Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo pasquale: lunedì delle Rogazioni.
L.V.
LUNEDÌ DELLE ROGAZIONI
Le Rogazioni e il Tempo pasquale
Oggi comincia una serie di tre giorni consacrati alla penitenza. Questa coincidenza inaspettata sembra, a prima vista, una specie di anomalia nel Tempo pasquale; tuttavia, quando vi si riflette, si giunge a riconoscere che l’istituzione ha un nesso intimo con i giorni in cui siamo. È vero che il Salvatore, prima della Passione, diceva che non si può far digiunare gli amici dello sposo mentre lo sposo è con loro¹; ma queste ultime ore che precedono la sua dipartita per il cielo non hanno forse qualcosa di melanconico? E ieri stesso non ci sentivamo portati naturalmente a pensare alla tristezza, rassegnata e contenuta, che opprime il cuore della divina Madre e quello dei discepoli, alla vigilia di perdere colui la cui presenza era per essi la pregustazione delle gioie celesti?
Origine delle Rogazioni
Dobbiamo ora render conto del come e in quale occasione il ciclo liturgico si è completato, in quest’epoca, con l’introduzione dei tre giorni, durante i quali la santa Chiesa, ancora raggiante degli splendori della Risurrezione, sembra volere improvvisamente retrocedere fino al lutto quaresimale. Lo Spirito Santo, che la dirige in qualunque cosa, ha voluto che, poco dopo la metà del quinto secolo, una semplice Chiesa delle Gallie desse principio a questo rito, che si estese poi rapidamente a tutta la cattolicità, dalla quale fu ricevuto come un complemento della liturgia pasquale.
La Chiesa di Vienne, una delle più illustri e delle più antiche della Gallia meridionale, circa l’anno 470, aveva come vescovo san Mamerto. Calamità di ogni genere erano venute a portare la desolazione in questa provincia, di recente conquistata dai Burgundi. Terremoti, incendi, fenomeni paurosi agitavano le popolazioni, come fossero stati segni della collera divina. Il santo Vescovo che desiderava risollevare il morale del suo popolo e portarlo a Dio, la cui giustizia aveva bisogno di essere placata, prescrisse tre giorni di espiazione, durante i quali i fedeli dovevano darsi a opere di penitenza e andare in processione al canto dei salmi. Per mettere in pratica questa pia risoluzione furono scelti i tre giorni che precedono l’Ascensione. Senza prevederlo, il santo Vescovo di Vienne gettava così le basi di una istituzione che tutta la Chiesa avrebbe poi adottato².
Cominciarono i Galli, come era giusto. Sant’Alcino Avit, che successe quasi immediatamente a san Mamerto nella sede di Vienne, attesta che la pratica delle Rogazioni era già consolidata in quella Chiesa³. San Cesario d’Arles, al principio del sesto secolo, ne parla come di un uso già esteso altrove, designando almeno con queste parole tutta quella porzione di Galli che allora si trovavano sotto il giogo dei Visigoti⁴.
Leggendo i canoni del primo concilio di Orléans tenuto nel 511, e che raccoglieva tutte le province che riconoscevano l’autorità di Clodoveo, si nota chiaramente che essi affermano come l’intera Gallia non tardò ad adottarlo. I regolamenti del concilio, a proposito delle Rogazioni, danno una chiara idea dell’importanza che si annetteva a questa istituzione. Non solamente è prescritta l’astinenza dalle carni durante quei tre giorni, ma il digiuno è di precetto. Vi si ordina ugualmente di dispensare dal lavoro le persone di servizio, affinché possano prendere parte alle lunghe funzioni che si terranno in quei tre giorni (can. 27). Nel 567 il concilio di Tours sanzionava pure l’obbligo del digiuno durante le Rogazioni (can. 17); e in quanto all’obbligo dell’astensione dal lavoro durante quei tre giorni, si trova anche riconosciuto nei Capitolari di Carlo Magno e di Carlo il Calvo.
La processione delle Rogazioni
Il rito principale nelle Chiese dei Galli durante questi tre giorni consistette, fin dall’origine, in quelle marce solenni, accompagnate da supplichevoli cantici, che furono chiamate Processioni, perché esse sfilano da un luogo all’altro. San Cesario d’Arles ci dice che quelle che avevano luogo per le Rogazioni duravano sei ore intere, di modo che, quando il clero si sentiva troppo stanco per la lunghezza dei canti, le donne cantavano a loro volta per lasciare ai ministri della Chiesa il tempo di respirare⁵. Questo dettaglio, che troviamo negli usi delle Chiese dei Galli in quell’epoca primitiva, può aiutarci a pesare l’indiscrezione di quelli che, nei tempi moderni, hanno insistito per l’abolizione di alcune processioni che occupavano una parte notevole della giornata, pensando che una manifestazione così lunga dovesse essere per se stessa considerata come un abuso.
La partenza della processione delle Rogazioni era preceduta dall’imposizione delle ceneri sulla testa di quelli che vi avrebbero preso parte, ossia dell’intero popolo, perché tutti vi partecipavano. Aveva poi luogo l’aspersione dell’acqua benedetta; dopo di che, il corteo si metteva in cammino. La Processione era formata dal clero e dal popolo di parecchie chiese secondarie che procedevano sotto la croce di una chiesa principale, il clero della quale presiedeva la funzione. Tutti, sacerdoti e laici, camminavano a piedi nudi. Si cantavano le litanie, i salmi, le antifone, e ci si recava a qualche basilica, designata per la Stazione, dove si celebrava il santo Sacrificio. Durante la strada si visitavano le chiese che s’incontravano per via, cantandovi un’antifona, per lodare il mistero o il santo sotto il cui titolo erano state consacrate.
Grandi esempi
Tali erano alle origini, e tali sono stati per un pezzo, i riti osservati durante le Rogazioni. Il monaco di San Gallo che ci ha lasciato memorie così preziose su Carlo Magno, ci dice che il grande imperatore in quei giorni si toglieva i calzari come l’ultimo dei fedeli e camminava a piedi nudi seguendo la croce, dal suo palazzo fino alla chiesa della Stazione⁶. Nel XIII secolo santa Elisabetta di Ungheria dava pure il medesimo esempio; era ben felice, durante le Rogazioni, di confondersi con le povere donne del popolo, camminando anch’essa a piedi nudi, ricoperta di una rozza veste di lana. San Carlo Borromeo, che rinnovò nella Chiesa di Milano tanti usi dell’antichità, non trascurò certo quello delle Rogazioni. Mediante la sue cure e i suoi esempi, rianimò nel popolo l’antico zelo per una pratica così santa, esigendo dai suoi diocesani il digiuno durante tre giorni, digiuno che egli stesso osservava a pane e acqua. La processione, alla quale tutto il clero della città era tenuto ad assistere e che cominciava con l’imposizione delle ceneri, partiva dal Duomo, allo spuntar del giorno, e non vi rientrava che alle tre o alle quattro del pomeriggio, avendo visitato il lunedì tredici chiese, nove il martedì e undici il mercoledì. In una di esse l’Arcivescovo celebrava il santo Sacrificio e indirizzava la parola al suo popolo⁷. Se si paragona lo zelo dei nostri padri per la santificazione di queste tre giornate, con la noncuranza che oggi, specialmente nelle città, accompagna la celebrazione delle Rogazioni, non potremo fare a meno di riconoscere anche qui uno dei segni dell’indebolimento del senso cristiano nella società moderna. Eppure, quanto importanti sono i fini che si propone la santa Chiesa in queste processioni, alle quali dovrebbero prendere parte tutti i fedeli che hanno la possibilità di farlo e che, invece di consacrare quel tempo al servizio di Dio per mezzo delle opere di vera pietà cattolica, lo passano in devozioni private, che non potranno attirare su di essi le stesse grazie né portare alla comunità cristiana i medesimi aiuti di edificazione!
Le Rogazioni nella Chiesa d’Occidente
Le Rogazioni dalla Gallia si estesero rapidamente in tutta la Chiesa d’Occidente. Nel VII secolo erano già stabilite nella Spagna e non tardarono poi a introdursi in Inghilterra e, più tardi, nelle nuove Chiese della Germania, man mano che esse venivano fondate. La stessa Roma le adottò, nell’801, sotto il pontificato di san Leone III. Fu poco tempo dopo che le Chiese dei Galli, avendo rinunciato alla liturgia gallicana per prendere quella di Roma, ammisero nei loro usi la processione di san Marco. Ma si ebbe questa differenza: che a Roma si conservò alla processione del 25 aprile il nome di Litania maggiore e si chiamarono Litanie minori quelle delle Rogazioni; mentre in Francia queste ultime furono designate con l’appellativo di litanie maggiori, riservando il nome di minori per la litania di san Marco.
Ma la Chiesa romana, senza disapprovare la devozione di quelle dei Galli, che avevano creduto bene dover introdurre nel Tempo Pasquale tre giorni di osservanza quaresimale, non adottò tale rigore. Le ripugnava di rattristare col digiuno la lieta quarantena che Gesù risorto aveva accordato anche ai suoi discepoli; si limitò dunque a prescrivere solo l’astinenza dalle carni durante questi tre giorni, pratica che fu mantenuta nel corso dei secoli fino al momento in cui, per l’indebolimento generale dei costumi cristiani della nostra epoca, fu costretta a modificare l’antica disciplina su questo punto. La Chiesa di Milano che, come abbiamo visto, conserva con tanta severità l’istituzione delle Rogazioni, le ha trasportate al lunedì, martedì e mercoledì che seguono la domenica nell’Ottava dell’Ascensione, ossia dopo i quaranta giorni consacrati a celebrare la Risurrezione.
Bisogna, dunque, per restare in questo vero equilibrio da cui la Chiesa romana mai si distacca, valutare le Rogazioni come una santa istituzione che viene a temperare le nostre gioie pasquali, ma non ad annullarle.
Il colore viola, adoperato per la processione e per la Messa della Stazione, non ha più lo scopo d’indicarci ancora la dipartita dello Sposo (Ct 8); ma ci avverte che la separazione è vicina; e l’astinenza, che un tempo era imposta in questi tre giorni, pur non essendo accompagnata dal digiuno, era già una manifestazione anticipata del dolore della Chiesa, conscia che la presenza del Redentore le sarebbe stata presto rapita.
Oggi il diritto ecclesiastico non menziona più il lunedì, martedì e mercoledì delle Rogazioni tra quei giorni in cui la legge dell’astinenza obbliga ancora i fedeli⁸. È ben triste che l’indebolimento del sentimento cristiano nelle generazioni del tempo nostro, e le domande di dispense sempre più numerose, abbiano reso necessario quest’abbandono dell’antica disciplina. È un’espiazione di meno, un’intercessione di meno, un soccorso di meno, in un secolo già così povero dei mezzi per i quali la vita cristiana si conserva, diviene indulgente il cielo, si ottengono grazie di salvezza. Possano i veri fedeli concludere che l’assistenza alle processioni di questi tre giorni è divenuta più opportuna che mai e che è urgente, unendosi alla preghiera liturgica, compensare in questo modo l’abolizione di una legge salutare, che datava da così lungo tempo e che, nelle sue esigenze, pesava tanto leggermente sulla nostra mollezza! Possa una sì venerata istituzione, sanzionata dalle leggi della Chiesa e dalla pratica di tanti secoli, restare sempre in vigore in quella Francia che, col suo esempio, ha imposto a tutto il mondo cattolico la solennità delle Rogazioni! Secondo l’attuale disciplina della Chiesa, le processioni per le Rogazioni, la cui intenzione è d’implorare la misericordia di Dio offeso per i peccati degli uomini e ottenere la protezione celeste sui beni della terra, sono accompagnate dal canto delle litanie dei Santi e completate da una Messa speciale che si celebra sia nella chiesa della Stazione, sia nella chiesa stessa da dove la Processione è partita, a meno che non debba fermarsi in qualche altro santuario.
Le Litanie dei Santi
Non si stimeranno mai troppo le Litanie dei Santi per il potere e l’efficacia che hanno. La Chiesa vi ha sempre ricorso in tutte le grandi occasioni, come a un mezzo atto a rendersi propizio l’aiuto di Dio, rivolgendosi a tutta la corte celeste.
Se non potessimo prendere parte alle processioni delle Rogazioni, che si recitino almeno queste litanie in unione con la Chiesa: si avrà parte nei benefici di una istituzione così santa e si contribuirà a ottenere le grazie che la cristianità, in questi tre giorni, sollecita da tutti i luoghi; avremo anche compiuto atto di vero cattolico.
Inseriamo qui la Messa delle Rogazioni, che è uguale per i tre giorni.
Tutto vi parla della necessità e del potere della preghiera. La Chiesa riveste il colore quaresimale che ne esprime le intenzioni espiatrici, ma tutto in essa emana la fiducia e la speranza di essere esaudita; si sente che essa si appoggia sull’amore del suo Sposo risorto.
MESSA DELLE ROGAZIONI
EPISTOLA (Gc 5, 16-20) – Carissimi, confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
Il fine delle Rogazioni
È ancora dall’apostolo san Giacomo il Minore che la santa Chiesa prende oggi l’Epistola; e non sapremmo abbastanza ammirare quanto vengano a proposito le parole dell’ispirato scrittore. Uno dei fini dell’istituzione delle Rogazioni è di ottenere dalla bontà di Dio la temperatura favorevole ai frutti della terra e san Giacomo ci mostra, con l’esempio di Elia, che la preghiera può rendere il cielo sereno o farne discendere una pioggia fecondatrice. Imitiamo la fede del Profeta e raccomandiamo al Signore i raccolti, che hanno ancora tanto bisogno della sua bontà per arrivare a maturazione e per sfuggire ai flagelli che potrebbero riversarsi su di essi. Altro scopo delle Rogazioni è di ottenere la remissione dei peccati. Se noi preghiamo con fervore per i nostri fratelli traviati, otterremo in loro favore particolare misericordia. Noi forse non conosceremo mai, in questo mondo, coloro che la nostra preghiera, unita a quella della santa Chiesa, avrà salvato sulla via del peccato; ma l’apostolo ci insegna che la nostra carità riceverà la più preziosa delle ricompense, ossia l’effusione della misericordia di Dio su noi stessi.
VANGELO (Lc 11, 5-13) – In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti”; e se quegli dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli”; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».
Potenza della preghiera
Vi è niente di più espressivo nei Vangeli, per esprimere l’infinita potenza della preghiera, che queste parole del Salvatore. La santa Chiesa, facendocele leggere oggi, ci mostra senza dubbio a sufficienza l’importanza delle Rogazioni, poiché in questi giorni ella ci rivela la virtù dell’intercessione, che trionfa anche del rifiuto stesso di Dio. La scelta della lettura delle sacre scritture nella liturgia è un insegnamento permanente e sempre dato a proposito. Abbiamo dovuto riconoscerlo fin qui. In questi tre giorni, in cui si tratta di placare il cielo già offeso, niente era più necessario che di far ben capire ai cristiani il potere che esercita su Dio stesso l’insistenza nella preghiera. Le litanie che sono state cantate nel corso della processione ci offrono un modello di questa santa ostinazione nella domanda. Non abbiamo cessato di ripetere: «Signore! abbi pietà; Liberaci Signore! Te ne supplichiamo, esaudiscici!» In questo momento si prepara la mediazione dell’Agnello pasquale offerto sull’altare; e tra pochi istanti unirà la sua intercessione, sempre efficace, ai nostri deboli voti. Muniti di un tale pegno, noi potremo ritirarci sicuri di non aver pregato invano. Prendiamo dunque anche la risoluzione di non tenerci più lontani dalla Chiesa nelle sue cerimonie e di preferire sempre la preghiera fatta insieme a essa, a qualunque altra che noi potremmo offrire a Dio in particolare; e ciò in tutti i giorni in cui essa vorrà invitarci a prender parte ai doveri impetrativi che, nel nostro interesse, rende al suo celeste Sposo.
¹ Cfr. Lc 5, 34.
² Bisogna tuttavia riconoscere che Mamerto non fu il creatore di questa solennità; egli non fece che precisarne lo svolgimento liturgico e fissarne la data. Effettivamente, noi vediamo che queste processioni avevano luogo anche a Milano, non durante i tre giorni che precedono l’Ascensione, ma nella settimana seguente; e in Spagna, il concilio di Girona, tenuto nel 517, ordinava processioni nel giovedì, venerdì e sabato dopo la Pentecoste. D’altronde, Sidone Apollinare, contemporaneo di Mamerto, dice che queste processioni esistevano già prima di Mamerto, ma che egli dette loro una solennità più grande (Rev. Ben., t. XXXIV. p. 17).
³ Omelia sulle Rogazioni.
⁴ Sant’Agostino, Discorsi, n. 172.
⁵ Discorso CLXXIV, Herbertus Turritanus, Miracul., 1, I, c. XXI.
⁶ De Rebus bellicis Caroli Magni, c. XVI.
⁷ G.P. Giussano, Vita di san Carlo Borromeo, Napoli 1855.
⁸ CIC, can. 1252.
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