?
Al contrario una lettura attenta e meticolosa può illuminare gli occhi del fedele.

Più scopro il testo dell’ultima traduzione per il pubblico, più mi convinco che si procede verso il fondo.